Comune e Chiesa
La nascita del Comune, nel Medioevo italiano, tra l'XI e il XIII secolo, è un fenomeno storico che ha interessato in modo rilevante e significativo sia la Storia della Chiesa che la società civile. Nella lotta tra Papato e Impero, nasce il libero Comune.
Lotta per le investiture e origini del Comune
Le origini del Comune vengono fatte risalire al periodo della lotta per le investiture, tra la fine dell'XI secolo e gli inizi del XII. La Chiesa stava lottando per conseguire l'indipendenza della sua gerarchia dall'autorità degli imperatori e grandi signori, e per sottrarsi a quella feudalizzazione della società ecclesiastica che era stata la prima ragione di corruzione nella Chiesa: gli ecclesiastici si interessavano infatti più delle cose del mondo che delle cose dello spirito. I circa cinquanta anni di tali contese logorarono la potenza imperiale e misero in difficoltà tutto il sistema imperniato sulla feudalità.
Iniziatore della emancipazione degli ecclesiastici dalla tutela del feudalesimo fu papa Gregorio VII, che propugnò quella che dal suo nome venne chiamata Riforma Gregoriana. Essa ebbe il suo vertice nella scomunica dell'imperatore Enrico IV, in quello che passò alla storia come l'episodio di Canossa, e nel Dictatus papae.
Dalla lotta tra papato ed impero il prestigio dei vescovi e prelati simoniaci, o comunque asserviti al potere imperiale nelle sue espressioni feudali, ne scapitò grandemente. Se ne giovarono, invece, le forze cittadine, che già avevano appoggiato, a volte con grande entusiasmo, le tendenze alla riforma della Chiesa e la predicazione dei monaci. Per questo si erano rivolte contro i pastori indegni, in alcuni casi cacciandoli dalla loro sede. Si distinse, in questo movimento popolare, la Pataria che interessò soprattutto i nascenti comuni del Nord Italia.
La crisi del sistema feudale del Sacro Romano Impero
Il sempre più blando controllo imperiale sulle città, la crisi del sistema feudale, il discredito di una parte dell'episcopato restio alla riforma propugnata dai papi, incoraggiò gli elementi cittadini più avveduti e responsabili a puntare verso la conquista del potere e a rendersi autonomi dalla tutela dei feudatari. "Condizione determinante per il maturare dei nuovi eventi era stato il risveglio della coscienza cittadina e della vita economica dopo il lungo torpore dell'alto Medioevo"[1]. I cittadini si raccolsero in gruppi, in vicinie, in organizzazioni di vario tipo a sfondo religioso (compagnie), o economico (le arti), oppure militare per la migliore tutela dei loro interessi o diritti.
Il ruolo del vescovo-conte nei Comuni
In questo fermento, attorno al vescovo, che spesso era il conte della città, si era formata una burocrazia di viceconti, vicedomini, advocati, funzionari minori, con cui il vescovo si consultava, a cui delegava compiti e prerogative giurisdizionali, non potendo assolvere personalmente tutti gli impegni. L'aumento della popolazione e il dilatarsi degli interessi commerciali oltre le mura cittadine, fecero comprendere al feudatario (ecclesiastico o laico che sia) di avere più che mai bisogno di collaborazione. Essa veniva data con la concessione, a persone e gruppi qualificati di cittadini, di privilegi e carte di immunità. A volte accadeva che cittadini ragguardevoli, viste le difficoltà in cui veniva a trovarsi l'esercizio amministrativo del feudatario, si facessero avanti per offrire loro stessi servizi, ivi compresa la risoluzione di problemi finanziari in cui il vescovo veniva a trovarsi. Lentamente i gruppi più preparati di cittadini vennero a surrogare quasi completamente i compiti politico-amministrativi del vescovo.
Roma e il Patrimonio di San Pietro
Il comune di Roma si stacca, per la sua peculiare vicenda storica. Esso vive la sua effimera travagliata vicenda a metà del secolo XII e metà del secolo seguente, il cui personaggio più significativo è rappresentato da Cola di Rienzo[2] in forte contrasto con il potere sovrano di Pontefici. Oltre le mura dell'Urbe, però, il movimento comunale vive la sua stagione più fervida e determinata. I papi sono pronti ad appoggiare le autonomie cittadine nei confronti della ricorrente volontà restauratrice del Sacro Romano Impero secondo le ricorrenti velleità degli imperatori in carica.
La parte guelfa filopapale e antimperiale
Un forte vincolo di solidarietà unisce i Comuni guelfi, che costituiscono la pars Ecclesiae, e le varie leghe lombarde, a Roma e al papato, ai tempi della lotta con Federico Barbarossa e poi con Federico II di Svevia: solidarietà che deriva dalla percezione del comune pericolo nei confronti di un potere centrale non sempre attento alle reali necessità dei cittadini ed al dinamismo crescente dell'economia di mercato ed alle altre libere iniziative. Il fronte unico Comuni-Papato porta alla fatale disgregazione del regno d'Italia come parte integrante del Sacro Romano Impero. Anche il papato corre lo stesso rischio perché pure nel Patrimonio di San Pietro pullulano i liberi Comuni. Solo con il cardinale Egidio Albornoz[3] che redasse precise Costituzioni, saranno definiti i limiti delle autonomie cittadine nell'ambito dei territori di quello che sarà lo Stato Pontificio.
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