Aeger Cui Levia

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Aeger Cui Levia (traduzione dal latino "Il malato al quale lievi") è un documento composto dalla curia papale al tempo di Innocenzo IV, in risposta alla lettera Etsi causae nostre dell'imperatore Federico II di Svevia che era stato deposto dal papa durante il concilio di Lione del 1245.

Motivazioni del documento

Motivazioni storiche

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi la voce Ad Apostolicae Dignitatis Apicem

L'imperatore contestava al pontefice il potere di deporlo e quindi sosteneva che la sentenza emessa davanti ai padri conciliari (erano appena 150) era da considerarsi di nessun valore giuridico. Nella risposta della Curia papale si esaminano i diversi titoli che comprovavano il potere pontificio di deporre un monarca secolare.

Ragioni bibliche

Le radici scritturali della competenza furono riscontrate nelle parole della prima lettera ai Corinzi:

« Non sapete che i santi giudicheranno il mondo? E se da voi viene giudicato il mondo sareste capaci di giudizi da nulla? Non sapete che giudicheremo gli angeli? Quanto più le cose di questa vita! »
(1Cor 6,2-3)

Contenuto

Il documento insiste molto sul potere delle chiavi conferito da Gesù Cristo a Pietro e ai suoi legittimi successori e conclude affermando che il Romano Pontefice, almeno in alcuni casi, può esercitare il suo supremo giudizio su qualunque cristiano, di qualsiasi condizione sociale egli sia, particolarmente se egli non può o non vuole fare la dovuta giustizia su di lui, specialmente per motivo del peccato; per cui può decretare che sia considerato come pagano e pubblicano e scomunicato qualsiasi peccatore ostinato che abbia commesso gravissimi delitti. Questì, di conseguenza, resterà privato, se l'aveva, di qualsiasi autorità temporale, che senza dubbio, fuori della Chiesa, non può in nessun modo esercitarsi, non essendovi fuori, dove tutto è edificato per la geenna, un potere ordinato da Dio.

L'imperatore Federico II di Svevia

Il papa Vicario di Cristo

Il testo cita anche le ragioni che a quel tempo adducevano gli assertori del potere diretto temporale, secondo la linea gregoriana, per cui il Vicario di Gesù Cristo in forza dell'Incarnazione era divenuto Re dei re e Signore dei Dominanti. Anche il simbolismo delle due chiavi e delle due spade richiamavano, secondo questa interpretazione, il potere spirituale e quello temporale detenuto nelle mani del Romano Pontefice.

La denuncia dei delitti di Federico

Dopo queste enunciazioni di ordine generale il documento curiale passava ad enumerare i delitti dell'imperatore Federico. Egli, tra l'altro, governava con crudele tirannia, violando le leggi di Dio e facendosi persecutore della Santa Chiesa, per cui ultimo rimedio era stato la deposizione dell'imperatore al fine di eleggere una persona idonea , degna di tale altissimo ufficio.

La derivazione dell'autorità imperiale dalla Santa Sede

Si confutavano, inoltre, le affermazioni federiciane, per le quali come i vescovi non hanno il potere di deporre i re da essi consacrati, così il papa non può deporre l'imperatore. L'argomento non poteva ritenersi valido perché i vescovi, nelle cose temporali, erano soggetti ai re, ai quali prestavano il giuramento di fedeltà e di dipendenza, mentre l'imperatore riceveva dal Romano Pontefice il diadema dell'impero, e si obbligava con giuramento di fedeltà e di soggezione a Lui; e ciò veniva confermato dalle consuetudini antiche e recenti. Inoltre, altro è il potere dei re, che viene assunto in base alla linea di successione ereditaria, ed altro è il potere dell'imperatore romano, che viene conferito in seguito alla libera elezione dei principi della Germania. Ad essi, il diritto e il potere di eleggere il re da promuoversi dalla Santa Sede all'impero, come gli stessi principi dichiarano, derivò dalla Sede Apostolica che trasferì la dignità imperiale dai Greci ai Germani, al tempo di Leone III e di Carlo Magno, la notte di Natale dell'800.

Inoltre si rilevava che Federico dipendeva anche dalla Santa Sede perchè aveva ricevuto il regno di Sicilia da Innocenzo III a titolo feudale, e come il superiore ha dominio sul vassallo, così la Santa Sede aveva potestà di giudizio su di lui per aver violato il giuramento di fedeltà.

Bibliografia
  • G. B. Lo Grasso, Aeger cui levia, in Dizionario storico religioso, Roma 1966
  • Friedrich Kemp, La deposizione di Federico II alla luce della dottrina canonistica, Roma 1968
Voci correlate