Annunciazione (Beato Angelico, Firenze 1438)
Beato Angelico, Annunciazione alla presenza di san Pietro martire (1438 - 1440 ca.), affresco | |
Annunciazione della cella 3 | |
Opera d'arte | |
Stato | Italia |
Regione | Toscana |
Regione ecclesiastica | Toscana |
Provincia | Firenze |
Comune | Firenze |
Diocesi | Firenze |
Ubicazione specifica | Museo Nazionale di San Marco, primo piano, dormitorio, cella 3 |
Uso liturgico | nessuno |
Comune di provenienza | Firenze |
Luogo di provenienza | ubicazione originaria |
Oggetto | dipinto murale |
Soggetto | San Gabriele arcangelo annuncia a Maria la nascita di Gesù, alla presenza di san Pietro martire |
Datazione | 1438 - 1440 |
Ambito culturale | |
ambito fiorentino | |
Autore | Beato Angelico (Guido di Pietro) e bottega |
Materia e tecnica | affresco |
Misure | h. 176 cm; l. 148 cm |
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L'Annunciazione è un dipinto murale, eseguito tra il 1438 ed il 1440 circa, ad affresco, da Guido di Pietro, detto Beato Angelico, ubicato nella cella 3 del dormitorio, al primo piano, nel Convento di San Marco, oggi sede del Museo Nazionale di San Marco di Firenze.
Descrizione
Soggetto
La scena è svolge in un chiostro, spoglio di qualsiasi dettaglio, aperto sul lato sinistro su un'altra stanza, con volte a crociera ed esili colonne che reggono archi a tutto sesto. Il centro del dipinto è occupato dalla parete bianca, sulla quale si stagliano, i due protagonisti:
- san Gabriele arcangelo, sobrio e composto, con veste monocroma priva di dorature, come in tutto il resto dell'affresco, più tenue e spenta. Egli risponde al gesto di sottomissione incrociando anche lui le braccia sul petto. La parte superiore della sua tunica ha una forte caratura plastica, derivata da Masaccio, mentre quella inferiore, dalle pieghe a cannula che discendono inclinandosi sul dietro, ricorda l'esempio di Lorenzo Ghiberti.
- Maria Vergine, inginocchiata, su uno sgabello che, tenendo un libro in mano (simbolo delle Sacre Scritture che si avverano con la sua decisione), incrocia le braccia e s'inchina verso l'Arcangelo in segno d'accettazione ed umiltà, sollevando anche un lembo della veste che ricade in snelle pieghe verticali.
- san Pietro martire, da dietro un'arcata, osserva la scena con discrezione, mantenendosi ad una certa distanza, e prega guardando verso la Madonna. La presenza di un Santo domenicano attualizza il messaggio della narrazione evangelica, suggerendone la piena coerenza alla regola dell'Ordine.
Note stilistiche, iconografiche ed iconologiche
- Nell'opera è assente l'usuale colomba dello Spirito Santo, ma l'elemento divino è, comunque, rappresentato dalla fiammella che arde sopra la testa dell'Arcangelo.
- La sobrietà e semplicità dell'opera è sicuramente influenzata dalla destinazione particolare dell'ambiente nel quale è ubicato, dove i frati vivevano una vita fatta di contemplazione, preghiera e meditazione. Ciò porta ad una lettura dell'episodio evangelico più essenziale e quindi più efficace, scevra da distrazioni decorative superflue e adeguata più che mai all'immediatezza narrativa.
- I corpi dei personaggi sono scolpiti dalla luce cristallina, che dà una forte sensazione, tramite il chiaroscuro, di rilievo plastico. Le fisionomie sono dolci, ma incisive, il panneggio realistico, la collocazione spaziale è solida e ben calibrata.
Notizie storico-critiche
Il Convento di San Marco, appartenuto ai monaci silvestrini, fu affidato nel 1436 ai domenicani di Fiesole dal papa Eugenio IV. L'edificio, che era gravemente degradato, venne radicalmente ristrutturato e trasformato dall'architetto fiorentino Bartolomeo Michelozzi (1396 – 1472) a partire dal 1437 su incarico di Cosimo de' Medici (1389 – 1464). I lavori si prolungarono fino al 1452, iniziando dalle celle e proseguendo con la sistemazione del chiostro, della sala capitolare e della biblioteca (1444); veniva intanto ultimata la chiesa, consacrata nel 1443.
La decorazione pittorica fu affidata a Beato Angelico, che ne curò l'esecuzione fra il 1438 e il 1446, parallelamente al progredire dei lavori architettonici di Michelozzo, sino alla partenza per Roma, avvenuta nel 1446 - 1447. Secondo lo storico dell'arte John Pope-Hennessy, il pittore ritornò a dedicarsi alla decorazione del convento anche dopo il ritorno dal soggiorno romano. Si può, quindi, complessivamente stabilire un periodo di attività nell'edificio dal 1438 al 1446-1450.
L'opera, in particolare, fa parte del ciclo di dipinti murali, che decorano le 44 celle del dormitorio al primo piano, affrescate dall'Angelico e dai suoi aiuti, primo fra tutti Benozzo Gozzoli (1420-1497), fra il 1438 ed 1450, e costituiscono uno degli insiemi più celebri e stilisticamente maturi di tutta l’arte del Quattrocento. L’esecuzione dei singoli dipinti (uno per cella) è semplice ed essenziale, poiché questi sono dedicati ai frati secondo quanto si conviene a degli uomini di fede. I soggetti, tratti in gran parte dal Nuovo Testamento, con particolare insistenza sul tema della Passione di Gesù Cristo, costituiscono una sorta di spunto per la preghiera e la meditazione quotidiana.
Bibliografia | |
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