Messe Gregoriane

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Un'immagine devozionale della metà del XX secolo raffigurante il valore di suffragio del Sacrificio della Messa

Le Messe Gregoriane sono la pratica per cui vengono celebrate trenta Sante Messe per trenta giorni consecutivi in suffragio di un defunto.

Origine

La pratica è collegata al papa Gregorio Magno († 604), che insisteva, al pari di sant'Agostino, sul grande valore di suffragio della Celebrazione Eucaristica nei confronti dei defunti.

L'origine di questa pia pratica è raccontate con toni vivaci e immaginifici in un passo del IV libro dei Dialoghi, dove si narra di un monaco morto senza riconciliazione con la Chiesa dopo aver commesso un grave peccato contro la povertà. Dopo trenta giorni durante i quali era stata celebrata per lui una Messa quotidiana di suffragio apparve ad un confratello annunciando la sua liberazione dalle pene del purgatorio[1][2].

Disciplina ecclesiale

Il racconto dei Dialoghi non ha la pretesa di essere strettamente storico, ma ha piuttosto un carattere illustrativo, esemplare, secondo un genere letterario assai diffuso nel medioevo. Esprime comunque una prassi che si è diffusa soprattutto verso l'anno mille, non senza ricadute negative sulla teologia e sulla prassi della Messa, che finì sovente per essere percepita in primo luogo come preghiera di suffragio[3]. Persino al Concilio di Trento le Messe gregoriane appaiono fra gli abusi da correggere[4]. A Trento esse non furono abolite soprattutto per rispetto verso san Gregorio Magno, al quale veniva attribuita l'istituzione delle stesse, e anche per la larga diffusione popolare.

Nel 1967 la Congregazione del Concilio, per evitare malintesi sconfinamenti verso la magia, ha previsto una deroga nella successione ininterrotta di queste Messe per un improvviso impedimento o altra ragionevole causa[5].

Valutazione pastorale

Le Messe Gregoriane costituiscono sicuramente una prassi lecita e suggerita da autentica fede e devozione, ma pastoralmente c'è il rischio di legare la salvezza all'automatismo di una pratica, cioè alla semplice e materiale esecuzione delle trenta Messe consecutive[6].

La teologia considera che, pur accettando questa pia e antica tradizione, che esprime una grande fede nel valore del sacrificio di Cristo, non bisogna mai dimenticare che nulla possiamo sapere riguardo alle modalità applicative di questa grazia da parte di Dio. Pertanto non si può affermare con certezza che dopo la celebrazione di trenta Messe il defunto sia liberato dalle pene del purgatorio.

Infine non bisogna dimenticare che il sacrificio di Cristo diventa pienamente efficace per noi e i nostri defunti nella misura in cui la nostra esistenza diventa concreta partecipazione alla vita di Cristo.

Note
  1. Cfr. Dialoghi IV, 55.
  2. Un altro passo narra del dialogo dal quale la pratica si originò:
    « Erano ormai passati trenta giorni dalla morte di Giusto (un monaco confratello di Gregorio) e io cominciai ad avere compassione di lui (..) e mi chiedevo se vi fosse qualche mezzo per liberarlo. Allora, chiamato il priore del nostro monastero, Prezioso, accorato gli dissi: "Da tanto tempo, ormai, quel nostro fratello morto è nel tormento del fuoco. Gli dobbiamo un atto di carità". (..) "Va', dunque, e da oggi, per trenta giorni consecutivi, abbi cura di offrire per lui il Santo Sacrificio". »
    (4, 57, 14)
  3. Cfr. Josef Andreas Jungmann, Missarum Sollemnia, I, 111.
  4. Sessione XXII. Cfr. Acta Concilii Tridentini, t. 8, p. 743 e 917.
  5. Il testo completo della Dichiarazione della Congregazione del Concilio:
    « La serie delle trenta messe gregoriane, anche se viene interrotta per un improvviso impedimento (per es. una malattia) o per altra ragionevole causa (per es. celebrazione di una messa funebre o di un matrimonio), per disposizione della Chiesa conserva integri i suoi frutti di suffragio, che la prassi della Chiesa e la pietà dei fedeli le hanno finora riconosciuto. Resta tuttavia l'obbligo per il sacerdote celebrante di completare quanto prima la celebrazione delle trenta messe.

    L'Ordinario poi vigili opportunamente affinché non si verifichino abusi in materia di tanta importanza. »

    (Dichiarazione Tricenario Gregoriano, 24 febbraio 1967, in Enchiridion Vaticanum 2, n. 966)
  6. Silvano Sirboni (2006) 6.
Bibliografia
Voci correlate