In partibus infidelium
L'espressione latina In partibus infidelium ("nelle terre dei non credenti") appartiene al linguaggio della Chiesa cattolica.
All'origine dell'espressione sta la circostanza che i vescovi che lasciavano o erano costretti a lasciare la propria sede di fronte all'arrivo di popolazioni non cattoliche venivano accolti da altre diocesi, pur conservando lo stesso il titolo che avevano in quella d'origine. Erano quindi vescovi, ma di diocesi ormai in partibus infidelium.
Nella prassi attuale della Chiesa cattolica ogni vescovo non è tale al fine di avere un titolo, ma in quanto è pastore di una diocesi.
In forza di tale prassi esistono vescovi che nella realtà non sono i pastori diretti di una diocesi. A tali vescovi si attribuisce quindi un titolo episcopale, cioè una "diocesi fittizia", detta sede titolare che può essere:
- scomparsa perché le relative popolazioni si sono staccate dalla Chiesa di Roma o si sono convertite ad altra religione;
- non più esistente perché soppressa ed oggi compresa in altra diocesi.
Di fatto ricevono titoli episcopali in partibus infidelium:
- i vescovi ausiliari
- i vescovi in missione
- tutti quei vescovi che non hanno ricevuto la cura pastorale di una porzione del popolo di Dio: ad esempio quelli che lavorano nella Curia Romana.
Il vescovo di Betlemme
Un esempio interessante di vescovo in partibus infidelium fu quello del vescovo di Betlemme. Nel 1168 il crociato Guglielmo IV, conte di Nevers aveva promesso al vescovo di Betlemme che se la città fosse caduta in mano musulmana, l'avrebbe accolto, lui stesso o i suoi successori, nella cittadina di Clamecy, in Borgogna. Dopo la presa di Betlemme da parte di Saladino, la volontà del defunto conte fu rispettata, e nel 1223 il vescovo di Betlemme si insediò a Clamency. Clamency rimase sede permanente del vescovo in partibus infidelium per circa 600 anni, fino alla Rivoluzione francese del 1789[1].
Note | |
Voci correlate | |
|