Embrione
Il termine embrione (dal greco ἔμβρυον, émbryon) indica la persona umana nelle primissime fasi della sua esistenza e sviluppo; l'embrione è frutto del concepimento, ovvero dall'unione tra l'ovulo femminile e lo spermatozoo maschile.
L'embrione è un essere umano, distinto dai suoi genitori in quanto la fusione dei due patrimoni genetici dell'ovulo e dello spermatozoo fa' sì che l'embrione possieda un patrimonio genetico proprio, che manterrà in tutti gli stadi di vita della nuova persona.
Il termine embrione è usato per indicare il nuovo essere umano fino allo stadio in cui i principali organi umani sono formati, cioè nelle prime otto settimane di vita. Dopo questa fase e fino al termine della gravidanza si parla di feto.
Nella Bibbia
Esistono alcuni passi delle Scritture che confermano l'esistenza dello status di persona del concepito ancora prima del momento della nascita, come afferma la Chiesa cattolica:
« | Prima di formarti nel grembo materno, ti conoscevo, prima che tu uscissi alla luce, ti avevo consacrato » | |
« | Ascoltatemi, o isole, udite attentamente, nazioni lontane; il Signore dal seno materno mi ha chiamato, fino dal grembo di mia madre ha pronunciato il mio nome » | |
« | Sei tu che hai creato le mie viscere e mi hai tessuto nel seno di mia madre. Ti lodo, perché mi hai fatto come un prodigio; sono stupende le tue opere, tu mi conosci fino in fondo. Non ti erano nascoste le mie ossa. Quando venivo formato nel segreto, intessuto nelle profondità della terra. Ancora informe mi hanno visto i tuoi occhi e tutto era scritto nel tuo libro; i miei giorni erano fissati, quando ancora non ne esisteva uno » | |
« | Non berrà vino né bevande inebrianti, sarà pieno di Spirito Santo fin dal seno di sua madre » | |
« | Ecco, appena la voce del tuo saluto è giunta i miei orecchi, il bambino ha esultato di gioia nel mio grembo » | |
« | Ma quando colui che mi scelse fin dal seno di mia madre e mi chiamò con la sua grazia si compiacque di rivelare a me suo Figlio perché lo annunziassi in mezzo ai pagani, subito, senza consultare nessun uomo, senza andare a Gerusalemme da coloro che erano apostoli prima di me, mi recai in Arabia e poi ritornai a Damasco. » | |
Dio si rivolge al nascituro, al concepito, come ad una persona fatta e finita. Lo conosce personalmente, riconoscendovi una precisa identità, un nome; lo consacra, lo sceglie, lo chiama ad una missione; lo intesse nel seno della madre, come uno straordinario miracolo, un prodigio, dando gradualmente forma a ciò che è ancora informe; lo inonda di Spirito Santo. E il nascituro risponde con fiducia alla Volontà che lo plasma, con gioia alla presenza del Dio fatto uomo.
Nel magistero della Chiesa
L'aborto non è solo un delitto contro l'uomo, ma è un sacrilegio contro Dio. Su questa base la Chiesa, fin dalle origini, ha sviluppato i propri insegnamenti sul carattere di persona di colui che, concepito, non è ancora nato.
- "È già uomo colui che lo sarà" (Tertulliano, 160-230, Apologeticus, 9)
- "Se il concepito appartenesse al corpo della madre, così da reputarsi parte del corpo di lei, non si battezzerebbe l'infante, la cui madre fu battezzata quando lo portava in seno" (Sant'Agostino, dal canone VI del Sinodo di Neocesarea, 314-319)
Il Catechismo della Chiesa Cattolica afferma chiaramente:
{{quote|La vita umana deve essere rispettata e protetta in modo assoluto fin dal momento del concepimento. Dal primo istante della sua esistenza, l'essere umano deve vedersi riconosciuti i diritti della persona, tra i quali il diritto inviolabile di ogni essere innocente alla vita.|2270; 1993.
Considerazioni bioetiche
Il processo di sviluppo dell'embrione è continuo e progressivo. Noi parliamo di feto e neonato solo ponendo delle barriere artificiali al nostro concetto. Non esiste un momento preciso in cui un embrione diventa un feto, così come non è il grado di sviluppo a fare di un feto un neonato, ma solamente il momento temporale in cui la nuova creatura esce dal ventre materno.
La legislazione stabilisce che è al momento della nascita che un bambino acquisisce i diritti patrimoniali, ma non vi è alcuna differenza tra un bambino appena nato ed un bambino ad una settimana dalla nascita. Procedendo a ritroso, si giunge alla conclusione che è soltanto il grado di sviluppo che differenzia un bambino appena nato da un embrione o da uno zigote. Non vi è alcuna differenza di sostanza.
L'embrione è un essere vivente: esso si sviluppa secondo un progetto determinato dal proprio patrimonio genetico e dai fattori ambientali, mediante flussi di energia e di materia antientropici che sono tipici dei processi vitali.
L'embrione è un essere umano nel significato scientifico del termine, infatti appartiene alla specie umana (Homo sapiens sapiens), della quale porta il corredo genetico.
L'embrione non è una creatura diversa dal futuro neonato: esso è la medesima creatura in una fase di sviluppo precedente. Non esiste alcun evento biologico specifico, né soluzione di continuità, che trasformi l'embrione in un bambino. L'embrione si sviluppa gradualmente in bambino perché si tratta del medesimo soggetto in evoluzione.
L'embrione non è proprietà della madre o del padre, così come nessun essere umano può essere proprietà di un altro: l'embrione appartiene a sé stesso e a Dio, fonte ultima della Vita.
L'embrione non è un agglomerato di cellule, come può essere una coltura tissutale in vitro di cellule umane: esso è un organismo sempre completo in ogni sua parte, secondo il grado di sviluppo raggiunto, in grado di svilupparsi spontaneamente verso gradi di complessità e di differenziazione cellulare superiore.
Non bisogna confondere la non-autosufficienza dell'embrione con la sua non-esistenza come organismo indipendente dal corpo della madre: l'embrione è una creatura distinta dalla creatura materna, alla quale è legata da un rapporto di simbiosi di tipo parassitico. Potenzialmente l'embrione potrebbe svilupparsi separatamente dal corpo materno, purché messo in un substrato nutritizio adeguato. La potenzialità di sviluppo dell’embrione è insita nel proprio patrimonio genetico e non dipende dal corpo materno: il corpo materno costituisce l'ambiente esterno in cui l'embrione si sviluppa e da cui trae nutrimento.
L'embrione non diventa un essere umano quando gli si forma il cervello, ma è tale durante tutto il suo sviluppo: come gli altri organi, anche il sistema nervoso si forma gradualmente e continuativamente, per cui non è possibile individuare il momento esatto di formazione, così come è impossibile individuare il momento esatto in cui esso comincia a funzionare. La formazione del cervello e di tutti gli organi è già programmata nel codice genetico dello zigote, per cui è, in un certo senso, immanente nell'embrione sin dal concepimento.
Non è ammissibile condizionare l'acquisizione dello stato di "essere umano" al completamento dello sviluppo del concepito: in tale caso non potrebbero essere considerati esseri umani nemmeno tutti gli individui in età prepuberale.
La riflessione a partire dai concetti di atto e potenza
I termini aristotelici "atto" e "potenza" che permettono di precisare concettualmente perché e in che senso l'embrione è un essere umano dall'inizio del suo concepimento[1]. Se ci si chiede che cosa distingue un vivente da un non vivente, la risposta non va cercata nella biologia, poiché essa come scienza deve già presupporre la nozione di vita. Ebbene, da un punto di vista metafisico, l'atto del vivere, come atto d'essere proprio dei viventi, definisce i viventi stessi come quegli enti (fisici o spirituali) capaci per essenza di determinare a diversi livelli il proprio comportamento. Questa capacità di autodeterminazione parziale (nei viventi sub-umani) o totale (nell'uomo e nelle sostanze spirituali) del proprio comportamento è ciò che Platone e Aristotele intendevano quando definivano il vivente come quell'ente capace di movere se ("muovere se stesso"). Dunque, in parole povere, ciò che distingue un vivente da un non vivente è primariamente la costruzione di sé in vista dei due fini fondamentali della sopravvivenza e della riproduzione.
Applicando la dottrina dell'atto e della potenza al caso dell'embrione, ci domandiamo: cosa fa l'embrione a partire esattamente dall'istante del concepimento? costruisce se stesso. Ora a chi si riferiscono i concetti di potenza e atto in questo caso? Nei viventi ciò che causa la costruzione di sé non è nient'altro che l'embrione stesso. Cioè l'embrione è causa del suo stesso divenire, cioè l'embrione è in atto, anzi è atto stesso, poiché, appunto, è causa del suo divenire, fin dal concepimento. Questa conclusione è semplicemente la traduzione in termini metafisici dell'osservazione del comportamento dell'embrione. Riguardo alla potenza, l'embrione non è in potenza quanto al vivere, poiché quanto al vivere è in atto, ma è in potenza quanto a tutti i fini che persegue, su piccola come su larga scala: quanto all'esercizio effettivo della vista, della volontà, ecc.
La diversità dei viventi sta nel fatto che la causa del loro divenire, anziché dover essere ricercata in un altro ente già in atto, come succede per i non viventi, si mostra in se stessi: questo era il principio che, fin dagli antichi greci, veniva chiamato "anima".
Note | |
| |
Voci correlate | |
Collegamenti esterni | |