Comunismo

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Il comunismo, teorizzato da Carlo Marx, è un'ideologia totalitaria atea e antidemocratica, che ha come scopo l'imposizione della dittatura del proletariato per poter realizzare una società caratterizzata dall'abolizione delle classi sociali, della proprietà privata e dei mezzi di produzione, con l'emancipazione di tutti gli uomini e la partecipazione del popolo al Governo nazionale che porta, di conseguenza, all'annullamento dello Stato.

Marx ed Engels

Storia

Ideato dai due pensatori tedeschi Karl Marx e Friedrich Engels nel XIX secolo, esso ha avuto nel tempo diverse trasformazioni e interpretazioni. Nel Manifesto del partito comunista, pubblicato nel 1848, essi intravvedevano la necessità di una rivoluzione comunista, la quale avrebbe sostituito la dittatura della borghesia con la dittatura del proletariato tramite l'uso sistematico della violenza.

L'espansione dell'ideologia marxista nella sua interpretazione definita marxista-leninista andò oltre l'avanzata dell'Armata Rossa, arrivò infatti nella Repubblica Popolare Cinese, che fu proclamata nel 1949 dal dittatore Mao Zedong, Albania del dittatore Enver Hoxha e Cambogia del dittatore Pol Pot: tali Stati comunisti, dopo un periodo di buoni rapporti con l'URSS, non avendo alcuna intenzione di sottomettersi passivamente ai suoi dettami, ruppero i legami con i sovietici dando forma a una propria versione dell'ideologia comunista.

Verso la fine del XX secolo lo stato di necessità economica e sociale in cui versava l'URSS spinsero i vertici del partito comunista sovietico, allora presieduto da Mihail Gorbačëv, ad attuare una politica di rifondazione dello Stato e di apertura verso le nazioni con sistema politico democratico: tale fase storica in Russia fu definita con il termine Perestrojka.

Comunismo cristiano

L'ideale della comunione dei beni era già presente nel cristianesimo primitivo, come è testimoniato negli Atti degli apostoli e nel pensiero di sant'Agostino (354-430) e di sant'Ambrogio (340 ca.-397). In seguito, diverse correnti radicali ed ereticali cristiane hanno attaccato la proprietà privata, ritenuta fonte d'ingiustizia, considerando la comunione dei beni come necessaria alla realizzazione dell'autentico spirito fraterno.

Tali ideali tornarono di moda nel periodo della Riforma protestante con la guerra dei contadini tedeschi, che sconvolse l'Europa e finì nel sangue. Qualche anno prima, L'Utopia di Tommaso Moro e La città del sole di Tommaso Campanella poi, avevano descritto altre comunità ideali di tipo comunista, ma il comunismo cristiano niente ha in comune con il totalitarismo comunista di matrice marxista.

Critiche e condanne

La dottrina sociale della Chiesa Cattolica oltre a opporsi all'impostazione materialista e atea del comunismo[1], si è sempre pronunciata a favore dell'inviolabilità della proprietà privata vista come prolungamento della persona stessa. Mettere in comune la proprietà viene proposto dalla Chiesa, solo su base volontaria, come gesto di adesione ai suggerimenti evangelici.

« Il diritto alla proprietà privata, acquisita o ricevuta in giusto modo, non elimina l'originaria donazione della terra all'insieme dell'umanità. La destinazione universale dei beni rimane primaria, anche se la promozione del bene comune esige il rispetto della proprietà privata, del diritto a essa e del suo esercizio. »

Catechismo della Chiesa cattolica, III, sez. ii, cap. 2, art. 7, 2403[2]}}

Durante le persecuzioni dei cristiani perpetrate dai comunisti sovietici, Pio XI nell'enciclica Divini Redemptoris del 1937 definì il comunismo come un "flagello satanico" che "mira a capovolgere l'ordinamento sociale e a scalzare gli stessi fondamenti della civiltà cristiana" facendo precipitare le nazioni in una barbarie "peggiore di quella in cui ancora giaceva la maggior parte del mondo all'apparire del Redentore". La Chiesa Cattolica, supportata dal movimento del cristianesimo liberale, promulgò ufficialmente la scomunica ai comunisti contro i credenti che aderiscono ai movimenti di matrice marxista e che professano apertamente le idee comuniste. Tale scomunica è il nome con cui è conosciuto a livello popolare un decreto della Congregazione del Sant'Uffizio pubblicato il 1º luglio 1949: approvato da Papa Pio XII, il decreto dichiarava illecita, a detta della Congregazione, l'iscrizione al Partito Comunista Italiano, nonché ogni forma di appoggio a esso. La Congregazione dichiarava inoltre che quanti professavano la dottrina comunista erano da ritenere tutti apostati quindi incorrevano nella scomunica.[3] Papa Giovanni Paolo II nel 2004 definì il comunismo male necessario in un suo libro.[4]

Molti scrittori e attivisti politici si sono dimostrati critici nei confronti del comunismo; alcuni studiosi, ponendosi contro il comunismo marxista, sottolineano la violazione dei diritti umani da parte dei regimi comunisti, soprattutto a opera di Stalin e Mao Zedong.

Inoltre, filosofi e storici di formazione democratica vedono le vittime e i massacri causati dai regimi comunisti come conseguenze inevitabili dell'applicazione del marxismo,[5] mentre i pensatori e politici vicini al comunismo di solito sostengono la mancanza di un rapporto tra gl'ideali dichiarati e quanto compiuto dalle varie dittature a essi ispirati.

Vittime del comunismo

La realizzazione del totalitarismo comunista nelle varie nazioni, dove fu imposto, ha causato un numero enorme di vittime assassinate perché si opponevano all'ideologia comunista. Tale numero di vittime è difficilmente quantificabile e gli storici valutano stime che rientrano nella definizione storiografica di olocausto rosso, che è una locuzione usata dagli storici per intitolare libri riguardanti massacri perpetrati per ordine dei vari dittatori comunisti. Importanti storici affermano che i comunisti hanno massacrato nel mondo circa 20 milioni di cristiani, considerando membri del clero e fedeli credenti.[6]

Lo storico Rudolph Joseph Rummel ha compilato la voce "genocidio" per la enciclopedia Treccani: in tale articolo dichiara che i genocidi più criminali e cruenti furono attuati dai tiranni comunisti in diverse nazioni. Infatti Rummel afferma: nel corso del XX secolo i governi hanno ucciso circa 174 milioni di persone. In massima parte (probabilmente 110 milioni di persone) il genocidio è imputabile a governi comunisti, in particolare l'Unione Sovietica di Lenin, di Stalin e dei loro successori (62 milioni di vittime) e la Cina di Mao Zedong (35 milioni).[7]

Note
Voci correlate
Collegamenti esterni