San Matteo evangelista e l'angelo (Gerolamo Savoldo)
Giovanni Gerolamo Savoldo, San Matteo evangelista e l'angelo (1534 ca.), olio su tela | |
San Matteo evangelista e l'angelo | |
Opera d'arte | |
Stato | |
Stato federale | New York |
Comune | |
Diocesi | New York |
Ubicazione specifica | The Metropolitan Museum of Art |
Uso liturgico | nessuno |
Comune di provenienza | Milano |
Luogo di provenienza | Zecca |
Oggetto | dipinto |
Soggetto | San Matteo evangelista e l'angelo |
Datazione | 1534 ca. |
Ambito culturale | scuola bresciana |
Autore |
Giovanni Gerolamo Savoldo |
Materia e tecnica | olio su tela |
Misure | h. 93,4 cm; l. 124,5 cm |
San Matteo evangelista e l'angelo è un dipinto, eseguito nel 1534 circa, ad olio su tela, da Giovanni Gerolamo Savoldo (1480 ca. – post 1548), conservato nel Metropolitan Museum of Art di New York (Stati Uniti d'America).
Descrizione
La scena del dipinto si svolge in un interno buio illuminato da una sola lampada ad olio, posta sul tavolo, ma che getta tanta luce sull'apostolo, che egli stesso diventa la fonte luminosa principale; nemmeno il piccolo fuoco nella stanza attigua è altrettanto luminoso e le persone raggruppate intorno ad esso rimangono al buio.
Nell'opera, in primo piano, compaiono:
- San Matteo evangelista, seduto, è colto, mentre con la penna in mano redige la "buona novella" di Gesù Cristo, fissando lo sguardo sull'angelo, suo tradizionale attributo. Nell'immagine si vede che san Matteo ha scritto appena tre righe del suo Vangelo, e per questo l'ispirazione che gli viene dall'angelo serve precisamente a narrare la vicenda di Cristo: come, amando gli uomini, Dio ha mandato suo Figlio nel mondo.
- Angelo, in volo accanto a san Matteo, gli ispira cosa scrivere.
Inoltre, in secondo piano, si vedono due scene della vita del Santo narrate nella Legenda aurea:
- a destra, San Matteo riceve ospitalità alla corte della regina d'Etiopia;
- a sinistra, non chiaramente identificabile, forse il Martirio di san Matteo evangelista.
Note stilistiche, iconografiche ed iconologiche
- Straordinario è il brano di realismo della scrivania, con la lucerna, il foglio, il pennino e il calamaio retti dal santo, un tributo al naturalismo lombardo. Di grande forza è anche la veste di san Matteo che, accesa da bagliori ed effetti chiaroscurali suggestivi, ha la consistenza pesante del velluto, ottenuta con pennellate dense che sono uno degli stilemi più riconoscibili dell'artista.
- Radiografie, effettuate nel 2003 e 2004, hanno evidenziato il disegno di una donna inginocchiata nella parte destra. Alcuni studiosi hanno ipotizzato che il pittore avesse riutilizzato una tela su cui aveva già iniziato un'altra composizione, altri ritengono che questa figura fosse la committente che è stata in seguito rimossa per ragioni che non sono chiare. Questa donna, quindi, era un membro della famiglia Scaccabarozzi, forse la moglie di Bernardo, Maddalena Gallarati, che visse nella sede della Zecca, fino alla sua morte (1570), e che negli anni Trenta, risiedeva proprio in questo luogo.
- Il dipinto dovette influenzare il giovane Caravaggio, pure lombardo, ispirandogli le sue celebri visioni notturne.
Notizie storico-critiche
Durante un soggiorno a Milano nel 1566 il pittore e biografo, Giorgio Vasari, [1] vide un significativo gruppo di dipinti esposti nella sede della Zecca. Quattro di questi erano opera di Giovanni Gerolamo Savoldo, e Vasari li descrive come stupendi "notturni”. Gli studiosi ritengono che San Matteo è uno di questi quattro, anche perché, il soggetto, l'evangelista era il santo patrono dei bancari, banchieri e contabili.
Solitamente si è ritenuto che il committente dell'opera fosse Francesco II Sforza (1495 - 1535), duca di Milano, per i quali l'artista stava lavorando nel 1534, e che lo avrebbe richiesto per la Zecca della sua città. È, tuttavia, possibile che il committente sia Bernardo Scaccabarozzi, responsabile della Zecca dal 1530 fino l'anno prima della sua morte nel 1562. Vasari potrebbe aver avuto la possibilità di visionare questa collezione attraverso uno dei suoi amici, lo scultore aretino Leone Leoni (1509 ca. – 1590), che lavorò anche presso la Zecca milanese.
Note | |
Bibliografia | |
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