Guerra siro-efraimita
Con guerra siro-efraimita (o più raramente "efraimitica") si intende un insieme di campagne militari svoltesi in Palestina tra il 735-732 a.C., che videro schierati il regno siriaco di Damasco e il regno di Israele (o Efraim) contro il piccolo regno di Giuda, il cui re Acaz non volle aderire alla coalizione antiassira da loro proposta.
Il conflitto si risolse con la richiesta di intervento di Acaz al re assiro Tiglat-Pilezer III, che sconfisse i due regni, e con la stipula del vassallaggio di Giuda verso l'Assiria.
Da un punto di vista prettamente storico, la guerra può essere considerata come uno dei tanti episodi dell'energica espansione assira nel medio oriente, o come un episodio notevole dello stato di guerra semi-permanente che vedeva contrapposti gli ebraici regno del nord (Israele) e regno del sud (Giuda). Dal punto di vista della teologia biblica, l'episodio riveste particolare importanza per l'intervento diretto del profeta Isaia: parlando a nome di Dio, intende rassicurare il re Acaz contro la vana minaccia dei due regni vicini, descrivendo il regno assiro come strumento divino. Tra le molte esortazioni del profeta è contenuto il cosiddetto oracolo dell'Emmanuele, nel quale preannuncia la fine della minaccia e la nascita di un nuovo re davidico. Nel Nuovo Testamento la profezia viene applicata a Gesù (Mt 1,23 ).
Fonti storiche
Il conflitto è dettagliatamente descritto, con brani coevi, nei biblici Libro di Isaia (7-8) e Secondo Libro dei Re (15,29; 16). Viene anche ripreso nel Secondo libro delle Cronache (28), testo di molto successivo.
La descrizione biblica è confermata da scarni accenni riportati da fonti assire, in particolare: la descrizione dell'assedio, conquista e saccheggio della città di Damasco;[1] la destituzione del re di Israele Pekach;[2] la citazione di Acaz di Giuda tra i vassalli tributari.[3]
Antefatto
Il violento espansionismo assiro aveva portato alla sottomissione (conquista o vassallaggio tributario) dei numerosi piccoli regni della Siria e della Palestina, inclusi Damasco e Israele. In un primo momento il regno di Giuda sembra essere riuscito a rimanere autonomo, dato che le fonti bibliche e assire non accennano a un qualche tipo di sudditanza.
Nel 735 a.C. divenne re di Israele Pekach, figlio di Romelia. Per quanto non esplicitamente narrato dalle fonti, è verosimile che assieme a Rezin, re di Damasco, organizzò una coalizione antiassira, approfittando dell'impegno del re assiro Tiglat-Pilezer III nel nord contro Medi e Armeni. Fu invitato a partecipare anche il giovane Acaz re di Giuda, che però rifiutò, probabilmente poiché non poteva contare sulla potenza militare ed economica degli altri due regni.
I due re decisero dunque di marciare contro Gerusalemme, in una sorta di spedizione punitiva, con lo scopo di detronizzare Acaz e far regnare un ignoto "figlio di Tabeèl" (Is 7,6 ), che verosimilmente condivideva la posizione antiassira.
Spedizione punitiva
Secondo le fonti coeve, la campagna dei due regni contro Giuda fu debole e si concretizzò in un fallimentare assedio di Gerusalemme (2Re 16,5 ; Is 7,1 ), forse nel 734, e nella restituzione del porto meridionale di Elat al regno di Edom (2Re 16,6 ).[4]
Il tardivo libro delle Cronache invece, nel tentativo di screditare il re di Giuda Acaz, giudicato empio,[5] o forse basandosi su una fonte indipendente efraimita,[6] descrive conseguenze pesanti e di improbabile valore storico (2Cr 28,5-25 ): l'uccisione di 120.000 soldati giudei, più il principe Maasia e altri alti funzionari; un numero imprecisato di prigionieri deportati a Damasco; 200.000 prigionieri deportati a Samaria, poi rilasciati per intervento di Oded, un profeta locale; l'attacco degli edomiti con la cattura di un numero imprecisato di prigionieri giudei (viene taciuta la riappropriazione di Elat); l'occupazione da parte dei Filistei di una zona relativamente ampia nella Sefala (la pianura affacciata sul mediterraneo) e nel Negheb, cioè a ovest e sud di Gerusalemme.
Intervento assiro
Acaz re di Giuda fu incapace di fronteggiare i due regni di Damasco e Samaria e chiese aiuto al re assiro Tiglat-Pilezer III, dichiarandosi suo vassallo ("Io sono tuo servo e tuo figlio", 2Re 16,7 ) e offrendogli tributi dalle ricchezze del tempio e della reggia.
Il re assiro intervenne, forse nel 733, e conquistò tutto il regno di Israele: "Iion, Abel-Bet-Maacà, Ianòach, Kedes, Asor, il Gàlaad e la Galilea, tutta la terra di Nèftali" (2Re 15,29 ), cf. anche le distruzioni rivenute negli scavi di Azor, strato V, e Meghiddo, strato IV. Ne annesse il territorio eccetto la capitale Samaria, dove fu lasciato regnare come vassallo tale Osea figlio di Ela, il quale aveva spodestato e ucciso Pekach.
Damasco fu conquistata nel 732. La fonte assira parla della distruzione di 591 città del regno. La popolazione fu deportata e il re Rezin fu ucciso.
Ruolo di Isaia
Secondo gli oracoli a lui attribuiti, il profeta Isaia intervenne nella crisi per volere di Dio (ruolo taciuto da 2Re, 2Cr, fonti assire). La deposizione del re Acaz avrebbe avuto un importante significato teologico, ponendo fine alla dinastia di Davide su Giuda. Isaia incontra dunque il re e lo invita alla fiducia.
Isaia esorta Acaz a disprezzare Pekach e Rezin, "due avanzi di tizzoni fumanti" (Is 7,4 ). Preannuncia la sconfitta e il saccheggio di Damasco e Samaria a opera degli Assiri (Is 8,4 ), e preannuncia la fine del regno di Israele dopo 65 anni (Is 7,8 ), cioè nel 670: questa scadenza può coincidere con una deportazione attuata dagli assiri, tra le molte da e per il territorio del nord, testimoniata sotto il regno di Assarhaddon (681-669), cf. Esd 4,2 . L'armata assira, raffigurata come un fiume in piena, investirà e coprirà anche il regno di Giuda (col vassallaggio tributario) ma lo lascerà sopravvivere, dato che le sue acque giungeranno solo fino al collo (Is 8,8 ).
L'esortazione alla fiducia in Dio, che usa l'Assiria come un suo strumento punitore, è concretizzata nell'oracolo dell'Emmanuele (Is 7,14 ). Alla minaccia dei due regni che vogliono porre fine al regno di Giuda e alla dinastia davidica, il profeta preannuncia la nascita di un figlio da una "giovane donna" (in ebraico 'almàh), titolo che indicava in particolare sposa del re (così anche nei testi di Ugarit), il quale sarà chiamato Emmanuele (in ebraico 'imnuel, "con noi Dio") e sancirà la continuità della casa di Davide. Il testo va riferito al futuro re di Giuda Ezechia.
La traduzione greca della Bibbia ebraica (Settanta) tradurrà poi il termine "giovane donna" ('almàh) con "vergine" (parthénos), rivestendo il passo di una luce soprannaturale (una vergine non partorisce) propriamente assente nell'originale testo ebraico, ma che la tradizione cristiana ha visto come ispirata prefigurazione della miracolosa nascita di Gesù (Mt 1,23 ).
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