Diritti umani nell'Islam
La concezione dei diritti umani nell'Islam risente del fatto che l'antropologia e la morale islamica sottese e derivate dalla sharia sono diverse, sotto molti elementi (condizione femminile, schiavitù, guerra, libertà religiosa), da quelle proprie della tradizione cristiana e dunque occidentale, che si basano su principi universali paritari. La Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo (Nazioni Unite, 1948) è dunque rifiutata da nazioni e pensatori islamici, che hanno proceduto all'elaborazione di diverse dichiarazioni dei diritti dell'uomo in accordo con la sharia.
Diritti umani
Secondo la dottrina cristiana esiste una fondamentale uguaglianza di tutti gli esseri umani sulla base della comune figliolanza divina: cf. in particolare Paolo, "non c'è più giudeo né greco; non c'è più schiavo né libero; non c'è più uomo né donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù" (Gal 3,28 ). La sharia islamica invece contempla diverse norme, sancite da passi coranici e/o detti, che stabiliscono diritti e doveri diversi tra uomini e donne (condizione femminile, matrimonio islamico), tra schiavi e liberi, tra musulmani e non musulmani (jihad, libertà religiosa).
Ne deriva una concezione dei diritti umani universali profondamente diversa. Significativo è il fatto che la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo (Nazioni Unite, 1948), che sancisce la naturale uguaglianza e dignità di tutti gli uomini (cf. art. 1), è giudicata inaccettabile da pensatori e nazioni islamiche.
In particolare, il 7 dicembre 1984 Rajaie-Khorassani, rappresentante dell'Iran all'assemblea generale dell'ONU, ha affermato:[1]
« | L'uomo ha un origine divina e la dignità umana non può essere ridotta a una serie di norme secolari [...]. [L'Iran] non riconosce alcuna autorità se non quella del Dio onnipotente, né alcuna tradizione legale se non quella della legge islamica [...]. La Dichiarazione universale dei diritto dell'uomo, che rappresenta una versione secolarizzata della tradizione giudeo-cristiana, non può essere attuata dai musulmani e non è in accordo col sistema di valori riconosciuto dalla Repubblica islamica dell'Iran; questa nazione non esiterà a violare queste direttive, poiché deve scegliere tra violare la legge divina e violare convezioni secolari » |
Slim Laghmani, docente alla Facoltà di diritto di Tunisi, così descrive la radice del diritto islamico:[2]
« | Essendo la volontà di Dio assolutamente libera, non è concepibile alcuna lex aeterna, ancor meno una lex naturalis. Esse costituirebbero altrettanti limiti all’onnipotenza divina. L’uomo non può dunque scoprire la natura delle cose: essa non esiste. Un diritto della natura umana è un’assurdità. Gli atti umani non sono belli o brutti se non perché Dio li ha voluti tali. Nella sua infinita potenza, avrebbe potuto decidersi in tutt’altro senso. Tale è l’ortodossia che l’islam odierno ripresenta e perpetua. Un’ortodossia in antitesi alla teoria dei diritti dell’uomo: l’uomo non ha diritti, dalla sua natura non si può ricavare alcuna norma. Una teoria dei diritti dell’uomo è dunque impossibile. Se nella prospettiva tradizionalista l’uomo si avvale di protezioni, ciò non è in ragione della sua natura, ma il fatto dell’espressione di una volontà divina. L’uomo, strettamente parlando, non è soggetto di diritto. [...] Considerando i diritti iscritti come protezioni attribuite da una volontà assolutamente libera, ci s’impedisce di storicizzare le regole e, perciò, di sottometterle alla legge dell’evoluzione. [...] Quanto all’islam tradizionalista, esso non considera l’uomo se non come un servo di una volontà divina assolutamente libera. Da questo tipo di islam non può derivare nessuna teoria dei diritti dell’uomo, per la semplice ragione che
l’uomo ne è assente » |
L'incompatibilità nella visione sui diritti umani tra la sharia e l'occidente ha portato all'elaborazione di diverse dichiarazioni islamiche.
Parigi 1981
La Dichiarazione islamica dei diritti dell'uomo è stata promulgata a Parigi dal Consiglio Islamico d'Europa il 19 settembre 1981.
Da oltre quattordici secoli, l’Islam ha definito i Diritti dell’Uomo, nel loro insieme e nelle loro applicazioni, con una Legge divina. Tali diritti sono stati consolidati con un corollario di garanzie sufficienti ad assicurare la loro protezione. L’Islam ha plasmato la società che ha costruito, in conformità a principi e regole giuridiche che danno a questi diritti consistenza e stabilità.
L’Islam è l’ultimo dei Messaggi celesti, che il Signore dell’Universo ha fatto scendere sui Suoi Inviati — pace su di loro! — affinché li comunicassero a tutti gli uomini, per dirigerli e guidarli verso tutto ciò che garantisce loro una vita serena e dignitosa, dove regnano il diritto, il bene, la giustizia e la pace.
È per questo che i Musulmani hanno l’obbligo di estendere a tutti gli uomini l’invito ad abbracciare l’Islam (da’wa)[4] per meglio adeguarsi all’ordine del loro Signore: «Sorga tra voi una comunità che inviti al bene, raccomandi le buone consuetudini e proibisca ciò che è riprovevole» (Corano 3,104),[5] per solidarizzarsi con tutta l’umanità e prestare un sincero contributo nell’intento di emendare il mondo dagli errori in cui si è perso e liberare i popoli da tutte le forme di oppressione che li angustiano.
È per questo che noi musulmani, pur nella diversità delle nostre origini etniche e geografiche,
- per la nostra condizione di servi di Dio, l’Unico, il Dominatore;
- per la nostra fede nel fatto che Egli è il Signore Sovrano di tutte le cose in questa vita terrena e nella vita eterna, che a Lui tutti ritorneremo e che solo Lui ha il diritto di guidare l’uomo verso il suo proprio bene e utilità, dopo averlo investito della Sua “luogotenenza” sulla terra e dopo aver messo al suo servizio tutto quello che esiste nell’Universo;
- per la nostra adesione al principio di unità dell’unica vera religione, la religione che hanno annunciato gli Inviati del nostro Signore, ognuno dei quali ha posto una pietra all’edificio comune che Iddio — esaltato sia il Nome Suo —ha coronato con la Missione di Muhammad*,[6] che fu come disse egli stesso «la pietra (ultima) e il sigillo dei Profeti» (hadith[7] riferito dagli imam Bukhari e Muslim[8]);
- per la nostra convinzione che la mente umana non è in grado di concepire il percorso migliore dell’esistenza, se Iddio non la guida e non le concede la Sua rivelazione;
- per la chiara visione che abbiamo — illuminati dal nostro Libro degno di gloria — della posizione dell’uomo nell’Universo, del fine ultimo per il quale è stato creato e della sapienza che ha governato la sua creazione;
- per la nostra certezza che il Creatore ha colmato l’uomo della Sua Grazia concedendogli dignità, grandezza e preminenza su tutte le altre creature;
- per la conoscenza che abbiamo acquisito delle innumerevoli grazie di cui il Signore ha gratificato l’uomo;
- per la precisa concezione che abbiamo della Comunità Islamica, che incarna veramente l’unità dei musulmani nella varietà delle rispettive origini etniche e geografiche;
- per l’acuta conoscenza che abbiamo della corruzione e della situazione di peccato di cui soffre il mondo attuale;
- per la nostra ferma volontà di essere solidali nei confronti dell’intera società umana di cui facciamo parte;
- per la nostra decisione di realizzare la missione che ci è stata affidata di far giungere il Messaggio — responsabilità di cui l’Islam ci ha investiti — e per il nostro impegno a promuovere una vita migliore...
- una vita basata sulla virtù e libera da ogni vizio;
- una vita in cui l’aiuto reciproco sostituirà il rifiuto dell’altro e la fratellanza prenderà il posto dell’inimicizia;
- una vita governata dalla cooperazione e dalla pace piuttosto che dalla guerra e dai conflitti;
- una vita in cui l’uomo conoscerà finalmente il vero senso della libertà, dell’eguaglianza, della fraternità, della grandezza e della dignità, invece di soffocare sotto il peso della schiavitù (‘ubudiyya) e della discriminazione in nome della razza o della classe sociale, della violenza e del disprezzo, una vita che gli permetterebbe di assolvere alla sua vera missione nel mondo: l’adorazione (‘ibada) del suo Creatore — esaltato sia il Nome Suo — e realizzare la sua opera di civiltà in tutto l’universo;
- una vita che permetterebbe all’uomo il godimento delle grazie del suo Creatore e di esercitare la bontà verso tutta l’umanità, poiché questa è la grande famiglia alla quale è legato dal profondo sentimento dell’unità dell’origine comune, unità che ha generato gli stretti rapporti di parentela tra tutti i figli di Adamo;
per tutto questo
noi musulmani, araldi dell’invito ad abbracciare la religione di Dio, all’alba del 15° secolo dell’Hegira[9] proclamiamo questa Dichiarazione (Bayam) dei Diritti dell’Uomo, fatta in nome dell’Islam, a partire dal Corano nobilissimo e dalla purissima Tradizione profetica (Sunna).[10]
Per queste loro origini, tali diritti hanno le caratteristiche di diritti eterni e non possono essere soppressi o corretti, abrogati o invalidati. Sono diritti indicati dal Creatore — lode a Lui — e nessuna creatura umana può annullarli o combatterli. Le garanzie che assicurano ad ognuno non possono essere cancellate né dalla volontà di un individuo che vi rinunciasse né dalla volontà di istituzioni che la società stessa ha creato, qualunque sia la loro origine e qualunque sia l’autorità di cui essa le avesse investite.
L’affermazione di questi diritti è condizione reale e preliminare per la costruzione di un’autentica società islamica:
1) una società in cui tutti gli uomini siano uguali, senza privilegi e senza discriminazioni tra gli individui a causa della loro origine, razza, sesso, colore, lingua e religione;
2) una società dove l’uguaglianza sia il titolo per godere dei diritti e sottostare ai doveri, uguaglianza che trova la sua fonte nell’unità della comune origine umana: «O uomini, vi abbiamo creato da un maschio e una femmina» (Cor. 49,13) e nella nobiltà che il Creatore — esaltato sia il Nome Suo! — ha generosamente concesso all’umanità. «In verità abbiamo onorato i figli di Adamo, li abbiamo condotti sulla terra e sul mare e abbiamo concesso loro cibo eccellente e li abbiamo fatti primeggiare su molte delle Nostre creature» (Cor. 17,70);
3) una società che costituisca la famiglia a suo nucleo fondamentale, circondandola della sua protezione, tenendola nella più alta considerazione e garantendole tutti i mezzi per la sua stabilità e il suo sviluppo.
4) una società in cui la libertà dell’uomo sia l’assoluto sinonimo del senso dato alla sua propria vita: libero dalla nascita, realizzerà se stesso in un clima di libertà, al riparo da ogni costrizione, da ogni pressione, da ogni svilimento e riduzione a una condizione di schiavitù;
5) una società in cui governanti e governati siano uguali davanti alla Legge islamica promulgata dal Creatore stesso — la Lode appartiene a Lui ! — senza privilegi e senza discriminazioni;
6) una società in cui il potere terreno sia considerato un «sacro pegno» affidato alla responsabilità dei governanti, affinché realizzino gli obiettivi definiti dalla Legge islamica e ciò con i mezzi stessi che questa Legge ha indicato per realizzare i suddetti obiettivi;
7) una società in cui ogni individuo creda che Iddio — e Lui solo — è il Padrone di tutto l’Universo, che tutto ciò che vi si trova è stato posto da Dio a servizio di tutte le creature come un dono della Sua generosità e nessuno potrà vantarne maggior diritto di un altro, e che ogni essere umano ha diritto ad una giusta parte di questo dono divino: «E vi ha sottomesso tutto quello che è nei cieli e sulla terra: tutto [proviene] da Lui» (Cor. 45,13);
8) una società in cui le decisioni politiche sugli affari della Comunità islamica siano prese in base al principio della “consultazione” (shura) e dove le autorità incaricate di applicarle e di farle rispettare agiscano in conformità allo stesso principio: «coloro che [...] si consultano vicendevolmente su quel che li concerne» (Cor. 42,38);
9) una società che offra a tutti parità di opportunità in modo tale che ogni individuo possa assumere delle responsabilità proporzionali alle sue capacità e alla sue attitudini, rispondendone, in questa vita, davanti alla comunità islamica e nell’altra vita davanti al suo Creatore: «Ognuno di voi è un pastore; ognuno di voi è responsabile del suo gregge» (hadith riferito nelle cinque sunan);
10) una società in cui governanti e governati si trovino su uno stesso piano di eguaglianza di fronte alla giustizia;
11) una società in cui ogni individuo vi si identifichi e senta quindi il diritto-dovere di denunciare alla giustizia (hisba) tutti coloro che abbiamo commesso un crimine contro i diritti della società stessa, sollecitando il sostegno degli altri uomini, che saranno quindi obbligati ad appoggiarlo non abbandonandolo nella difesa della giusta causa;
12) una società che rifiuti tutte le forme di oppressione e garantisca ad ogni individuo la sicurezza, la libertà, la dignità e la giustizia, tenuta com’è a difendere i diritti che la Legge di Dio ha attribuito agli uomini, impegnandosi ad applicare e badando a proteggere quegli stessi diritti che questa «Dichiarazione» proclama di fronte a tutto il mondo.
In nome di Dio, il Compassionevole, il Misericordioso
Art. 1 - Il diritto alla vita
1) La vita dell’uomo è sacra (muqaddasa) e nessuno può arrecargli danno: «chiunque uccida un uomo che non abbia ucciso a sua volta o che non abbia sparso la corruzione sulla terra, sarà come se avesse ucciso l’umanità intera. E chi ne abbia salvato uno, sarà come se avesse salvato tutta l’umanità» (Cor. 5,32). Questa sacralità della vita potrà essere annullata solo dall’autorità della Legge islamica in conformità alle disposizioni specifìcamente previste a questo riguardo.
2) L’esistenza fisica e morale dell’essere umano è una di-mensione inviolabile che la Legge Islamica protegge durante la vita e dopo la morte; egli ha diritto che la sua spoglia mortale sia trattata con tutti i riguardi dovuti alla sua dignità e alla sua nobiltà: «Se uno di voi dà sepoltura a suo fratello, lo faccia nella maniera migliore» (hadith), così come si deve sorvolare sugli errori del defunto e sui suoi difetti personali: «Non parlate male dei morti, perché essi sono già arrivati dove i loro gesti li hanno condotti» (hadith).
Art. 2 - Il diritto alla libertà
1) La libertà dell’uomo è sacra (muqaddasa) come la sua vita — questo è il primo attributo che la natura gli riconosce appena nasce: «Ogni bambino nasce conforme al suo stato naturale (fitra)» (hadith). Questa libertà si riferisce allo “statu quo ante” e deve essere mantenuta; nessuno è autorizzato a lederla: «Come potreste ridurre in schiavitù gli uomini che le loro madri hanno generato liberi?» (hadith).
Bisogna quindi prevedere un complesso di garanzie capaci di proteggere la libertà degli individui. Essi potranno essere costretti o limitati solo dall’autorità della Legge islamica conformemente alle disposizioni previste a questo proposito.
2) Nessun popolo ha il diritto di ledere la libertà di un altro popolo. Il popolo vittima di un’aggressione ha il diritto di respingerla e di riconquistare la libertà con tutti i mezzi adeguati. «Chi si difende per aver subìto un torto non incorre in nessuna sanzione» (Cor. 42,41). La società internazionale ha il dovere di sostenere tutti i popoli che lottano per la loro libertà, e questo è, per i Musulmani, un obbligo su cui non poletturabero transigere: «A coloro che sono stati aggrediti è data l’autorizzazione [di difendersi], perché certamente sono stati oppressi» (Cor. 22,39); «[Essi sono] coloro che quando diamo loro potere sulla terra, assolvono all’orazione, versano la decima, raccomandano le buone consuetudini e proibiscono ciò che è riprovevole» (Cor. 22,41).
Art. 3 - Il diritto all’uguaglianza
1) Tutti gli uomini sono uguali di fronte alla legge islamica: «Non c’è nessuna superiorità di un arabo su un non-arabo, né di un non-arabo su un arabo, né di un rosso su un nero, né di un nero su un rosso, a parte la devozione» (hadith) L’applicazione di questa legge non tollera nessuna discriminazione tra gli individui: «Se Fatima, la figlia di Muhammad, rubasse, le farei tagliare la mano» (hadith), e riconosce a tutti la stessa sostanziale protezione: «Il più debole di voi per me è il più forte fintanto che non gli faccio riconoscere il suo buon diritto e il più forte di voi, per Me è il più debole fintanto che non lo conduco a riconoscere agli altri il loro buon diritto» (hadith kudsi).[11]
2) Tutti gli uomini hanno uguale valore (qima) umano: «Discendete tutti da Adamo, ed egli è stato creato dalla polvere» (hadith kudsi) e solo le opere determinano l’eccellenza degli uni sugli altri: «Ci saranno gradi [di merito] per ciascuno di loro in base a quello che avranno fatto» (Cor. 46,19). Qualunque ideologia, legge o situazione che propugnasse la segregazione tra gli uomini in base al sesso, la razza, il colore, la lingua o la religione, sarebbe assolutamente contraria a questo principio islamico generale.
3) A ciascun individuo spetta un diritto d’uso delle risorse materiali della società attraverso un lavoro che sceglie con pari opportunità rispetto agli altri uomini: «Egli è Colui che vi ha fatto remissiva la terra: percorretela in lungo e in largo, e mangiate della Sua provvidenza» (Cor. 67,15). Non è permessa nessuna discriminazione salariale quando lo sforzo e il lavoro prodotto sono uguali sia quantitativamente che qualitativamente: «Chi avrà fatto [anche solo] il peso di un atomo di bene lo vedrà, e chi avrà fatto [anche solo] il peso di un atomo di male lo vedrà» (Cor. 99,7/8).
Art. 4 - Il diritto alla giustizia
1) Ogni individuo ha diritto di essere giudicato in conformità alla Legge islamica e che nessun’altra legge gli venga applicata: «Se siete discordi in qualcosa, fate riferimento ad Allah e al Messaggero» (Cor. 4,59); «Giudica dunque tra di loro secondo quello che Allah ha rivelato e non indulgere alle loro passioni» (Cor. 5,49).
2) Ogni individuo ha il diritto di difendersi personalmente contro ogni ingiustizia che dovesse colpirlo: «Allah non ama che venga conclamato il male, eccetto da parte di colui che lo ha subìto» (Cor. 4,148), e alla stessa maniera ha il dovere di proteggere gli altri contro ogni ingiustizia con tutti i mezzi a sua disposizione: «Che ognuno di voi vada in aiuto a suo fratello, sia che sia stato responsabile o vittima di un’ingiustizia: se ne è stato responsabile per biasimarlo e impedirgli di andare oltre, se ne è stato vittima per aiutarlo» (hadith). Ogni individuo ha il diritto di fare ricorso ad un’adeguata istanza dell’autorità islamica affinché questa gli assicuri protezione e giustizia e allontani da lui il danno e l’ingiustizia che lo affligge. Ogni governante musulmano ha il dovere di costituire una siffatta istanza fornendole adeguate garanzie di imparzialità e indipendenza: «L’imam dispone di legioni di difensori che militano dietro di lui e garantiscono la sua protezione» (hadith).
3) Ogni individuo ha il diritto — e il dovere — di difendere il diritto di ogni altro individuo e quello della sua comunità naturale (hisba): «Volete sapere qual è il migliore dei testimoni? È quello che si presenta a testimoniare prima gli sia richiesto» (hadith).
4) Nessuno può negare a un individuo, e per nessun motivo, il diritto di difendersi personalmente: «Chi ha diritto è autorizzato a parlare» (hadith). «Quando i due querelanti sono seduti davanti a te, non emettere la sentenza prima di ascoltare il secondo come hai ascoltato il primo: è il metodo migliore affinché alla fine scaturisca una sentenza giusta» (hadith).
5) Nessuno ha il diritto di costringere un Musulmano ad obbedire ad una legge che sia contraria alla Legge islamica. Il Musulmano ha il diritto di rifiutare a che gli ordina una simile empietà, chiunque esso sia: «Se al Musulmano viene ordinato di peccare, non è tenuto né alla sottomissione né all’obbedienza» (hadith). In tal caso ha diritto alla solidarietà della sua comunità naturale, che rifiuta ugualmente di ottemperare ad un tale ordine, per rispetto della verità: «Ogni Musul-mano è il fratello di tutti gli altri Musulmani, non poletturabe essere ingiusto nei suoi confronti, non poletturabe consegnarlo ad altri» (hadith).
Art. 5 - Il diritto ad un processo giusto
1) L’innocenza è condizione originaria: «Tutti i membri della mia Comunità sono innocenti, a meno che l’errore non sia pubblico» (hadith). Questa presunzione di innocenza corrisponde quindi allo «statu quo ante» e deve rimanere tale, anche nei confronti di un imputato, fino a che esso non sia stato definitivamente riconosciuto colpevole da un tribunale che giudichi con equità.
2) Nessuna accusa potrà essere rivolta se il reato ascritto non è previsto in un testo della Legge islamica: «Non castigheremo alcun popolo senza prima inviar loro un messaggero» (Cor. 17,15). Il Musulmano non potrà essere scusato se ignora quello che deve sapere della sua religione. Tuttavia, se viene provata, la sua ignoranza potrà essere presa in considerazione come «subha» (caso dubbio)[12] per evitargli l’applicazione della pena corporale: «Non ci sarà colpa per voi per ciò che fate inavvertitamente, ma per quello che i vostri cuori fanno volontariamente» (Cor. 33,5).
3) Nessuno potrà essere ritenuto responsabile di un crimine e quindi condannato ad una pena fintanto che la sua colpevolezza non sia stata accertata in base a prove irrefutabili e definitive, davanti a un tribunale in possesso di tutte le necessarie prerogative giuridiche e giudiziarie: «O credenti, se un malvagio vi reca una notizia, verificatela, affinché non portiate, per disinformazione, pregiudizio a qualcuno» (Cor. 49,6); «La congettura non può nulla contro la verità» (Cor. 53,28).
4) In nessun caso potranno essere inflitte pene più gravose di quelle previste dalla Legge islamica per ogni specifico crimine: «Ecco i limiti di Allah, non li sfiorate» (Cor. 2,229). Uno dei princìpi della Legge islamica esige che si tenga conto delle circostanze attenuanti e del contesto in cui è stato commesso il crimine, e questo per evitare le pene previste dalla Legge: «Evitate ai Musulmani l’applicazione delle pene previste fino a che potrete farlo. Se trovate qualche scappatoia in favore dell’accusato rendetegli la libertà» (hadith).
5) Nessuno potrà essere ritenuto responsabile degli altrui crimini: «Nessuno porterà il peso di un altro» (Cor. 17,15). Ogni essere umano è autonomamente responsabile delle sue azioni: «Ognuno è pegno di quello che si sarà guadagnato» (Cor. 52,21). In nessun caso potranno essere attribuite le sue responsabilità ai suoi parenti, alleati, servitù e amici: «Ci guardi Allah dal prendere altri che colui presso il quale abbiamo ritrovato i nostri beni, ché in tal caso saremmo ingiusti!» (Cor. 12,79).
Art. 6 - Il diritto alla protezione contro l’abuso di potere
Ogni individuo ha il diritto di essere protetto dall’abuso di potere. Nessuno potrà pretendere che fornisca spiegazioni su uno qualsiasi dei suoi atti, o una qualsiasi sua situazione, e non gli si potrà rivolgere la minima accusa se questa non sia basata su fondate convinzioni che presuppongano il suo coinvolgimento nei misfatti che gli sono contestati: «E quelli che ingiustamente offendono i credenti e le credenti si fan carico di calunnia e di evidente peccato» (Cor. 33,58).
Art. 7 - Il diritto alla protezione dalla tortura
Nessuna persona ritenuta colpevole o sospettata di un delitto potrà essere sottoposta alla tortura: «Iddio torturerà (nell’ Al di Là) quelli che avranno torturato in questo mondo» (hadith), e nessuno potrà essere costretto ad ammettere un crimine che non ha commesso: tutto quello che è estorto con la costrizione è giuridicamente nullo: «Iddio perdona ai membri della mia Comunità tutte le sviste e le dimenticanze e tutto ciò che hanno fatto subendo una costrizione» (hadith). Qualunque sia il crimine commesso dall’individuo e qualunque sia la pena prevista dalla Legge islamica, la dignità dell’uomo e la sua nobiltà di «figlio di Adamo» devono essere sempre rispettate.
Art. 8 - Il diritto di ogni individuo alla protezione del suo onore e della sua reputazione
L’onore e la reputazione di un individuo sono valori sacri che nessuno è autorizzato a profanare: «Il vostro sangue, i vostri beni e il vostro onore sono inviolabili come lo sono questo giorno che state vivendo, questo mese che state trascorrendo, questa contrada nella quale vi trovate» (hadith). È vietato indagare sulla sua vita privata e cercare di diffamare la sua personalità psichica e morale: «Non vi spiate e non sparlate gli uni degli altri» (Cor. 49,12); «Non diffamatevi a vicenda e non datevi nomignoli» (Cor. 49,11).
Art. 9 - Il diritto d’asilo
1) Ogni Musulmano vittima di una persecuzione o di un’ingiustizia ha il diritto di rifugiarsi nel luogo in cui potrà essere sicuro all’interno delle frontiere della «Casa dell’Islam» (Dar al Islam).[13] Questo è un diritto che l’Islam garantisce a tutti coloro che soffrono una persecuzione, di qualunque nazionalità, fede o colore. I Musulmani hanno il dovere di offrir loro protezione quando essi chiedono asilo: «E se qualche associatore ti chiede asilo, concediglielo affinché possa ascoltare la Parola di Allah, e poi rimandalo in sicurezza» (Cor. 9,6).
2) La Sacra Casa di Dio che si trova alla Mecca, è un luogo di rifugio e di sicurezza per tutti gli uomini, e nessun Musulmano poletturabe opporsi a ciò: «Chi vi entra è al sicuro» (Cor. 3,97); «Facemmo della Casa un luogo di riunione e un rifugio per gli uomini» (Cor. 2,125); «Chi vi risiede e chi vi si reca sono uguali» (Cor. 22,25).
Art. 10 - I diritti delle minoranze
1) La condizione religiosa delle minoranze è fondata sul principio coranico: «Non c’è costrizione nella religione» (Cor. 2,256).
2) La personalità civile e quella privata delle minoranze sono stabilite dalla Legge dell’Islam se i loro membri si rivolgono a noi per essere giudicati: «Se vengono da te, sii arbitro tra loro o allontanati. E se ti allontanerai, non potranno mai nuocerti in nulla. Se giudichi, fallo con giustizia» (Cor. 5,42). Se non vorranno ricorrere al nostro giudizio, hanno l’obbligo di applicare le loro leggi religiose, in quanto esse, dal loro punto di vista, hanno un’origine divina: «Come mai potranno sceglierti come giudice, quando hanno la Torâh con il giudizio di Allah e dopo di ciò volgere le spalle?» (Cor. 5,43); «Giudichi la gente del Vangelo in base a quello che Allah ha fatto scendere» (Cor. 5,47).
Art. 11 - Il diritto a partecipare alla vita pubblica
1) Ogni individuo, membro della Comunità islamica, ha il diritto di essere informato su tutte le questioni che riguardano la vita della sua Comunità. Ha anche il dovere di partecipare, in base alle sue capacità e le sue inclinazioni, in conformità al principio della libera “consultazione” (sciura): «Coloro che si consultano vicendevolmente su quel che li concerne» (Cor. 42,38). Ogni individuo membro della comunità islamica ha il diritto di assumere cariche e funzioni pubbliche, a condizione di possedere le necessarie capacità previste dalla Legge islamica. Questa idoneità non potrà essere limitata o diminuita in base a considerazioni attinenti la razza o la classe sociale: «Lo stesso sangue scorre in tutti i Musulmani, è per questo che saranno un tutto unico di fronte a chi volesse nuocere anche alla persona più umile che si sia messa sotto la loro protezione» (hadith).
2) Il principio della “libera consultazione” (sciura) sta alla base dei rapporti tra chi governa e la Comunità islamica. Essa ha il diritto di scegliere liberamente chi dovrà governarla, in conformità a questo principio. Essa ha il diritto di chiedere conto a coloro che la governano e di destituirli se si dovessero allontanare dalla Legge islamica: «Sono stato nominato vostro capo quando ancora non ci conoscevamo. Se mi vedete nella verità sostenetemi; se mi vedete nell’errore, correggetemi. Obbeditemi fintanto che obbedirò a Dio e al Suo Inviato. Se dovesse succedermi di disobbedire loro, non potrò più chiedere di essere obbedito» (khabar).[14]
Art. 12 - Il diritto alla libertà di pensiero, di fede e di parola
1) Ogni persona ha il diritto di pensare e di credere, e di esprimere quello che pensa e crede, senza intromissione alcuna da parte di chicchessia, fino a che rimane nel quadro dei limiti generali che la Legge islamica prevede a questo proposito. Nessuno infatti ha il diritto di propagandare la menzogna o di diffondere ciò che poletturabe incoraggiare la turpitudine o offendere la Comunità islamica: «Se gli ipocriti, coloro che hanno un morbo nel cuore e coloro che spargono la sedizione non smettono, ti faremo scendere in guerra contro di loro e rimaranno ben poco nelle tue vicinanze. Maledetti! Ovunque li si troverà saranno presi e messi a morte» (Cor. 33,60-61).
2) Il libero pensiero che si applica alla ricerca della verità, non gode solo del diritto di farlo ma obbedisce anche ad un dovere: «Di’: “Ad una sola [cosa] vi esorto: state ritti per Allah, a coppie o singolarmente, e riflettete”» (Cor. 34,46).
3) Ogni individuo ha il diritto e il dovere di proclamare che rifiuta e disapprova l’ingiustizia, e di combatterla senza temere di sfidare un potere che abusa della sua autorità, un governo che agisce iniquamente o un sistema tirannico. È questo il migliore «jihad»:[15] «Chiesero all’Inviato di Dio: “qual è il miglior jihad?”. Rispose: “È proclamare la verità di fronte a un sovrano ingiusto”» (hadith).
4) Nessun ostacolo potrà essere frapposto alla diffusione delle informazioni e delle verità certe, a meno che dalla loro diffusione non nasca qualche pericolo per la sicurezza della comunità naturale e per lo Stato: «Quando giunge loro una notizia rassicurante o allarmante, essi la divulgano; se l’avessero riferita all’Inviato di Dio e a quelli di loro che detengono l’autorità, per domandare il loro parere avrebbero saputo se era il caso di accettarla, perché di solito si fa riferimento alla loro opinione» (Cor. 4,83).
5) Rispettare i sentimenti di coloro che, in materia religiosa, hanno opinioni diverse, è una delle virtù del Musulmano. Nessuno potrà quindi ridicolizzare le credenze degli altri o destare inimicizia sociale nei loro confronti: «Non insultate coloro che essi invocano all’infuori di Allah, ché non insultino Allah per ostilità e ignoranza. Abbiamo reso belle [agli occhi di ogni comunità] le loro proprie azioni. Ritorneranno poi tutti verso il loro Signore» (Cor. 6,108).
Art. 13 - Il diritto alla libertà religiosa
Ogni individuo ha piena libertà di fede e di pratica religiosa conforme alla fede: «A voi la vostra religione, a me la mia» (Cor. 109,6).
Art. 14 - Il diritto all’invito all’Islam e di far conoscere (balag) il suo Messaggio.
1) Ogni individuo ha il diritto di partecipare, solo o con altri, alla vita della sua comunità naturale, sul piano religioso, culturale, politico etc., così come ha il diritto di dar vita a istituzioni e dotarsi dei mezzi necessari all’esercizio di tale diritto: «Di’: “Ecco la mia via: invito ad Allah in tutta chiarezza, io stesso e coloro che mi seguono. Gloria ad Allah, non sono uno dei politeisti”» (Cor. 12,108).
2) Ogni individuo ha il diritto e il dovere di «raccomandare il bene e condannare il male», e di esigere dalla società che crei le istituzioni che gli permettano di assumersi questa responsabilità per concorrere meglio alla realizzazione del bene e della pietà: «Possiate formare una Comunità che esorti gli uomini al bene: ordini quello che è lecito e proibisca l’ingiustizia» (Cor. 3,104); «Incoraggiatevi l’un l’altro alla pietà e al timore di Dio» (Cor. 5,2); «Quando gli uomini assistono ad un’ingiustizia senza reagire, Dio è pronto a colpirli tutti quanti con il Suo castigo» (hadith).
Art. 15 - I diritti economici
1) La natura (tabia), con tutte le sue ricchezze, appartiene a Dio — esaltato sia il Nome Suo —: «La sovranità sui cieli e sulla terra e su tutto quello che comprendono, appartiene a Dio» (Cor. 5, 120). Egli l’ha donata agli uomini e ha dato loro il diritto di usarla: «Ha messo a vostra disposizione quello che si trova nei cieli e sulla terra. Tutto viene da Lui» (Cor. 45,13). Ha proibito di corromperla e di distruggerla: «Non defraudate gli uomini dei loro averi e non commettete violenze sulla terra corrompendola» (Cor. 26,183). Nessuno ha il diritto di monopolizzarla e ledere il diritto d’uso di cui gli altri uomini dispongono per procurarsi i mezzi di sussistenza: «I doni del tuo Signore non sono negati a nessuno» (Cor. 17,20).
2) Tutti gli uomini hanno il diritto di lavorare e produrre per assicurarsi la sopravvivenza con tutti i mezzi riconosciuti leciti dalla Legge: «Non c’è animale sulla terra a cui Dio non provveda» (Cor. 11,6); «Camminate dunque sulla sua estensione [della terra] e mangiate ciò che Iddio vi accorda per la vostra sopravvivenza» (Cor. 67,15).
3) La proprietà privata è legittima, sia essa individuale o in partecipazione comunitaria e di conseguenza ogni essere umano ha il diritto di appropriarsi di tutto ciò che ha acquisito con il suo sforzo e il suo lavoro: «In verità è Lui che provvede ai bisogni dell’uomo e che lo arricchisce» (Cor. 53,48).
Anche la proprietà pubblica è legittima e deve essere finalizzata all’interesse generale della Comunità islamica nel suo insieme: «Il bottino che Dio ha concesso al Suo Messaggero sulle genti delle città, appartiene a Dio, al Suo Messaggero, alla sua famiglia, agli orfani, ai poveri, ai viandanti, affinché non sia attribuito a quelli di voi che sono già ricchi» (Cor. 59,7).
4) Nella Comunità islamica i poveri hanno un preciso diritto sui beni dei ricchi, diritto codificato dall’istituzione della «Zakat»[16] (l’elemosina legale): «[...] quelli che sui loro beni prelevano una parte obbligatoria a favore del mendicante e di chi è sprovvisto di ogni cosa» (Cor. 70,24/25). Questo è un diritto che nessuno poletturabe diminuire o abolire, o anche solo sottomettere all’autorizzazione di coloro che governano, anche se per applicarlo fosse necessario combattere apertamente coloro che vi si oppongono: «Giuro in Nome di Dio che se qualcuno mi rifiutasse il tributo che versava all’Inviato di Dio*, li combatterò fino a che non pagheranno tutto il dovuto (khabar) di Abu Bakr — che Iddio sia soddisfatto di lui)».
5) Mettere a disposizione della Comunità islamica le fonti di ricchezza e i mezzi di produzione è un obbligo che nessuno può trascurare o minimizzare: «Nessun pastore, al quale Dio ha affidato la cura di un gregge e che egli non lo abbia circondato della sua più solerte attenzione, non sentirà il profumo del Paradiso» (hadith). D’altra parte nessuno può sfruttare le risorse della terra in un modo che la Legge islamica proibisce o che poletturabe nuocere all’interesse generale della comunità naturale.
6) Per assicurare una saggia direzione dell’attività economica e per garantirne il sano funzionamento, l’Islam proibisce:
- la frode in tutte le sue forme: «Chi viene per frodare non è dei nostri» (hadith);
- l’alea, la mancanza di informazione e tutto ciò che poletturabe suscitare conflitti che non si poletturabero definire oggettivamente: «Il Profeta* ha vietato la vendita con il getto della pietra[17] e la transazione indefinita» (khabar), «Il Profeta* ha vietato [di vendere] l’uva prima che sia matura (nera) e il grano prima che maturi» (khabar);
- lo sfruttamento e la frode reciproca nelle operazioni di scambio di prodotti: «Guai ai frodatori! Quando comprano esigono dagli altri misure ben piene; quando misurano o pesano per gli altri truffano» (Cor. 83,1/3);
- la costituzione di un monopolio e qualsiasi concorrenza sleale: «Solo il peccatore monopolizza» (hadith);
- l’usura e qualsiasi altro profitto che sfrutta la situazione di altrui svantaggio: «Dio ha permesso la vendita e ha proibito l’usura»[18] (Cor. 2,275);
- la pubblicità mendace e ingannatrice: «Le due parti di una transazione hanno il diritto di opzione fino a che non si siano separate: se sono sinceri e onesti il loro contratto è benedetto da Dio, se invece sono bugiardi e truffatori, il loro commercio non sarà benedetto» (hadith).
7) Il rispetto dei superiori interessi della Comunità islamica e la fedeltà ai valori dell’Islam costituiscono la sola limitazione possibile all’attività economica della società musulmana.
Art. 16 - Il diritto alla protezione della proprietà
Non si può espropriare un individuo della proprietà che ha acquisito con mezzi leciti a meno che ciò non avvenga per ragioni di interesse generale: «Non consumate tra voi le vostre sostanze» (Cor. 2,188); in caso di esproprio motivato deve essere versato un congruo indennizzo: «Chi, in questa vita, si approprierà di una terra sul quale non ha nessun diritto, nel Giorno della Resurrezione si vedrà sepolto sotto di essa, fino ad avere sopra di sé sette Terre» (hadith). Il carattere di inviolabilità della proprietà pubblica è ancora maggiore e le pene riservate a chiunque la danneggi sono, di conseguenza, più severe, in quanto è un pregiudizio che colpisce tutta la comunità naturale e un’empietà contro la Comunità islamica nel suo insieme: «Chi viene assunto per un certo lavoro e ci deruba fosse anche solo del valore di un ago, sarà considerato un truffatore e dovrà renderne conto nel Giorno della resurrezione» (hadith); «Un giorno gli dissero: “O Inviato di Dio, il tale è morto martire”. “Invece no!”, rispose. “L’ho visto all’Inferno avvolto in un mantello che aveva rubato” e poi disse: “Umar, alzati e proclama: ‘solo i veri credenti entreranno in Paradiso’ (tre volte)”» (hadith).
Art. 17 - I diritti e i doveri dei lavoratori
Il lavoro è un ideale che l’Islam ha elevato nella società che ha voluto costruire: «Di’: “Agite”» (Cor. 9,105). E, se è vero che ogni lavoro deve essere fatto nel migliore dei modi: «Chi deve eseguire un lavoro lo faccia bene: ecco quello che Dio ama» (hadith), è altrettanto vero che ogni lavoratore gode di questi diritti:
a) ricevere il salario relativo alla sua fatica, senza limitazioni e senza ritardi: «Pagate l’operaio prima che gli si sia asciugato il sudore sulla fronte!» (hadith);
b) godere di un reddito che gli permetta una vita decente, proporzionalmente allo sforzo compiuto: «Ci saranno dei livelli diversi per ognuno di loro, in base a quello che hanno fatto» (Cor. 46,19);
c) godere del rispetto per la sua persona da parte di tutta la società: «Agite! Iddio vedrà le vostre azioni, e così il Suo Inviato e gli altri credenti» (Cor. 9,105); «Dio ama il credente che esercita una professione» (hadith);
d) essere protetto da ogni inganno e ogni sfruttamento: «Dice Iddio: ci sono tre generi di individui di cui sarò nemico nel Giorno della Resurrezione: chi inganna gli altri giurando in Mio Nome, chi vendendo un bene a un uomo libero froda sul prezzo, chi assume un lavoratore e rifiuta di pagarlo dopo che quello ha compiuto il lavoro stabilito» (hadith Kudsi).
Art. 18 - Il diritto dell’individuo ad avere la sua giusta parte dei beni necessari alla vita
Ogni individuo ha il diritto di avere una giusta parte dei beni necessari alla vita: cibo, bevande, abbigliamento, alloggio e tutte le cure richieste per il mantenimento della sua salute fisica e tutti i beni necessari alla sua salute morale e materiale: scienza, conoscenza e cultura, all’interno del quadro che viene proposto dalle risorse della Comunità Islamica. L’obbligo, che in questo settore ricade su di essa, comprende tutti i beni che l’individuo non poletturabe procurarsi in maniera autonoma: «Il Profeta è più legato ai credenti che loro a loro stessi» (Cor. 33,6).
Art. 19 - Il diritto di fondare una famiglia
1) Il matrimonio, nel quadro islamico, è un diritto riconosciuto a ogni essere umano. È la via che la Legge islamica ha riconosciuto legittima per fondare una famiglia, assicurarsi una discendenza e conservarsi casti: «O uomini! Temete il vostro Signore che vi ha creati da un solo essere, poi da esso ha creato la sua sposa e da questa coppia ha generato un gran numero di uomini e di donne» (Cor. 4,1). Ognuno degli sposi ha dei diritti e dei doveri nei confronti dell’altro che la Legge islamica ha definito con esattezza: «Le donne hanno dei diritti pari ai loro obblighi, secondo le buone convenienze. E gli uomini hanno tuttavia una certa supremazia su di loro» (Cor. 2,228). Il padre deve provvedere all’educazione dei figli, da un punto di vista fisico, morale e religioso, in conformità alla fede e alla sua Legge religiosa. Egli ha la responsabilità di scegliere la direzione che vuole dare alla loro vita: «Ognuno di voi è un pastore; ognuno di voi è responsabile del suo gregge» (hadith).
2) Ognuno degli sposi ha diritto al rispetto dell’altro e alla considerazione dei sentimenti che prova e della funzione che assolve, in un clima di amicizia e di misericordia reciproci: «Uno dei Suoi Segni è che Egli ha creato da voi stessi delle spose affinché riposiate con loro, e ha voluto l’amore e la compassione tra di voi» (Cor. 30,21).
3) Il marito ha l’obbligo di assicurare il mantenimento (nafaqa) alla moglie e ai figli senza lesinare per avarizia: «Chi ha mezzi abbondanti provveda con larghezza. Chi possiede solo lo stretto necessario dia in proporzione a ciò che Dio gli ha concesso» (Cor. 65,7).
4) Ogni bambino ha il diritto di essere educato, istruito e preparato alla vita nel migliore dei modi possibile, da parte dei suoi genitori: «Di’: “Mio Signore, sii misericordioso verso di loro come loro lo sono stati verso di me, allevandomi quando ero bambino”» (Cor. 17,24). Non si devono far lavorare i bambini in tenera età, e non gli si devono imporre incombenze troppo gravose, ostacolando la loro crescita fisica e annullando il loro diritto al gioco e allo studio.
5) Se i genitori non hanno la possibilità di far fronte alle esigenze del bambino, la responsabilità su di lui viene assunta dalla società e, in tal caso, il suo mantenimento è a carico della “Cassa comune” (Bayt al-mal) dei Musulmani (il Pubblico Erario): «Sono per ogni credente, un alleato piu legato a loro che loro stessi: se qualcuno di voi morisse lasciando un debito o un familiare senza risorse, saranno a mio carico. Se invece lascia qualche bene, spetteranno ai suoi eredi» (hadith).
6) Ogni membro della famiglia ha diritto a ricevere quello che gli permette di far fronte ai suoi bisogni: beni materiali, protezione, affetto, già dalla sua prima infanzia e anche quando è vecchio e inabile. I genitori hanno il diritto di esigere, dai loro figli, che assolvano al dovere di mantenerli e di occuparsi di loro fisicamente e moralmente: «La tua persona e i tuoi beni appartengono a tuo padre» (hadith).
7) La condizione materna ha il diritto di essere circondata di particolari premure da parte di tutta la famiglia: «“O Inviato di Dio*”, gli chiesero, “qual è la persona a cui devo maggior assistenza?”. “Tua madre” rispose. “E dopo di lei?”. “Tua madre” rispose ancora. “E dopo chi?”. Per la terza volta rispose: “Tua madre”, e aggiunse: “e poi tuo padre”» (hadith).
8) Le responsabilità della famiglia sono suddivise (sciarika) tra i tutti i suoi membri, ognuno nella misura delle sue forze e delle caratteristiche della sua costituzione. È una responsabilità che va ben al di là del semplice rapporto tra genitori e figli: comprende tutti i parenti sia uomini che donne: «“O Inviato di Dio*, chi è la persona più degna del mio rispetto?”. “È tua madre”, rispose, “ancora tua madre e sempre tua madre; poi tuo padre e gli altri parenti in ordine decrescente”» (hadith).
9) I figli, sia maschi che femmine, non potranno essere costretti al matrimonio con una persona per la quale non sentono inclinazione: «Una giovane serva, ancora vergine, venne dal Profeta* a protestare perché suo padre l’aveva sposata contro la sua volontà. L’Inviato di Dio * le riconobbe il diritto di opzione (hiyar)» (hadith).
Art. 20 - I diritti della donna sposata
La donna sposata gode dei seguenti diritti:
a) vivere con il marito dove egli ha fissato il suo domicilio: «Fate abitare le vostre donne nel luogo in cui vivete» (Cor. 65,6);
b) essere mantenuta, secondo il buon uso, fintanto che dura il matrimonio, e durante il periodo di ritiro legale[19] (idda) consecutivo alla rottura in caso di ripudio (talaq): «Gli uomini hanno autorità sulle donne in virtù della preferenza che Iddio ha loro concesso su quelle, e a causa delle spese che sostengono per il loro mantenimento» (Cor. 4,34); «Se sono incinte provvedete ai loro bisogni fino al momento del parto» (Cor. 65,6); inoltre devono ricevere dal padre le spese di mantenimento dei figli che sono stati loro affidati (hadana) sempre in proporzione ai suoi redditi: «Se allattano un figlio vostro, versate loro un compenso» (Cor. 65,6);
c) la donna sposata ha diritto al mantenimento quale che sia la sua situazione finanziaria e ricchezza personale;
d) la donna sposata ha diritto di sollecitare dal suo sposo un accordo amichevole per mettere fine al vincolo matrimoniale che li unisce, versando un riscatto (hul): «Se temete di non potere obbedire alle Leggi di Dio, non sarà male per nessuno dei due se la sposa offre un riscatto» (Cor. 2,229). Inoltre ha il diritto di presentarsi di fronte alla giustizia per chiedere il divorzio nel quadro delle norme previste dalla Legge islamica;
e) la donna sposata ha diritto all’eredità di suo marito insieme ai di lui genitori, figli e parenti stretti: «se non avete figli, alle vostre spose spetta un quarto di quello che lascerete. Se avete un figlio spetterà loro un ottavo» (Cor. 4,12);
f) gli sposi hanno il dovere della reciproca riservatezza, di non divulgare nulla dei loro segreti intimi, di non denunciare i difetti fisici e le debolezze morali. Questo diritto deve essere particolarmente rispettato durante e dopo il ripudio o il divorzio: «Non dimenticate la generosità gli uni verso gli altri» (Cor. 2,237).
Art. 21 - Il diritto all’educazione
1) I bambini hanno il diritto di ricevere dai loro genitori un’educazione sana, e i genitori devono essere trattati con pietà filiale e cortesia: «Il tuo Signore ha ordinato che non adoriate altri che Lui, e ha prescritto la bontà verso vostro padre e vostra madre. Se uno di loro o entrambi diventano vecchi presso di te non dir loro “uff”, non li rimproverare, parla loro con dolcezza. Inclina verso di loro, con bontà, l’ala della tenerezza e di’: “Signore! Abbi pietà di loro come l’hanno avuta con me allevandomi quando ero bambino”» (Cor. 17,23/24).
2) L’istruzione è un diritto per tutti. La ricerca della conoscenza è anche un obbligo per tutti, uomini e donne: «La ricerca della conoscenza è un precetto divino imposto a tutti i Musulmani e a tutte le Musulmane» (hadith). Chi non ha istruzione può esigere che colui che è istruito gli comunichi il suo sapere: «Quando Dio stipulò l’alleanza con coloro ai quali è stata data la Scrittura, disse loro: “Lo spiegherete agli uomini, non lo nasconderete”, ma essi lo gettarono dietro le loro spalle, e lo vendettero a vil prezzo. Che affare detestabile!» (Cor. 3,187); «Che il testimone riferisca a chi era assente» (hadith).
3) La società ha l’obbligo di garantire ad ogni individuo pari opportunità per istruirsi e svilupparsi: «Quando Dio ama qualcuno, gli concede inclinazione per le scienze religiose. Io non faccio altro che diffonderle, ma è Dio — esaltato sia il Nome Suo — che le dà» (hadith). Ogni individuo ha il diritto di scegliere quello che risponde meglio alle sue attitudini e capacità: «Ognuno riesce in ciò per cui è stato creato!» (hadith).
Art. 22 - Il diritto di ognuno alla protezione della vita privata
I segreti più profondi degli esseri umani possono essere conosciuti solo dal loro Creatore: «Non ho penetrato i segreti del suo cuore?» (hadith). La loro vita privata è un sacro bene che nessuno è autorizzato a violare: «Non spiatevi» (Cor. 49,12); «Voi che avete proclamato il vostro Islam con le labbra mentre il vostro cuore è ancora ribelle alla fede, non danneggiate i Musulmani, non copriteli di vergogna e non andate a svelare le loro nudità. Iddio metterà a nudo chi cerca di mettere a nudo suo fratello Musulmano; e quello di cui Dio svelerà la nudità la vedrà esposta a tutti, fosse anche nel profondo della sua tomba» (hadith).
Art. 23 - Il diritto alla libertà di movimento e di residenza
1) Ogni individuo ha diritto al movimento e agli spostamenti a partire dal luogo della sua residenza, per poi ritornarvi. Ha il diritto di viaggiare, di emigrare lontano dal suo paese e di ritornarvi in seguito senza che gli vengano posti limiti e ostacoli: «È Lui che vi ha sottomesso la terra. Camminate dunque sulla sua estensione e mangiate ciò che Iddio vi accorda per la vostra sopravvivenza» (Cor. 67,15); «Di’: “Viaggiate sulla terra, vedrete quale è stata la fine dei calunniatori”» (Cor. 6,11); «La terra di Dio non è abbastanza vasta per permettervi di emigrare?» (Cor. 4,97).
2) Nessuno può costringere un individuo a lasciare il suo paese o ad allontanarsene, se non ci sia un valido motivo previsto dalla Legge islamica: «Ti chiederanno della guerra durante i mesi sacri; di’: “Combattere in questi mesi è un grave peccato, ma distogliere gli uomini dalla via di Dio, essere empi nei Suoi confronti e verso la sacra Ka’aba, cacciare i suoi abitanti, tutto questo davanti a Dio è ancora più grave”» (Cor. 2,217).
3) La “Casa dell’Islam” (Dar al-Islam) è una sola. È la patria di ogni Musulmano: nessuno può ostacolare i suoi spostamenti con barriere geografiche o frontiere politiche. Ogni paese musulmano ha il dovere di accogliere il Musulmano che vi emigri o vi giunga, come un fratello accoglie un altro fratello: «Quelli che si erano stabiliti prima di loro in questa dimora e nella fede, amano coloro che emigrano verso di loro. Non sentono nel cuore nessuna invidia per quello che è stato dato a questi emigrati. Li preferiscono a loro stessi nonostante la loro povertà. Quelli che si proteggono dalla loro stessa avarizia, quelli saranno i fortunati» (Cor. 59,9).
Sia Lode a Dio Signore del creato
Cairo 1990
Una seconda dichiarazione è stata promulgata il 5 agosto 1990 al Cairo dall'Organizzazione della conferenza islamica.
Gli Stati membri dell'Organizzazione della Conferenza Islamica [...], riaffermando il ruolo civilizzatore e storico della Ummah Islamica che Dio fece quale migliore nazione, che ha dato all'umanità una civiltà universale e equilibrata nella quale è stabilita l'armonia tra questa vita e ciò che viene dopo e la ocnoscenza è armonizzata con la fede; e il ruolo che questa Ummah deve svolgere per guidare una umanità confusa da orientamenti e ideologie contradittorie e per fornire soluzioni ai cronici problemi dell'attuale civiltà materialistica,
Desiderando contribuire agli sforzi dell'umanità intesi ad asserire i diritti umani, proteggere l'uomo dallo sfruttamento e dalla persecuzione e affermare la sua libertà e il suo diritto ad una vita degna in accordo con la Shari'ah Islamica,
Convinti che l'umanità che ha raggiunto un elevato stadio nelle scienze naturali avrà sempre bisogno di fede per sostenere la sua civiltà e di forza automotivante per salvaguardare i propri diritti,
Credendo che i diritti fondamentali e le libertà fondamentali nell'Islam sono parte integrante della religione Islamica e che nessuno in via di principio ha diritti di sospenderli in tutto o in parte o di violarli o di ignorarli poiché essi sono comandamenti divini vincolanti, che sono contenuti nel libro della rivelazione di Dio e furono inviati attraverso l'ultimo dei suoi Profeti a completare i precedenti messaggi divini facendo pertanto della loro osservanza un atto di adorazione e della loro negligenza o violazione un abominevole peccato, e conseguentemente ogni persona è individualmente responsabile - e la Ummah collettivamente responsabile - della loro salvaguardia, Procedendo dai summenzionati principi, Dichiara quanto segue:
Art. 1
a) Tutti gli esseri umani formano un'unica famiglia i cui membri sono uniti dalla sottomissione a Dio e dalla discendenza da Adamo. Tutti gli uomini sono eguali in termini di fondametale dignità umana e di fondamentali obblighi e responsabilità, senza alcuna discriminazione di razza, colore, lingua sesso, credo religioso, affiliazione politica, stato sociale o altre considerazioni. La vera fede è la garanzia per rispettare questa dignità lungo il cammino della umana perfezione.
b) Tutti gli esseri umani sono soggetti a Dio e i più amati da Lui sono coloro che sono più utili al resto dei Suoi sudditi, e nessuno ha superiorità sugli altri eccetto che sulla base della pietà e delle buone azioni.
Art. 2
a) La vita è un dono dato da Dio e il diritto alla vita è garantito ad ogni essere umano. È dovere degli individui, delle società e degli stati proteggere questo diritto da ogni violazione ed è vietato sopprimerela vita tranne che per una ragione prescritta dalla Shari'ah.
b) È proibito ricorrere ai mezzi che possono provocare il genocidio dell'umanità.
c) La difesa della vita umana nel disegno di Dio è un dovere prescritto dalla Shari'ah.
d) L'integrità fisica è un diritto garantito. È dovere dello Stato proteggerlo ed è vietato infrangerlo senza una ragione prescritta dalla Shari'ah
Art. 3
a) In caso di uso della forza e di conflitto armato, non è consentito uccidere non belligeanti quali anziani, donne e bambini. I feriti e i malati hanno il diritto a trattamento medico; e i prigionieri di guerra hanno il diritto al cibo, all'alloggio e al vestiario. È vietato mutilare cadaveri. È fatto dovere di scambiare i prigionieri di guerra e di consentire visite e riunioni delle famiglie separate per circostanze di guerra.
b) È vietato abbattere alberi, danneggiare colture o animali, nonché distruggere le costruzioni o le istallazioni civili del nemico bombardandoli, minandoli o con altri mezzi.
Art. 4
Ogni essere umano ha diritto alla inviolabilità e alla protezione del suo buon nome ed onore durante la sua vita e dopo la sua morte. Lo stato e la società proteggeranno la sua salma e il luogo di sepoltura.
Art. 5
a) La famiglia è il fondamento della società e il matrimonio è la base del suo formarsi. Uomini e donne hanno il diritto al matrimonio e nessuna restrizione derivante da razza, colore o nazionalità impedirà loro di beneficiare di tale diritto.
b) La società e lo stato rimuoveranno ogni osctacolo al matrimonio e ne faciliteranno la procedura. Essi assicureranno la protezione e il benessere della famiglia.
Art. 6
a) La donna è uguale all'uomo in dignità umana e ha diritti da godere e obblighi da adempire; essa ha la propria identità e indipendenza finanziaria e il diritto di mantenere il proprio nome e la propria identità.
b) Il marito è responsabile del mantenimento e del benesssere della famiglia.
Art. 7
a) Fin dal momento della nascita ogni bambino ha diritti nei confronti dei genitori, della società e dello stato ad avere appropriato nutrimento, educazione e cure materiali, igeniche e morali. Sia il feto sia la madre devono essere protetti e ricevere speciale assistenza.
b) I genitori e quanti si trovano in analoga condizione hanno il diritto di scegliere il tipo di educazione che essi desiderano per i propri bambini, a condizione che essi prendano in considerazione l'interesse e il futuro dei bambini in conformità con i valori etici e i principi della Shari'ah.
c) I genitori sono titolari di diritti rispetto ai loro figli e i parenti sono, a loro volta, titolari di diritti rispetto al ceppo di appartenenza, in conformità con le prescrizioni della Shari'ah.
Art. 8
Ogni essere umano gode di personalità giuridica in terminni di obbligazioni e di capacità di contrarre obblighi giuridici; nel caso in cui questa personalità sia perduta o limitata egli sarà rappresentato dal suo tutore.
Art. 9
a) Fornire l'accesso alla conscenza è un dovere e assicurare l'educazione è un obbligo della società e dello stato. Lo stato garantirà la disponibilità di vie e mezzi per acquisire l'educazione e garantirà la pluralità di offerte educative nell'interesse della società e in modo da rendere capace l'essere umano di familiarizzarsi con la religione dell'Islam e con i fatti dell'Universo a beneficio dell'umanità.
b) Ogni essere umano ha il diritto di ricevere l'educazione religiosa nella sua estensione più ampia delle varie istituzioni di educazione e di orientamento, compresa la famiglia, la scuola, l'università, i media, ecc. e in modo integrato ed equilibrato tale da consentirgli di sviluppare la sua personalità, rafforzare la sua fede in Dio e promuovere il rispetto per, e la difesa dei, diritti e doveri.
Art. 10
L'Islam è una religione intrinsicamente connaturata all'essere umano. È proibito esercitare qualsiasi forma di violenza sull'uomo o di sfruttare la sua povertà o ignoranza al fine di convertirlo a un'altra religione o all'ateismo.
Art. 11
a) Gli esseri umani nascono liberi e nessuno ha il diritto di renderli schiavi, umiliarli, opprimerli o sfruttarli e non esiste soggezione se non a Dio l'Altissimo.
b) Il colonialismo di qualsiasi tipo, in quanto peggiore forma di schiavitù, è assolutamente vietato. I popoli che soffrono di colonialismo hanno pieno diritto alla libertà e all'autodeterminazione. È dovere di tutti gli stati e di tutti i popoli sostenere la lotta dei popoli colonizzati per la liquidazione di qualsiasi forma di colonialismo e occupazione, e tutti gli stati e tutti i popoli hanno il diritto di preservare la propria identità originaria e di esercitare il controllo sulle proprie ricchezze e risorse naturali.
Art. 12
Ogni uomo ha il diritto, nel quadro della Shari'ah di muoversi liberamente e di scegliere il luogo della propria residenza sia dentro che fuori del proprio paese e se perseguitato è legittimato a chiedere asilo in un altro paese. Il paese del rifugiato garantirà la sua protezione fino a che egli raggiungerà al sicurezza, a meno che la richiesta di asilo sia fondata su un atto che la Shari'ah considera come un crimine.
Art. 13
Il lavoro è un diritto garantito dallo stato e dalla società ad ogni persona abile a lavorare. Ognuno è libero di scegliere il lavoro che ritiene migliore e che soddisfa i propri interessi e quelli della società. Il lavoratore ha il diritto alla salute e alla sicurezza nonché ad ogni altra garanzia sociale. Non gli può essere assegnato un lavoro al di là delle proprie capacità né si può assoggettarlo a violenza o sfruttamento. Egli ha il diritto - senza alcuna discriminazione tra maschi e femmine - ad un equo salario per il suo lavoro così come alle vacanze e alle promozioni che merita. Da parte sua, egli è tenuto a impegnarsi meticolosamente nel suo lavoro. Nel caso in cui i lavoratori e gli impiegati siano in disaccordo su questa o quella materia, lo stato interverrà per risolvere il conflitto, confermare i diritti e assicurare la giustizia in modo equo.
Art. 14
Ognuno ha il diritto a guadagni legittimi senza monopolio, inganno o violenza sugli altri. L'usura (riba) è assolutamente vietata.
Art. 15
a) Ognuno ha il diritto alla proprietà acquisita in modo legittimo ed eserciterà i relativi diritti senza pregiudizio per se stesso, gli altri o la società in generale. L'espropriazione non è consentita tranne che per esigenze di pubblico interesse e dietro pagamento di un immediato ed equo indennizzo.
b) La confisca e la riduzione della proprietà è proibita tranne che per necessità dettata dalla legge.
Art. 16
Ognuno ha il diritto di godere dei frutti dellapropria produzione scientific, letteraria, artistica o tecnica nonché di proteggere gli interessi morali e materiali che ne derivano, a condizione che tale produzione non sia contraria ai principi della Shari'ah.
Art. 17
a) Ognuno ha il diritto di vivere in un ambiente sano, immune dal vizio e dalla corruzione morale, in un ambiente che favorisca il suo autosviluppo; imcombe alla stato e alla società in generale il dovere di rispettare tale dirtto.
b) Ognuno ha il diritto all'assistenza medica e a ogni pubblica agevolazione fornita dalla società e dallo stato nei limiti delle loro risorse disponibili.
c) Lo stato assicurerà il diritto dell'individuo a una vita dignitosa che gli consenta di rispondere a tutte le esigenze proprie e a quelle dei suoi dipendenti, compresa l'alimentazione, il vestiario, l'alloggio, l'educazione, le cure mediche e ogni altro bisogno essenziale.
Art. 18
a) Ognuno ha il diritto di vivere nella sicurezza per sé, la propria religione, i propri dipendent, il proprio onore e la propria proprietà.
b) Ognuno ha il diritto alla privacy nella conduzione dei sui affari, nella sua casa, in famiglia e per questo attiene alla sua proprietà e alla sua rete di relazioni. Non è consentito svolgere spionaggio su di esso, porlo sotto sorveglianza o infamare il suo buon nome. Lo stato deve proteggerlo da interferenze arbitrarie.
c) L'abitazione privata è assolutamente inviolabile. Non vi si può accedere senza permesso dei suoi abitanti o in maniera illegale, né può essere demolita o confiscata e il suo arredamento asportato.
Art. 19
a) Tutti gli individui sono eguali di fronte alla legge, senza distinzione tra il legislatore e il cittadino.
b) Il diritto di ricorrere alla giustizia è garantito a tutti.
c) La responsabilità è strettamente personale.
d) Non c'è crimine o punizione al di fuori di quanto previsto dalla Shari'ah. Un imputato è innocente fino a che la sua colpa non sia provata in equo processo nel quale egli disponga di tutte le garanzie della difesa.
Art. 20
Non è consentito arrestare illegalmente un individuo o restringere la sua libertà, esiliarlo o punirlo. Non è consentito assoggettarlo a tortura fiscica o psicologica o a qualsiasi forma di umiliazione, crudeltà o indegnità. Non è consentito sottoporre un individuo ad esperimenti medici o scientifici senza il suo consenso o a rischio della sua salute o della sua vita. Né è consentito promulgare leggi di emergenza che prevedano interventi d'autorità per tali azioni.
Art. 21
La presa di ostaggi sotto qualsiasi forma e per qualsiasi motivo è espressamente vietata.
Art. 22
a) Ognuno ha il diritto di esprimere liberamente la propria opinione in un modo che non contravvenga ai principi della Shari'ah.
b) Ognuno ha il diritto di sostenere ciò che è giusto e propagandare ciò che è buono e mettere in guardia contro ciò che è sbagliato e malvagio in conformità con le norme della Shari'ah Islamica.
c) L'informazione è una necessità vitale per la società. Essa non può essere sfruttata o distorta in modo tale da violare la sanità e la dignità dei Profeti, minare i valori morali e etici o disintegrare, corrompere o inquinare la società o indebolirne la fede.
d) Non è consentitto suscitare odio nazionalistico o ideologico o comunque incitare a qualsiasi forma di discriminazione razziale.
Art. 23
a) Autorità è fiducia; il suo abuso o il suo malevolo esercizio è assolutamente vietato, affinché i diritti umani fondamentali possano essere garantiti.
b) Ognuno ha il diritto di partecipare, direttamente o indirettamente alla amministrazione dei pubblici affari del suo paese. Egli ha anche il diritto di assumere cariche pubbliche con le disposizioni della Shari'ah.
Art. 24
Tutti i diritti e le libertà enunciate nelle presente Dichiarazione sono soggette alla Shari'ah Islamica.
Art. 25
La Shari'ah Islamica è la sola fonte di riferimento per l'interpretazione di qualsiasi articolo della presente Dichiarazione.
Lega araba 2004
Una terza dichiarazione è la Carta araba dei diritti dell'uomo, a cura della Lega araba, promulgata in una prima bozza il 15 settembre 1994 con risoluzione n. 5437 dal Consiglio della Lega degli Stati Arabi, poi emendata in una seconda versione in occasione del summit della Lega araba del 22-23 maggio 2004, infine entrata in vigore il 15 marzo 2008.
Basandosi sulla fede della nazione Araba nella dignità della persona umana, che Dio ha esaltato fin dall'inizio della creazione, e nel fatto che la patria araba è la culla di religioni e civiltà che hanno affermato come loro più alti valori umani il diritto umano ad una vita degna fondata sulla libertà, la giustizia e l'eguaglianza,
Nel perseguire i principi eterni di fratellanza, eguaglianza e tolleranza tra gli esseri umani, consacrati dalla nobile religione islamica e dalle altre religioni rivelate da Dio;
fieri dei propri valori e principi umanitari che la nazione araba ha affermato nel corso della sua lunga storia e che hanno avuto un grande ruolo nel diffondere la conoscenza reciproca tra Oriente ed Occidente, facendo di tale regione un punto di riferimento per il mondo intero e un luogo d'incontro per tutti coloro che ricercano la sapienza e la saggezza;
Affermando il proprio credo nell'unità della nazione araba, la quale lotta per la propria libertà e difende il diritto delle nazioni all'autodeterminazione, al controllo sulle proprie ricchezze e allo sviluppo; affermando la propria fede nella sovranità della legge e nel contributo di tale principio alla protezione dei diritti umani, universali e intercorrelati, e la propria convinzione che il godimento da parte delle persona umana di libertà, giustizia ed eguaglianza delle opportunità è una misura fondamentale del valore di una qualunque società,
Ribadendoil rifiuto di ogni forma di razzismo e di sionismo, che costituiscono una violazione dei diritti umani ed una minaccia alla pace mondiale; riconoscendo la stretta relazione esistente tra diritti umani e pace mondiale; riaffermando i principi della Carta delle Nazioni Unite, della Dichiarazione universale dei diritti umani, delle disposizioni dei due Patti delle Nazioni Unite sui diritti civili e politici e sui diritti economico-sociali e culturali e richiamando la Dichiarazione del Cairo sui diritti dell'uomo nell'Islam;
Gli Stati Parti della Carta hanno concordato quanto segue:
Articolo 1.
La presente Carta, nel rispetto dell'identità nazionale degli Stati arabi e del loro sentimento di appartenere ad una comune civiltà, si propone di realizzare le seguenti finalità:
1. Collocare i diritti umani al centro degli impegni nazionali degli Stati arabi, quali elevati e fondamentali ideali che informano la volontà dell'individuo negli Stati arabi e che lo mettono in condizione di migliorare la propria vita in conformità con nobili valori umani.
2. Insegnare ad ogni persona umana negli Stati arabi la fierezza della propria identità, la lealtà al proprio paese, l'attaccamento alla propria terra, alla propria storia e al comune interesse, instillando in ogni persona una cultura di fratellanza umana, tolleranza ed apertura verso gli altri, in conformità con i principi e valori universali e con quelli proclamanti negli strumenti internazionali sui diritti umani.
3. Preparare le nuove generazioni, negli Stati arabi, ad una vita libera e responsabile in una società civile caratterizzata dalla solidarietà, fondata sull'equilibrio tra consapevolezza dei propri diritti e rispetto per i propri doveri e governata dai valori di eguaglianza, tolleranza e moderazione.
4. Radicare in profondità il principio che tutti i diritti umani sono universali, indivisibili, interdipendenti e interconnessi.
Articolo 2.
1. Tutti i popoli hanno diritto all'auto-determinazione ed al controllo delle proprie ricchezze e risorse naturali, di scegliere liberamente il proprio sistema politico e di perseguire liberamente il loro sviluppo economico, sociale e culturale.
2. Tutti i popoli hanno diritto alla sovranità nazionale e all'integrità territoriale.
3. Tutte le forme di razzismo, sionismo e di occupazione e dominazione straniera costituiscono un ostacolo alla dignità umana e un grave impedimento all'esercizio dei diritti fondamentali dei popoli; è doveroso condannare tutte queste pratiche e impegnarsi in ogni modo per la loro eliminazione.
4. Tutti i popoli hanno il diritto di resistere all'occupazione straniera.
Articolo 3.
Tutti gli Stati Parti della presente Carta si impegnano a garantire a tutti gli individui soggetti alla loro giurisdizione il godimento di tutti i diritti e libertà riconosciuti in questa Carta senza distinzioni fondate su razza, colore, sesso, lingua, credo religioso, opinione, pensiero, origine nazionale o sociale, ricchezza, nascita o disabilità fisica o mentale.
2. Gli Stati Parti della presenta Carta adotteranno le misure del caso per garantire l'effettiva eguaglianza nel godimento di tutti i diritti e le libertà incluse nella Carta al fine di garantire la protezione contro ogni forma di discriminazione fondata su uno qualunque dei motivi menzionati nel precedente paragrafo.
3. Uomini e donne sono uguali quanto a dignità umana, diritti e doveri, in un quadro di discriminazioni positive previste in favore delle donne dalla Shari'ah islamica, da altre leggi divine e dalle pertinenti leggi e strumenti giuridici. Di conseguenza, ogni Stato Parte si impegna a prendere ogni misura richiesta per assicurare pari opportunità e effettiva eguaglianza tra uomini e donne nel godimento di tutti i diritti formulati in questa Carta.
Articolo 4.
1. In situazioni eccezionali di emergenza che minacciano la vita della nazione e la cui esistenza sia stata proclamata ufficialmente, gli Stati Parti alla presente Carta possono assumere misure che derogano alle obbligazioni da essi assunti con la presente Carta, nella misura strettamente richiesta dalla situazione, a condizione che tali misure non siano incompatibili con altri obblighi secondo il diritto internazionale e non comportino discriminazioni basate esclusivamente su razza, sesso, lingua, religione o origine sociale.
2. In situazioni eccezionali di emergenza, nessuna deroga sarà fatta ai seguenti articoli: art. 5, art. 8, art. 9, art. 10, art. 13, art. 14.6, art. 15, art. 18, art. 19, art. 20, art. 22, art. 27, art. 28, art. 29 e art. 30. Inoltre, le garanzie giudiziarie richieste per la protezione dei suddetti articoli non potranno essere sospese.
3. Ciascuno Stato Parte della presente Carta che si avvalga del diritto di deroga dovrà immediatamente informare gli altri Stati Parti, per il tramite del Segretario generale della Lega degli Stati Arabi, delle disposizioni alle quali esso ha derogato e delle ragioni per cui si è proceduto alla deroga. Una ulteriore comunicazione dovrà essere fatta, attraverso lo stesso intermediario, alla data in cui tale deroga ha termine.
Articolo 5.
1. Ogni essere umano ha l'inerente diritto alla vita.
2. Tale diritto è protetto dalla legge. Nessuno sarà arbitrariamente privato della sua vita.
Articolo 6.
La condanna a morte può essere imposta solo per i crimini più gravi, secondo le leggi in vigore al momento della commissione del crimine e a seguito di un giudizio definitivo reso da una corte competente. Ogni condannato a morte ha il diritto di chiedere la grazia o la commutazione della pena.
Articolo 7.
1. La pena dei morte non sarà pronunciata a carico di persone al di sotto dei 18 anni d'età, salvo che la legge vigente al momento della commissione del crimine preveda diversamente.
2. La pena di morte non sarà eseguita nei confronti di una donna incinta prima del parto o ad una madre entro due anni dal parto; in ogni caso, il miglior interesse del bambino costituisce la considerazione primaria.
Articolo 8.
1. Nessuno sarà soggetto a tortura fisica o psicologica o ad un trattamento crudele, degradante, umiliante o inumano.
2. Ogni Stato Parte proteggerà qualunque individuo si trovi soggetto alla sua giurisdizione dalle suddette pratiche e adotterà misure effettive per prevenire tali pratiche. La commissione o la partecipazione a simili atti sarà considerata tra i delitti punibili in base alla legge e ad essi non si applicherà la prescrizione. Ogni Stato Parte dovrà garantire, all'interno del proprio sistema giuridico, riparazioni per chi sia vittima di tortura, compreso un sistema di riabilitazione e indennizzo.
Articolo 9.
Nessuno sarà sottoposto ad esperimenti medici scientifici o saranno usati i suoi organi senza il suo libero consenso e la piena consapevolezza delle conseguenze di tali atti, e salvo il rispetto delle regole etiche, umanitarie e professionali e l'osservanza delle procedure mediche che garantiscano la sua personale incolumità, secondo le leggi nazionali in materia vigenti in ciascuno Stato Parte. Il traffico di organi umani è punito in ogni circostanza.
Articolo 10.
1. La schiavitù e il traffico di esseri umani sono proibiti in ogni forma e la legge dispone per la loro punibilità. Nessuno sarà tenuto in stato di schiavitù e servitù in alcuna circostanza.
2. Il lavoro forzato, il traffico di esseri umani al fine di prostituzione o di sfruttamento sessuale, lo sfruttamento della prostituzione altrui o ogni altra forma di sfruttamento, ovvero lo sfruttamento dei bambini nei conflitti armati sono proibiti.
Articolo 11.
Tutti sono uguali davanti alla legge e hanno il diritto di godere della protezione della legge senza alcuna discriminazione.
Articolo 12.
Tutti sono uguali davanti alle corti e ai tribunali. Gli Stati Parti assicurano l'indipen-denza degli organi giudiziari e proteggono i magistrati da ogni interferenza, pressione o minaccia. Garantiscono inoltre, ad ogni persona sotto la loro giurisdizione, il diritto a perseguire un rimedio davanti alle corti di ogni grado.
Articolo 13.
1. Ognuno ha diritto ad un processo equo e con adeguate garanzie davanti ad una corte competente, indipendente ed imparziale, costituita secondo la legge per conoscere di qualsiasi accusa penale rivolta contro di lui o per decidere in merito ai suoi diritti o ai suoi obblighi. Ciascuno Stato Parte garantisce a quanti sono privi delle necessarie risorse finanziarie un sostegno legale che consenta loro di difendere i propri diritti.
2. I processi sono pubblici, salvo in casi eccezionali, quando ciò risulti nell'interesse della giustizia in una società rispettosa dei diritti e delle libertà dell'uomo.
Articolo 14.
1. Ognuno ha il diritto alla libertà e alla sicurezza personale. Nessuno sarà sottoposto ad arresti arbitrati, a perquisizioni o a detenzione senza un mandato legale.
2. Nessuno sarà privato della libertà, salvo per ragioni o in circostanze determinate dalla legge e secondo le procedure legali.
3. Ogni persona arrestata sarà informata, al momento dell'arresto, in una lingua di sua comprensione, delle ragioni dell'arresto e sarà prontamente resa edotta di ogni accusa contro di lei. Sarà inoltre messa in condizione di prendere contatto con i membri della sua famiglia.
4. Ogni persona privata della libertà in forza di un arresto o di detenzione ha il diritto di richiedere una visita medica e deve essere informata dell'esistenza di tale diritto.
5. Ogni persona arrestata o detenuta sulla base di un'accusa penale sarà prontamente condotta davanti ad un giudice o ad ogni altro pubblico ufficiale autorizzato dalla legge ad esercitare poteri giurisdizionali e ha diritto ad un processo entro tempi ragionevoli, oppure ad essere rilasciata. Il rilascio può essere sottoposto a garanzie circa la sua successiva comparizione al processo. La carcerazione preventiva non sarà in nessun caso la regola.
6. Ognuno che sia privato della libertà in stato di arresto o detenzione ha il diritto di proporre ricorso davanti ad una corte competente affinché si decida senza ritardo sulla legalità dell'arresto o detenzione e sia ordinato il suo rilascio in caso di arresto o detenzione illegale.
7. Ogni persona che sia stata vittima di un arresto o detenzione arbitraria o illegale ha il diritto ad un indennizzo.
Articolo 15.
Nessun reato e nessuna pena possono essere determinate se non in base ad una previa norma di legge. In ogni circostanza sarà applicata la norma più favorevole all'accusato.
Articolo 16.
Ogni persona accusata di reato sarà presunta innocente fino a che la sua colpevolezza non sia provata in via definitiva con una sentenza resa secondo la legge; nel corso delle indagini o del processo, l'accusato godrà delle seguenti garanzie minime:
1) il diritto ad essere informato prontamente, in modo dettagliato e in una lingua che egli comprenda, delle accuse rivolte contro di lui;
2) il diritto di disporre del tempo e dei mezzi adeguati per preparare la propria difesa e di comunicare con la propria famiglia;
3) il diritto di essere processato in presenza, davanti ad una corte ordinaria e a difendersi di persona o attraverso un legale di sua scelta, con cui possa comunicare liberamente e in privato;
4) il diritto all'assistenza gratuita di un legale che lo possa difendere, nel caso non possa difendersi da solo o se così richiede l'interesse della giustizia, nonché il diritto all'assistenza gratuita di un interprete se egli non può comprendere o non parla la lingua usata nel processo;
5) il diritto di esaminare o far esaminare dal proprio legale i testimoni dell'accusa e di produrre testimoni a difesa secondo le stesse condizioni applicate all'accusa;
6) il diritto di non essere costretto a testimoniare contro di sé o a confessare la propria colpevolezza;
7) il diritto, in caso di accertamento della sua colpevolezza, di presentare appello davanti ad un tribunale superiore, secondo quanto prevede la legge;
8) il diritto in ogni circostanza al rispetto della sua sicurezza personale e della privacy.
Articolo 17.
Ogni Stato Parte assicura in particolare che ogni minore a rischio o ogni reo accusato di un delitto abbia il diritto ad uno speciale sistema di giustizia penale riguardante i minori, ad ogni fase delle indagini, del processo e dell'esecuzione penale, nonché ad un trattamento particolare che tenga in considerazione la sua età, protegga la sua dignità, favorisca la riabilitazione e la reintegrazione sociale e lo metta in condizione di svolgere un ruolo costruttivo nella società.
Articolo 18.
Nessuna persona riconosciuta da una corte incapace di fare fronte ai debiti derivanti da un proprio obbligo contrattuale sarà imprigionata.
Articolo 19.
1. Nessuno sarà processato due volte per lo stesso reato. La persona contro cui un tale procedimento dovesse essere intentato avrà il diritto di contestare la sua legittimità e di chiedere il proprio rilascio.
2. La persona riconosciuta innocente a seguito di una decisione definitiva ha diritto ad un indennizzo per il danno sofferto.
Articolo 20.
1. Tutte le persone private della libertà sono trattate con umanità e con il rispetto dovuto alla dignità inerente ad ogni persona umana.
2. Le persone detenute in attesa di processo saranno tenute separate da quelle che scontano una pena e saranno trattate in modo rispettoso della loro condizione di persone che non hanno subito condanna.
3. La finalità del sistema penitenziario è la rieducazione del detenuto in vista della sua reintegrazione sociale.
Articolo 21.
1. Nessuno sarà sottoposto ad interferenze arbitrarie o illecite nella sua vita privata, familiare, domestica o nella sua corrispondenza, né ad attacchi illeciti al suo onore o alla sua reputazione.
2. Ognuno ha il diritto di essere protetto dalla legge contro tali interferenze o tali attacchi.
Articolo 22.
Ognuno ha il diritto al riconoscimento della propria personalità giuridica.
Articolo 23.
Ogni Stato Parte alla presente Carta si impegna ad assicurare che qualunque persona i cui diritti o libertà riconosciuti dalla Carta siano stati violati abbia un rimedio effettivo, a prescindere dal fatto che la violazione sia stata commessa da persone che abbiano agito in qualità di pubblici ufficiali.
Articolo 24.
Ogni cittadino ha i seguenti diritti:
1. Di svolgere liberamente attività politica.
2. Di prendere parte alla gestione dei pubblici affari, direttamente o attraverso rappresentanti scelti liberamente.
3) Di presentarsi alle elezioni o scegliere i propri rappresentanti in elezioni libere e imparziali, in condizione di parità tra tutti i cittadini e che garantiscano la libera espressione della sua volontà.
4. La possibilità di accedere, su un piede di parità con gli altri, alle funzioni pubbliche nel suo paese, secondo il principio di pari opportunità.
5. Di formare o di partecipare liberamente ad associazioni con altri.
6. Alla libertà di associazione e di riunione pacifica.
7. Nessuna limitazione sarà posta all'esercizio di questi diritti, salvo quelle prescritte dalla legge e necessarie in una società democratica nell'interesse della sicurezza nazionale o dell'incolumità, della salute o della morale pubblica o per la protezione dei diritti e delle libertà altrui.
Articolo 25.
Le persone appartenenti a minoranze non saranno private del diritto di godere della propria cultura, ad usare la loro lingua e a praticare la loro religione. L'esercizio di tali diritti sarà regolamentato dalla legge.
Articolo 26.
1. Ognuno presente legalmente nel territorio di uno Stato Parte avrà il diritto, su tale territorio, alla libertà di movimento e a fissare liberamente le propria residenza in qualunque parte del territorio, in conformità con le leggi vigenti.
2. Nessuno Stato Parte può espellere una persona che non ha la nazionalità dello Stato ma che si trova legalmente sul suo territorio, salvo in esecuzione di una decisione presa in conformità con la legge e dopo che la persona sia stata autorizzata a ricorrere contro tale provvedimento ad un'autorità competente, a meno che non sussistano ragioni imprescindibili di sicurezza nazionale che lo impediscono. Le espulsioni collettive sono proibite in ogni circostanza.
Articolo 27.
1. A nessuno può essere impedito arbitrariamente o illegittimamente di lasciare qualunque paese, compreso il proprio, né di risiedervi; nessuno può essere obbligato a risiedere in una località di tale paese.
2. Nessuno può essere esiliato dal proprio paese né gli sarà impedito di farvi ritorno.
Articolo 28.
Ognuno ha il diritto di cercare asilo politico in un altro paese al fine di sfuggire alla persecuzione. Tale diritto non può essere invocato dalle persone contro le quali è in corso un'azione penale per un reato comune. I rifugiati per motivi politici non possono essere estradati.
Articolo 29.
1. Ognuno ha diritto ad una nazionalità. Nessuno sarà privato arbitrariamente o illegittimamente della sua nazionalità.
2. Gli Stati Parti adottano le misure che riterranno adeguate, in conformità con le loro norme in materia di cittadinanza, per consentire al figlio di acquisire la cittadinanza della madre, tenendo conto del miglior interesse del minore.
3. A nessuno sarà negato il diritto di acquisire un'altra cittadinanza, fermo restando il rispetto per le procedure legalmente previste nel suo Stato.
Articolo 30.
1. Ognuno ha il diritto alla libertà di pensiero, coscienza e religione; nessuna restrizione può essere imposta all'esercizio di tale diritto salvo quelle stabilite dalla legge.
2. La libertà di manifestare la propria religione o il proprio credo o di praticare la religione, da solo o insieme ad altri, sarà soggetta unicamente alle limitazioni previste dalla legge e necessarie in una società tollerante che rispetta i diritti umani e le libertà, per la protezione dell'incolumità pubblica, dell'ordine pubblico, della salute o della morale pubblica o dei fondamentali diritti e libertà degli altri.
3. I genitori o tutori hanno la libertà di provvedere all'educazione religiosa e morale dei loro figli.
Articolo 31.
Ognuno ha il diritto di possedere proprietà privata e in nessuna circostanza sarà arbitrariamente o illegittimamente spogliato in tutto o in parte della sua proprietà.
Articolo 32.
1. La presente Carta garantisce il diritto all'informazione e il diritto di opinione ed espressione, così come il diritto di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee attraverso qualunque mezzo, senza considerazione delle frontiere geografiche.
2. Questi diritti e libertà saranno esercitati nel rispetto dei fondamentali valori della società e saranno sottoposti unicamente alle limitazioni richieste per assicurare il rispetto dei diritti o della reputazione di altri, o per la protezione della sicurezza nazionale, dell'ordine pubblico o della salute e moralità pubblica.
Articolo 33.
1. La famiglia è la naturale e fondamentale cellula della società; essa si fonda sul matrimonio tra un uomo e una donna. Uomini e donne in età per contrarre matrimonio hanno il diritto di sposarsi e di fondare una famiglia, secondo le regole e condizioni del matrimonio. Nessun matrimonio può avere luogo senza il consenso di entrambi gli sposi. Le leggi vigenti regolano i diritti e i doveri dell'uomo e della donna quanto alla celebrazione del matrimonio, durante il matrimonio e allo scioglimento dello stesso.
2. Lo Stato e la società assicurano la protezione della famiglia, il rafforzamento dei vincoli familiari, la protezione dei suoi membri e la proibizione di ogni forma di violenza o di abuso nella relazione tra i suoi membri, in particolare verso le donne e i bambini. Essi inoltre assicurano la necessaria tutela e cura nei riguardi delle madri, dei bambini, delle persone anziane e delle persone con particolari necessità e appronteranno per gli adolescenti e i giovani le migliori opportunità di sviluppo fisico e mentale.
3. Gli stati parte adottano ogni necessario provvedimento legislativo, amministrativo e giudiziario per assicurare la protezione, la sopravvivenza, lo sviluppo e il benessere del bambino, in un contesto di libertà e dignità e assicureranno in ogni caso che il miglior interesse del bambino sia il criterio fondamentale rispetto ad ogni misura adottata nei suoi confronti, sia che si trattati di un minore a rischio di delinquenza sia che si tratti di un minorenne che ha commesso reati.
4. Gli Stati Parti adottano tutte le misure necessarie per garantire, in particolare ai giovani, il diritto di svolgere attività sportiva.
Articolo 34.
1. Il diritto al lavoro è un naturale diritto di ogni cittadino. Lo Stato si impegna a mettere a disposizione, nella misura del possibile, posti di lavoro al maggior numero di persone che intendono lavorare, assicurando nel contempo la produzione, la libertà di ciascuno di scegliere il proprio lavoro e le pari opportunità senza alcuna discriminazione basata su razza, colore, sesso, religione, lingua, opinione politica, affiliazione sindacale, origine nazionale, origine sociale, disabilità o altre situazioni.
2. Ogni lavoratore ha diritto al godimento di giuste e favorevoli condizioni di lavoro che assicurino una remunerazione adeguata ai suoi bisogni essenziali e a quelli della sua famiglia, ad un orario di lavoro regolato, al risposo e a ferie retribuite, nonché a regole per il mantenimento della salute sul lavoro e la sua salubrità e per la protezione sul posto di lavoro di donne, minori e disabili.
3. Gli Stati Parti riconoscono il diritto del bambino ad essere protetto dallo sfruttamento economico e dall'essere forzato a forme di lavoro rischiose o che interferiscono con la sua educazione o sono dannose per la sua salute fisica o per il suo sviluppo mentale, spirituale, morale o sociale. A questo scopo, e tenendo in considerazione le disposizioni rilevanti contenute in altri strumenti internazionali, gli Stati Parti si impegnano in particolare a:
a) definire un'età minima di ammissione al lavoro;
b) stabilire regole adeguate in materia di orario e condizioni di lavoro;
c) prevedere adeguate sanzioni penali o di altro tipo per garantire l'effettivo allineamento a tali disposizioni.
4. Non vi sarà alcuna discriminazione tra uomini e donne nel godimento del diritto a beneficiare della formazione, dell'impiego, della protezione del posto di lavoro, né del diritto a uguale remunerazione per uguale lavoro.
5. Ogni Stato assicura ai lavoratori immigrati nel proprio territorio la dovuta protezione nel rispetto delle leggi in vigore.
Articolo 35.
1. Ogni individuo ha il diritto di formare liberamente dei sindacati o di associarsi ai sindacati esistenti e svolgere liberamente attività sindacale per la protezione dei propri interessi.
2. Non vi saranno restrizioni all'esercizio di tali diritti e libertà al di fuori di quelle previste dalle leggi in vigore e necessarie per la salvaguardia della sicurezza nazionale, dell'incolumità o dell'ordine pubblico o per la protezione della salute o della moralità pubblica o dei diritti e libertà di altri.
3) Ogni Stato Parte della presente Carta garantisce il diritto di sciopero nell'ambito delle leggi nazionali vigenti.
Articolo 36.
Gli Stati Parti assicurano il diritto di ogni cittadino alla sicurezza sociale, compresa la previdenza sociale.
Articolo 37.
Il diritto allo sviluppo è un diritto umano fondamentale e tutti gli Stati sono chiamati a istituire politiche di sviluppo e adottare le misure necessarie ad assicurare tale diritto. Hanno il dovere di dare effetto ai valori di solidarietà e cooperazione tra di loro e a livello internazionale, al fine di sradicare la povertà e conseguire lo sviluppo economico, sociale, culturale e politico. In virtù di questo diritto, ogni cittadino ha il diritto di partecipare alla realizzazione dello sviluppo e di godere dei benefici e dei frutti che ne derivano.
Articolo 38.
Ogni persona ha il diritto ad un livello di vita adeguato per sé e la propria famiglia, che assicuri il loro benessere e una vita dignitosa, in cui è compreso cibo, vestiario, alloggio, servizi e il diritto ad un ambiente sano. Gli Stati Parti adottano tutte le misure necessarie, in proporzione delle loro risorse, per garantire questi diritti.
Articolo 39.
1. Gli Stati Parti riconoscono il diritto di ogni membro della società a godere dei più elevati livelli raggiungibili di salute fisica e mentale e il diritto di ogni cittadino ad accedere gratuitamente ai servizi sanitari di base nonché ai presidi medici senza discriminazioni di alcun tipo.
2. I provvedimenti presi dagli Stati Parti comprenderanno le seguenti azioni:
a) sviluppo di servizi sanitari e di cura di base e garanzia di accesso facile e gratuito ai centri che erogano tali servizi, a prescindere dalla collocazione geografica o dalla condizione economica;
b) sforzi per mettere sotto controllo le malattie attraverso la prevenzione e la cura, al fine di ridurre il tasso di mortalità;
c) promozione della sensibilizzazione in materia sanitaria e dell'educazione alla salute;
d) soppressione di pratiche tradizionali che sono dannose per la salute degli individui;
e) prevedere alimentazione di base e acqua potabile per tutti;
f) lottare contro l'inquinamento ambientale e prevedere adeguati sistemi di igiene;
g) lottare contro le droghe, le sostanze psicotrope, il fumo e le sostanze che provocano danni alla salute.
Articolo 40.
1. Gli Stati Parti si impegnano ad assicurare alle persone con disabilità fisica o mentale una vita decorosa che garantisca la loro dignità, nonché a migliorare la loro autosufficienza e facilitare la loro attiva partecipazione alla vita sociale.
2. Gli Stati Parti prevedono servizi sociali gratuiti per tutte le persone con disabilità, forniranno il necessario sostegno materiale a tali persone nonché alle loro famiglie o alle famiglie che si prendono cura di loro, e faranno tutto quanto necessario per evitare la collocazione di tali persone in istituti. Gli Stati in ogni caso terranno conto del miglior interesse delle persone disabili.
3. Gli Stati Parti adottano tutte le misure necessarie per ridurre l'incidenza della disabilità con ogni mezzo possibile, compresi programmi sanitari di prevenzione, campagne di sensibilizzazione e di educazione.
4. Gli Stati Parti forniranno ogni tipo di servizi educativi adatti alle persone con disabilità, tenuto conto dell'importanza di integrare tali persone nel sistema educativo e dell'importanza della formazione professionale e dell'apprendistato, nonché della creazione di opportunità di lavoro adeguate nel settore pubblico come in quello privato.
5. Gli Stati Parti forniranno tutti gli adeguati servizi sanitari per le persone con disabilità, compresi i servizi di riabilitazione, in vista della loro integrazione nella vita sociale.
6. Gli Stati Parti metteranno le persone con disabilità in condizione di fare uso di tutti i servizi pubblici e privati.
Articolo 41.
1. Sradicare l'analfabetismo è un impegno vincolante per lo Stato e ognuno ha il diritto all'istruzione.
2. Gli Stati Parti assicurano ai loro cittadini l'istruzione gratuita almeno al livello primario e di base. Tutte le forme e i livelli di educazione primaria saranno obbligatori e accessibili a tutti senza alcun tipo di discriminazione.
3. Gli Stati Parti adottano misure adeguate in ogni campo per assicurare la collaborazione tra uomini e donne, in vista di conseguire gli obiettivi di sviluppo della nazione.
4. Gli Stati Parti garantiscono di indirizzare l'educazione al pieno sviluppo della persona umana e a rafforzare il rispetto per i diritti umani e le libertà fondamentali.
5. Gli Stati Parti si impegnano a inserire i principi dei diritti umani e delle libertà fondamentali nella programmazione educativa in ambito formale e informale, nonché nei programmi educativi e formativi.
6. Gli Stati Parti assicurano l'attivazione dei i meccanismi necessari per fornire educazione permanente a tutti i cittadini e di sviluppare programmi di educazione per gli adulti.
Articolo 42.
1. Ogni persona ha il diritto di prendere parte alla vita culturale e di godere dei vantaggi del progresso scientifico e delle sue applicazioni.
2. Gli Stati Parti si impegnano a rispettare la libertà di ricerca scientifica e di attività creativa e ad assicurare la protezione degli interessi morali e materiali derivanti dalla produzione scientifica, letteraria e artistica.
3. Gli Stati Parti collaboreranno e rafforzeranno ulteriormente la loro collaborazione a tutti i livelli, con la piena partecipazione delle persone di cultura e dei ricercatori, nonché delle loro organizzazioni, al fine di sviluppare e attuare programmi in campo dello spettacolo, culturale, artistico e scientifico.
Articolo 43.
Nulla nella presente Carta può essere inteso o interpretato come tale da pregiudicare i diritti e le libertà protetti a livello nazionale dalla legislazione dagli Stati Parti o stabiliti da strumenti internazionali o regionali in materia di diritti umani adottati o ratificati dagli Stati Parti, compresi i diritti delle donne, i diritti dei bambini e i diritti degli appartenenti a minoranze.
Articolo 44.
Gli Stati Parti si impegnano ad adottare, in conformità con le procedure costituzionali e con le disposizioni della presente Carta, ogni misura legislativa o non legislativa che risulti necessaria al fine di dare attuazione ai diritti stabiliti nel presente documento.
Articolo 45.
1. In base alla presente Carta, è istituito un "Comitato arabo per i diritti umani" – di seguito chiamato "il Comitato". Il Comitato è formato da sette membri eletti con voto segreto dagli Stati Parti della presente Carta.
2. Il Comitato è formato da cittadini di Stati Parti della presente Carta che devono avere ampia esperienza e competenza nel campo di azione del Comitato. I membri del Comitato vi siedono a titolo personale e sono del tutto indipendenti e imparziali.
3. Il Comitato avrà tra i suoi membri non più di un cittadino di ciascuno Stato Parte; i membri potranno essere rieletti per una sola volta. Sarà prestata attenzione al rispetto di un principio di rotazione.
4. I membri del Comitato sono eletti per un mandato di quattro anni; il mandato di tre dei membri eletti alla prima elezione sarà di due anni e sarà rinnovato attraverso estrazione a sorte.
5. Sei mesi prima della data dell'elezione, il Segretario generale della Lega degli Stati Arabi invita gli Stati Parti a presentare i loro candidati entro i successivi tre mesi. Egli trasmetterà la lista dei candidati agli stati parti due mesi prima della data dell'elezione. I candidati che ottengono il maggior numero di voti espressi saranno eletti a far parte del Comitato. Se, in caso di un numero di voti uguale ricevuti da due candidati, il numero di candidati eletti con il massimo dei voti eccede quello dei posti disponibili, verrà tenuta una seconda votazione tra le persone con il numero di voti uguale. Se il voto è ancora in parità, il membro o i membri del Comitato saranno tratti a sorte. La prima elezione dei membri del Comitato si svolgerà entro sei mesi dall'entrata in vigore della Carta.
6. Il Segretario generale invita gli Stati Parti a incontrarsi alla sede della Lega Araba al fine di procedere all'elezione dei membri del Comitato. Il quorum è raggiunto con la presenza della maggioranza degli Stati Parti. Se non è raggiunto il quorum, il Segretario generale convocherà una nuova riunione in cui almeno due terzi degli Stati Parti dovranno essere presenti. Se ancora manca il quorum, il Segretario generale convocherà una terza riunione che sarà valida indipendentemente dal numero di Stati Parti presenti.
7 Il Segretario generale convocherà la prima riunione del Comitato, nel corso della quale il Comitato elegge il suo presidente tra i propri membri, che resta in carica per un periodo di due anni rinnovabile una sola volta per una eguale durata. Il Comitato stabilisce le proprie regole di procedura e metodi di lavoro e determina la frequenza delle proprie riunioni. Il Comitato si riunisce presso la sede della Lega Araba. Può inoltre riunirsi in qualunque altro Stato Membro della Carta, su invito dello Stato.
Articolo 46.
1. Il Segretario generale dichiara il seggio vacante dopo aver ricevuto dal presidente comunicazione che uno dei membri:
a) è morto;
b) si è dimesso; o
c) per opinione unanime degli altri membri del Comitato, ha cessato di svolgere le sue funzioni senza dare una giustificazione accettabile o per una ragione diversa da quella di una temporanea assenza.
2. Se il seggio è dichiarato vacante, secondo la procedura del paragrafo 1, e il mandato del membro il cui seggio è vacante non scade entro sei mesi dalla dichiarata vacanza, il Segretario generale della Lega degli Stati Arabi riporta la questione agli Stati Parti della presente Carta i quali possono, entro due mesi, sottoporre delle candidature, ai sensi dell'art. 45, al fine di ricoprire il posto vacante.
Il Segretario generale della Lega Araba stila una lista alfabetica dei candidati e la trasmette agli Stati Membri della Carta. L'elezione per ricoprire il seggio vacante si svolge secondo la procedura indicata.
4. Ciascun membro del Comitato eletto per ricoprire un seggio vacante ai sensi del paragrafo 1 resta membro del Comitato fino allo spirare del mandato del membro il cui posto è stato dichiarato vacante secondo le disposizioni del citato paragrafo.
5. Il Segretario generale della Lega Araba dispone, nell'ambito del bilancio dell'Orga-nizzazione, per fornire al Comitato le risorse finanziarie e umane di cui ha bisogno per svolgere in modo effettivo le proprie funzioni. Gli esperti del Comitato riceveranno lo stesso trattamento, in termini di emolumenti e rimborsi, degli esperti del Segretariato della Lega Araba.
Articolo 47.
Gli Stati Parti si impegnano a garantire che i membri del Comitato godano delle immunità necessarie per la loro protezione contro ogni forma di molestia o di pressione materiale o morale o di incriminazione per le posizioni assunte o le opinioni espresse nello svolgimento delle loro funzioni di membri del Comitato.
Articolo 48.
1. Gli Stati Parti si impegnano a sottoporre al Segretario generale della Lega degli Stati Arabi rapporti sulle misure adottate per attuare i diritti e le libertà riconosciuti nella presente Carta e sui progressi fatti verso il pieno godimento degli stessi. Il Segretario generale trasmette tali rapporti al Comitato perché li consideri.
2. Ogni Stato Parte sottoporrà al Comitato un rapporto iniziale entro un anno dall'entrata in vigore della Carta e successivamente un rapporto periodico ogni tre anni. Il Comitato può richiedere agli Stati Parti di fornire informazioni ulteriori relative all'attuazione della Carta.
3. Il Comitato prende in esame i rapporti sottoposti dagli Stati in base al paragrafo 2 alla presenza del rappresentante dello Stato Parte il cui rapporto viene esaminato.
4. Il Comitato discute il rapporto, avanza commenti e formula le necessarie raccomandazioni alla luce degli obiettivi della Carta.
5. Il Comitato sottopone un rapporto annuale contenente i suoi commenti e le sue raccomandazioni al Consiglio della Lega degli Stati Arabi, per il tramite del Segretario generale.
6. I rapporti del Comitato, le osservazioni conclusive e le raccomandazioni sono documenti pubblici che il Comitato provvede a diffondere ampiamente.
Articolo 49.
1. Il Segretario generale della Lega Araba sottopone la presente Carta, una volta approvata dal Consiglio della Lega, agli Stati Membri per la firma, ratifica o accessione.
2. La presente Carta entrerà in vigore due mesi dopo la data di deposito presso il Segretariato della Lega del settimo strumento di ratifica.
3. Successivamente alla sua entrata in vigore, la presente Carta diventa obbligatoria per ciascuno Stato due mesi dopo che lo Stato in questione ha depositato presso il Segretariato il proprio strumento di ratifica o accessione.
4. Il Segretario generale notifica a tutti gli Stati Membri il deposito di ciascuno strumento di ratifica o accessione.
Articolo 50.
Ogni Stato Parte può avanzare proposte per iscritto, attraverso il Segretario generale, per emendare la presente Carta. Una volta fatte circolare tra gli Stati Membri le proposte di emendamento, il Segretario generale invita gli Stati Parti a considerarle prima di sottoporle al Consiglio della Lega per la loro adozione.
Articolo 51.
Gli emendamenti hanno effetto, limitatamente agli Stati Parti che li hanno approvati, una volta approvati dai due terzi degli Stati Parti.
Articolo 52.
Ogni Stato Parte può proporre protocolli addizionali alla presente Carta, che saranno adottati secondo le procedure usate per l'adozione degli emendamenti alla Carta.
Articolo 53.
1. Ogni Stato Parte, quando firma la Carta o al deposito dello strumento di ratifica o di accessione, può apporre una riserva su qualunque articolo della Carta, purché la riserva non sia incompatibile con gli obiettivi o le finalità fondamentali della Carta.
2. Ogni Stato Parte che ha apposto una riserva in base al paragrafo 1 può ritirarla in qualsiasi momento notificandolo al Segretario generale della Lega degli Stati Arabi.
3. Il Segretario generale notifica agli Stati Parti le riserve e le richieste di ritiro delle riserve stesse.
Degno di nota è il fatto che questa dichiarazione rifiuta, oltre al razzismo, anche il sionismo (preambolo; art. 2), cioè l'insediamento degli ebrei in Palestina.
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