Parabalani

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I parabolani, o meglio parabalani (così in latino, in greco παραβαλανεῖς, parabalanéis), erano una confraternita cristiana attiva ad Alessandria d'Egitto nel IV-V secolo, dèditi in particolare alla cura dei malati.

Le fonti storiche sono estremamente parche a loro riguardo, e non ci sono di immediata comprensione elementi come la loro storia, il loro statuto ecclesiale (laici? chierici? monaci?), le effettive modalità dell'assistenza prestata e soprattutto, il loro eventuale coinvolgimento nelle violenze interreligiose che colpirono la città egiziana tra fine IV - inizio V secolo.

Fonti storiche

Le fonti storiche ci dicono pochissimo a loro riguardo. A loro sono riferite due leggi imperiali del 416[1] e 418,[2] e sono fugacemente accennati dagli Atti del concilio di Calcedonia, che li dicono presenti assieme a Dioscoro, patriarca di Alessandria, al cosiddetto Latrocinio di Efeso (449).[3] A loro sarebbe riferibile un fugace accenno contenuto in un papiro egiziano del 600 circa.[4] Sono citati sempre come gruppo collettivo e non ci è noto il nome di nessun parabolano.

Caratteristiche

L'etimologia del termine va verosimilmente connessa a παραβάλλω (parabàllo, "esporsi a rischi"), cf. anche Fil 2,30 (παραβουλευσάμενος τῇ ψυχῇ, parabuleusàmenos te psyché), data la loro esposizione a malattie contagiose. Parabòloi (παραβόλοι) erano detti anche alcuni gladiatori, che appunto esponevano la loro vita al pericolo combattendo nel circo con bestie (in latino, bestiari).[5]

Le origini dei parabolani sono ignote. La prima menzione delle fonti storiche, la legge del 416, li presenta come già esistenti ad Alessandria. È ipotizzabile[6] che vadano ricollegati al pietoso lavoro di cura dei malati e sepoltura dei morti che coinvolse le comunità cristiane in particolare durante l'epidemia del 250, testimoniato anche da Eusebio,[7] allorquando era vescovo di Alessandria Dionisio. È verosimile però che la costituzione di una vera e propria confraternita debba essere avvenuta solo in seguito alla liberalizzazione del Cristianesimo nel 313, con l'editto di Milano. L'ultima attestazione li vede attivi attorno al 600.

Diversamente da altri gruppi di fedeli con finalità assistenziali che sono attestati, oltre ad Alessandria, in diverse zone dell'impero, come gli spoudaioi[8] e i philoponoi,[9] i parabalani sono citati solo nella città egiziana.[10] Ad Antiochia una confraternita equivalente era quella dei lecticarii.[11]

Le precipue mansioni dai parabalani sono quelle della sepoltura dei morti (come sembra implicitamente affermare la legge del 416) e della cura degli infermi (come affermato dalla legge del 418). Le stesse leggi impongono che il reclutamento dei parabolani debba avvenire tra gli strati non abbienti della popolazione e limitano il loro numero dapprima a 500, poi a 600. Il loro diretto responsabile, come avviene per tutti i ruoli ecclesiali, era il vescovo di Alsessandria. La legge del 416 impone che i parabolani fossero monitorati dal prefetto augustale, cioè il magistrato imperiale di Alessandria, ma la successiva legge del 418 indica come unico responsabile il vescovo.

Lo statuto ecclesiale della confraternita non appare ben chiaro. La legge del 416, subito dopo aver parlato dei parabalani, enuncia una normativa valida per i chierici, apparentemente includendoli nella categoria. Non occorre però pensare a un ordine clericale vero e proprio (come gli attuali diaconi, presbiteri, vescovi), e il termine poteva indicare un qualcosa al confine tra lo statuto laicale e quello clericale vero e proprio. Sebbene gli antichi monasteri svolgevano anche funzioni caritative e assistenziali alla popolazione, per la loro vita precipuamente attiva e inserita nel tessuto sociale è inverosimile che i parabalani fossero anche monaci, come fraintende una comune e diffusa interpretazione contemporanea.[12]

Esaltati violenti?

Oltre a svolgere opere di misericordia, è diffusa opinione tra gli studiosi che costituissero una sorta di guardia del corpo del vescovo,[13] e sulle effettive modalità attuative di questo compito le opinioni di alcuni studiosi contemporanei vanno ben al di là di quanto riportato dalle fonti storiche.

Nel turbolento e caotico contesto dell'Alessandria del IV-V secolo, dove erano particolarmente diffusi violenze e scontri inter-etnici e inter-religiosi, appare verosimile che il vescovo niceno (cioè cattolico) cercasse di salvaguardare la propria incolumità. Che questo compito venisse svolto dai parabalani non è esplicitamente affermato da nessuna fonte storica. Il solo accenno, indiretto, può essere desunto dall'indicazione che Dioscoro, vescovo di Alessandria (444-454), in occasione del secondo concilio di Efeso (449) aveva portato con sé alcuni parabalani (non certo tutti e 600), che fecero irruzione nella chiesa assieme a soldati armati e monaci. La fonte non cita violenze compiute da questo gruppo di parabalani, ma la loro presenza, e soprattutto quella dei soldati armati, intimorì i vescovi presenti che si piegarono alla posizione pro-monofisita di Dioscoro.

La legge del 416, emanata in seguito alle lamentele "inutili" avanzate da una delegazione di alessandrini all'imperatore (non altrimenti nota da altre fonti), accenna a un "terrore" esercitato dai parabalani. Le risoluzioni appaiono decisamente restrittive nei loro confronti: il loro numero viene limitato a 500, non possono essere presenti a vari eventi pubblici, vengono di fatto "commissariati" al magistrato imperiale, il prefetto augustale. Queste disposizioni hanno portato molti studiosi contemporanei a supporre che i parabalani avessero avuto un ruolo da protagonisti nelle violenze degli anni precedenti, in particolare l'espulsione degli ebrei da Alessandria e l'assassinio di Ipazia.

Di contro, nessuna fonte storica parla con chiarezza un loro coinvolgimento nelle violenze alessandrine. La riduzione del numero, di per sé, non implica coinvolgimento in azioni sovversive (cf. la già citata normativa del 409 che limita il numero dei "decani" di Costantinopoli a 950, per i quali non sono attestati problemi) e può essere ricollegata a motivi economici per qualche tipo di sostentamento statale e/o sgravi fiscali. Quanto al commissariamento, la di poco successiva legge del 418 già ristabilisce il primato del vescovo di Alessandria, pur lasciando validi i divieti alle partecipazioni pubbliche.

In definitiva, è possibile un qualche ruolo in disordini sociali causati da alcuni fanatici estremisti cristiani, che non sono mancati in nessuna religione e in nessuna epoca. Ma arrivare a definire le confraternite cristiane impegnate nella cura dei poveri, inclusi i parabalani, come "milizie urbane virtuali"[14] significa affermare qualcosa che non è così tratteggiato nelle fonti storiche.

Note
  1. Codice di Teodosio 16,2,42, online (cf. anche Codice di Giustiniano 1,3,17,1, online):

    16.2.42pr Idem aa. Monaxio praefecto praetorio.
    pr. Quia inter cetera Alexandrinae legationis inutilia hoc etiam decretis scriptum est, ut reverentissimus episcopus de Alexandrina civitate aliquas [... lacuna] non exire, quod quidem terrore eorum, qui Parabalani nuncupantur, legationi insertum est, placet nostrae clementiae, ut nihil commune clerici cum publicis actibus vel ad curiam pertinentibus habeant.
    1. Praeterea eos, qui Parabalani vocantur non plus quam quingentos esse praecipimus, ita ut non divites et qui hunc locum redimant, sed pauperes a corporatis pro rata Alexandrini populi praebeantur, eorum nominibus viro spectabili praefecto Augustali videlicet intimatis et per eum ad vestram magnitudinem referendis.
    2. Quibus neque ad quodlibet publicum spectaculum neque ad curiae locum neque ad iudicium adcedendi licentiam permittimus, nisi forte singuli ob causas proprias et necessitates iudicem adierint, aliquem lite pulsantes vel ab alio ipsi pulsati vel in communi totius corporis causa syndico ordinato, sub ea definitione, ut, si quis eorum haec violaverit, et brevibus Parabalani eximatur et competenti supplicio subiugetur nec umquam ad eandem sollicitudinem revertatur.
    3. Loco autem mortuorum viro spectabili praefecto Augustali subrogandi dedimus potestatem sub ea condicione, quae superius designatur.
    Dat. III kal. octob. Constantinopoli Theodosio a. VII et Palladio conss.

    16.2.42pr Gli stessi [due imperatori Onorio e Teodosio] a Monaxius prefetto del pretorio.
    Poiché, tra le altre questioni inutili della legazione di Alessandria, questo è scritto nei decreti, che il reverendissimo vescovo della città d'Alessandria in qualche modo [... lacuna] non uscire, che certamente è stata inserita nella legazione per timore di coloro chiamati parabalani, piace alla nostra clemenza che i chierici non abbiano niente in comune con atti pubblici o pertinenti alla corte.
    1. Inoltre imponiamo che coloro che sono chiamati parabalani non siano più di cinquecento, affinché li mantengano non i ricchi e coloro che si trovano in questo stato [la ricchezza], ma i poveri, tramite la corporazione [dei parabolani] proporzionale [come numero] al popolo di Alessandria, dopo che siano stati comunicati i loro nomi allo spettabile prefetto augustale [governatore dell'Egitto] e per essere riferiti, attraverso di lui, a vostra altezza.
    2. Ai costoro [i parabalani] non diamo permesso di accedere a qualunque spettacolo pubblico, né al luogo della corte, né a un processo, se non singolarmente, oppure per necessità di presentarsi a un giudice, facendo causa a qualcuno o chiamati in causa da altri, oppure qualora sia stato ordinato un processo comune riguardo a tutta la corporazione. Per questa disposizione ordiniamo che, se qualcuno di loro avrà violato queste disposizioni, sia rimosso velocemente [dallo stato] di parabalano, e sia sottoposto ad una conveniente punizione, né sia riabilitato alla stesso stato.
    3. Poi abbiamo dato allo spettabile prefetto augustale l'autorità di legiferare circa il luogo dei morti, sotto la condizione che è specificata più sopra.
    Costantinopoli, 29 settembre 416

    La lacuna presente nel testo forse conteneva parole che dissociavano il vescovo dalle "questioni inutili" presentate dalla legazione alessandrina.

  2. Codice di Teodosio 16,2,43, online (cf. anche Codice di Giustiniano 1,3,18pr; 1,3,18,1, online)):

    16.2.43. Idem aa. Monaxio praefecto praetorio.
    Parabalani, qui ad curanda debilium aegra corpora deputantur, quingentos esse ante praecepimus. sed quia hos minus sufficere in praesenti cognovimus, pro quingentis sescentos constitui praecipimus, ita ut pro arbitrio viri reverentissimi antistitis Alexandrinae urbis de his, qui ante fuerant et qui pro consuetudine curandi gerunt experientiam, sescenti Parabalani ad huiusmodi sollicitudinem eligantur, exceptis videlicet honoratis et curialibus. Si qui autem ex his naturali sorte fuerit absumptus, alter in eius locum pro voluntate eiusdem sacerdotis exceptis honoratis et curialibus subrogetur; ita ut hi sescenti viri reverentissimi sacerdotis praeceptis ac dispositionibus obsecundent et sub eius cura consistant: reliquis, quae dudum latae legis forma complectitur super isdem Parabalanis vel de spectaculis vel de iudiciis ceterisque, sicut iam statutum est, custodiendis.
    Dat. III non. feb. Constantinopoli Honorio XII et Theodosio VIII aa. conss. (418 febr. 3).

    16.2.43. Gli stessi [due imperatori Onorio e Teodosio] a Monaxius prefetto del pretorio.
    In precedenza abbiamo prescritto che i parabalani, deputati a curare i corpi debilitati degli infermi, siano in numero di cinquecento. Ma poiché apprendemmo che questi al presente sono poco sufficienti, prescriviamo che siano seicento invece di cinquecento. Così siano liberamente scelti dal reverendissimo preposto [vescovo] della città di Alessandria seicento parabalani tra quelli che lo sono già e quelli che hanno maturato esperienza nella cura [dei malati], eccettuate naturalmente [persone] onorate e di corte. Se però qualcuno di questi sia morto per sorte naturale, un altro sia assunto al suo posto, secondo la volontà dello stesso sacerdote [il vescovo], eccettuate [persone] onorate e di corte, cosicché questi seicento assecondino i precetti e le disposizioni del reverendissimo sacerdote e rimangano sotto la sua cura. Rimangono [valide] le disposizioni sui medesimi parabalani, che hanno da tempo la forma di legge già promulgata come si già stabilito, circa gli spettacoli, i giudizi e le altre cose.
    Costantinopoli, 3 febbraio 418

  3. Mansi, Sacrorum conciliorum nova et amplissima collectio, vol. 6, p. 828 online; The acts of the Council of Chalcedon, Richard Price,Michael Gaddis, 851 ss., online: "E nell'essere lette queste cose, Basilio, il reverendissimo vescovo di Seleucia di Isauria disse: «Non servono altri testimoni. Ho chiesto, tramite il beato vescovo Giovanni, che fosse corretta la mia dichiarazione, poiché ti temevo e avevo paura di te, reverendissimo Dioscoro, poiché esercitasti un'imposizione su noi, sia tramite coloro che erano fuori, sia tramite quelli che erano dentro, sia con la tua parola [lett. lingua]. Infatti hanno fatto irruzione nella chiesa soldati con armi, e c'erano i monaci con Barsuma, e i parabalani, e una grande moltitudine. Lo testimonino tutti, lo testimoni il vescovo egiziano Auxonio, lo testimoni Atanasio, che dicevo: Non voler, signore, non voler stravolgere l'opinione di tutti». Il reverendissimo vescovo di Alessandria Dioscoro disse: «Ti costrinsi?». Il reverendissimo vescovo Basilio di Seleucia di Isauria disse: «Sì ci conducesti a tale crimine delittuoso...»".
  4. Ferngren (2009: 135). Il papiro è lo Iandanae 154 (caratteristiche, foto, testo ricostruito), contenente una lista per la distribuzione del vino, dove sono citati i παραβαλ[... lacuna], oltre ai φιλοπονοι, un'altra confraternita cristiana dedita ai malati.
  5. Il termine è usato in questo senso p.es. anche da Socrate Scolastico, Storia Ecclesiastica 7,22, quando descrive uno spettacolo circense.
  6. Gary B. Ferngren, Medicine & health care in early Christianity, p. 120, online.
  7. Eusebio di Cesarea, Storia Ecclesiastica 9,8,14.
  8. Ferngren (2009), online.
  9. Ferngren (2009), online.
  10. La voce della Catholic Encyclopedia (1911) li indica presenti a Costantinopoli, citando una normativa del 409 (Codice di Giustiniano 1,2,4, online) che viene detta a loro riferita, ma questa in realtà impone che i ministri "decani" della città non superino i 950, senza riferimento ai parabalani.
  11. Peter Robert Lamont Brown, Power and persuasion in late antiquity: towards a Christian empire, 1992, p. 103, online.
  12. Vedi "monaci parabalani" con Google.
  13. (EN) "Parabolani" su "Catholic encyclopedia" su newadvent.org. URL consultato il 2010-03-03
  14. Così Brown (1992: 103), online.
Bibliografia


Voci correlate
Collegamenti esterni