Restrizione mentale

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La restrizione mentale consiste nel fare un'affermazione intendendo dentro di sé un significato diverso da quello che l'affermazione stessa ha presso l'interlocutore.

Tale concetto, proprio della teologia morale, viene usato in relazione a situazioni in cui occultare la verità non solo è lecito, ma addirittura doveroso.

Nella Bibbia

Secondo alcuni teologi Gesù avrebbe usato delle restrizioni mentali quando disse: "Nessuno, neanche il Figlio dell'uomo, conosce l'ora del giudizio" (Mc 13,22 ): in tale affermazione sarebbe sottinteso che il Figlio non ne ha una conoscenza che sia allo scopo di rivelarla agli altri.

Analisi

I moralisti conoscono due tipi di restrizione mentale:

  • la restrizione mentale stretta: quando assolutamente non è possibile, da ciò che si dice, conoscere la verità;
  • la restrizione mentale larga: quando è possibile conoscere la verità, che nel processo di comunicazione rimane solo velata.

Esempi di restrizione mentale larga:

  • la segretaria dice che il padrone non è in casa, sottintendendo che non può o non vuole ricevere;
  • il confessore che viene interrogato su materia di confessione: deve rispondere di non sapere assolutamente niente. Intendendo dire che non sa nulla che possa rivelare. Così pure devono fare talvolta gli infermieri, i medici, gli avvocati.

Liceità morale

La restrizione mentale stretta non è lecita ed è stata condannata dal Sant'Ufficio (DS 2126-2128).

È lecita invece la restrizione mentale larga, che può essere vista sotto la categoria morale del volontario indiretto: per un fine buono si tollera che dalla propria azione ne esca anche un effetto cattivo, inferiore all'effetto buono[1].

La ragione della liceità morale della restrizione mentale larga sta nel fatto che essa in realtà non è una vera e propria menzogna, e a volte è assolutamente obbligatorio celare la verità.

Note
  1. Pietro Palazzini dice che in questo caso la restrizione mentale non è causa, ma occasione dell'inganno altrui.
Voci correlate
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