Prostituzione
Con il termine prostituzione si indica l'offerta di prestazioni sessuali, dietro pagamento di un corrispettivo in denaro.
La Chiesa condanna in modo esplicito e determinato la prostituzione perché vi vede un abuso della sessualità. Nel piano di Dio infatti la sessualità è al servizio di una relazione d'amore, per cui l'uomo e la donna diventano una carne sola e si amano in un rapporto stabile di reciproca condivisione e donazione, nell'apertura alla fecondità.
Il Catechismo della Chiesa cattolica al n.2355 così si esprime in merito:
« | La prostituzione offende la dignità della persona che si prostituisce, ridotta al piacere venereo che procura. Colui che paga pecca gravemente contro se stesso: viola la castità, alla quale lo impegna il Battesimo e macchia il suo corpo, tempio dello Spirito Santo. La prostituzione costituisce una piaga sociale. Normalmente colpisce donne, ma anche uomini, bambini o adolescenti (in questi due ultimi casi il peccato è, al tempo stesso, anche uno scandalo). Il darsi alla prostituzione è sempre gravemente peccaminoso, tuttavia l'imputabilità della colpa può essere attenuata dalla miseria, dal ricatto e dalla pressione sociale. » |
Chi pratica la prostituzione, dunque, usa in maniera impropria e peccaminosa la sessualità perché, a rapporti gratuiti di comunione stabile e profonda sostituisce rapporti di scambio, dove la persona si vende e si compra; il corpo viene mercificato.
Con la prostituzione il corpo, dono di Dio, è offeso nella sua dignità; praticandola,infatti, si autorizza un altro, a farsi padrone, gestore, di quel dono, per un compenso che consiste spesso in beni materiali.
Nell'Antico Testamento
Sono numerosi i versetti che nell'Antico Testamento condannano la prostituzione, e puniscono con pene severe anche chi la favorisce.
La prostituzione sacra dei popoli vicini
Era infatti prevista la lapidazione, punizione questa, che spettava a tutti gli atti riconosciuti blasfemi ed infami nella casa di Israele, perché disonoranti e non rispettosi della legge di Dio e del prossimo.
La Bibbia condanna anche quelle forme di prostituzione sacra accettate e riconosciute dalle religioni pagane. Pertanto, non è lecito prostituirsi, nemmeno per sacrificio e per amore di Dio:
« | Non vi sarà alcuna donna dedita alla prostituzione sacra tra le figlie d'Israele, né vi sarà alcun uomo dedito alla prostituzione sacra tra i figli d'Israele. » | |
La prostituzione come linguaggio per parlare dell'idolatria
La prostituzione è spesso paragonata all'idolatria. Il libro di Osea utilizza proprio l'immagine simbolica della prostituzione per indicare l'infedeltà del popolo d'Israele che aveva adorato altre divinità.
Nonostante questa aperta condanna, le prostitute avevano comunque un ruolo sociale ben definito, tanto che la Bibbia parla spesso di loro e degli uomini che le cercano. La presenza di tale realtà risulta ancora più evidente se si considera che non è semplicemente la prostituta ad essere condannata, ma anche colui che permette tale fenomeno e che fa prostituire o che va con le prostitute. Da qui il monito:
« | Non profanare tua figlia, prostituendola, perché il Paese non si dia alla prostituzione e non si riempia di infamie. » | |
La cattiva condotta di una donna, ha una ricaduta in campo sociale, nella sfera dei comportamenti collettivi. Quindi, è un danno per tutti, perché viene a rompersi l'armonia di rapporti gratuiti e di reciprocità.
Ancora più evidente è il libro del Siracide su questo aspetto. In Sir 14,12 si parla della prostituzione come corruzione della vita:
« | L'invenzione degli idoli fu l'inizio della prostituzione, la loro scoperta portò la corruzione nella vita. » |
Gli idoli che sono all'origine della prostituzione hanno però rapida fine, perché vanno contro la natura, contro la vita e contro l'uomo. Nei libri profetici si trovano numerose invettive di Dio contro Gerusalemme che si è data alla "prostituzione", ossia a rapporti fuori dal patto di alleanza, conoscendo altre divinità.
La prostituzione diventa così un simbolo, un indicatore per eccellenza della condizione di Israele. Isaia in 1,21 si chiede:
« | Come mai è diventata una prostituta la città fedele? » |
Ed è una questione chiave che contrappone la prostituzione alla fedeltà, alla scelta di una relazione esclusiva e donativa.
Quando il popolo di Israele non custodisce più la sua elezione come dono, si dà agli idoli e cerca sicurezze altrove, quando non sa fare memoria della sua storia di salvezza, allora è diventato per Isaia, e così anche per Geremia, come una prostituta che si dà senza vivere la relazione, come una donna che si vende al primo passante che incontra. Gomer, la moglie di Osea si comporta proprio così.
« | Va', prenditi in moglie una prostituta e abbi figli di prostituzione, poiché il Paese non fa che prostituirsi allontanandosi dal Signore", questo è l'invito che il profeta Osea si sente rivolgere dal suo Dio. » | |
La cosa sconcerta sempre a un primo impatto. Dio ordina a Osea di sposarsi con una prostituta perché Israele, il popolo eletto di Dio da lui tanto amato, si sta prostituendo e sta mancando nella sua fedeltà.
Così lo sposalizio tra Osea e Gomer, la prostituta, simboleggia il matrimonio corrotto tra Dio e il suo popolo che concede il suo culto ad altri idoli e vive superficialmente non manifestando più fedeltà all'Alleanza.
Il risultato del matrimonio tra il profeta, simbolo di colui che ascolta e parla con rettitudine, mantenendo la fedeltà al suo Dio, e Gomer, simbolo dell'infedeltà e della chiusura sarà una non-relazione.
I figli generati da questa sono due, di nome Non-amata e Non-mio-popolo. I figli di prostituzione non possono essere amati, perché non sono nati da un rapporto d'amore. Ma proprio per questo il profeta deve trasformare la sua compagna da prostituta a donna soggetto del suo amore:
« | Si tolga dalla faccia i segni delle sue prostituzioni e i segni del suo adulterio dal suo petto altrimenti la spoglierò tutta nuda e la renderò come quando nacque e la ridurrò a un deserto, come una terra arida, e la farò morire di sete. » | |
Questi versetti sono, in realtà, pieni di amore, perché il Profeta, dopo aver eseguito gli ordini del Signore, si rende conto che la sua prostituta non può che generare non-amati, perché, prima ancora dei suoi figli, è lei stessa la non-amata.
La relazione che libera la prostituta è il risultato di un rapporto che la pone nella condizione di "neonata". Solo tornando fragile, bisognosa e recettiva come una bambina, potrà liberarsi dalla prostituzione.
Dovrà uscire dal mondo delle sicurezze, dalla ricerca dei doni della prostituzione per un dono più grande, quello della relazione. La rabbia del marito-Dio è feroce verso la sua sposa-Israele.
Dio non accetta l'essere considerato solo come padrone e che la sua donna-Israele corra tra le false sicurezze di tanti amanti:
« | In quel giorno mi chiamerai: "Marito mio", e non mi chiamerai più: "Mio padrone". Ti farò mia sposa per sempre, ti farò mia sposa nella giustizia e nel diritto, nella benevolenza e nell'amore, ti fidanzerò con me nella fedeltà e tu conoscerai il Signore. E avverrà in quel giorno – oracolo del Signore – io risponderò al cielo ed esso risponderà alla terra; la terra risponderà con il grano, il vino nuovo e l'olio e questi risponderanno a Israele. Io li seminerò di nuovo per me nel Paese e amerò Non-amata; e a Non-mio-popolo dirò: "Popolo mio", ed egli mi dirà: "Mio Dio". » | |
(Osea 2,18.21-25 )
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Sono parole di una dichiarazione d'amore. Alla prostituzione si oppone il desiderio di un'alleanza, di un continuo riconoscimento di sé e dell'altro;, alla fuga, alla precarietà si contrappone la fedeltà.
Ai linguaggi della prostituzione dove tutto è sfuggente, si contrappongono linguaggi di radicalità, totalità, parole di relazione. Alla negazione si contrappone un chiamare per nome, un riconoscere, tanto che i figli cambieranno nome in Amata e Popolo mio.
E, a sua volta, sentendosi riconosciuto, Popolo mio potrà chiamare per nome il suo Dio, ascoltarlo e lasciarsi guidare da colui che è suo sposo, per sempre, e non padrone, non dominatore senza pietà. È la promessa di una nuova alleanza.
Nel Nuovo Testamento
Nella genealogia di Gesù
Due prostitute sono presenti nella genealogia di Gesù presentata dall'evangelista Matteo (Mt 1,1-17 ):
- Tamar (Mt 1,3 ; cfr. Gen 38 ), nuora del patriarca Giuda: questi, per la legge del levirato, avrebbe dovuto sposarla per dare discendenza al fratello defunto, ma non lo fece. La donna si finse quindi prostituta per far sì che Giuda si unisse a lei e le desse un figlio.
- Raab o Racab (Mt 1,5 ; cfr. Gs 2,1; 6,17-23.25 ), una prostituta di Gerico, che nascose gli esploratori israeliti e per questo ne ebbe salva la vita nell'assedio della città. Nel Nuovo Testamento viene presentata come un modello di fede per aver accolto i rappresentanti del popolo eletto (Eb 11,31 ) e come modello di coloro che sono giustificati per le opere della fede.
La presenza di queste donne nella genealogia di Gesù fa riferimento al fatto che Cristo assunse la natura umana anche in quanto storia di peccato[1].
Nella predicazione di Gesù
Gesù poi parla delle prostitute per indicare il fatto che il loro peccato non ha impedito loro di convertirsi:
« | I pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio. » | |
« | È venuto a voi Giovanni nella via della giustizia e non gli avete creduto; i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto. Voi, al contrario, pur avendo visto queste cose, non vi siete nemmeno pentiti per credergli. » | |
Gesù vuole provocare i suoi uditori: chi sembra perduto trova la salvezza se si converte all'amore di Dio e cambia vita.
Note | |
Bibliografia | |
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Voci correlate | |