Annunciazione (Leonardo)
Leonardo da Vinci, Annunciazione (1472 - 1475), tempera e olio su tavola | |
Annunciazione | |
Opera d'arte | |
Stato | Italia |
Regione | Toscana |
Regione ecclesiastica | Toscana |
Provincia | Firenze |
Comune | Firenze |
Diocesi | Firenze |
Ubicazione specifica | Galleria degli Uffizi |
Uso liturgico | nessuno |
Comune di provenienza | Firenze |
Luogo di provenienza | Chiesa di San Bartolomeo a Monte Oliveto |
Oggetto | dipinto |
Soggetto | San Gabriele arcangelo annuncia a Maria Vergine la nascita di Gesù |
Datazione | 1472 - 1475 |
Ambito culturale | |
Autore | Leonardo da Vinci |
Altre attribuzioni | Domenico Ghirlandaio |
Materia e tecnica | tempera ed olio |
Misure | h. 98 cm; l. 217 cm |
|
L'Annunciazione è un dipinto, eseguito nel 1472 - 1475, a tempera e olio su tavola, da Leonardo da Vinci (1452 – 1519), proveniente dalla Chiesa di San Bartolomeo a Monte Oliveto di Firenze e conservato presso la Galleria degli Uffizi della città toscana.
Descrizione
Soggetto
La scena dell'Annunciazione si svolge in una giornata primaverile e nello spazio antistante una tipica villa fiorentina del XV secolo, dove compaiono:
- Maria Vergine, seduta dietro ad un tavolo marmoreo scolpito su cui è appoggiato un leggio, coperto da un raffinato velo semitrasparente: ritrae delicatamente la mano la sinistra come a dire "Come è possibile? Non conosco uomo", mentre con la destra sia sfoglia le pagine del testo sacro sia le tiene come se volesse evitare che si chiudesse, magari per il vento provocato dal sopraggiungere dell'angelo. La Madonna indossa un ampio mantello blu che le copre le gambe, ricadente anche sul seggio, che dà un forte senso di plasticità ed esalta la forma nascosta delle stesse.
- San Gabriele arcangelo: è raffigurato come appena sceso da cielo con le ali ancora battenti, colte nel momento di richiudersi. La veste, però, a differenza d'altri esempi (come l'Annunciazione di Simone Martini), è già completamente ricaduta al suolo e mostra il suo peso sull'erba, in cui sembra anche di poter cogliere lo spostamento d'aria dell'atterraggio. A differenza degli angeli normalmente rappresentati, però, non ha ali di pavone (simbolo d'immortalità), bensì ali di un uccello autentico, studiate attraverso l'anatomia propria dei volatili. L'impostazione della posizione è classica leonardesca, considerando il panneggio, a pieghe ampie e morbide. La posizione delle mani è naturale: la destra è benedicente, mentre la sinistra regge il giglio, simbolo di purezza. Lo sguardo è rivolto verso Maria Vergine, nell'atto dell'annuncio.
Ambientazione
Leonardo da Vinci si distaccò consapevolmente dall'iconografia tradizionale del tema dell'Annunciazione ambientando la scena all'esterno della casa di Maria, in un giardino dal prato cosparso di fiori, anziché nella consueta loggia o della camera da letto della Madonna. Infatti, secondo la tradizione medioevale l'ambientazione era sempre collocata in un luogo chiuso, almeno per quanto riguardava la Vergine, in modo da inserire elementi iconografici, quali il letto, mentre Arcangelo poteva essere posizionato all'esterno, ma in un hortus conclusus, ovvero un giardino racchiuso da mura che alludevano al ventre di Maria.
L'artista mantiene, in ogni caso, anche alcuni elementi tradizionali:
- la presenza e la collocazione dei due personaggi (la Madonna a destra e l'Arcangelo a sinistra), come ad esempio nelle Annunciazioni di Beato Angelico.
- per mantenere l'atmosfera discreta dell'incontro Leonardo da Vinci dipinse la Madonna in un angolo del palazzo, facendo intravedere il letto dal portale (fuori foto); poi, un muro delimita il giardino, ma con un passaggio.
L'ampia parte della scena dedicata alla natura sembra voler porre l'accento sul miracolo dell'Incarnazione divina, per opera dello Spirito Santo, coinvolga, oltre che una donna come Maria, ma l'intero creato. Grande attenzione è riservata, infatti, alla descrizione botanica dei fiori e delle altre specie vegetali presenti sia nel prato, che nello sfondo: si tratta di una lode alla varietà e ricchezza della creazione divina. Le erbe e i fiori del giardino, in particolar modo, appaiono studiati dal vero, con una precisione quasi lenticolare. Nello sfondo, oltre il muretto, si vedono un fiume con anse e barche, montagne punteggiate da torri e alberi. La luce è chiara, come mattutina, e ingentilisce i contorni delle figure, preannunciando lo "sfumato".
L'impostazione spaziale, anziché essere data dalla prospettiva geometrica quattrocentesca è resa piuttosto dal digradare progressivo dei colori, soprattutto nello sfondo: Leonardo da Vinci si servì, infatti, della prospettiva aerea, tecnica che prevedeva una colorazione più tenue e sfumata per i particolari più lontani, come se fossero avvolti in una foschia; egli sapeva, infatti, che tra l'occhio e un soggetto messo a distanza si sovrappongono molti strati di pulviscolo atmosferico, che rendono i contorni meno nitidi, a volte confusi. Gli oggetti vicini vennero, invece raffigurati, minuziosamente proprio perché più gli oggetti sono attigui, più si vedono bene. Si comprende che questa è un'opera giovanile dal fatto che la prospettiva aerea non è resa gradualmente, ma c'è come uno stacco al di là degli alberi più prossimi, troppo nitidi rispetto allo sfondo. Di questi alberi, i cipressi sono sistemati come colonne, sembrano dividere matematicamente la scena.
Note stilistiche, iconografiche e iconologiche
- Evidenti sono i legami con la bottega del maestro Andrea di Cione, egregiamente esemplificati dalla raffinatezza dei gesti e dal panneggio delle vesti, dalla presenza del tavolo su cui poggia il leggio affine, in particolare nelle zampe leonine e nei decori fitomorfi, al Monumento funebre di Giovanni e Piero de' Medici (1469 - 1472), realizzato proprio dal Verrocchio, nella Sagrestia Vecchia della Basilica di San Lorenzo a Firenze.
- Giorgio Vasari racconta che talvolta Leonardo da Vinci faceva modelli in argilla delle figure, li avvolgeva in morbidi manti bagnati nel gesso e quindi riproduceva pazientemente l'andamento del panneggio.
- Nell'opera esiste un "errore" di prospettiva: la Madonna, infatti, è troppo arretrata ed il suo braccio destro, eccessivamente allungato, non potrebbe verosimilmente mai raggiungere il margine del libro, come invece l'artista vuole mostrarci; tale deformazione prospettica risulta attenuata, se si adotta il corretto punto di vista pensato leggermente a destra del dipinto: questa tecnica ottica è detta l'anamorfismo, era già stata utilizzata da altri artisti fiorentini come Donatello e Filippo Lippi, ma si trova anche in studi nei taccuini di Leonardo da Vinci.
Notizie storico-critiche
Si hanno scarse informazioni sulle origini di quest'opera; probabilmente si tratta di una delle prime committenze che Leonardo riuscì a guadagnarsi, mentre era "a bottega" da Andrea del Verrocchio (1436 - 1488).
L'opera si trovava nella Chiesa di San Bartolomeo, presso il monastero degli Olivetani, sulle colline meridionali di Firenze, dove restò fino al 1867, quando fu trasferita alla Galleria degli Uffizi. Non è, comunque, certo che questa fosse l'ubicazione originaria del dipinto, poiché Giorgio Vasari non la indicò nel corredo artistico del convento, pur essendo accuratamente informato a riguardo dall'amico e frate olivetano, don Miniato Pitti.
Il dipinto era ritenuto opera di Domenico Ghirlandaio (1449 – 1494), fino a, quando gli studi successivi alla sua sistemazione alla Galleria degli Uffizi non lo ricondussero alla fase giovanile di Leonardo. I dubbi oggi sono stati quasi del tutto risolti, dopo il ritrovamento di tre disegni preparatori di Leonardo, che hanno confermato la tesi attributiva:
- Studio per la manica destra di san Gabriele arcangelo custodito nella Christ Church Library di Oxford;
- Studio per una Maria Vergine annunciata, conservato al Museo del Louvre a Parigi, dove è raffigurata il mantello di una Madonna seduta;
- Studio per una Maria Vergine annunciata, conservato nel Gabinetto delle Stampe di Roma, dove è disegnato il mantello di una Madonna inginocchiata: in questo sono straordinari l'accuratezza disegnativa e la sfaccettatura dei piani del panneggio, rischiarati da una luminosità riflettente memore delle esperienze fiamminghe.
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