Pietà (Sebastiano del Piombo)

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Viterbo-MuCiv S.DelPiombo Pietà 1515-20.jpg

Sebastiano del Piombo, Pietà (1515 - 1520), olio su tavola
Pietà
Opera d'arte
Stato bandiera Italia
Regione bandiera Lazio
Regione ecclesiastica Lazio
Provincia Roma
Comune Stemma Roma
Diocesi Viterbo
Ubicazione specifica Museo Civico
Uso liturgico nessuno
Comune di provenienza Viterbo
Luogo di provenienza Basilica di San Francesco alla Rocca
Oggetto dipinto
Soggetto Pietà
Datazione 1515 - 1520
Ambito culturale
Autore Sebastiano del Piombo (Sebastiano Luciani)
detto del Piombo
Materia e tecnica olio su tavola
Misure h. 270 cm; l. 225 cm

La Pietà è un dipinto, eseguito tra il 1515 ed il 1520, ad olio su tavola, da Sebastiano Luciani detto Sebastiano del Piombo (1485 - 1547), proveniente dalla Basilica di San Francesco alla Rocca di Viterbo ed attualmente conservato presso il Museo Civico della medesima città: l'opera è una delle più significative del percorso stilistico dell'artista ed è quella che meglio sintetizza i suoi orientamenti stilistici.

Descrizione

Ambientazione

Sebastiano del Piombo, Pietà (part. Paesaggio), 1515 - 1520, olio su tavola

La scena è ambientata in un paesaggio notturno e lunare - che Giorgio Vasari attribuì completamente a Sebastiano del Piombo[1] - il quale sembra partecipare della tragedia che si svolge in primo piano con i suoi toni scuri e lugubri, illuminati solo a tratti da sinistri bagliori. L'ambientazione notturna, così rara e cruciale per i futuri sviluppi dell'arte italiana, era dettata da necessità legate ad una corretta lettura del testo biblico (Mc 15,42 e Mt 27,57 ), e ad esigenze narrative, per isolare il corpo morto di Cristo dalla sfondo e amplificarne il dramma.

Studi e ricerche recenti hanno individuato nel paesaggio in notturna una veduta della città di Viterbo compresi gli impianti termali del Bullicame[2] che, secondo Dante Alighieri sono il varco di accesso agli Inferi.[3]

Soggetto

Nel dipinto compaiono due figure monumentali ed isolate:

  • Gesù Cristo morto, già deposto dalla croce, è adagiato su un lungo lenzuolo bianco, il sudario, disteso sulla terra, ai piedi della Madre.
  • Maria Vergine, seduta su una sporgenza rocciosa, congiunge le mani nel gesto della preghiera e rivolge lo sguardo al cielo: la Madre più che afflitta sembra una figura eroicamente consapevole del disegno divino sul Figlio.

Note stilistiche, iconografiche ed iconologiche

  • La figura della Madonna d'impronta michelangiolesca si staglia come una massiccia piramide azzurra contro il livido e brullo sfondo, mentre il sudario bianco, su cui è deposto il corpo di Cristo che spicca come nodo della composizione, rappresenta la base della stessa che ha il vertice nella testa della Vergine.
  • Dietro a questa grandiosa composizione che sintetizza perfettamente l'espressività delle figure e l'uso del colore c'è probabilmente la mano di Michelangelo, ma al pittore veneziano va il merito di aver creato il cupo scenario notturno costruito sull'accordo cromatico dei toni caldi e bruni, dimostrando così di aver ha fatto tesoro della lezione della pittura veneta di Giorgione e Tiziano.
  • Il dipinto presenta grandi affinità con la Pietà vaticana (1498 - 1499) di Michelangelo, sia per quanto riguarda l'impianto piramidale della figura isolata e monumentale della Madonna che in quella snella ed armoniosa di Gesù: somiglianze che fanno pensare che la tavola fosse stata concepita come l'equivalente pittorico della scultura. Tuttavia fra le due opere vi sono alcune sostanziali differenze: l'età della Vergine, che nel dipinto di Sebastiano del Piombo prende i lineamenti da donna matura; lo sguardo di Maria rivolto al cielo e sottolineato dalla torsione del busto nel gesto della preghiera, che si oppone all'espressione contemplativa della Madonna michelangiolesca; ed, infine, la posizione di Cristo, che il pittore veneziano pone in modo inedito non in grembo alla Madre, ma separato da lei, in quella che è un'invenzione iconografica frutto di una complessa ed innovativa elaborazione di forma e contenuti.
  • In questa sede, va ricordato che il committente dell’opera, mons. Giovanni Botonti, era un umanista di grande spessore, esponente di quell'ambiente culturale aperto agli ideali di riforma della Chiesa cattolica che gravitava intorno al cardinale e teologo agostiniano Egidio da Viterbo (14691532), tra i sostenitori del culto del Corpo di Cristo e del Santissimo Sacramento, che si andava ampiamente diffondendo in quegli anni. L'iconografia della Pietà di Sebastiano del Piombo si spiega alla luce delle idee proposte da questa predicazione: infatti, quando si trovava nella sua ubicazione originaria nella cappella Botonti, la tavola presentava il corpo di Cristo come se fosse adagiato sopra la mensa del sottostante altare, suggerendo così l'equivalenza con il Santissimo Sacramento, mentre Maria alludeva all'umanità in attesa della redenzione.

Notizie storico-critiche

L'opera venne commissionata da mons. Giovanni Botonti, chierico della Camera Apostolica, per essere collocata sull'altare di famiglia nella Basilica di San Francesco alla Rocca.

Il dipinto documenta probabilmente la nascita del sodalizio tra Michelangelo ed il giovane pittore veneziano, emergente sulla scena romana, al quale il celebre artista fiorentino, potrebbe aver passato l'incarico. Infatti, come sembrano confermare l'esistenza di studi preparatori e la consistenza del disegno sottostante la tavola, osservata in recenti radiografie, è proprio al Buonarroti che sarebbe riferibile l'esecuzione del cartone, come già testimoniato da Giorgio Vasari nelle Vite:[4]

« Ma perché, se bene fu con molta diligenza finito da Sebastiano che vi fece un paese tenebroso molto lodato, l'invenzione però et il cartone fu di Michelagnolo. »

La reputazione che Sebastiano del Piombo raggiungerà con quest'opera lo collocherà al rango dei grandi protagonisti del primo Cinquecento romano.

La tavola rimase nella sua ubicazione originale fino al 1839 e, dopo il restauro, condotto dal pittore romano Vincenzo Camuccini (17711844), fu ricollocata, con una grande cornice dorata, sulla parete di fronte all'altare Botonti.

Nel 1870, il dipinto venne trasferito al Palazzo dei Priori - antica sede del Museo Civico - e, solo nel 1955, nel nuovo spazio espositivo in Piazza Crispi, l'attuale collocazione.

Note
  1. Giorgio Vasari, Le vite dei più eccellenti pittori, scultori e architetti (1568), col. "Mammut Gold", Editore Newton Compton, Milano 2016, p. 882
  2. Lo stesso Michelangelo giunse a Viterbo per curarsi nelle acque sulfuree; in quella circostanza disegnò l'impianto termale del Bacucco in un foglio ora conservato a Lille (Francia).
  3. Dante Alighieri, La divina Commedia, Inferno, XIV, 76-84.
  4. Giorgio Vasari, Ibidem
Bibliografia
  • Andrea Alessi, Dante, Sebastiano e Michelangelo. L'Inferno nella Pietà di Viterbo, Editore Electa, Milano 2007 ISBN 978883705375
  • Costanza Barbieri (a cura di), Notturno Sublime. Sebastiano e Michelangelo e la Pietà di Viterbo, Roma 2004
  • Costanza Barbieri et al. (a cura di), La Pietà di Sebastiano a Viterbo. Storia e tecniche a confronto, Editore Nuova Argos, Roma 2009
  • Emma Muracchioli, Il Rinascimento in Italia. Leonardo, Michelangelo, Raffaello: l'arte si misura con il divino, Editore San Paolo, Palazzolo sull'Oglio 2003, p. 82
  • Claudio Strinati, Bernd Wolfgang Lindemannn (a cura di), Sebastiano del Piombo (1485-1547). Catalogo della mostra. (Roma, 8 febbraio-18 maggio 2008; Berlino, 28 giugno-28 settembre 2008), Editore F. Motta, Milano 2008 ISBN 9788871795683
Voci correlate
Collegamenti esterni