Donatismo

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Charles-André van Loo, Sant'Agostino disputa con i donatisti, 1753 - Parigi, Coro della chiesa di Notre Dame des Victoires

Il donatismo fu un movimento eretico che prese il nome da Donato († 355), Vescovo di Casae Nigrae; fu caratterizzato in senso rigorista e millenarista; portò alla costituzione di una Chiesa cristiana africana, separata da quella cattolica e ad essa ostile.

Il movimento partiva da un atteggiamento eminentemente improntato al cristianesimo delle origini[1], ma arrivò a nutrire sospetto per tutto ciò che era politico-secolare e, in particolare, la Chiesa imperiale appoggiata dallo Stato; per i donatisti il Vescovo doveva quanto più possibile rimanere staccato dal potere politico. Il donatismo aveva il suo ideale nella Chiesa che soffre e in coloro che nelle persecuzioni rimasero fedeli; i martiri quindi e le loro reliquie venivano onorati in maniera perfino esagerata; conseguentemente, nutriva diffidenza verso coloro che nelle persecuzioni erano in qualunque modo venuti meno[2].

Contesto

Durante le ultime persecuzioni dell'impero romano, nel III e IV secolo la Chiesa fu spesso confrontata con il problema dei fedeli che, per vari motivi, si erano sottratti al martirio, alla tortura o alla prigione, rinnegando la propria fede con l'apostasia. Quando questi domandavano di essere riammessi nella Chiesa dopo che erano terminate le repressioni, bisognava regolare la disciplina sulla riammissione o meno. Gli scritti della Chiesa del tempo su questo tema sono molto estesi e ci permettono di averne un quadro molto preciso e dettagliato.

Nella letteratura del tempo costoro sono indicati con il termine di lapsi e suddivisi in varie categorie a seconda della gravità del peccato:

  • Libellatici, che si erano procurati documenti falsi, che attestavano il loro sacrificio agli dei.
  • Sacrificati, che avevano veramente fatto sacrificio agli dei.
  • Turificati, che avevano bruciato l'incenso agli dei.
  • Traditores, di norma sacerdoti o vescovi che avevano consegnato i Libri Sacri alle autorità.

All'interno della Chiesa, a partire dalla metà del III secolo, crebbero due linee di pensiero, quella ufficiale della Chiesa che fu sancita da vari sinodi e concili e che riammetteva questi peccatori dopo una adeguata penitenza, e quella degli intransigenti tra cui si ricordano Novaziano 250 ca. e Melezio di Licopoli agli inizi del secolo successivo, i quali non ritenevano più validi i sacramenti amministrati da prelati che si erano macchiati di questi peccati.

Storia

Lo scisma vero e proprio ebbe inizio con il Concilio di Cartagine (311), che era stato voluto fortemente dal vescovo Donato e che depose il neoeletto vescovo di Cartagine, l'ex traditor Ceciliano. Nel IV secolo si diffuse nella Chiesa nord africana, ed ebbe il periodo di massima espansione nel V secolo. Su incarico di Costantino lo scisma fu giudicato e condannato nel Concilio di Roma (313), ma lo stesso imperatore nel 321 decise, dopo disordini e conflitti tra la popolazione, di accordargli la tolleranza. Morto Donato nel 355 il movimento continuò, nonostante la proscrizione imperiale e le condanne della gerarchia cattolica, dando anche espressione a fermenti di rivoluzione sociale e nazionale contro Roma.

Al suo interno andarono costituendosi i circoncellioni, gruppi di braccianti cristiani di origine nomade che costituirono in un certo modo l'organizzazione armata del movimento. Decisiva per la fine del donatismo fu la polemica condotta da Ottato di Milevi e da sant'Agostino e che culminava nel Concilio di Cartagine (411), durante il quale le due parti si confrontarono aspramente. Il Concilio condannò definitivamente il donatismo. In particolare Sant'Agostino sostenne contro le tesi donatiste che la Chiesa è una comunità che comprende anche i peccatori e che la grazia dei sacramenti non dipende dalla moralità di chi li amministra.

Ideologia

I donatisti erano sostenitori di una "Chiesa dei martiri" ossia di una Chiesa di uomini perfetti e negavano la validità dei sacramenti, se amministrati da presbiteri in stato di peccato. Ponevano anche restrizioni all'ammissione dei lapsi[3], cioè di coloro che in seguito alle persecuzioni, in particolare quella di Diocleziano, avevano ceduto, abiurando o consegnando ai pagani i libri sacri.

Fondamento della dottrina donatista era il principio che il battesimo e l'Ordine Sacro non devono considerarsi mezzi di salvezza efficaci in se stessi, ma che la loro efficacia dipende dalla dignità di chi li amministra. Rispetto alla "grande Chiesa" si propone così come una Chiesa ristretta di martiri entro cui trovano posto solo i perfetti cristiani. Inoltre i donatisti negavano obbedienza alle autorità imperiali.

Note
  1. Significativa l'insistenza su espressioni come "Passa la scena di questo mondo" (1Cor 7,31 ) e "'Vieni, Signore Gesù" (Ap 22,20 ).
  2. Joseph Lortz, Storia della Chiesa considerata in prospettiva di storia delle idee, vol. I: Antichità e Medioevo, Edizioni Paoline, Cinisello Balsamo (MI), 1987, p. 205.
  3. termine latino che indica "caduti", "scivolati" ossia quanti avevano rinnegato la fede sotto la persecuzione e la tortura.
Voci correlate
Bibliografia
  • Donatismo, in Enciclopedia di Filosofia, Garzanti Milano 1981
  • AA.VV., Enciclopedia del Cristianesimo De Agostini, Novara, 2000