Chiesa di Santa Felicita (Firenze)

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Chiesa di Santa Felicita
Santa felicita 00.JPG
Firenze, Chiesa di Santa Felicita
Stato bandiera Italia
Regione Stemma Toscana
Regione ecclesiastica
Regione ecclesiastica Toscana
Provincia Firenze
Comune Stemma Firenze
Diocesi Firenze
Religione Cattolica
Indirizzo Piazza Santa Felicita
Oggetto tipo Chiesa
Dedicazione Santa Felicita e sette fratelli
Inizio della costruzione IV secolo
Coordinate geografiche
43°46′01″N 11°15′10″E / 43.766833, 11.252636 bandiera Italia

La Chiesa di Santa Felicita è una importante chiesa di Firenze situata nel quartiere di Oltrarno, a pochi passi dal Ponte Vecchio.

Storia

Epoca paleocristiana

Iscrizioni romane e paleocristiane montate vicino all'accesso al convento

Come fondazione, è una delle più antiche chiese della città, risalendo addirittura all'epoca romana, quando sorse nel luogo di un oratorio di pianta basilicale posto presso il cimitero paleocristiano. I resti delle sue tombe "alla cappuccina" sono ancora visibili sotto il pavimento della chiesa attuale. La quota così bassa, dovuta al restringimento artificiale dell'alveo dell'Arno, fa dire ad alcuni che si tratta di antiche catacombe cristiane. Dello stesso cimitero la chiesa conserva alcune lapidi, scritte perlopiù in greco: già nel II secolo, infatti, nella zona risiedevano alcuni mercanti siriani che portarono il culto cristiano in città. La prima chiesa era probabilmente di notevoli dimensioni e risaliva al periodo fra la fine del IV e l'inizio del V secolo, dedicata ad una santa, martirizzata a Cartagine all'epoca dell'imperatore Marco Aurelio. Alla fine degli anni ‘40, una campagna di scavi della soprintendenza nella chiesa e nella piazza di Santa Felicita, fece emergere la basilica e le sepolture paleocristiane, con interessanti epigrafi funerarie attestanti la presenza di una comunità cristiana di lingua greca e di provenienza siriana[1]. Le uniche tracce visibili di quel periodo si trovano nel chiostro e vicino all'ingresso della canonica, dove nel Settecento furono sistemati materiali lapidari romani e paleocristiani accanto ad altri tardo medievali. Con la definitiva decadenza dell'Impero Romano, le costruzioni fuori mura, come questa, rimasero facili vittime degli assedi e delle devastazioni di Goti e Longobardi, che finirono col prendere possesso di Firenze. A queste vicende, molto probabilmente, si deve la distruzione della basilica paleocristiana. Nel sottosuolo esistono una serie di cunicoli, dai quali è possibile vedere anche un tratto dei resti della Via Cassia romana, alcuni metri sotto il livello del suolo odierno.

Epoca romanica

Ma i fedeli fiorentini non intesero restare a lungo senza la loro chiesa e la ricostruirono subito accanto alla prima. In mezzo alle tombe alla cappuccina, sotto il pavimento di Santa Felicita, si possono vedere anche le basi delle colonne di quella seconda chiesa, le fondazioni di un muro semicircolare che dovette esserne l'abside ed il pavimento di una cappellina che, anche allora, si trovava sotto il pavimento della chiesa: forse la "cripta".

La costruzione della nuova chiesa avvenne nell'XI secolo e risale al 1055 (con il Concilio di Firenze che qui si svolse) la prima menzione documentaria di un annesso monastero di monache benedettine. Il 7 novembre 1059 papa Niccolò II consacrò la nuova chiesa e il nuovo monastero. La chiesa si trovava proprio al posto del cortile dal quale oggi si passa per entrare in canonica: il muro dove si trova il portone d'ingresso, molto probabilmente, era quello della sua facciata e l'altro, a destra, (che sotto l'intonaco fa vedere delle belle pietre squadrate) quello del fianco destro.

Di questa chiesa, di epoca e stile romanici, oggi restano solo pochi ma notevoli resti incorporati nelle case e nei locali di servizio in piazza Santa Felicita: tre colonne in rocchi di marmo verde, con capitelli romanici di buona fattura, due delle quali sostengono ancora una volta a crociera che si appoggia dall'altro lato su due peducci. Questi elementi, tutti insieme, ci fanno immaginare una chiesa a tre navate, di una discreta importanza.

Essa rimase aperta al culto fino al secolo tredicesimo e si può pensare che venisse abbandonata in seguito alla grande pestilenza del 1348. Precauzioni di ordine igienico portarono poi a coprire i morti sotto strati di calce viva proprio in quelle chiese che li avevano accolti da ammalati e sotto i cui pavimenti erano poi stati sepolti. Simili depositi cimiteriali sono stati ritrovati anche nell'area della chiesa in occasione di scavi eseguiti dai proprietari delle case che ora vi sorgono.

Epoca gotica

La Crocefissione di Niccolò Gerini nella sala capitolare

In seguito a quest'abbandono, le monache provvidero ad edificare una nuova chiesa di forme gotiche che dovette esser consacrata tra il 1348 e il 1354 (è del febbraio 1354 il decreto vescovile di conferma dell'istanza dei Canigiani per l'erezione di un altare, avanzata già nel 1348). La sua facciata si presentava più bassa dell'attuale, con una grande finestra centrale, ancor oggi esistente ma poco visibile perché quasi nascosta dalla galleria che sarebbe stata costruita dal Vasari nel Cinquecento. I tre stemmi dei Guicciardini che vi sono rimasti, testimoniano dell'andamento dell'antico tetto a due falde.

La chiesa dovette essere tutta intonacata con pietra a vista solo negli angoli. La chiesa gotica ebbe dunque una sola navata (come ora), il transetto con cinque cappelle absidali di cui la centrale (quella dell'altare maggiore) leggermente più larga, separate da setti murari, due dei quali sono rimasti, con parte dei loro affreschi (ora staccati) e dei costoloni delle volte a crociera, in due ambienti cui si accede dallo scannafosso della chiesa.

Di questo edificio si conserva, intatta, solo la Sala capitolare trecentesca con affreschi frammentari del 1387 ad opera di Niccolò di Pietro Gerini (Crocifissione e, nel soffitto, il Redentore e le Sette Virtù). All'esterno la "Colonna di Santa Felicita" ricorda una battaglia leggendaria avvenuta tra i miliziani di San Pietro Martire e gli eretici patarini.

La ricostruzione

L'interno

L'aspetto odierno risale al Settecento quando l'architetto Ferdinando Ruggeri la ristrutturò completamente. Seguendo un progetto di modernizzazione avviato dalla Controriforma, nel 1735 le monache proprietarie della chiesa diedero inizio alla ricostruzione che risparmiò solo le due simmetriche Cappelle Barbadori-Capponi e Canigiani, ed il coro seicentesco. Il Ruggieri si ispirò a modelli tardo-cinquecenteschi, nella ricerca di un chiaro ritmo classico nell'unica navata. Una prima soppressione nel 1793 ad opera del Granduca Pietro Leopoldo non arrecò grandi mutamenti alla vita monastica, poiché le monache rimasero in Santa Felicita, mentre la soppressione napoleonica del 1808 mise definitivamente fine al monastero benedettino.

Corredo artistico

Esterno

L'esterno della chiesa è caratterizzato da un portico che sostiene il "Corridoio Vasariano". Sotto al portico si trovano varie sepolture di personaggi, tra le quali quella del cardinale Luigi de' Rossi, familiare di Papa Leone X.

Il campanile, in posizione arretrata e a base quadrata, era l'antica "torre dei Fifanti".

La Cappella Barbadori-Capponi

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi la voce Cappella Barbadori
La Deposizione di Pontormo
Annunciazione di Pontormo

Nonostante i molti rifacimenti sono presenti ancora alcune importanti capolavori del periodo rinascimentale, fra i quali la bellissima pala della Deposizione del Pontorno, che figura nella cornice dorata originale nella Cappella Capponi sulla destra vicino all'ingresso. Questo piccolo spazio, progettato originariamente da Brunelleschi nel Quattrocento per la famiglia Barbadori, fu acquistato da Lodovico Capponi seniore nel 1525 e fatto ridecorare da Pontorno, con l'aiuto in parte dell'allievo e amico Agnolo Bronzino. Spicca sulla parete sud la già citata Deposizione o più esattamente il Trasposto di Cristo al sepolcro, vero capolavoro dell'arte manierista, eseguito fra il 1525 ed il 1528, che presenta tutti caratteri più riconoscibili di questo stile: colori sgargianti ed innaturali, allungamento delle figure, composizione delle pose in maniera complessa. I personaggi sono come sospesi sulla tela ed esprimono diverse emozioni, dalla disperazione della Madonna alla rassegnazione. Il peso del Cristo sembra annullarsi nell'atmosfera luminosa e rarefatta. Accanto figura un altro importante lavoro, un'Annunciazione. Anche le lunette con gli evangelisti sulla vele della cupoletta sono di Pontormo, tranne il San Marco che fu dipinto dal Bronzino. Un tempo era affrescata anche la volta, ma purtroppo è andata perduta. La vetrata col Trasporto al sepolcro è una copia di quella che fu realizzata da Guglielmo de Marcillat nel 1526, forse il più importante autore di vetrate policrome che portò la maestria d'oltralpe al servizio dell'estro creativo del tardo rinascimento toscano.

Immagini delle lunette

La Cappella Canigiani

Bernardino Poccetti Il miracolo di Santa Maria della Neve sull'Esquilino, Cappella Canigiani

La volontà di creare un pendant con questo ambiente portò, alla fine del XVI secolo, alla decorazione della cappella opposta, patronato dalla famiglia Canigiani, per mano di Bernardino Poccetti che realizzò il Miracolo di Santa Maria della Neve nel 1589-1590. La cupola fu affrescata da Tommaso Gherardini con la Santissima Trinità agli inizi del Seicento.

La Cappella Maggiore

La Cappella Maggiore di proprietà dei Guicciardini che avevano il loro palazzo nell'attigua via che prende il nome proprio da questa famiglia, fu progettata dal Cigoli, i cui lavori di realizzazione si protrassero fino a quando venne decorata la volta dal Cinganelli (1620 circa). Qui nel 1540 fu sepolto il grande storico Francesco Guicciardini. Sull'altare, la pala con l'Adorazione dei Pastori è attribuito a Francesco Brina (1587).

Altre opere nella chiesa

La chiesa acquistò una grande importanza cittadina quando i Medici sfruttarono la sua posizione per il passaggio del "Corridoio Vasariano", facendolo costruire sopra il loggiato davanti all'ingresso nel 1565. Dal corridoio si poteva uscire per scendere sul palco (detto, appunto del Granduca) che ancora si apre sulla chiesa (pur con le modifiche apportate nel '700). Da questa postazione i granduchi prima dei Medici e poi dei Lorena potevano assistere alle funzioni religiose senza dover scendere nell'aula. L'officiante li raggiungeva per portar loro l'eucarestia, salendo per una scala (a chiocciola prima e a comoda rampa poi) che porta in un largo corridoio che passa sopra le cappelle laterali.

Altre opere rilevanti sono:

  • L'Incontro di Sant'Anna e San Gioacchino, attribuito a Michele di Ridolfo Ghirlandaio, nella testata del transetto destro.
  • L'Assunzione della Vergine e sante (1677), attribuita al Volterrano, nella testata del transetto di sinistra.
  • Adorazione dei pastori, attribuito a Francesco Brina.
  • Il martirio di san Sebastiano (1617) di Fabrizio Boschi.
  • Tobia visita il padre (1741) di Ignazio Hughford.
  • San Gregorio Magno compie un miracolo (1747) di Francesco Vellani.
  • Santa Felicita esorta i figli al martirio (post 1824) di Giorgio Berti.
  • Santa Felicita e il Martirio dei Maccabei (1863) di Antonio Ciseri nel terzo altare di destra.
  • San Luigi di Francia invita a banchetto i poveri (1682) di Simone Pignoni.

La chiesa era il luogo di sepoltura della famiglia Guicciardini: vi è qui sepolto anche lo storico Francesco.

Nella chiesa si trova anche il cenotafio del senatore Ferrante di Niccolò Capponi, consigliere di Cosimo III, morto il 14 gennaio 1688.

La sagrestia

L'abside con il Crocifisso di Pacino di Buonaguida

Anticamente la chiesa possedeva una piccola sagrestia, stretta e con un ingresso disagevole, posta dietro l'attuale coro della Cappella maggiore. Fu spostata poi nel sito attuale ma in dimensioni molto ridotte, finché il cavaliere Giovanni di Antonio Canigiani non lasciò la disposizione testamentaria di finanziare una nuova sagrestia, nel 1473: ispirata in piccolo al modello brunelleschiano della Cappella dei Pazzi, venne edificata come un cubo sormontato da cupola e intonacato di bianco con i contorni delle strutture portanti profilati in pietra serena; sul lato est si apre l'abside a base quadrata lunga un terzo della lunghezza complessiva della parete principale (un nono se si considera la superficie della base) e sormontata da una cupoletta decorata da conchiglie in pietra ai quattro angoli. Durante l'Ottocento vennero apportate alcune modifiche (spostata la porta, abbassato il pavimento, sostituiti gli arredi) e creato un lavamani in pietra (1840); l'altare e le vetrate colorate negli oculi risalgono al 1889.

In seguito a recentissimi restauri (conclusi nel 2006) nella sagrestia è stato allestita una piccola ma molto pregevole riaccolta di opere d'arte.

Le opere esposte sono:

  • Una Madonna con Bambino detta Madonna Nerli della bottega di Filippino Lippi vicino all'ingresso (inizi del XVI secolo).
  • Sopra l'altare un Crocifisso di Pacino di Bonaguida (1310 circa).
  • Coppia di affreschi staccati, l'Annunciazione e la Natività attribuiti a Niccolò di Pietro Gerini (1390 circa) sulle pareti dell'abside.
  • Santa Felicita con i suoi sette figli di Neri di Bicci (1464), con la predella dello stesso autore raffigurante Il martirio dei sette fratelli Maccabei, anticamente collocati in una cappella nella navata.
  • Madonna in trono con Bambino attribuita a Giovanni del Biondo (1360 circa), con predella raffigurante Imago pietatis, Sant'Antonio Abate e Santa Caterina d'Alessandria, forse non coeva con la tavola.
  • Madonna in trono con Bambino, quattro angeli e i santi Giacomo Maggiore, Giovanni Battista, Luca e Filippo e cimase con Profeti di Taddeo Gaddi (1365 circa): il grande polittico è l'opera più importante della sagrestia, tappa obbligata nello studio del più importante allievo di Giotto, esposta al termine di un restauro conclusosi nel 2006.
  • Madonna con bambino in terracotta policroma invetriata della scuola di Luca della Robbia (1470), proveniente da un tabernacolo della zona.
  • Pietà del Maestro della Natività Johnson (attribuzione), datata 1470, già in una cappella della famiglia Pitti nella chiesa.
  • Adorazione dei Magi attribuita a Mariotto di Cristofano (prima metà del XV secolo).
  • Sposalizio mistico di Santa Caterina d'Alessandria, attribuita a Bicci di Lorenzo (prima metà del XV secolo), affresco staccato dall'antico coro delle monache.

La sala capitolare

Veduta della Sala capitolare, con la Crocefissione di Niccolò Gerini e gli affreschi di Cosimo Ulivelli
Sala Capitolare, il soffitto con le Virtù di Niccolò Gerini

La Sala Capitolare è l'unico luogo rimasto della chiesa medievale: edificata tra il 1383 e il 1387, qui si riunivano le monache.

La decorazione parietale fu affidata a Niccolò di Pietro Gerini, che dipinse tutto l'ambiente, anche se oggi rimangono solo la Crocefissione, salvata dai restauri seicenteschi per la particolare devozione delle religiose, il soffitto con il Cristo benedicente e le Virtù Cardinali e Teologali, assieme ad altri frammenti presenti come affreschi staccati qui e nella Sagrestia.

Nel 1665 le pareti furono quasi completamente riaffrescate da Cosimo Ulivelli, che si avvalse della collaborazione di Agnolo Gori per la pittura delle architetture illusionistiche. Le scene raffigurate sono: Santa Felicita, i suoi sette figli e l'Arcangelo Raffaello (parete nord), Cristo "ortolano" appare alla Maddalena e Compianto sul Cristo morto (parete est, attorno alla Crocefissione del Gerini), San Lorenzo e San Giovanni Gualberto e Il Beato Gualdo Galli da Fiesole dà le chiavi del convento alla Beata Berta (una beata già monaca nel convento, parete sud).

Note
  1. G. Maetzke, Resti di basilica cimiteriale sotto Santa Felicita, "Notizie degli Scavi, 1957.
Voci correlate
Collegamenti esterni