Biblioteca Angelica
La Biblioteca Angelica è una biblioteca italiana che si trova a Roma in piazza Sant'Agostino, nei pressi di piazza Navona, accanto alla basilica di Sant'Agostino in Campo Marzio. Fu voluta nel 1604 dal vescovo agostiniano Angelo Rocca, scrittore erudito e appassionato collezionista di edizioni pregiate, responsabile della Tipografia Vaticana durante il pontificato di Sisto V, che affidò la sua raccolta libraria, di circa 20.000 volumi, ai padri del convento di Sant'Agostino di Roma. L'Angelica, così chiamata in onore del suo fondatore, è considerata nel contesto europeo, assieme alla biblioteca Ambrosiana di Milano e alla Biblioteca Bodleiana di Oxford, tra i primi esempi di biblioteca "pubblica", voluta con il chiaro intento di fornire accesso ai libri a chiunque ne faccia richiesta.
L'Angelica possiede e tutela circa 200.000 volumi di cui più di 100.000, editi dal XV al XIX secolo, costituiscono il fondo antico della biblioteca. I settori più ricchi, che vengono ancora oggi incrementati in base ad acquisti e donazioni, comprendono opere sul pensiero di Sant'Agostino e sull'attività dell'Ordine agostiniano, la storia della Riforma protestante e Controriforma, raccolte su Dante, Petrarca e Boccaccio, testi di letteratura italiana e sul teatro dal XV al XVIII secolo, edizioni rare (bodoniane, elzeviriane), opere su Roma, periodici italiani e stranieri dei secoli XVII e XVIII. La Biblioteca possiede inoltre circa 600 pubblicazioni periodiche, italiane e straniere, relative alle medesime discipline. Strumenti bibliografici e manuali di filologia e linguistica vengono acquistati per la valorizzazione e lo studio delle raccolte.[1]
Storia
Il fondatore Angelo Rocca O.S.A., oltre a fornirvi la sua vasta collezione libraria la dotò di proprie rendite e ne prescrisse l'apertura a tutti, senza limite di sorta. In linea con questa visione del ruolo "divulgativo" della biblioteca, nel 1608 il fondatore pubblicò un breve testo intitolato Bibliotheca Angelica il cui scopo era di fornire all'utente una prima introduzione al materiale contenuto nell'Angelica.[2]
La biblioteca del convento agostiniano di Roma nei secoli precedenti aveva già accumulato preziosi manoscritti, dono di nobili romani, poi trascritti o posseduti dai frati stessi, che alla loro morte li avevano lasciati in eredità al convento. Angelo Rocca diede alla nuova biblioteca una sede idonea, sostenuta da proprie rendite. L'assoluta novità dell'istituzione voluta dal Rocca destò l'interesse di un pubblico sempre crescente e la fama della biblioteca si diffuse ben presto tra gli studiosi.
Nel 1661 Lucas Holste, custode della Biblioteca Vaticana, lasciò ai frati agostiniani la sua preziosa collezione di volumi a stampa (circa 3.000).
Nella prima metà del Settecento il convento romano e la sua biblioteca fecero da sfondo alle controversie religiose dell'epoca: in Angelica sono presenti edizioni di testi proibiti ancora oggi fondamentali per gli studi e le ricerche sul periodo della Riforma e della Controriforma. La Biblioteca aveva ottenuto una speciale autorizzazione a possedere libri proibiti e proprio questa deroga alla censura le permise di conservare i circa 600 volumi della biblioteca del vescovo agostiniano Enrico Noris.
Dal 1735 al 1747 lavorò in Angelica Gianlorenzo Berti, anch'egli legato agli ambienti giansenisti romani ma che a seguito delle polemiche che avevano investito i suoi scritti nel 1748 preferì lasciare Roma per accettare la cattedra di storia ecclesiastica all'Università di Pisa.
Alla morte del cardinale Domenico Passionei, avvenuta nel 1761, le cinquantamila opere a stampa e i cinquecento manoscritti posseduti dal porporato furono riuniti alla Biblioteca Angelica per volontà di Clemente XIII e del priore generale degli agostiniani Francisco Xavier Vasquez, che raddoppiò il patrimonio dell'Angelica e soprattutto lo arricchì dei testi che quel cardinale, legato agli ambienti giansenisti romani, aveva ricercato e acquistato nei viaggi svolti come inviato pontificio nei paesi dell'Europa protestante. In quegli stessi anni i frati incaricarono della ristrutturazione del convento l'architetto Luigi Vanvitelli, che terminò la realizzazione dell'attuale salone nel 1765. La biblioteca, chiusa per lavori sin dal 1748, fu riaperta al pubblico nel 1786, quando fu terminata la stesura del catalogo delle opere a stampa.
La storia dell'Angelica fu scandita dalle vicende storiche che interessarono la città di Roma: dall'invasione dei francesi alla proclamazione della repubblica mazziniana avvenuta nel 1849. Nel 1873 vi fu il passaggio della biblioteca allo Stato italiano. I primi decenni della gestione laica dell'Angelica furono segnati da importanti acquisti che ne accrebbero notevolmente il patrimonio librario: tra questi ricordiamo una parte della biblioteca appartenuta ai principi Massimo (1884), 200 manoscritti e 450 volumi a stampa e un'importante collezione di opere edite da Giambattista Bodoni, che si aggiunse alle edizioni bodoniane già possedute dalla biblioteca. Alla fine dell'Ottocento la biblioteca si arricchì di una curiosa raccolta di 1.930 libretti d'opera di provenienza del ministro Santangelo.
Dal 1940 conserva in deposito circa 10.000 volumi di proprietà dell'Accademia Letteraria dell'Arcadia: volumi a stampa, 41 manoscritti, lettere autografe degli Arcadi e componimenti arcadici, relativi soprattutto alla letteratura italiana del '700.
Dal 1975 dipende dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali. Nello stesso anno fu acquistata la biblioteca del critico letterario Arnaldo Bocelli, che comprende testi di letteratura italiana del Novecento. Nel 2005 è pervenuto in dono il Fondo Cardone: 500 volumi di letteratura francese e italiana degli ultimi anni dell'Ottocento. Nel 2009 è stata acquisita, in dono, la raccolta libraria del professor Achille Tartaro: si tratta di 1200 opere in gran parte di critica letteraria.[3]
Cronotassi dei direttori dell'Angelica[4]
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