Pietà Rondanini (Michelangelo)

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Milano CastSforzesco Pieta-Rondanini 1552-64ca.jpg

Michelangelo Buonarroti, Pietà (1552 - 1564 ca.), marmo
Pietà Rondanini
Opera d'arte
Stato bandiera Italia
Regione Stemma Lombardia
Regione ecclesiastica Lombardia
Provincia Milano
Comune Stemma Milano
Diocesi Milano
Ubicazione specifica Castello Sforzesco
Uso liturgico nessuno
Comune di provenienza Roma
Luogo di provenienza Casa dell'artista
Oggetto gruppo scultoreo
Soggetto Pietà
Datazione 1552 - 1564 ca.
Ambito culturale
Autore Michelangelo Buonarroti
Materia e tecnica marmo
Misure h. 195 cm

La Pietà, detta anche Pietà Rondanini, è un gruppo scultoreo, realizzato tra il 1552 ed il 1564 circa, in marmo, da Michelangelo Buonarroti (1475 - 1564), proveniente dalla casa romana dell'artista ed attualmente collocato nel Castello Sforzesco di Milano. Si tratta dell'ultima opera dell'artista che secondo le fonti vi lavorò fino a pochi giorni prima di morire.

Descrizione

Soggetto

Nel gruppo scultoreo della Pietà compaiono:

  • Gesù Cristo morto, il cui corpo nudo, posto in verticale, sembra scivolare via inerme, come suggerito dalla progressiva ed inarrestabile piega delle gambe.
  • Maria Vergine, in piedi, cerca di trattenere il peso inerte del corpo del Figlio, impedendo che cada a terra: le due figure sembrano quasi unirsi in un abbraccio.

Note stilistiche, iconografiche ed iconologiche

Michelangelo Buonarroti, Pietà (part.), 1552 - 1564 ca., marmo
  • Il "non finito" di Michelangelo in varie occasioni è dato volutamente dal non levigare le superfici per imprimere loro un valore espressivo, in contrasto con le parti levigate della scultura. In altri casi, il "non finito" consiste nel lasciare le statue ancora immerse nella materia di partenza dalle quali l'artista le tira fuori tramite la scultura. Mentre diverso il caso della Pietà Rondanini, perché il gruppo ci è pervenuto nello stato di abbozzo in quanto così venne abbandonato dallo scultore: è sostanzialmente un "non finito" deciso dalla sorte.
  • Nel gruppo scultoreo Michelangelo, ormai ottantenne, dimostra di essere nel pieno delle sue capacità creative, superando perfino se stesso: la composizione con le due figure in verticale è fortemente innovativa, molto diversa rispetto alla tradizionale impostazione della Pietà.
  • Nell'opera si alternano parti condotte a termine, riferibili alla prima versione, e parti "non finite", legate ai continui ripensamenti e cambiamenti d'impostazione nella seconda mai compiuta. Mutò le proporzioni del corpo di Cristo, di cui smagrì busto e gambe, abbassò e assottigliò la testa, inizialmente pensata più in alto e più vicina a quella della Madre, il cui capo, invece, era volto verso destra, per chi guarda, e divergente. Impostò diversamente anche le braccia di Gesù, appoggiate e fuse al corpo della Madonna. Della prima versione della Pietà sono rimasti ancora oggi visibili il braccio destro di Gesù rotto fino al gomito, che l'artista probabilmente avrebbe in seguito eliminato, le gambe, che aveva però già iniziato ad assottigliare, la parte posteriore di Maria Vergine, di cui prima di morire non aveva ancora affrontato l'assottigliamento per riequilibrare l'intera composizione.
  • Nella Pietà Rondanini, l'attenzione dell'artista è concentrata sul rapporto tra Madre e Figlio morto: il pathos è ancora più struggente, di quello espresso nelle sculture precedenti con il medesimo soggetto, perché vi si mescola la tenerezza, l'affettuoso gesto di una Madre che cerca quasi di accogliere in sé, in un ultimo disperato tentativo di proteggerlo, quel Figlio che Michelangelo ha scolpito come se fosse incassato nel corpo della Madonna, quasi a formare un toccante tutt'uno, creando così nell'insieme una grande tensione emotiva.
  • Michelangelo, se nella Pietà vaticana aveva adottato un tipo iconografico tradizionale, col corpo di Cristo sdraiato in grembo alla Madre e quasi cullato dalla Vergine, nelle Pietà degli anni maturi lo scultore raffigura il corpo morto di Gesù in posizione verticale, mentre si accascia con tutto il suo peso e viene sostenuto con visibile sforzo. Il modello a cui l'artista si ispira è qui probabilmente quello veneto del Gesù Cristo in pietà tra la Madonna e san Giovanni Evangelista (1465 ca.) di Giovanni Bellini,[1] dove si assiste ad un'ostentazione del corpo di Cristo. Nella Pietà Rondinini c'è però un'ulteriore componente: l'estrema esilità delle figure che, insieme alla verticalità accentuata del gruppo, sembra rimandare a modelli plastici medievali, in particolare gotici, che forse l'artista andava recuperando.

Notizie storico-critiche

Negli ultimi anni della sua vita Michelangelo si dedicava alla scultura occasionalmente e solo per motivi quasi esclusivamente personali. In particolare, stando a quanto riportato dai suoi biografi Ascanio Condivi e Giorgio Vasari, era volontà dell'artista realizzare una Pietà da collocare sulla sua tomba, che avrebbe voluto nella Basilica di Santa Maria Maggiore a Roma. Per questo l'artista iniziò a scolpire, dopo il 1547, una Pietà - successivamente detta Bandini - che si ruppe per un'imperfezione del marmo quando era in uno stadio già avanzato, provocando l'ira del Buonarroti, tanto che cercò di distruggerla a martellate, lasciandola poi incompiuta.

Ad un secondo gruppo scultoreo, Michelangelo vi lavorò a più riprese, come testimoniano i continui ripensamenti e le modifiche anche drastiche la cui traccia più evidente è il superstite moncone di braccio destro del Cristo, a lato delle figure. La forma e la dimensione dell'arto fanno pensare ad una prima versione, che si può datare tra il 1552 ed il 1553, in cui i corpi non erano così emaciati, ma avevano probabilmente proporzioni più "classiche".[2]

Nel 1555, Giorgio Vasari racconta che Michelangelo, dopo aver ridotto in frammenti la Pietà Bandini, avrebbe ripreso a scalpellare su altra statua, oggi identificata dagli studiosi con la Pietà Rondanini:[3]

« Fu messo un altro pezzo di marmo, dove era stato già abbozzato un'altra "Pietà", varia da quella, molto minore. »

Nella seconda versione Michelangelo elaborò, infatti, un nuovo modello, rimettendo in discussione l'intero gruppo scultoreo: dal corpo di Maria ricavò una nuova figura di Cristo (della figura precedente mantenne solo le gambe piegate), mentre dalla spalla sinistra e dal torso del precedente corpo di Cristo trovò lo spazio per ricavare un nuovo corpo per Maria.

Due lettere dell'allievo Daniele da Volterra, indirizzate a Giorgio Vasari ed al nipote Leonardo Buonarroti nei mesi successivi alla morte di Michelangelo (18 febbraio 1564), testimoniano che l'artista continuò instancabile a scalpellare quest'opera, voluta solamente per se stesso e considerata il suo testamento, fino a pochi giorni prima di morire, all'età di ottantanove anni. Il giorno dopo la morte dell'artista il notaio, inviato tempestivamente dal papa Pio IV, nella sua casa romana (oggi distrutta) - accanto alle rovine del Foro di Traiano - dove rinvenne la scultura e così la inventariò nella lista dei beni dell'artista:

« Statua principiata per un Cristo et un'altra figura di sopra, attaccate insieme, sbozzate e non finite. »

Dopo quest'inventariazione, sfortunatamente, si perdono per diverso tempo le tracce dell'opera, ad eccezione di una incerta notizia secondo cui nel 1652, il gruppo scultoreo si trovava in una bottega romana, dove fu visto da Pietro da Cortona.

Nel 1744 fu acquistata dai marchesi Rondanini (nome poi modificato in Rondanini) che la collocarono in una nicchia della biblioteca del proprio palazzo a Roma, in via del Corso.

Nel 1904 l'ultimo proprietario del palazzo Rondanini, il principe Odescalchi, vendette al conte Roberto Sanseverino Vimercati l'edificio con i suoi arredi, compresa la Pietà, che in tale occasione fu collocata su una base costituita da un'ara funeraria romana (I secolo d.C.), sopra la quale è rimasta fino al restauro del 2015. Alla morte del conte, la Pietà fu spostata dai suoi familiari eredi in una villa romana di loro proprietà, dove era possibile comunque vederla.

Nel 1949 in seguito ad una battaglia legale tra eredi, la Pietà fu messa in vendita ed acquistata, nel 1952, dal Comune di Milano, che la destinò alle Raccolte Civiche d'Arte del Castello Sforzesco.

Note
  1. Scheda dell'opera nel Catalogo della Fondazione "Federico Zeri"
  2. Una copia di questa prima versione venne individuata dallo storico dell'arte Charles de Tolnay nel dipinto con Gesù Cristo in pietà e angeli con simboli della Passione (1567) di Federico Zuccari, conservato nella Galleria Borghese a Roma, ed è testimoniata da un foglio con cinque schizzi a matita, custodito all'Ashmolean Museum di Oxford, che documenta gli studi preparatori, dagli esiti assai lontani da quella attuale, e l'interesse dell'artista per questo tema iconografico.
  3. Giorgio Vasari, Le vite dei più eccellenti pittori, scultori e architetti (1568), col. "Mammut Gold", Editore Newton Compton, Milano 2016, p. 1245
Bibliografia
  • Marta Alvarez Gonzalez, Michelangelo, col. "I geni dell'arte", Editore Mondadori-Electa, Milano 2007, pp. 132 - 135 ISBN 9788837064341
  • Giorgio Cricco et. al., Itinerario nell'arte, vol. 2, Editore Zanichelli, Bologna 1999, p. 417 ISBN 9788808079503
  • Enrica Crispino, Michelangelo, col. "Vita d'Artista", Editore Giunti, Firenze 2010, pp. 146 - 148 ISBN 9788809749559
  • Charles De Tolnay, Michelangelo, Editore Pierre Tisne, Parigi 1951, pp. 89-92, 154-157
  • Monica Girardi, Michelangelo. La sfida dell'uomo alla materia, col. "Art Book", Editore Leonardo Arte, Milano 2000, pp. 124 - 125 ISBN 9788883101168
  • Emma Muracchioli, Il Rinascimento in Italia, col. "La Bellezza di Dio. L'Arte ispirata dal Cristianesimo", Editore San Paolo, Palazzolo sull'Oglio (BS) 2003, pp. 50 - 51
  • C. Salsi, Michelangelo. La Pietà Rondanini nell'ospedale spagnolo del Castello Sforzesco, col. "I Lemuri", Editore Officina Libraria ISBN 9788897737698
Voci correlate
Collegamenti esterni