Dio esiste, io l'ho incontrato

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Dio esiste, io l'ho incontrato.jpg
Copertina dell'edizione italiana
Sigla biblica
Titolo originale Dieu existe, je l'ai rencontré
Altri titoli
Nazione bandiera Francia
Lingua originale francese
Traduzione
Ambito culturale
Autore André Frossard
Note sull'autore
Pseudonimo
Serie
Collana
Editore Arthème Fayard
Datazione 1969
Datazione italiana
Luogo edizione
Numero di pagine 174
Genere saggio autobiografico
Ambientazione
Ambientazione Geografica
Ambientazione Storica

Personaggi principali:

Titoli dei racconti
Della serie {{{Serie}}}
Libro precedente
Libro successivo
Adattamento teatrale
Adattamento televisivo
Adattamento cinematografico
Note
Premi:
Collegamenti esterni:
ID ISBN

Dio esiste, io l'ho incontrato è un saggio scritto da André Frossard. Pubblicato nel 1969, è il racconto della straordinaria conversione dell'autore .

Contenuto

André Frossard

Il breve testo inizia con una citazione di Georges Bernanos:

« I convertiti sono ingombranti"; essa vuole spiegare perché l'autore ha rimandato a lungo la stesura del libro, temendo di peccare di immodestia. Ma alla fine ha prevalso il desiderio di comunicare ad altri la propria esperienza: entrato casualmente a vent'anni in una chiesa parigina ateo, ne uscì cinque minuti dopo "cattolico, apostolico, romano»

I capitoli si susseguono disuguali per numero di pagine, senza titolo e senza numeri: l'autore parla, in una prosa brillante, della sua infanzia a Foussemagne - dove convivevano pacificamente cristiani ed ebrei, così come conservatori e progressisti -, il paese natale del padre, ebreo e comunista, e dei rapporti familiari dove gli affetti erano congelati da un rigido formalismo.

Nel quarto capitolo, che inizia con la frase "Dio non esisteva", Frossard definisce la sua come una famiglia di "atei perfetti", intendendo con questo che non si limitavano a negare l'esistenza di Dio, ma che non si ponevano neppure il problema. Proseguendo nel racconto dell'infanzia, si apprendono altri particolari: il non essere battezzato, scelta eventualmente rimandata alla maggiore età, il protestantesimo del lato materno, l'amore per l'Iliade, l'affetto per i nonni, il talento per il disegno, la tendenza alla solitudine, la povertà del tessuto sociale, la bomba che viola il rifugio ferendo André e la madre, quest'ultima descritta come "giovane, bionda e bella".

La politica aveva fatto incontrare i suoi genitori, e la politica aveva fatto perdere il posto di insegnante al padre, successivamente primo segretario generale del Partito Comunista Francese. Ammirava il padre, nato per la politica e dotato di una memoria straordinaria, distaccato dai beni materiali, come ogni idealista. Al momento giusto, Frossard iniziò a leggere i principi del marxismo, venendo a conoscenza del proletariato e della lotta di classe.

Dopo le elementari, a soli nove anni e mezzo iniziò il liceo, ma l'età e l'ambiente lo condizionarono: spesso non frequentava, rifugiandosi nei saggi di Voltaire e Rousseau, finché arrivò una bocciatura. Fu iscritto allora alla scuola di arti decorative, sempre più restio ad accettare regole. Un episodio singolare però lo vide, a quindici anni, regalare una sera a un mendicante i soldi destinati invece a un incontro mercenario di iniziazione al sesso. Dopo gli insuccessi scolastici il padre gli trovò, a diciassette anni, un posto in un giornale della sera, dove si occupò di cronaca nera.

Singolarmente, l'autore anticipa i risultati della sua conversione al racconto dell'episodio vero e proprio, narrando l'imbarazzo e le preoccupazioni in famiglia, a causa dell'importante incarico politico del padre, e il disinteresse degli altri, al di fuori del suo migliore amico, Willemin.

La sera dell'8 luglio, Frossard attendeva Willemin fuori dalla chiesa dove l'amico era entrato. I suoi pensieri andavano all'appuntamento della serata con una "tedeschina di Belle Arti". Manca una dozzina di pagine alla conclusione del libro e l'autore, riferendosi a quella fatidica serata annota:

« Non provo alcuna curiosità per le cose della religione... sono le diciassette e dieci. Tra due minuti, sarò cristiano»

Willemin tarda un poco, e Frossard entra a sua volta in chiesa per cercarlo. Si ferma davanti a un ostensorio, di cui non conosce il significato e, mentre osserva una candela, si verifica qualcosa che non riesce a esprimere con parole adeguate. Sente come sussurrate le parole "vita spirituale" e, subito dopo, in una luminosità quasi insostenibile, vede un altro mondo, che è la verità:

« C'è un ordine, nell'universo, ed alla sommità... l'evidenza di Dio... colui che i cristiani chiamano "padre nostro", e del quale sento la dolcezza. »

Una nuova gioia pervade Frossard. Fuori dalla chiesa ritrova l'amico e gli dice:

« Sono cattolico, apostolico e romano... Dio esiste ed è tutto vero. »

Dopo lo stupore iniziale si prepara al battesimo, imparando quella religione di cui non conosceva nulla. Dio è amore, e l'autore così conclude la sua testimonianza:

« Amore, per parlare di te sarà troppo corta l'eternità»

Dalla conversione al libro

Intervistato da Vittorio Messori nel libro Inchiesta sul Cristianesimo, Frossard spiega perché, dopo la conversione, ha aspettato più di trent'anni per scrivere la sua esperienza: sapeva che subito non sarebbe stato creduto, e allora

« ho lavorato sodo per farmi un nome come giornalista e scrittore e sperare così di non essere preso per pazzo quando avessi assolto al mio debito: raccontare ciò che mi era avvenuto.[1] »

Quando nel 1969, spinto tra gli altri da François Mauriac, pubblicò "Dieu existe, je l’ai rencontré", il libro divenne subito un bestseller, visto con inquietudine da molti laici e perplessità da certi cattolici, perché "una simile conversione misteriosa non rientrava nello schema di un cristianesimo ormai razionalizzato[2]".

Frossard non sa perché sia toccato proprio a lui di sperimentare quella che ha definito "l'evidenza di Dio", ma da quel momento ha sentito la necessità di testimoniare la sua esperienza. Quando un prete gli insegnò il catechismo, lo scrittore racconta: "Scoprii così che Roma aveva già messo in formule, da secoli, quello che io avevo visto di colpo nella cappella".

Nell'intervista dice di amare una fede semplice, lontana da complicazioni intellettuali perché,

« quando si incontra Dio, la prima scoperta è l'insignificanza di tutte le cose che anche oggi i cristiani, esclusi ovviamente i santi, prendono così ridicolmente sul serio.[3] »
Note
  1. Vittorio Messori, Inchiesta sul cristianesimo, Oscar Mondadori, 2010, p. 142
  2. Ibidem, p. 143
  3. Ibidem p. 147
Voci correlate
Collegamenti esterni