Ecce Homo e un angelo (Moretto da Brescia)

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Brescia PinCiv MorettoBrescia EcceHomo+angelo 1550ca.jpg
Moretto da Brescia, Cena in casa di Simone il fariseo (1544), olio su tela
Cristo e l'angelo
Opera d'arte
Stato

bandiera Italia

Regione Stemma Lombardia
Regione ecclesiastica Lombardia
Provincia Brescia
Comune

Stemma Brescia

Località
Diocesi Brescia
Parrocchia o Ente ecclesiastico
Ubicazione specifica Pinacoteca Civica Tosio-Martinengo
Uso liturgico nessuno
Comune di provenienza Brescia
Luogo di provenienza Concattedrale di Santa Maria Assunta, cappella delle Santissime Croci
Oggetto dipinto
Soggetto Ecce Homo e un angelo
Datazione 1550 ca.
Datazione
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Ambito culturale scuola bresciana
Autore

Moretto da Brescia (Alessandro Bonvicino)

Altre attribuzioni Moretto da Brescia
Materia e tecnica olio su tela
Misure h. 209 cm; l. 126 cm
Iscrizioni
Stemmi, Punzoni, Marchi
Note

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Collegamenti esterni
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5Allora Gesù uscì, portando la corona di spine e il mantello di porpora. E Pilato disse loro: «Ecco l'uomo!»
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Ecce Homo e un angelo è un dipinto, eseguito nel 1550 circa, ad olio su tela, da Alessandro Bonvicino detto Moretto da Brescia (1498 ca. - 1554), proveniente dalla cappella delle Santissime Croci nella Concattedrale di Santa Maria Assunta di Brescia ed attualmente conservato presso il Pinacoteca Civica Tosio-Martinengo della medesima città.

Descrizione

Soggetto

La scena, che presenta l’episodio dell’Ecce Homo, ambientato nel Pretorio di Gerusalemme, si svolge lungo una breve scalinata (la Scala santa) con gradini di pietra rosata che conduce ad un portale dietro al quale, nell'oscurità, s'intravede un ambiente chiuso coperto da volte.

Nel dipinto compaiono:

  • Gesù Cristo, di un pallore mortale, seduto sugli ultimi gradini della scalinata con la schiena appoggiata al parapetto, viene presentato seminudo con la corona di spine e una lunga canna in mano: questo tema iconografico vuole raffigurare il momento successivo all'incoronazione di spine e alla derisione degli aguzzini. Cristo è nell'afflitta posa della vittima sacrificale: ha le mani strette dalla corda, mentre il volto è rigato da piccoli rivoli di sangue che cola dalle ferite provocate dalle spine. Il dipinto sottolinea la completa solitudine umana di Gesù, abbandonato da tutti, in balia di una sorte terribile. L'artista ci mostra un Cristo semplice e familiare, ma al tempo stesso dignitoso nella sua sofferenza.
  • Angelo dolente, in piedi sull'ultimo gradino, regge la veste bianca di Gesù.
  • Croce lignea, prefigurazione dell'imminente sacrificio, è abbandonata sulla scalinata davanti alle due figure.

Note stilistiche, iconografiche ed iconologiche

  • Il tono generale della raffigurazione è grigio e cupo, con una cromia ridotta che affonda le radici nella tradizione lombarda di Vincenzo Foppa. La luce proveniente da sinistra è altrettanto fredda e incede soprattutto sulla figura di Cristo e il pilastro dietro di lui, lasciando in ombra o in mezza luce tutto il resto, compreso l'ambiente sullo sfondo, che è quasi completamente al buio.
  • Le sofferenze di Cristo, come i piccoli rivoli di sangue che gli solcano la fronte, piccoli lampi di colore nella generale cromia spenta, simboleggiano probabilmente i dolori arrecati dallo "scisma" tra i cristiani, così come il soggetto rimanda al concetto controriformistico della "solitudine" di Cristo, intesa come drammatico abbandono da parte dell'uomo nelle recenti vicende. In questa ottica il dipinto del Moretto appare come una delle prime testimonianze dell'arte soggetta ai nuovi canoni del Concilio di Trento.

Notizie storico-critiche

L'opera è da identificare con il dipinto visto da Bernardino Faino nel 1630 nella cappella delle Santissime Croci della Concattedrale di Santa Maria Assunta di Brescia, del quale lo stesso ne da una precisa descrizione:[1]

« Vi è un quadro a olio sopra l'altare di detta Capella di mediocre grandezza, dove vi è dipinto un Christo ignudo prostrato a terra con un Angelo in piedi con la veste sostenuta con ambo le mani, pittura del Moretto ben fatta. »

Al tempo in cui scrive il pittore e critico d'arte Francesco Paglia, nel 1675, il dipinto era già stato trasportato presso il Palazzo della Loggia, dove egli lo ammirò, nella Sala del Consiglio.[2] Ancora nella Loggia lo vide l'erudita Giulio Antonio Averoldi nel 1700.[3] L'opera rimase in questa collocazione fino al 1850 circa, quando venne infine trasferito nella Pinacoteca Civica Tosio Martinengo, dove si trova tuttora.

Note
  1. Bernardino Faino, Catalogo Delle Chiese riuerite in Brescia, et delle Pitture et Scolture memorabili, che si uedono in esse in questi tempi, Brescia 1630, p. 17
  2. Francesco Paglia, Il Giardino della Pittura, Brescia 1675, p. 217
  3. Giulio Antonio Averoldi, Le scelte pitture di Brescia additate al forestiere, Brescia 1700, p. 54
Bibliografia
  • Pier Virgilio Begni Redona, Alessandro Bonvicino: il Moretto da Brescia, Editore La Scuola, Brescia 1988 ISBN 9788835080746
  • Carlo Bertelli et. al., Storia dell'Arte Italiana, vol. 3, Editore Electa-Bruno Mondadori, Milano 1990, p. 184 ISBN 9788842445234
  • Marco Bona Castellotti (a cura di) et al., Pinacoteca Tosio Martinengo. Catalogo delle opere, secoli XII - XVI, Editore Marsilio, Milano 2012
  • Valerio Guazzoni, Moretto. Il tema sacro, Brescia 1981
Voci correlate
Collegamenti esterni