Volto Santo di Manoppello
Il Volto Santo è un'immagine di tema religioso conservata a Manoppello, in provincia di Pescara.
Si tratta di un velo tenue che ritrae l'immagine di un volto, un viso maschile con i capelli lunghi e la barba divisa a bande, ritenuto essere quello di Gesù Cristo.
L'immagine ritratta, secondo la tradizione, è acheropita, cioè un'immagine che sarebbe "non disegnata o dipinta da mano umana", e ha una caratteristica unica al mondo: è visibile identicamente da ambedue le parti.[1]
I fili orizzontali del telo sono ondeggianti e di semplice struttura; l'ordito e la trama, visibile ad occhio nudo, si intrecciano a formare una normale tessitura. Le misure del panno sono 0,17 x 0,24 m.
Storia
Questa reliquia di origine ignota giunse a Manoppello nel 1506, portata da uno sconosciuto pellegrino, scomparso senza lasciare traccia subito dopo aver consegnato il Velo al fisico Giacomo Antonio Leonelli. È tuttora conservata nel paese abruzzese, nell'omonimo Santuario.
Il 1º settembre 2006, papa Benedetto XVI si è recato in visita privata a Manoppello, accolto dall'arcivescovo di Chieti-Vasto Bruno Forte, dai vescovi della Regione ecclesiastica Abruzzo-Molise, dai sacerdoti della diocesi teatina e da 7000 fedeli; il pontefice ha fatto visita al santuario per venerare l'immagine, senza peraltro pronunciarsi sul fatto che il Volto possa essere o meno un'immagine acheropita e che possa essere identificato con il Velo della Veronica.[2]
Possibilità di identificazione con il Velo della Veronica
Il gesuita Heinrich Pfeiffer, docente di Iconologia e Storia dell'Arte Cristiana alla Pontificia Università Gregoriana, dopo 13 anni di studi è convinto si tratti del Velo della Veronica, la donna che asciugò il volto di Gesù sulla via del Calvario: a questo proposito, lo studioso ha fatto notare che sul margine inferiore del velo si può ancora vedere un frammento di cristallo. Il velo della Veronica era esposto nell'antica basilica di San Pietro in Vaticano già nell'Anno Santo del 1300, tanto che lo stesso Dante ne parla nel canto XXXI del Paradiso (vv. 103-111) e Petrarca nel sonetto XVI del Canzoniere): qui si trovava in una cappella, abbattuta nel 1608, circostanza in cui fu rubato rompendo il vetro del reliquiario.
Studi sul Volto
Secondo il professor Donato Vittori[3] dell'Università di Bari, che ha eseguito nel 1997 un esame con i raggi ultravioletti, da questa prova risulta che le fibre del Velo non presentano nessun tipo di colore, il che collima con le osservazioni microscopiche (le quali affermano che questa reliquia non è né dipinta né tessuta con fibre colorate). Con elaborate tecniche fotografiche di ingrandimento digitale è possibile constatare come l’immagine sia identica in entrambi i lati del velo.
Saverio Gaeta, autore di un libro sul velo, ipotizza che "tracce che sembrerebbero pigmenti o residui di bruciatura" e che si trovano unicamente in piccole aree nella zona delle pupille potrebbero essere dovute a «un ritocco compiuto da qualcuno nel Medioevo per rafforzare l’intensità dello sguardo».[4]
Il Volto e la Sindone
Il sacerdote Enrico Sammarco e suor Blandina Paschalis Schlömer hanno effettuato alcune indagini sul telo, dalle quali emergerebbe che le dimensioni del volto presente sulla Sindone di Torino sono le stesse del Volto Santo di Manoppello. Risulterebbe inoltre che il volto della Sindone di Torino e quello che appare nel Velo di Manoppello sono sovrapponibili, con l'unica differenza che nella reliquia di Manoppello la bocca e gli occhi del viso sono aperti.[5]
Note | |
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Bibliografia | |
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