Madonna con Gesù Bambino in trono e santi (Rosso Fiorentino)

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Rosso Fiorentino, Madonna con Gesù Bambino in trono, san Giovanni Battista, sant'Antonio abate, santo Stefano e san Girolamo (1518), olio su tavola
Pala dello Spedalingo
Opera d'arte
Stato bandiera Italia
Regione Stemma Toscana
Regione ecclesiastica Toscana
Provincia Firenze
Comune Stemma Firenze
Diocesi Firenze
Ubicazione specifica Galleria degli Uffizi
Uso liturgico nessuno
Comune di provenienza Firenze
Luogo di provenienza Ospedale di Santa Maria Nuova
Oggetto pala d'altare
Soggetto Madonna con Gesù Bambino in trono, san Giovanni Battista, sant'Antonio abate, santo Stefano e san Girolamo
Datazione 1518
Ambito culturale
Autore Rosso Fiorentino (Giovanni Battista di Jacopo)
detto Rosso Fiorentino
Materia e tecnica olio su tavola
Misure h. 172 cm; l. 141 cm

La Madonna con Gesù Bambino in trono, san Giovanni Battista, sant'Antonio abate, santo Stefano e san Girolamo è una pala d'altare, eseguita nel 1518, a olio su tavola da Giovanni Battista di Jacopo, detto Rosso Fiorentino (1495 - 1540), proveniente dall'Ospedale di Santa Maria Nuova di Firenze ed attualmente conservata nella Galleria degli Uffizi nella medesima città.

Descrizione

Rosso Fiorentino, Madonna con Gesù Bambino in trono e santi (part. Angeli), 1518, olio su tavola

Soggetto

La pala d'altare ha come soggetto una Sacra conversazione, nella quale compaiono:

  • al centro, Madonna con Gesù Bambino in trono
  • a sinistra,
  • a destra,
    • Santo Stefano, titolare della chiesa di Grezzano, presenta sulla testa una delle pietre, simbolo del suo martirio;
    • San Girolamo, con in mano un libro, è raffigurato scheletrico con il ventre incavato, lo sterno, le costole e le clavicole ben in vista, la magrezza estrema del collo e del braccio, rivelando un legame con gli studi anatomici che all'epoca si iniziavano ad effettuare sui cadaveri.

Ai piedi del gruppo della Madonna con Gesù Bambino, si trovano:

  • Due angeli, seduti su un gradino, colti nella lettura di un libro, che sembrano estranei alla generale inquietudine dei santi.

Note stilistiche, iconologiche ed iconografiche

  • I due santi centrali, come hanno dimostrato le analisi scientifiche, erano nella prima stesura san Benedetto da Norcia, protettore del padre della vedova che aveva lasciato i suoi beni all'Ospedale, e san Leonardo di Noblac, patrono del committente, i cui ceppi s'intravedono ancora nell'ombra nera della testa della Madonna. Per modificarli venne aggiunta una croce a Tau sulla veste di san Benedetto e un sasso sulla testa di san Leonardo, nascondendo i ceppi in un'ombra indefinita.
  • L'impianto compositivo è semplificato e s'ispira alle opere fiorentine del XV secolo, come la Pala di Sant'Ambrogio (1470 ca.) di Sandro Botticelli. Nuova è però l'eliminazione di qualsiasi ordine gerarchico nella distribuzione dei personaggi: la Madonna, infatti, non è come di consueto collocata in posizione dominate, ma è inserita al centro del gruppo dei santi in uno spazio circoscritto. Inoltre, a differenza di quello che andava facendo Pontormo in quegli stessi anni in opere come la Pala Pucci (1518), Rosso Fiorentino volle racchiudere la composizione su sé stessa, anziché aprirla verso l'esterno o, tantomeno, mantenere la classica scansione ritmata[1]. Come per Pontormo la spazialità appare compressa, con una forte riduzione della profondità.
  • Gli effetti spigolosi e scabri furono ispirati dall'osservazione di lavori scultorei, come i rilievi dei Pulpiti della Passione e della Resurrezione (post 1460) di Donatello nella Basilica di San Lorenzo a Firenze. I santi hanno, infatti, volti incupiti da ombreggiature molto marcate, con sguardi privi di serenità, ora interrogativi, ora attoniti, all'insegna di un senso generale d'inquietudine, sottolineata anche dalla gestualità. Nel san Girolamo, ad esempio, si notano già caratteristiche che verranno sviluppate nelle opere future, come l'espressività caricata nella posa e nel volto, nonché una sfaccettatura dei volumi che esaspera le forme. A una ricerca in tale senso va ascritta anche l'accentuazione delle ombre attorno agli occhi, così antinaturalistica: nel caso di Gesù Bambino tale evidenza è però dovuta al riaffiorare di un pentimento, forse corretto all'epoca della risistemazione dei santi. Tali caratteristiche appaiono però qui mitigate dalla dolcezza di alcune figure, come quelle degli angeli, o dalla ricchezza cromatica, con effetti cangianti.

Notizie storico-critiche

L'opera fu commissionata a Rosso Fiorentino dal monaco certosino Leonardo Buonafede, spedalingo (ossia rettore) dell'Ospedale di Santa Maria Nuova a Firenze, in veste d'esecutore di un lascito testamentario di Francesca de Ripoi, una vedova catalana vissuta a Firenze, per una pala destinata all'altare della cappella di San Giovanni Battista nella Chiesa d'Ognissanti. In data 30 gennaio 1518 il Buonafede stipulò con l'artista un contratto che prevedeva, tra l'altro, il termine della consegna (non oltre la fine del giugno dello stesso anno) ed il compenso di 25 fiorini d'oro.

Vasari[1] racconta che già durante l'esecuzione del dipinto avvenne tra il pittore ed il committente una spiacevole, infatti quando il Buonafede vide l'opera abbozzata:

« Gli parvero [...] tutti quei Santi, diavoli [...]. Per che se gli fuggì di casa e non volle la tavola, dicendo che lo aveva giuntato. »

In realtà Rosso Fiorentino non aveva affatto "giuntato" (ossia, preso in giro) il suo committente, poiché precisa Vasari che, secondo una sua consuetudine, egli era solito accentuare le espressioni "crudeli e disperate" negli abbozzi per poi addolcirle e rifinirle in fase di compimento dell'opera. La minaccia del rifiuto, come riportato dallo storico aretino, avrebbe poi indotto l'artista a ritoccare alcune figure nella versione finale, come recenti indagini scientifiche hanno dimostrato. Tuttavia, nonostante la risoluzione della controversia e l'accettazione dell'opera da parte del Buonafede (si trattò anche di una riduzione di prezzo, poi ottenuta), la pala non arrivò mai nella sua destinazione finale originaria. Infatti, intorno al 1525, l'Ospedale decise di collocarla sull'altare maggiore della Chiesa di Santo Stefano a Grezzano, pieve di sua proprietà. In quell'occasione fu fatta una nuova cornice nella bottega di Ridolfo del Ghirlandaio, dove forse furono ritoccate anche le figure di Gesù Bambino (disposizione degli occhi), della Madonna (mani) e di san Girolamo (panneggio).

L'opera, nel 1900, venne destinata alla Galleria degli Uffizi, l'attuale collocazione.

Note
  1. Giorgio Vasari, Vite de' più eccellenti pittori, scultori e architettori italiani, da Cimabue insino a' tempi nostri (1568), IV, pp. 475 - 476
Bibliografia
  • Carlo Bertelli et. al., Storia dell'Arte Italiana, vol. 3, Editore Electa-Bruno Mondadori , Milano 1991, p. 129 ISBN 9788842445234
  • Susanna Buricchi, Galleria degli Uffizi, Firenze, collana "I Grandi Musei del Mondo", Editore Scala Group, Firenze 2003, pp. 172 - 175
  • Carlo Falciani, Rosso Fiorentino, Editore Olschki, Firenze 1996
  • Carlo Falciani, Antonio Natali, Rosso Fiorentino, col. "Art & Dossier", Editore Giunti, Firenze 2014, pp. 12 - 13 ISBN 9788809995277
  • Elisabetta Marchetti Letta, Pontormo, Rosso Fiorentino, Editore Scala, Firenze 1994, p. 29
  • Antonio Natali, Rosso Fiorentino. Leggiadra maniera e terribilità di cose stravaganti. Ediz. italiana e inglese, col. Monografie di grandi artisti, Editore Silvana, Milano 2007, pp. 66 - 68
  • Stefano Zuffi, La pittura italiana, Editore Mondadori-Electa, Milano 1997, p. 176 ISBN 9788843559114
Voci correlate
Collegamenti esterni