Basilica di Santa Sofia (Istanbul)

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Basilica di Santa Sofia
TUR Istanbul BasilicaSantaSofia IV-537.jpg
Istanbul (Turchia), Basilica di Santa Sofia (532 - 537)
Stato bandiera Turchia
Comune Istanbul
Sito web Sito ufficiale
Oggetto tipo Chiesa
Oggetto qualificazione basilicale
Dedicazione Santa Sofia
Fondatore Costantino I
Data fondazione IV secolo, primo quarto
Stile architettonico Bizantino
Inizio della costruzione 532
Completamento 537
Data di consacrazione 27 dicembre 537
Altezza Massima 56 m
Larghezza Massima 80 m
Profondità Massima 109 m
Coordinate geografiche
41°00′31″N 28°58′48″E / 41.0085, 28.98 bandiera Turchia
Mappa di localizzazione New: Turchia
Basilica di Santa Sofia
Basilica di Santa Sofia
Ankara
Ankara

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La Basilica di Santa Sofia o Basilica della Santa Sapienza (o Hagia Sophia, in greco: Ἁγία Σοφία, Haghía Sophía; in turco: Ayasofya) è il principale monumento di Istanbul; fu una chiesa sede patriarcale, poi una moschea ed è ora un museo.

Nota per la sua gigantesca cupola, apice dell'architettura bizantina, fu terminata nel 537.

Storia

Mosaico raffigurante Costantino IX e sua moglie Zoe ai lati di Cristo Pantocratore

Il primo edificio viene iniziato da Costantino I come cattedrale della nuova capitale, ma alla morte dell'Imperatore nel 337, la chiesa era ancora in costruzione, venendo consacrata solo nel 360, al tempo di Costanzo II, dal patriarca Eudossio.[1] Dopo un incendio fu riedificata da Teodosio II, e riconsacrata nel 415. Di nuovo incendiata in seguito alla rivolta di Nika, scoppiata contro l'imperatore Giustiniano I nel 532, venne in seguito ricostruita in forme ancora più grandiose dallo stesso Giustiniano. Della basilica teodosiana sussiste ancora un piccolo edificio circolare laterale, la sacrestia.

L'imperatore stesso ne predispose la ricostruzione (probabilmente con l'intento di espiare il massacro dei 30.000 caduti nella rivolta, e per dare un segnale di stabilità e sicurezza dello stato), con un progetto ancor più magnificente sotto la direzione degli architetti Antemio di Tralle e Isidoro di Mileto, il vecchio. A detta delle fonti i due architetti erano particolarmente versati nelle scienze matematiche e nella geometria; ottimi teorici, sembra avessero comunque scarsa esperienza sul campo, e pare che talvolta l'imperatore stesso suggerì la soluzione di problemi pratici incontrati. I lavori, iniziati nel 532, furono portati avanti con grande rapidità, con maestranze dei principali centri dell'impero e materiali ornamentali e marmi provenienti anche da regioni molto lontane. Già il 27 dicembre 537 avvenne la consacrazione della chiesa in presenza dell'imperatore, che in tale occasione avrebbe detto: "Gloria a Dio che mi ha fatto degno di questo! Ti ho superato, oh Salomone!".[2]

I pilastri di sostegno della cupola argentea, tuttavia, non erano sufficientemente robusti per sostenere il peso della cupola di 31 metri di diametro. Già lesionati durante la costruzione, furono ulteriormente indeboliti dai terremoti del 553 e 557.

Malgrado alcuni interventi di consolidamento, parte della cupola crollò una prima volta il 7 maggio 558 in seguito ad un terremoto. La chiesa venne riaperta al culto nel 563, dopo la costruzione di una nuova cupola più leggera e rialzata di circa 6 metri per distribuirne meglio il carico, aumentando le spinte verticali e diminuendo quelle orizzontali verso i muri di sostegno; i lavori furono diretti da Isidoro il Giovane, figlio di uno degli architetti originari. La cupola fu ricostruita in seguito altre due volte, nel X e nel XIV secolo dopo altrettanti crolli. La struttura fu inoltre consolidata con la costruzione di quattro alette-contrafforti ai lati, che racchiudono le scale interne.

Durante la Quarta crociata, con la presa di Costantinopoli nel 1203, l'Hagia Sophia venne saccheggiata e numerose reliquie, fra cui la Sacra Sindone, una pietra della tomba di Cristo, il latte della Vergine Maria e le ossa di numerosi santi vennero trafugate. La chiesa fu convertita in luogo di culto cattolico, fino alla riconquista nel 1261 da parte dei Bizantini, che la ritrovarono ormai in rovina e la chiusero in seguito a nuovi crolli, fino a quando non fu nuovamente restaurata dagli architetti Astras e Peralta.

Dopo la conquista di Costantinopoli da parte dei Turchi (29 maggio 1453), l'Hagia Sophia fu trasformata in moschea e vi furono aggiunti i minareti, che sono ancora agli angoli. Furono allo stesso tempo tolti l'altare e le immagini sacre, mentre i mosaici parietali furono fortunatamente intonacati.

Nel 1847 il sultano Abdul Mejid I ne affidò il restauro a Gaspare Fossati (che produsse numerosi disegni ed acquerelli sui lavori svolti), che portò alla luce diverse immagini nelle gallerie e nel timpano.

È stata infine adibita a museo nel 1934, su decisione del primo presidente della Repubblica turca Mustafa Kemal Atatürk. Nel 1935 gli scavi hanno riportato alla luce un grande portico antistante costruito da Teodosio II, decorato da una cornice maestosa e con un particolare del fregio, un agnello raffigurato con la coda a terminazione ingrossata, elemento orientale non riscontrato nelle decorazioni occidentali. Sempre durante i lavori di recupero di questi anni, furono scoperti i mosaici e i pavimenti in marmo, in precednenza coperti da tappeti.

L'architettura e la decorazione interna

Basilica di Santa Sofia, interno

Le sue gigantesche proporzioni ne fanno uno dei monumenti chiave dell'architettura di tutti i tempi. La basilica ha una pianta che fonde armoniosamente il rettangolo entro il quadrato (71x77 m), con tre navate, arcate divisorie in doppio ordine, ed un'unica abside opposta all'ingresso, che all'esterno si presenta poligonale. La pianta ha probabilmente ricalcato quella della basilica costantiniana. L'ingresso è preceduto da un doppio nartece.

Gli interni sono arricchiti con mosaici, marmi pregiati e stucchi: colonne in costoso porfido o marmo verde della Tessaglia sono impreziosite da capitelli finemente scolpiti. Nel corso degli anni sono stati aggiunti alcuni mausolei laterali. All'interno, alcuni corridoi laterali riccamente decorati (che hanno ispirato la Basilica di San Marco a Venezia) conducono al grande vano della navata centrale, dominato dalla mastodontica cupola, che poggia su pennacchio ed archi, che scaricano il loro peso su quattro enormi pilastri. Questi pilastri sono costruiti con pietre lavorate, legate tra di loro tramite colate di piombo, mentre le volte, gli archi e le pare sono in laterizi. Nelle zone verso l'abside e verso l'ingresso due semicupole digradano da quella principale e poggiano su esedre a colonne. Nella fascia superiore della grande cupola sono state aperte numerose finestre, ed in seguito parzialmente murate per aumentare la stabilità dell'edificio, che inondano di luce l'interno in qualsiasi ora della giornata. Sulle navate laterali corrono i matronei, destinati alla corte imperiale che vi assisteva alla messa da una posizione rialzata. Al di sopra dei matronei la muratura è perforata da due file sovrapposte di finestre di dimensioni variabili (più ampie al centro, più piccole verso i lati e nella fila inferiore). L'impianto non differiva molto da quello di altre chiese a pianta longitudinale già esistenti, ma per la prima volta lo spazio appare dominato dalla grande cupola, che focalizza verso l'alto tutto l'ambiente architettonico. L'effetto è quello di uno spazio incommensurabile e di leggerezza della copertura, che sembra come sospesa nell'aria.

Sezione

La decorazione interna, inizialmente aniconica con motivi persiani (in pratica, ci si atteneva già all'Iconoclastia del VII secolo), fu integrata da Giustino II con cicli evangelici e con scene divenute poi canoniche del Dodecaorto, il sistema di 12 feste bizantine. La cupola riporta un Cristo Pantocratore benedicente, a mezzo busto. Per l'anatomia dei visi di Cristo e dei santi sembra siano state utilizzate le descrizioni contenute in un libretto di Ulpius Romano: un esempio, San Gregorio ritratto con la barba fumosa e l'occhio destro menomato da un incidente. L'abside è stato rinforzato all'esterno da alcuni contrafforti posticci. Uno di questi contiene una cappella con mosaici frammentari realizzati col sistema della doppia linea.

Quasi tutte le chiese bizantine ed anche le successive moschee ottomane hanno preso a modello la sua grande cupola affiancata da due semicupole. L'apparato decorativo originale è conservato solo in parte, ma continua tuttavia ad essere una profonda testimonianza dell'arte bizantina. I capitelli presentano trine, trafori, giochi d'ombra e chiaro-scuro, e compare lo stemma giustinianeo.

Procopio di Cesarea, nel suo trattato De aedificiis, ci ha tramandato una descrizione risalente al periodo di Giustiniano I: egli notò come la luce, filtrata dalle finestre disposte a diversi livelli, ma soprattutto dalle aperture che coronano la base della cupola, sembrasse come generata all'interno della basilica stessa, e riverberandosi sui mosaici dorati e sui preziosi paramenti murari, annullasse irrealmente la consistenza e il peso delle strutture. Questo effetto è dovuto anche al fatto che la parte centrale della chiesa sia quella più ampia a maggiormente illuminata rispetto alle zone laterali, che contrastano con ambienti più scuri e con la netta divisione in più piani dello spazio che invece al centro è slanciato verso l'alto.

Paolo Silenziario invece, compose un poemetto o ecphrasis richiamando soluzioni letterarie tipiche dell'epoca giustinianea. La descrizione della chiesa si districa attraverso alcune tappe che l'autore rende obbligatorie e stimola il lettore ad immergersi in toto nell'immaginario di ciò che fu il tempio all'epoca di Giustiniano iniziando il viaggio dalla parte esterna fino a raggiungere le zone più intime della chiesa soffermandosi in una descrizione dettagliata di ogni particolare decorativo o architettonico come ad esempio l'elencazione delle varietà di marmo presenti oppure alle particolari forme di lampadari o polycandelon.

Note
  1. Henry Wace, A Dictionary of Christian Biography and Literature to the End of the Sixth Century A.D., with an Account of the Principal Sects and Heresies, [1]
  2. Philip Schaff, History of the Christian Church, Volume III: Nicene and Post-Nicene Christianity. A.D. 311-600., nota 1183 [2]
Bibliografia
  • Carlo Bertelli et. al., Storia dell'Arte Italiana, vol. 1, Electa - Bruno Mondadori Editore, Milano 1990, pp. 315 - 317 ISBN 9788842445210
  • Maria Luigia Fobelli, Un tempio per Giustiniano. Santa Sofia di Costantinopoli e la Descrizione di Paolo Silenziario, Viella 2005
Voci correlate
Collegamenti esterni