San Lorenzo

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San Lorenzo
Diacono · Martire
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Santo
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Bartolomeo Vivarini, San Lorenzo (1470 - 1480 ca.), tempera su tavola; Venezia, Chiesa di Santo Stefano, sacrestia
Titolo
Incarichi attuali
Età alla morte 33 anni
Nascita Huesca
225
Morte Roma
10 agosto 258
Sepoltura
Conversione
Appartenenza
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Ordinato diacono
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° vescovo di Roma
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Extra San Lorenzo
Anni di pontificato


Cardinali creazioni
Proclamazioni
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Eventi
Venerato da Tutte le Chiese che ammettono il culto dei santi
Venerabile il [[{{{aV}}}]]
Beatificazione [[{{{aB}}}]]
Canonizzazione [[{{{aS}}}]]
Ricorrenza 10 agosto
Altre ricorrenze
Santuario principale Basilica di San Lorenzo fuori le Mura
Attributi Graticola, palma, dalmatica, libro, elemosina
Devozioni particolari Invocato contro gli incendi e la lombaggine
Patrono di Diaconi, cuochi, rosticceri, osti, bibliotecari, librai, pasticceri, vigili del fuoco, vetrai, poveri, Grosseto, Rotterdam, Roma, Perugia
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Incoronazione
Investitura
Predecessore
Erede
Successore
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Trattamento {{{trattamento}}}
Onorificenze
Nome templare {{{nome templare}}}
Nomi postumi
Altri titoli
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Coniuge

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Consorte

Consorte di

Figli
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Collegamenti esterni
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Invito all'ascolto
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(IT) (LA)
Virgolette aperte.png
La mia notte non conosce tenebre; tutto risplende di luce.
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Virgolette aperte.png
Mea nox obscurum non habet, sed omnia in luce clarescunt.
Virgolette chiuse.png
(Vespri del giorno di San Lorenzo, Antifona al Magnificat )
Tutti-i-santi.jpgNel Martirologio Romano, 10 agosto, n. 1:
« Festa di san Lorenzo, diacono e martire, che, desideroso, come riferisce san Leone Magno, di condividere la sorte di Papa Sisto anche nel martirio, avuto l'ordine di consegnare i tesori della Chiesa, mostrò al tiranno, prendendosene gioco, i poveri, che aveva nutrito e sfamato con dei beni elemosinati. Tre giorni dopo vinse le fiamme per la fede in Cristo e in onore del suo trionfo migrarono in cielo anche gli strumenti del martirio. Il suo corpo fu deposto a Roma nel cimitero del Verano, poi insignito del suo nome. »

San Lorenzo (latino: Laurentius; Huesca, 225; † Roma, 10 agosto 258) fu uno dei sette diaconi di Roma, dove venne martirizzato durante la persecuzione voluta dall'imperatore Valeriano.

Biografia

Le notizie sulla vita di Lorenzo, che pure in passato ha goduto di una devozione popolare notevole, sono scarse.

Si sa che era originario della Spagna e più precisamente di Osca, Aragona, alle falde dei Pirenei.

Ancora giovane, fu mandato a Saragozza per completare gli studi umanistici e teologici; lì conobbe il futuro papa Sisto II. Questi, che era originario della Grecia, insegnava in quello che era, all'epoca, uno dei più noti centri di studi della città e, tra quei maestri, il futuro papa era uno dei più conosciuti ed apprezzati.

Tra maestro e allievo iniziò un'amicizia e una stima reciproche. Entrambi, seguendo un flusso migratorio allora molto vivace, lasciarono la Spagna per trasferirsi a Roma.

Quando il 30 agosto 257 Sisto fu eletto vescovo di Roma, affidò a Lorenzo il compito di arcidiacono, cioè di responsabile delle attività caritative nella diocesi di Roma, di cui beneficiavano 1500 persone fra poveri e vedove.

Il martirio

Al principio dell'agosto 258 l'imperatore Valeriano aveva emanato un editto, ordinando che tutti i vescovi, presbiteri e diaconi dovevano essere messi a morte:

« Episcopi et presbyteri et diacones incontinenti animadvertantur »
(Tascio Cecilio Cipriano, Epistola lxxx, 1)

L'editto fu eseguito immediatamente a Roma. Sorpreso mentre celebrava l'eucaristia nelle Catacombe di San Callisto, papa Sisto II fu ucciso con quattro diaconi il 6 agosto; quattro giorni dopo fu la volta di Lorenzo, martirizzato a 33 anni,[1] nel luogo ove oggi sorge la Chiesa di San Lorenzo in Panisperna.

Culto

Lo sviluppo del culto

A partire dal IV secolo Lorenzo è stato uno dei martiri più venerati nella Chiesa. Costantino I fu il primo ad edificare un piccolo oratorio nel luogo del suo martirio. Tale costruzione fu ampliata e abbellita da Pelagio II (579-590).

Sisto III (432-440) costruì una grande basilica con tre navate, con l'abside appoggiato all'antica chiesa, sulla sommità della collina dove Lorenzo fu seppellito. Nel XIII secolo Onorio III unificò i due edifici, che costituiscono la basilica che esiste tutt'oggi.

Papa Damaso (366-384) scrisse un panegirico di Lorenzo in versi, che fu inciso nel marmo e posto sulla sua tomba. Il contemporaneo poeta Prudenzio scrisse pure lui, in toni più poetici, un inno a san Lorenzo[2].

Le vicende più note del martirio di Lorenzo sono descritte, con ricchezza di particolari, nella Passio Polychromì di cui abbiamo tre redazioni (V-VII secolo); che in questo racconto siano contenuti elementi leggendari è un dato di fatto anche se talune notizie qui presentate sono note anche da testimonianze precedenti come quella di Ambrogio nel De Officiis Ministrorum[3].

La prima menzione del 10 agosto come data del martirio risale alla Depositio martyrum, uno scritto dell'anno 354.

Per il martirio di Lorenzo abbiamo la testimonianza particolarmente eloquente di Ambrogio nel De Officiis Ministrorum[4], ripresa, in seguito, da Prudenzio e da Sant'Agostino d'Ippona, poi ancora da San Massimo di Torino, San Pier Crisologo, San Leone Magno, e infine da alcune formule liturgiche contenute nei Sacramentali romani, nel Missale Gothicum e nell'Ormionale Visigotico[5].

Ambrogio si dilunga, dapprima, sull'incontro e sul dialogo fra Lorenzo e il Papa, poi allude alla distribuzione dei beni della Chiesa ai poveri, infine menziona la graticola, strumento del supplizio, rimarcando la frase con cui l'arcidiacono della Chiesa di Roma, rivolgendosi ai suoi aguzzini dice: Assum est,... versa et manduca ("Sono cotto da questa parte, girami dall'altra e poi mangiami")[6]. Forse fu per via di questo passo che si diffuse nel Medioevo la credenza secondo cui il corpo del martire fu fatto a pezzi e dato in pasto alla plebe pagana vittima di una carestia.

Il testo ambrosiano del De Officiis[7] così si esprime:

« 205. San Lorenzo,... vedendo il suo vescovo Sisto condotto al martirio, cominciò a piangere non perché quello era condotto a morire, ma perché egli doveva sopravvivergli. Comincia dunque a dirgli a gran voce: "Dove vai, padre, senza il tuo figlio? Dove ti affretti, o santo vescovo, senza il tuo diacono? Non offrivi mai il sacrificio senza ministro. Che ti è spiaciuto dunque in me, o padre? Forse mi hai trovato indegno? Verifica almeno se hai scelto un ministro idoneo. Non vuoi che versi il sangue insieme con te colui al quale hai affidato il sangue dei Signore, colui che hai fatto partecipe della celebrazione dei sacri misteri? Sta' attento che, mentre viene lodata la tua fortezza, il tuo discernimento non vacilli. Il disprezzo per il discepolo è danno per il maestro. È necessario ricordare che gli uomini grandi e famosi vincono con le prove vittoriose dei loro discepoli più che con le proprie? Infine Abramo offrì suo figlio, Pietro mandò innanzi Stefano. Anche tu, o padre, mostra in tuo figlio la tua virtù; offri chi hai educato, per giungere al premio eterno in gloriosa compagnia, sicuro del tuo giudizio". »
« 206. Allora Sisto gli rispose: "Non ti lascio, non ti abbandono, o figlio; ma ti sono riservate prove più difficili. A noi, perché vecchi, è stato assegnato il percorso d'una gara più facile; a te, perché giovane, è destinato un più glorioso trionfo sul tiranno. Presto verrai, cessa di piangere: fra tre giorni mi seguirai. Tra un vescovo e un levita è conveniente ci sia questo intervallo. Non sarebbe stato degno di te vincere sotto la guida del maestro, come se cercassi un aiuto. Perché chiedi di condividere il mio martirio? Te ne lascio l'intera eredità. Perché esigi la mia presenza? I discepoli ancor deboli precedano il maestro, quelli già forti, che non hanno più bisogno d'insegnamenti, lo seguano per vincere senza di lui. Così anche Elia lasciò Eliseo. Ti affido la successione della mia virtù". »
« 207. C'era fra loro una gara, veramente degna d'essere combattuta da un vescovo e da un diacono: chi per primo dovesse soffrire per Cristo. (Dicono che nelle rappresentazioni tragiche gli spettatori scoppiassero in grandi applausi, quando Pilade diceva dì essere Oreste e Oreste, com'era di fatto, affermava d'essere Oreste, quello per essere ucciso al posto di Oreste, Oreste per impedire che Pilade fosse ucciso al suo posto. Ma essi non avrebbero dovuto vivere, perché entrambi erano rei di parricidio: l'uno perché l'aveva commesso, l'altro perché era stato suo complice). Nel nostro caso nessun desiderio spingeva san Lorenzo se non quello d'immolarsi per il Signore. E anch'egli, tre giorni dopo, mentre, beffato il tiranno, veniva bruciato su una graticola: "Questa parte è cotta, disse, volta e mangia". Così con la sua forza d'animo vinceva l'ardore del fuoco »
(Sant'Ambrogio, De Officiis, Libri Tres, Milano, Biblioteca Ambrosiana, Città Nuova Editrice, Roma, 1977, pp. 148-151.)

La Tradizione dice anche in maniera più precisa che a Lorenzo fu promessa salva la vita se avesse consegnato i tesori della Chiesa entro tre giorni. Il 10 agosto, quindi, Lorenzo si presentò alla testa di un corteo di suoi assistiti dicendo:

« Ecco questi sono i nostri tesori: sono tesori eterni, non vengono mai meno, anzi crescono. »

Racconti più particolareggiati del martirio di Lorenzo furono composti anche all'inizio del VI secolo. In essi furono collegati tra loro in maniera romantica e totalmente leggendaria vari martiri della via Tiburtina e delle due catacombe di santa Ciriaca e di sant'Ippolito. I dettagli dati in questi atti del martirio di san Lorenzo e della sua attività prima della morte non possono essere considerati credibili. Si racconta secondo la tradizione che un soldato romano che assistette al supplizio – mediante graticola posta su carboni ardenti – raccolse con uno straccio gocce di sangue e grasso mentre il martire spirava, portandole al paese di Amaseno (FR) dove la reliquia è tuttora custodita e ogni 10 di agosto avviene il miracolo della liquefazione del Sangue di S. Lorenzo (molto simile al sangue di San Gennaro).

Aspetti controversi

Il racconto di Ambrogio non è compatibile con le informazioni che si hanno sulla persecuzione di Valeriano. Soprattutto il particolare della graticola dà adito a seri dubbi. Le narrazioni di Ambrogio e Prudenzio si baserebbero più su tradizioni orali che su documenti scritti. È possibile che dopo il 258 siano sorte leggende su questo diacono romano molto venerato, e che i due autori si siano basati su di esse.

Ciononostante, non vi sono dubbi sull'esistenza del santo, sul fatto e sul luogo del suo martirio e sulla data della sua sepoltura[8].

Secondo alcuni studi recenti, invece, la data del martirio di Lorenzo sarebbe da retrodatare all'inizio del IV secolo, e la sua figura dovrebbe essere caratterizzata secondo linee diverse da quelle tradizionali; per esempio, Lorenzo non sarebbe spagnolo ma romano; a tale proposito il prefazio della mensa XII del Sacramentario leoniano lo presenta come civis romano.

Paolo Toschi annota che tutti questi nuovi studi

« non tolgono a priori la possibilità che in Roma esistesse una vera e propria tradizione, esposta con evidenti abbellimenti retorici da sant'Ambrogio, circa la tragica cattura e la fine di san Lorenzo proprio per mezzo del fuoco, supplizio che si sa inflitto, sempre sotto Valeriano, a san Fruttuoso e ai diaconi Eulogio e Augurio a Tarragona. D'altronde il verbo animadvertere adoperato nel decreto di persecuzione nella redazione ciprianea può riferirsi anche ad altre forme di esecuzioni capitali oltre alla decollazione »

Nei libri liturgici

Il Messale Romano, facendosi eco della tradizione della Chiesa, presenta la figura di Lorenzo con queste parole:

« Lorenzo, famoso diacono della chiesa di Roma, confermò col martirio sotto Valeriano (258) il suo servizio di carità, quattro giorni dopo la decapitazione di papa Sisto II. Secondo una tradizione già divulgata nel IV secolo, sostenne intrepido un atroce martirio sulla graticola, dopo aver distribuito i beni della comunità ai poveri da lui qualificati come veri tesori della Chiesa. »

Il nome di Lorenzo è menzionato anche nel Canone Romano.

Oggi

La celebrazione liturgica di san Lorenzo ricorre il 10 agosto e il suo emblema è la graticola.

È considerato patrono di bibliotecari, cuochi, librai, pasticceri, vermicellai, pompieri, rosticceri e lavoratori del vetro. È inoltre il patrono della città di Grosseto nonché uno dei tre patroni della città di Perugia.

Le stelle cadenti

Il giorno di san Lorenzo (10 agosto) si assiste tradizionalmente al fenomeno delle stelle cadenti, in realtà una pioggia di piccoli meteoriti, che è particolarmente visibile in quei giorni.

Celebre la poesia di Giovanni Pascoli, che interpreta la pioggia di stelle cadenti come lacrime celesti, intitolata appunto, dal giorno dedicato al santo, X agosto:

« San Lorenzo, io lo so perché tanto
di stelle per l'aria tranquilla
arde e cade, perché si gran pianto
nel concavo cielo sfavilla... »
Note
  1. Inos Biffi, Giratemi e se è a punto mangiate, in L'Osservatore Romano, 10 agosto 2008, p. 5.
  2. Peristephanon, Inno II.
  3. Cfr. PL XVL 89-92
  4. 1, 41,205-207
  5. Bibliotheca Sanctorum, Città Nuova Editrice, vol. ..., col. 1538-1539).
  6. Cfr. Bibfiotheca Sanctorum, vol. ..., col.1538-1539.
  7. Cap. 41, nn.205-206-207: molti autori lo ritengono "commovente nella sua intensità e forza espressiva".
  8. Catholic Encyclopedia, voce St. Lawrence.
Bibliografia
  • Rosa Giorgi, Santi, col. "Dizionari dell'Arte", Mondadori Electa Editore, Milano 2002, pp. 220 - 223 ISBN 9788843596744
Voci correlate
Collegamenti esterni