Il figliol prodigo (Giorgio de Chirico)
Giorgio de Chirico, Il figliol prodigo (1975), olio su tela | |
Il figliol prodigo | |
Opera d'arte | |
Stato | Italia |
Regione | Lazio |
Regione ecclesiastica | Lazio |
Provincia | Roma |
Comune | Roma |
Diocesi |
Roma Vicariatus Urbis |
Parrocchia o Ente ecclesiastico | Fondazione "Giorgio e Isa de Chirico" |
Ubicazione specifica | Casa-museo Giorgio de Chirico |
Uso liturgico | nessuno |
Oggetto | dipinto |
Soggetto | Ritorno del figliol prodigo |
Datazione | 1975 |
Ambito culturale | |
Autore | Giorgio de Chirico |
Materia e tecnica | olio su tela |
Misure | h. 100 cm; l. 70 cm |
Iscrizioni | G. de Chirico / 1975 |
Note | |
opera firmata e datata | |
|
Il figliol prodigo è un dipinto, eseguito nel 1975, ad olio su tela, da Giorgio de Chirico (1888 - 1978), collocato nella Casa-museo Giorgio de Chirico di Roma.
Descrizione
Soggetto
Il dipinto s'ispira alla Parabola del figlio prodigo, detta più correttamente Parabola del Padre misericordioso. La scena ritratta raffigura la conclusione della vicenda, ovvero il perdono del padre nei confronti del figlio minore pentito della propria condotta sperperante.
Nel dipinto, in una piazza, delimitata a destra da un edificio porticato ed aperta a sinistra su un lontano paesaggio, compaiono:
- Giovane prodigo, rappresentato da un manichino senza volto, vivacemente colorato, che abbraccia il padre ed invoca il suo perdono.
- Padre misericordioso, presentato come una rigida statua di gesso, che si piega verso il figlio minore e lo accoglie con un abbraccio amorevole e quasi protettivo.
Note stilistiche, iconografiche ed iconologiche
La figura del manichino è ricorrente nella pittura di Giorgio de Chirico, soprattutto nei dipinti del periodo metafisico. Tale manichino, infatti, si caratterizzò fin dal principio come una metafora dell'artista creatore, una sorta di suo doppio inquietante, e costituì la soluzione più efficace alla tendenza del pittore a proiettarsi in modo autobiografico in ogni sua opera.
Iscrizione
Nel dipinto si trova un'iscrizione collocata, in basso a destra, vicino al basamento con colonna, in primo piano, dove si legge la firma e la datazione dell'opera:
« | G. de Chirico / 1975 » |
Notizie storico-critiche
Il soggetto del Figliol prodigo costituisce uno dei temi più cari a Giorgio de Chirico, sia per i riferimenti autobiografici, sia per le diverse sfumature che assume. Infatti, questo soggetto fu eseguito dal pittore per la prima volta come abbraccio tra un manichino ed una statua in un disegno del 1917, nel pieno dello sviluppo della pittura metafisica. Il tema, così realizzato, viene in seguito ripreso dall'artista negli anni Venti, quando, dopo essersi definito come "Pictor classicus", riprende il proprio rapporto con la tradizione pittorica, esercitando l’attività di copista nei musei. Nello stesso tempo "scopriva" la tecnica della tempera grassa, con cui erano realizzati i capolavori dei grandi maestri del Rinascimento, e la impiegò in modo particolare tra il 1920 ed il 1924. Con questa tecnica sono, infatti, realizzati i due dipinti in cui compare questo soggetto, anche se con interessanti differenze, nel 1922 e nel 1924. Ad accomunarli, oltre al tema, è tuttavia anche la ricomparsa del manichino, la cui iconografia risale al periodo metafisico, sviluppata tra la fase parigina e la successiva stagione ferrarese. .
La ripresa del soggetto in questo dipinto del 1975, realizzato da Giorgio de Chirico nel periodo detto "neometafisico" ha però il suo prototipo nel disegno del 1917. Oltre agli edifici rinascimentali vi ritroviamo, infatti, puntualmente lo stesso orizzonte alto, ma soprattutto il monumento equestre in cima alla salita e il basamento con colonna in primo piano, che non ricorrono invece nelle due versioni pittoriche degli anni Venti sopra ricordate.
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