Abbazia dei Santi Pietro e Stefano di Valvisciolo (Sermoneta)
Abbazia dei Santi Pietro e Stefano di Valvisciolo (Sermoneta) | |
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Abbazia dei Santi Pietro e Stefano di Valvisciolo, complesso monastico | |
Stato | Italia |
Regione | Lazio |
Provincia | Latina |
Comune | Sermoneta |
Località | Casamari |
Diocesi | Latina-Terracina-Sezze-Priverno |
Religione | Cattolica |
Indirizzo | Via Badia, 14 04010 Sermoneta (Latina) |
Telefono | +39 0773 30013 |
Fax | +39 0773 30013 |
Oggetto tipo | Abbazia |
Oggetto qualificazione | cistercense |
Dedicazione | San Pietro apostolo Santo Stefano |
Sigla Ordine qualificante | O.Cist. |
Sigla Ordine reggente | O.Cist. |
Data fondazione | VIII secolo |
Stile architettonico | Gotico |
Inizio della costruzione | XII secolo |
Materiali | Calcare locale |
Altitudine | 116m s.l.m. |
Coordinate geografiche | |
Lazio | |
L'Abbazia dei Santi Pietro e Stefano di Valvisciolo è un complesso monastico che ospita un monastero cistercense, situato nel comune di Sermoneta (Latina), posto ai piedi del Monte Carbolino, nel verde della pianura Pontina. È dedicata al protomartire santo Stefano.
Toponimo
Gli studiosi ritengono che il toponimo "Valvisciolo" può riferirsi sia a Valle dell'Usignolo (vallis lusciniae), sia a Valle delle Visciole (una varietà di ciliegie selvatiche).
Storia
La fondazione dell'abbazia risale, secondo alcune fonti, all'VIII secolo quando alcuni monaci basiliani si insediarono nell'area.
Il cenobio, nel XII secolo, venne occupato e ricostruito dai Cavalieri Templari,[1] ma quando nel 1312 questo Ordine venne soppresso vi subentrarono i cistercensi.
Nel 1411, l'abbazia venne data in commenda, divenendo così appannaggio dei cardinali, i quali ne dilapidarono gran parte dei beni, portando al decadimento del monastero, tanto che i monaci stentavano a provvedere al sostentamento ed alle necessità quotidiane del cenobio, per cui si ridussero notevolmente di numero. Proprio per questo nel 1523, l'abbazia fu declassata da papa Clemente VII a priorato e nel 1529 ridotta a priorato secolare, quindi i monaci cistercensi non dovevano già più risiedervi.
Tra il 1600 e il 1605 furono i Foglianti (Cistercensi riformati) ad occupare il monastero che fu da loro tenuto ininterrottamente - tranne un breve periodo tra il 1619 e il 1635 in cui vi risedettero i Minimi - fino alla soppressione degli Ordini religiosi attuata da Napoleone tra il 1807 e il 1814.
Nel 1864, papa Pio IX richiamò i cistercensi nel monastero, che nel 1870 fu nuovamente soppresso, ma i monaci non lo abbandonarono anzi nel 1888 fu ricomprato dall'Ordine.
Il complesso, restaurato agli inizi del XX secolo ed ampliato alla metà degli anni Cinquanta, assolve ancora oggi la sua funzione abbaziale per una comunità di monaci cistercensi.
Descrizione
Il complesso monastico, massiccio e di forma irregolare, si compone di due corpi di fabbrica:
- Chiesa abbaziale
- Monastero
Chiesa
La chiesa, eretta nel 1240, presenta una facciata a salienti, nel quale si apre un rosone dalla forte strombatura, formato da dodici colonnine con capitelli su cui si impostano archetti a sesto acuto, ed un portale a tutto sesto con semplici stipiti che sostengono l'architrave ed una lunetta decorata con affreschi. Il campanile è illuminato in alto da bifore.
L'interno, a pianta basilicale, presenta tre navate scandite da otto grandi pilastri rettangolari che sorreggono archi acuti voltati con crociere lisce e con campate separate da arcate a tutto sesto. La navata centrale termina nel presbiterio e nell'abside rettangolare secondo lo stile cistercense, decorata solo da un oculo, in alto, e da tre monofore, in basso, come si può vedere anche a Fossanova. Tra le opere di maggior rilievo conservate si nota:
- nella cappella a sinistra del coro, Ciclo di dipinti murali con Storie della vita di san Lorenzo (1588 - 1589), affresco, di Niccolò Circignani detto il Pomarancio.
Monastero
Il monastero, che si articola attorno ad un chiostro, è costituito da vari ambienti tra i quali si evidenziano:
- chiostro
- sala capitolare
- refettorio
- calefactorium
- dispensarium
Chiostro
Il chiostro, di forma quadrangolare, costruito nel XIII secolo e restaurato tra il 1959 ed il 1962, è circondato da un portico con colonnine binate che culminano in splendidi capitelli lavorati.
Dal chiostro si accede a tutti gli altri ambienti del complesso, su esso si affacciano il refettorio, la sala capitolare, il calefactorium, il dispensarium (attualmente sede del Museo dell'Abbazia), ripartiti secondo l'architettura tipica dei monasteri cistercensi, anche se attualmente adibiti a funzioni diverse da quelle originarie.
Sala capitolare
Sul lato orientale del chiostro, attraverso un portale fiancheggiato da bifore, si accede alla sala capitolare, a pianta quadrata, che si presenta suddivisa in due navate scandite da due colonne cilindriche con capitelli a foglie lisce e coperte da volte a sesto acuto. L'aula, pur situata ad un livello sensibilmente ribassato rispetto al piano di calpestio del chiostro - caratteristica questa di tutte le aule capitolari cistercensi - è sufficientemente illuminata ad oriente da tre monofore e ad occidente dalle due bifore comunicanti con il chiostro.
Iscrizione
Recentemente, sul lato occidentale del chiostro, abbattendo un muro fittizio, è venuta alla luce, graffita sull'intonaco originale, la celebre frase palindroma costituita da cinque parole, con la variante, sinora un unicum, che le venticinque lettere che la formano sono disposte in cinque anelli circolari concentrici, ognuno dei quali diviso in cinque settori, in modo da formare una figura simile ad un bersaglio. Nell'iscrizione, in lingua latina, si legge:[2]
« | SATOR AREPO TENET OPERA ROTAS » |
Curiosità
Una leggenda medioevale, che narra che nel 1314, quando venne posto al rogo l'ultimo Gran Maestro Templare, Jacques de Molay gli architravi della chiesa abbaziale si spezzarono. Ancora oggi, osservando attentamente l'architrave del portale principale dell'abbazia, si riesce a intravedere una crepa.
Note | ||||
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Bibliografia | ||||
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Voci correlate | ||||
Collegamenti esterni | ||||
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