Decreto per i Greci
Dal 1438 al 1445 ebbero luogo a Ferrara, Firenze e Roma successive fasi di quello che si è soliti designare come il Concilio di Firenze. Nella città toscana, in particolare, fra il 1439 e il 1443, presenti il papaEugenio IV e l’imperatore d’Oriente Giovanni VIII Paleologo, si svolsero i lavori sinodali che approdarono all’unione dei Greci e degli Armeni con i Latini sancita dal cosiddetto Decreto per i Greci.
Le questioni teologiche che vedevano la Chiesa Greca su posizioni diverse da quella Romana (la processione dello Spirito Santo, il termine Filioque del Simbolo, la materia dell' Eucarestia, i novissimi, il primato del papa), anche grazie alle dotte esposizioni di prestigiosi Padri latini (fra questi il cardinale Bessarione), si avvicinarono notevolmente dopo i primi mesi di dibattito. Alla fine di giugno del 1439 il cardinale Cesarini poteva così informare l' assemblea conciliare che si era raggiunta la concordia fra Latini e Greci su tutti i punti discussi. Rimaneva soltanto da redigere il decreto o «bolla» di unione, compito affidato ad una commissione mista latina e greca che lavorò attorno al testo dal 28 giugno al 4 luglio. Furono poi approntati 5 o 6 esemplari del testo stabilito, di cui fu data lettura il 6 luglio nella cattedrale fiorentina, dopo la messa celebrata dal papa: «Questo testo ‑ registrano i Practica del concilio ‑ venne letto in latino dal cardinale Giuliano di Santa Sabina [Cesarini], in greco da Bessarione, arcivescovo di Nicea. Noi [Latini] abbracciammo e baciammo le ginocchia e la mano destra del papa; rivestiti dei sacri paramenti ci salutammo l’un l’altro con i reciproci abbracci. I nostri cantori intonarono Laetentur coeli e il Gloria».
Gli esemplari primigenii del decreto di unione (in latino e in greco) vennero sottoscritti e muniti del relativo sigillo dal papa e dall’imperatore; essi recavano inoltre le firme di molti dei Padri sinodali presenti. Subito dopo la pubblicazione e la solenne lettura del decreto di unione vennero preparati altri numerosi esemplari, da spedire alle Chiese di rito latino e greco per diffondere la notizia della raggiunta unità; alcuni di tali documenti furono nuovamente sottoscritti e sigillati dal pontefice e dall’imperatore oltre che dai prelati ancora presenti a Firenze.
Due degli esemplari secondari si conservano in Archivio Segreto Vaticano, altri alla Biblioteca Apostolica Vaticana, a Bologna, Parigi, Karlsruhe, Londra, Firenze (Archivio di Stato) e Venezia. Il documento conservato nell'Archivio Segreto Vaticano è uno degli originali elaborati a Firenze dopo la proclamazione dell’unione; reca la «Rota» pontificia (con la leggenda di Eugenio IV: + Adiutor et protector meus es tu Domine, ne derelinquas me Deus), la sottoscrizione del papa (Ego Eugenius catholice ecclesie episcopus ita diffiniens subscripsi), quella dell’imperatore Giovanni VIII Paleologo, che come voleva la prassi bizantina era in cinabro, infine altre 36 sottoscrizioni di altrettanti Padri sinodali. Al documento è stata apposta la bolla papale al filo serico (rosso e giallo), e si doveva porre anche il sigillo imperiale (in oro) per il quale già si era predisposto il cordoncino (rosaceo); non sembra però vi sia stato modo o tempo di compiere questa sigillazione, a giudicare dal perfetto stato del cordoncino.
Fra i passaggi più significativi della volontà di unione che animò sia i Latini che i Greci vi è forse quello che leggiamo nella prima parte del decreto, ove si accenna anche alle difficoltà materiali superate dagli orientali per giungere a Firenze, mossi dal desiderio dell'antica unità cattolica (parte sinistra, dalla riga 8: Ecce enim Occidentales Orientalesque patres post longissimum dissensionis atque discordie tempus, se maris ac terre periculis exponentes, omnibusque superatis laboribus, ad hoc sacrum ycumenicum concilium desiderio sanctissime unionis et antique caritatis reintegrande gratia, leti alacresque convenerunt).
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