Utente:Quarantena/Beata Elisabetta della Trinità
Biografia
Primi anni
Nacque nel campo militare di Avor presso Bourges in Francia, il 18 luglio 1880, dal capitano Francesco Giuseppe Catez e da Maria Emilia Rolland e fu battezzata il 22 luglio con i nomi di Maria, Giuseppina, Elisabetta. Trascorse un'infanzia serena a Dijon, dove nel 1882 era stato trasferito suo padre, che morì nel 1887, quando lei aveva sette anni.
La piccola "Sabeth", come la chiamavano chi la conosceva, aveva un temperamento fin troppo vivace. Dopo aver ricevuto la prima comunione nel 1891, Elizabeth si fece più moderata ed aperta al rapporto con Dio (soprattutto con la Trinità) e con il mondo. Cominciò a prestare servizio nel coro parrocchiale e a fare gesti di carità concreta, quale l'assistenza ai malati e insegnare il catechismo ai bambini che lavoravano in fabbrica.
Carmelo
Presto Elisabeth, nonostante la forte opposizione materna, e rifiutando numerose proposte di matrimonio, seguì la vocazione che la invitava ad entrare fra le Carmelitane scalze, nel monastero che si trovava a duecento metri dalla sua abitazione a Digione.
Il 2 agosto del 1901 entrò in convento. L'8 dicembre, dello stesso anno, alla presenza del suo confessore padre Vallée e del vescovo di Digione Mons. Albert-Léon-Marie Le Nordez vestì l'abito religioso prendendo il nome di Elisabetta della Trinità. L'11 gennaio del 1903, terminato il novizioato, emise i voti religiosi. Uno solo era il suo proposito: vivere con assoluta fedeltà la sua vocazione di contemplativa, tendendo alla più intima unione con la Trinità.
Il 21 novembre del 1904 giorno della Presentazione della Beata Vergine Maria scrisse di getto la preghiera Ô mon Dieu, Trinité que j’adore (O mio Dio, Trinità che adoro), preghiera che diverrà simbolo della sua spiritualità.
Al Carmelo, non ebbe uffici di rilievo, ma visse una vita in piena unione con Dio. In guardaroba, in portineria, nei più semplici uffici conventuali, cercava la contemplazione della Trinità, presente nella sua anima. Nel compimento di tutti i suoi doveri, al lavoro in cella o in lavanderia, come in cappella, era immersa in un atteggiamento di orazione continua.
« | Dal momento che egli e sempre con me, l'orazione, il cuore a cuore, non può finire. Lo sento così vivo nella mia anima, che non ho che da raccogliermi per incontrarlo dentro di me, e qui sta tutta la mia felicità. » |
Come in tutte le esperienze di spiritualità, momenti di grande fervore si alternavano a periodi di estrema aridità. Elisabetta nei suoi scritti tenne un resoconto della sua articolata situazione spirituale.
Alla fine della sua vita, cominciò a riferirsi a se stessa come Laudem Gloriae; la dolce Sabeth voleva essere una continua "Lode di gloria" per il Signore. Questo nuovo nome che si era data era legato al rapporto che lei stessa aveva instaurato con San Paolo, sua guida illuminativa sulle strade del Signore. San Paolo lo ripete per due volte nella Lettera agli Efesini. Soleva dire:
« | Io penso che in Paradiso la mia missione sarà di condurre le anime oltre se stesse, al fine di slanciarsi a Dio con un movimento semplice d'amore, e di mantenerle in quel fertile silenzio che permette a Dio di comunicare Se stesso a loro e di trasformarle in Lui. » |
Elisabetta della Trinità morì a ventisei anni in seguito al morbo di Addison, che all'inizio del XX secolo non era ancora curabile. Benché la sua morte fosse sicura, Elisabetta non si scoraggiò; anzi, accettò di buon grado quello che - diceva lei - era un grande dono. Le sue ultime parole furono:
« | Vado verso la Luce, l'Amore, la Vita! » |
Culto
Fu beatificata da papa Giovanni Paolo II il 25 novembre 1984. La sua memoria liturgica si celebra il 9 novembre. La sua preghiera più nota è "Mio Dio Trinità che adoro"[1], preghiera in cui profuse il suo amore alla Trinità.
Elisabetta della Trinità è una dei patroni dei malati e degli orfani.
Note | |
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