Dante Alighieri
Dante Alighieri, T.O.F. Laico | |
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Luca Signorelli, Ritratto di Dante Alighieri (1502 ca.), affresco; Orvieto, Cattedrale di Santa Maria Assunta, cappella di San Brizio | |
Età alla morte | 56 anni |
Nascita | Firenze 22 maggio 1265 |
Morte | Ravenna 14 settembre 1321 |
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Dante Alighieri (Firenze, 22 maggio 1265; † Ravenna, 14 settembre 1321) è stato uno scrittore, poeta e politico italiano, autore della Divina Commedia. È considerato il sommo padre della lingua italiana.
Biografia
A Firenze
Durante (questo il nome di battesimo) nacque a Firenze in un giorno imprecisato tra il 14 maggio e il 13 giugno 1265[1], da una famiglia della piccola nobiltà fiorentina, figlio di Alighiero di Bellincione e di donna Bella. Fu allievo di Brunetto Latini. Si dedicò presto alla poesia stringendo amicizia con i poeti stilnovisti Guido Cavalcanti, Lapo Gianni e Cino da Pistoia.
Nella politica cittadina, allora dominata dalla lotta fra guelfi Bianchi e Neri (rappresentanti gli uni della nuova classe emergente, la borghesia mercantile, gli altri della vecchia nobiltà terriera, appoggiata apertamente dalla Curia romana nell'ambito della politica teocratica di papa Bonifacio VIII), si schierò con i Bianchi e raggiunse nel 1300 la carica di Priore, cioè uno dei sei del collegio preposto al governo della città. In tale carica decretò anche l'esilio, tra gli altri, dell'amico Cavalcanti.
Era fuori Firenze il 1º novembre 1301, quando le truppe angioine di Carlo di Valois destituirono il governo bianco a favore della fazione nera. Dante venne condannato a morte in contumacia con le accuse infondate di falsario e barattiere. Non rientrò più nella sua città natale.
Gli anni dell'esilio e la morte
Durante l'esilio, Dante fu ospite di diverse corti e famiglie della Romagna, fra cui gli Ordelaffi, signori ghibellini di Forlì, dove probabilmente si trovava quando l'imperatore Enrico VII di Lussemburgo entrò in Italia. Qui è possibile che abbia conosciuto le opere del famoso pensatore ebreo Hillel ben Samuel da Verona, che era da poco morto, dopo aver trascorso a Forlì gli ultimi anni della sua vita.
Dopo il fallimento di alcuni colpi di mano tentati nel 1302, Dante, in qualità di capitano dell'esercito degli esuli, organizzò insieme a Scarpetta Ordelaffi, capo del partito ghibellino e signore di Forlì, un nuovo tentativo di rientrare a Firenze. L'impresa, però, fu sfortunata: il podestà di Firenze, un altro forlivese (nemico degli Ordelaffi), Fulcieri da Calboli, riuscì ad avere la meglio nella battaglia di Castel Puliciano.
Dopo la prima esperienza forlivese, Dante si spostò in varie corti d'Italia, fra cui Verona. Ma infine, stanco e deluso, tornò a Forlì nel 1310-1311 e ancora nel 1316 (data incerta, quest'ultima). Decise allora di fare "parte per sé stesso" e di non contare più sull'appoggio dei ghibellini per rientrare nella sua città.
Dante terminò le sue peregrinazioni a Ravenna, dove trovò asilo presso la corte di Guido Novello da Polenta, signore della città.[2]
Tuttavia i rapporti con Verona non cessarono, come testimonia la sua presenza nella città veneta il 20 gennaio 1320, ove si recò per discutere la Quaestio de aqua et terra, ultima sua opera latina.
Nel 1321 Dante fu inviato a Venezia con un'ambasciata.
Venezia era all'epoca in attrito con Ravenna e in alleanza con Forlì: gli storici pensano che sia stato scelto Dante per quella missione in quanto amico degli Ordelaffi, signori di Forlì e quindi in grado di trovare più facilmente una via per comporre le divergenze.
Durante il viaggio di ritorno, passando per le paludose Valli di Comacchio, il poeta contrasse la malaria e morì a Ravenna il 14 settembre 1321.
I solenni funerali, vennero officiati nella chiesa di San Francesco a Ravenna, dove, sotto un portico laterale, venne posto il primo sarcofago con i resti del poeta. Intorno al sarcofago nel 1483 venne poi costruita una cella, su progetto dello scultore Pietro Lombardo; nel 1780 Camillo Morigia, su incarico del cardinale legato Luigi Valenti Gonzaga, progettò il tempietto neoclassico tuttora visibile.
Per sottrarre i resti del poeta a un possibile trafugamento da parte dei fiorentini, i Francescani tolsero le ossa dal sepolcro, nascondendole dietro a una porta murata nel convento; questo episodio fece nascere la leggenda che la tomba fosse in realtà un cenotafio, ossia una tomba vuota. Le ossa furono rinvenute casualmente da un muratore durante i lavori di restauro del 1865, condotti in occasione del VI centenario della nascita di Dante e quindi riportate all'interno del tempietto del Morigia.
La Divina Commedia
Per approfondire, vedi la voce Divina Commedia |
Il capolavoro di Dante, la Commedia (definita "Divina" da Boccaccio), narra il viaggio del poeta attraverso l'aldilà fino alla contemplazione di Dio. È composta da tre parti (cantiche):
- Inferno: composto tra il 1304 e il 1309;
- Purgatorio: composto prima del 1313;
- Paradiso: composto dopo il 1316.
Altre opere
Oltre alla Divina Commedia, Dante ha composto numerose opere in poesia e in prosa, in latino e volgare.
- Vita nova. Composta tra il 1292 e il 1293, contiene le rime dedicate a Beatrice, donna morta nel 1290 e altamente simbolizzata dal poeta, centro di un'esperienza intellettuale assoluta.
- Rime. Composte durante la giovinezza e l'esilio, divisibili in quattro gruppi omogenei:
- la "tenzone" con Forese Donati;
- varie rime dottrinali, circa filosofia e teologia;
- rime circa la figura della donna e l'amore;
- rime morali.
- Convivio. Quattro trattati (di quindici previsti) composti tra il 1303 e il 1304, relativi a vari temi filosofici con un forte richiamo al pensiero aristotelico.
- De vulgari eloquentia. Scritto forse tra il 1303 e i 1304 in prosa latina, elogia la naturale quotidianità della lingua volgare nelle sue tre forme (oil, oc, sì, quest'ultima divisa in quattordici volgari), ma non riesce a identificare tra esse una versione illustre e aulica.
- De monarchia. Trattato in tre libri in latino composto attorno al 1308, mostra ostilità al potere temporale della Chiesa (causa remota del suo esilio), afferma la necessità di una monarchia universale incarnata nell'impero, che deve guidare l'uomo alla felicità terrena, mentre la Chiesa deve condurre alla vita eterna.
- tredici Epistole.
- operette latine minori.
Dante nella cultura cristiana
Nell'enciclica In praeclara summorum, scritta nel 1921, in occasione del sesto centenario della morte del poeta, papa Benedetto XV esorta a studiare e ad amare Dante, "che Noi non esitiamo a definire il cantore e l'araldo più eloquente del pensiero cristiano".
In occasione dell'inizio dell'Anno della Fede e del Sinodo dei Vescovi, promossa dal Pontificio Consiglio della Cultura, patrocinata da Roma Capitale e in collaborazione con la Rettoria del SS. Nome di Gesù all'Argentina e la Casa di Dante in Roma, il 12 ottobre 2012, nella Rettoria del SS. Nome di Gesù all'Argentina si tiene la serata a tema "La Fede di Dante - Il Canto XXIV del Paradiso". Nel commentare l'iniziativa, mons. Pasquale Iacobone, del dipartimento di Arte e Fede del Pontificio Consiglio per la Cultura, spiega: "La fede di Dante è una fede estremamente storicizzata e contestualizzata, che sa entrare, cioè, nei vicoli, nei meandri, nei labirinti della Storia per poi dare una risposta. Quello di Dante, quindi, è in sostanza un metodo estremamente utile per tutti noi, per capire come la fede va rapportata al momento storico che si vive, attingendo al patrimonio antico per fornire le risposte più nuove, più sagge, più attraenti, anche a chi è lontano dalla fede"[3][4].
Note | |
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Bibliografia | |
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Edizioni delle opere | |
Per tutte le altre opere, la migliore e più largamente commentata edizione oggi disponibile è quella della collana Letteratura italiana. Storia e testi di Ricciardi, nel volumi:
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