Ad Apostolicae Dignitatis Apicem
Ad Apostolicae Dignitatis Apicem Bolla pontificia di Innocenzo IV | |
Data |
17 luglio 1245 (III di pontificato) |
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Traduzione del titolo | [Elevati] al sommo della dignità apostolica |
Argomenti trattati | scomunica di Federico II |
Bolla precedente | Cum Simus Super |
Bolla successiva | Lachrymabilem Judeorum |
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Ad Apostolicae Dignitatis Apicem ("[Elevati] al sommo della dignità apostolica") è la bolla di papa Innocenzo IV con cui, durante il Concilio di Lione del 1245 veniva deposto Federico II di Svevia, imperatore del Sacro Romano Impero e re di Sicilia.
Contesto storico
Le scomuniche di Federico II del 1227 e del 1239
L'imperatore svevo era stato già scomunicato nel 1227 ed una seconda volta nel 1239 da papa Gregorio IX. L'imperatore protestò contro la sentenza di scomunica, si appellò a tutti i regnanti d'Europa, denunciando il pericolo che incombeva su tutti e iniziò la conquista di quelle parti d'Italia che erano in mano al partito guelfo, favorevole al pontefice. Egli si mosse pure verso Roma con un numeroso esercito per arrestare il papa. Scoperto in tempo il progetto molte città insorsero e l'imperatore fu costretto a ritornare nel regno di Sicilia.
L'arresto dei padri conciliari all'isola del Giglio
Gregorio IX allora decise di definire la controversia in un concilio generale convocato a Roma: Genova mise a disposizione una flotta per portare in Italia i prelati di Francia e d'Inghilterra.
Messo alle strette, Federico fece di tutto per impedire l’assemblea; alla fine decise di intercettare le navi degli ecclesiastici che da Genova erano dirette a Roma. Enzo, figlio di Federico II e re di Sardegna, sconfisse la flotta genovese e molti vescovi e arcivescovi caddero nelle mani del re e vennero inviati prigionieri nel regno. Lo scontro avvenne il 3 maggio 1241 fra l'isola della Meloria e quella del Giglio: fu un'ecatombe di vescovi, abati e cardinali, alcuni finirono in pasto ai pesci, gli altri nelle fortezze sveve del Meridione d’Italia.
Ma l'iniziativa si rivelò un errore che l’imperatore pagò caro; da quel momento infatti anche le potenze europee che gli erano più vicine presero le distanze da lui, biasimandolo perché non aveva esitato a sacrificare personaggi illustri ed innocenti, rei solo di adempiere ad un ordine del loro signore, il papa.
La scomunica e la deposizione del 1245 di Federico II
Mentre perdurava la lotta, nel 1241 morì Gregorio IX; gli succedette per poco tempo Celestino IV († 1241).
Nel 1243 fu eletto Innocenzo IV della famiglia genovese dei Fieschi. Il nuovo papa, dopo lunghe trattative, non sentendosi sicuro a Roma decise di trasferirsi a Lione, in Francia, dove convocò, per il 24 giugno 1245, un nuovo concilio nel quale solennemente scomunicò e depose l'imperatore e contro di lui bandì la crociata di tutti i popoli cristiani.
La bolla In Apostolicae Dignitatis Apicem documenta quindi quanto era accaduto e le motivazioni per cui il papa era giunto alla scomunica, alla deposizione imperiale e alla crociata contro il regnante svevo.
L'imperatore rispose con una lettera Etsi causae nostrae in cui si contestava al papa il potere di deporlo e quindi la sentenza emessa durante il concilio lionese era nulla e di nessun valore giuridico. La Curia papale rispose con il documento Aeger Cui Levia, in cui si comprovavano i vari titoli per cui il papa poteva deporre l'imperatore.
Effetti dell'atto di scomunica di Innocenzo IV
Fu un atto di grande portata storica.
Prima di Innocenzo IV era stato osato lo stesso atto da un solo Papa Gregorio VII nei confronti dell'imperatore Enrico IV re di Germania negli anni 1076 e 1080. I suoi successori si erano contentati di procedere contro prìncipi tiranni soltanto colla scomunica e con lo scioglimento dal giuramento di fedeltà, prestato dai vassalli; si erano tenuti dentro l'ambito della giurisdizione ecclesiastica, sebbene fossero convinti che queste pratiche coattive ecclesiastiche avrebbero dovuto avere delle conseguenze necessarie anche nell'ambito del diritto civile.
Innocenzo IV andò oltre: ripristinando la pretesa di Gregorio VII, depose direttamente Federico II. Il suo modo di procedere fece epoca. D'allora in poi la Santa Sede sarebbe stata persuasa di avere un tale diritto e ne fece uso,sebbene raramente; l'ultima volta nell'anno 1570, quando Pio V scomunicò e depose Elisabetta I, regina d'Inghilterra.
Prima di pronunziare la sentenza, Innocenzo IV aveva consultato i padri del concilio, se la Chiesa avesse il diritto di deporre un principe secolare. Con questa domanda, posta per cortesia e prudenza, il Papa non volle concedere ai padri del concilio nessun potere deliberativo. "Condannando l'imperatore, Innocenzo IV agì da monarca assoluto"[1].
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