Referendario

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Il referendario (in latino referendarius, "colui che riferisce") fu nell'Impero bizantino un funzionario incaricato di esaminare le suppliche dei cittadini, riferire all'Imperatore e trasmettere ai giudici le sue decisioni al riguardo, oltre a svolgere altri compiti di segreteria.

Nel Medioevo, presso i Franchi, la carica del referendarius assunse sempre maggiori incarichi sino a diventare il vero e proprio cancelliere del monarca che venne chiamato appunto cancellarius.

Presso la Curia romana il titolo venne adottato a partire dal XIII secolo per designare i prelati della Cancelleria apostolica incaricati di esaminare le suppliche dirette al Papa. Erano prelati in possesso di un dottorato in utroque iure che, dopo aver esaminato la supplica, ne riferivano al pontefice e spesso erano chiamati a redigerne la sentenza o la risposta sotto forma di bolla, da sottoporre alla sua firma (signatura).

Papa Eugenio IV istituì un apposito tribunale, la Segnatura Apostolica Signatura gratiae et commissionum, e Innocenzo VIII, con la bolla Officii Nostri Debitum[1] del 25 gennaio 1491, autorizzò i referendari a decidere autonomamente su certe suppliche. Con Alessandro VI il tribunale fu diviso in due con la Signatura gratiae, competente per la richieste di favori, e Signatura iustitiae, competente per le richieste di giustizia. Con Alessandro VII furono distinti, nell'ambito della Signatura iustitiae, i prelati con diritto di voto (proelati votantes) da quelli con voto solo consultivo (proelati referendarii).

L'intero corpo dei referendari gradualmente perse ogni importanza pratica, soprattutto dopo la perdita degli Stati pontifici, e fu abolito dopo la riorganizzazione della Curia di Pio X.

Note
  1. Testo online
Bibliografia