Chiesa di Sant'Agostino (Forlì)

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Chiesa di Sant'Agostino (Forlì)
Stato bandiera Italia
Regione Stemma Emilia Romagna
Regione ecclesiastica
Regione ecclesiastica Emilia Romagna
Provincia Forlì-Cesena
Comune Stemma Forlì
Diocesi Forlì-Bertinoro
Religione Cattolica
Oggetto tipo Chiesa
Dedicazione Sant'Agostino d'Ippona
Sigla Ordine qualificante O.S.A.
Sigla Ordine reggente O.S.A.
Inizio della costruzione 1301
Completamento 1307
Soppressione 1797
Distruzione 1802

La Chiesa di Sant'Agostino è una chiesa oggi scomparsa di Forlì.

Sorgeva nel centro storico, nella odierna Piazza dante Alighieri. Fu costruita tra il 1301 ed il 1307 dagli Agostiniani, che qui si trasferirono dal loro precedente convento di Sant'Agostino in Padule, fuori Porta Schiavonia.

Proprio nel 1307, a quanto racconta Sigismondo Marchesi, vi fu traslato, da un vicino Oratorio, il "corpo di San Sigismondo Re"[1].

Sinibaldo Ordelaffi, nell'anno 1381, vi fece tenere i funerali solenni dei genitori, ossia Francesco II Ordelaffi e Cia Ubaldini, i cui corpi, traslati qui da Venezia, vennero poi portati nella oggi scomparsa Chiesa di San Francesco Grande.

Nel 1387, a spese del notaio Antonio di Muccolino, fu costruita l'imponente facciata della chiesa, mentre il campanile fu portato a termine nel 1515.

Nel 1525, i frati ricevettero ciò che si poté salvare del gentilizio palazzo Theodoli, devastato durante violenti scontri fra alcune famiglie forlivesi, e con tali avanzi abbellirono la chiesa.

Il 17 luglio 1781, una forte scossa di terremoto danneggiò gravemente il campanile e la chiesa. Peraltro, nel 1797, durante l'invasione francese, vennero espulsi gli Agostiniani. I resti di San Sigismondo vennero trasferiti in Cattedrale. I Francesi non pensarono a restaurare gli edifici, ma li usarono finché si poté farlo come ricovero per la cavalleria (la chiesa) e come uffici del tribunale (il convento). Infine, fra il giugno e l'agosto del 1802, si procedé alla demolizione di quanto rimaneva.

La chiesa conteneva le tombe di numerose famiglie illustre di Forlì, come i Teodoli (o Theodoli), i Marchesi, i Laziosi, nonché i sepolcri di Alessandro Padovani e di Pace Bombace.

Le opere d'arte che si poterono salvare furono trasferite: ad esempio, due arazzi fiamminghi, in Pinacoteca; due tele della scuola di Carlo Cignani, nella Chiesa di Schiavonia.

Note
  1. Sigismondo Marchesi, Supplemento istorico dell'antica città di Forlì, Giuseppe Selva, Forlì 1678, p. 255.
Bibliografia
  • Paolo Bonoli, Storia di Forlì, Bordandini, Forlì, 1826
  • Egidio Calzini, Giuseppe Mazzantini, Guida di Forlì, Bordandini, Forlì, 1893
  • Sigismondo Marchesi, Supplemento Istorico dell'antica Città di Forlì, Selva, Forlì, 1678
  • E. Casadei, Forlì e dintorni, Società Tipografica Forlivese, Forlì 1928
  • Arnaldo Mussolini, Forlì, Tiber, Roma, 1929
Voci correlate
Collegamenti esterni