Festa di Sant'Agata (Catania)

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Festa di Sant'Agata (Catania)
Catania FestaS.Agata Fercoloinprocessione.jpg
Fercolo di Sant'Agata (1519) condotto in processione (4 febbraio)
Festa patronale
Processione
Festa locale
Commemorazione celebrata Sant'Agata, patrona della città
Chiamata anche
Note
Stato bandiera Italia
Regione Stemma Sicilia
Provincia Catania
Comune Catania
Località
Luogo specifico Vie del centro storico
Diocesi Catania
Periodo Inverno
Data inizio 3 febbraio
Data fine 6 febbraio
Data mobile
Data d'istituzione XII secolo
Organizzata da Arcidiocesi di Catania, "Circolo Cittadino di Sant'Agata"
Tradizioni religiose Offerta della cera, processioni
Tradizioni folcloristiche luminarie, cerei
Tradizioni culinarie cassatelle e olivette di sant'Agata, calia e simenza
Informazioni "Circolo cittadino Sant'Agata"
Via Etnea 23
95124 Catania
info@circolosantagata.it
Collegamenti esterni
Sito web

La Festa di Sant'Agata si svolge annualmente a Catania, dal 3 al 6 febbraio, in onore di sant'Agata (246 ca. - 261), martire e patrona della città. Questa festa straordinaria può essere paragonata solo alla Settimana Santa di Siviglia (Spagna) o al Corpus Domini di Cuzco (Perù).

Nel 2002 l'UNESCO, insieme con il riconoscimento di Patrimonio dell'Umanità per le città tardo barocche della Val di Noto (Sicilia orientale), ha conferito alla Festa di Sant'Agata il titolo di Bene Etno Antropologico Patrimonio dell'Umanità[1].

Storia

Le origini della venerazione di sant'Agata si fanno risalire all'anno seguente al martirio, ovvero al 252. Il popolo nutrì subito una grande devozione per questa donna che si era votata al martirio pur di difendere il suo onore e non abiurare la sua fede.

Le prime celebrazioni per sant'Agata si tennero, probabilmente, nel 1126 quando le spoglie della Santa, trafugate nel 1040, furono riportate in patria da due soldati, Gilberto e Goselino, dalla città di Costantinopoli.

I festeggiamenti erano per lo più di natura liturgica e si svolgevano all'interno della Cattedrale: questo è testimoniato indirettamente da quanto avvenne il 4 febbraio 1169, quando un tremendo terremoto rase al suolo la città di Catania, provocando anche il crollo del Duomo e la morte di migliaia di fedeli che partecipavano alla celebrazione.

Sol nel 1376, anno di costruzione della vara[2] (fercolo), in legno, si presume che siano iniziati i festeggiamenti con la processione per le vie della città.

La macchina processionale attuale venne costruita nel 1519 ed è tutta in argento su telaio in legno, ma venne, in gran parte, ricostruito nel 1946, dopo che nel corso di un intenso bombardamento sulla città (17 aprile 1943), era stata seriamente danneggiata.

Alla celebrazione religiosa si affiancò una festa più popolare, pertanto in abbinamento alla processione della vara per le vie cittadine, si inserirono spettacoli di diversa natura per accogliere i fedeli che arrivavano da tutta la Sicilia.

Fino al 1692 la festa si svolgeva solamente il 4 febbraio.

Dal 1712, la festa venne articolata in due giorni, il 4 e 5 febbraio; forse anche per il fatto che dopo il terremoto del 1693, che rase al suolo tutta la città, Catania venne ricostruita attuando una pianta ortogonale che rese la viabilità più facile con strade più larghe e ordinate, ma soprattutto la città si era ampliata e il percorso processionale non poteva più essere effettuato in un solo giorno.

Descrizione

Processione della Luminaria ed Offerta della cera

Le celebrazioni religiose iniziano il 3 febbraio con la processione per l'offerta della cera, che parte dalla Chiesa di Sant'Agata alla Fornace per raggiungere la Cattedrale di sant'Agata.

Da Palazzo degli Elefanti, sede del Comune, escono le due Carrozze del Senato (XVIII secolo) a bordo delle quali il sindaco e alcuni membri della Giunta si recano alla Chiesa di San Biagio per portare le chiavi della città alle autorità religiose. Questa prima giornata di festa si conclude in serata con un concerto di cori ("a sira 'o tri) in Piazza Duomo e un grandioso spettacolo di giochi pirotecnici.

I fuochi artificiali, durante la festa di sant'Agata, oltre a esprimere la grande gioia dei fedeli, assumono un significato particolare, perché ricordano che la patrona, martirizzata sulla brace, vigila sempre sul fuoco dell'Etna e di tutti gli incendi.

Messa dell'aurora e Processione fuori le Mura

Giovanni di Bartolo, reliquiario a busto di Sant'Agata (1376), argento sbalzato, cesellato, inciso e dorato, e smalto; Catania, Cattedrale di Sant'Agata

La festa prosegue il 4 febbraio, il giorno più emozionante, perché segna il primo incontro della città con la Santa patrona. Già dalle prime ore dell'alba le strade della città si popolano di "cittadini ". Nella Cattedrale alle prime luci dell'alba, il Reliquiario a busto di Sant'Agata (1373) viene portato fuori dalla "Cameretta" (un sacello), che lo custodisce durante l'anno, chiusa da un cancello di ferro che si apre con tre differenti chiavi, ognuna custodita da una persona diversa:

  • la prima dal tesoriere,
  • la seconda dal cerimoniere,
  • la terza dal priore del Capitolo della Cattedrale.

Quando la terza chiave toglie l'ultima mandata al cancello e il sacello viene aperto, il viso sorridente e sereno di sant'Agata si affaccia dalla cameretta nel crescente tripudio dei fedeli impazienti di rivederla.

Il Reliquiario a busto di Sant'Agata viene issato sul Fercolo (1519), foderato di velluto rosso, il colore del sangue del martirio, ma anche il colore dei re.

Prima di lasciare il Duomo per la tradizionale processione lungo le vie della città, Catania dà il benvenuto alla sua patrona con la solenne "Messa dell'Aurora", celebrata dall'Arcivescovo.

Al termine della celebrazione eucaristica il fercolo viene caricato anche del prezioso Reliquiario a scrigno di Sant'Agata (fine XV secolo) e viene portato in processione per il percorso esterno della città.

La processione del 4 febbraio (detta il "giro"), dura l'intera giornata. Il fercolo attraversa i luoghi del martirio e ripercorre le vicende della storia della "santuzza", che si intrecciano con quella della città: il Duomo, i luoghi del martirio, percorsi in fretta, senza soste, quasi a evitare alla Santa il rinnovarsi del triste ricordo. Una sosta viene fatta anche alla "marina" da cui i catanesi, addolorati e inermi, videro partire le reliquie della santa per Costantinopoli.

Fercolo con il reliquiario a busto di sant'Agata in processione

Segue una sosta alla colonna della peste, che ricorda il miracolo compiuto da sant'Agata nel 1743, quando la città fu risparmiata dall'epidemia. I "cittadini" guidano il fercolo tra la folla che si accalca lungo le strade e nelle piazze. In quattromila o cinquemila trainano la pesante macchina processionale. Tutti rigorosamente indossano il sacco votivo e a piccoli passi, tra la folla, trascinano il fercolo che, vuoto, pesa 17 quintali, ma, appesantito dallo scrigno, dal busto e dal carico di cera, può pesare fino a 30 quintali. A ritmo cadenzato e agitando i fazzoletti bianchi, in mezzo alla folla, gridano: "Tutti devoti tutti, cittadini, viva sant'Aita".[3].

Un lungo itinerario che terminerà solo alle prime luci dell'alba del 5 febbraio con il ritorno in Cattedrale.

Processione dentro le Mura

Il 5 febbraio, nella tarda mattinata, nella Cattedrale viene celebrato il solenne pontificale.

Nel pomeriggio, alle 18.00, ha inizio la seconda parte della processione che si snoda per le vie del centro di Catania, attraversando anche il "Borgo", il quartiere che accolse i profughi da Misterbianco, dopo l'eruzione del 1669. Il Fercolo di Sant'Agata sale per Via Etnea, giungendo a tarda notte in Piazza Cavour. Qui la Santa si ferma per un altro atteso spettacolo pirotecnico, dopo il quale il giro riprende giù lungo la Via Etnea fino alla "cchianata 'i Sangiulianu"; questo è il momento più atteso, il passaggio per la via di San Giuliano, che per la pendenza è il punto più pericoloso di tutta la processione. Esso rappresenta una prova di coraggio per i "cittadini", ma è interpretato anche - a seconda di come viene superato l'"ostacolo" - come un segno celeste di buono o cattivo auspicio per l'intero anno.

Saluto della Santa

All'alba del 6 febbraio, il Fercolo con le reliquie giunge in Via Crociferi. È il momento in cui la Santa saluta la città prima della conclusione dei festeggiamenti. Per tutta la notte, migliaia di cittadini in camice bianco sfidano il freddo della notte, gridando "Viva Sant'Agata", in un momento denso di spiritualità. A questo punto, l'atmosfera si fa silenziosa, si eleva il canto delle delle Monache benedettine. L'origine del testo e della musica è molto antico, anche se una leggenda tramanda che il suo autore fu un siciliano di nome Tarallo, che lo compose appositamente per questo Monastero di San Benedetto.

A giorno inoltrato, la macchina processionale ritorna in Duomo in per l'ultimo saluto alla Santa.

Fercolo di Sant'Agata

Bottega catanese, Fercolo di sant'Agata (primo quarto del XVI secolo - metà del XX secolo), argento sbalzato, cesellato e inciso; Catania, Museo Diocesano

Il Fercolo di sant'Agata è una macchina processionale, in legno ricoperto in lamina d'argento, realizzata nel 1519 dall'argentiere Vincenzo Archifel e decorata successivamente dal figlio Antonio, impiegata per portare in processione le sacre Reliquie della martire attraverso le vie cittadine nei giorni delle festività agatine e conservata presso il Museo Diocesano di Catania.

La macchina presenta:

  • nel basamento, varie formelle che illustrano Scene della vita e del martirio di Sant'Agata e il rientro a Catania delle reliquie da Costantinopoli;
  • in alto a coronamento della copertura, circondata da piccole statue a tutto tondo raffiguranti i Dodici apostoli, simboli legati a Sant'Agata e al suo martirio, quali una corona un giglio e una palma.

Il fercolo nei due giorini di processione viene addobbato con garofani, ma di colore diverso nei due giorni:

Abito dei "cittadini"

I "cittadini" sono devoti che trainano il fercolo e indossano:

  • un camice di cotone bianco (detto saccu), lungo fino alla caviglia e stretto in vita da un cordoncino;
  • un berretto di velluto nero (detto scuzzetta);
  • guanti bianchi;
  • un fazzoletto bianco.

L'abbigliamento dei devoti Rappresenta la veste notturna che i catanesi indossavano quando, nel lontano 1126, accorsero incontro alle reliquie di sant'Agata, che Gisliberto e Goselmo riportarono da Costantinopoli. L'originario camice da notte, nei secoli, si è arricchito anche del significato di veste penitenziale:

  • il sacco di tela bianca è la rivisitazione di una veste liturgica;
  • il berretto nero ricorda la cenere di cui si cospargevano il capo i penitenti:
  • il cordoncino in vita rappresenta il cilicio.

Candelore

Le Candelore, dette anche cerei o cannalori[4] sono undici e rappresentano le Corporazioni delle Arti e dei Mestieri catanesi; essi sono macchine processionali, in legno scolpito e dorato, decorate con angeli, santi, fiori e bandiere, presentano al centro un grande cero ed hanno un peso che oscilla fra i 400 e i 900 chili. Essi vengono portati a spalla, a seconda del peso, da un gruppo di uomini, che può variare da 4 a 12 e che le fa avanzare con un'andatura caracollante molto caratteristica, detta annacata[5]

Le Candelore, oltre a precedere il fercolo in processione, nei nei giorni 4 e 5 febbraio, perché un tempo, quando mancava l'illuminazione elettrica, avevano la funzione di illuminare il passo ai partecipanti, già dieci giorni prima iniziano a percorre la città, portandosi presso le botteghe dei soci della corporazione a cui appartengono, scortate da una banda musicale che suona allegre marcette.

Le undici candelore sfilano in processione sempre nello stesso ordine:

Candelora
  • Candelora di monsignor Ventimiglia o di sant'Aita, è la più piccola e fu donata nel 1766 dall'arcivescovo Salvatore Ventimiglia (1757 - 1771).
  • Candelora dei rinoti (agricoltori), questo è la più piccola delle cannalore in processione ed è realizzata in stile barocco.
  • Candelora dei giardinera (ortofloricoltori), costruita in stile gotico, è sormontato da una corona ed è per questo motivo che è soprannominata la regina delle cannalore.
  • Candelora dei pisciari (pescivendoli), detta anche "a bersagliera", realizzata in stile rococò, si distingue per una corona floreale, pendente dagli altorilievi del secondo ordine, che conferisce una sensazione di movimento durante le evoluzioni dell'"annacata".
  • Candelora dei fruttaiola (fruttivendoli), detta a signurina (la signorina) per la sua semplice bellezza. Si distingue per essere realizzata su di una base costituita da quattro cigni.
  • Candelora dei chiancheri (macellai), poggia su di una base costituita da quattro leoni ed ha, nella parte alta, la Statua di San Sebastiano, patrono della corporazione.
  • Candelora dei pastari (pastai), è l'unica che ha ancora il candelone centrale in cera, le altre hanno un cero in plastica e risale all'inizio del XVIII secolo ed è costruito in stile barocco.
  • Candelora dei pizzicagnoli (venditori di formaggio), è realizzata in stile liberty e presentau di una base costituita da quattro cariatidi.
  • Candelora dei putiari (bettolieri), realizzata in stile impero, è costruita su una base con quattro leoni e quattro aquile. È il secondo più pesante, dopo quello dei panificatori, ed è portato da dieci persone.
  • Candelora dei pannitteri (panificatori) è il più grande e pesante di tutti ed è trasportato da ben dodici portatori o vastasi (ossia "uomini di fatica"), venne costruito nel XVIII secolo ed ha una base costituita da quattro telamoni.
  • Candelora del Circolo di Sant'Agata [6], è la più leggera delle Candelore, realizzata in stile neoclassico, presenta la raffigurazione di Sant'Agata e sant'Euplio.

In passato le Candelore sono state anche più numerose, infatti esistevano quelle dei calzolai, dei confettieri, dei muratori, fino a raggiungere in alcuni periodi il numero di 28.

Sapori di festa

La festa, come vuole la tradizione, vive anche a tavola con i piatti della tradizione:

  • cassatelle e olivette di sant'Agata;
  • calia e simenza, preparazione composta da ceci e semi di zucca.
Note
  1. Da rivistasitiunesco.it
  2. Così è chiamato dai catanesi la macchina processionale, sul quale sono posti il Reliquiario a busto di sant'Agata e lo scrigno contenente le sue reliquie.
  3. In italiano: "Siamo tutti devoti, tutti, cittadini, viva sant'Agata".
  4. Le Candelore, dette anche cerei o cannalori, sono così chiamati, in catanese, le macchine processionali che vengono condotte in processione, durante i festeggiamenti agatini.
  5. Annacata o dondolamento, è un classico movimento delle cannalore, quasi un balletto, dato dal movimento longitudinale, avanti e indietro, coordinato con un movimento rotatorio intorno all'asse del cereo stesso.
  6. Il "Circolo Cittadino di Sant'Agata", istituito dal beato Giuseppe Benedetto Dusmet, arcivescovo di Catania (1867 - 1894), per svolgere attività finalizzate alla conservazione del culto, agli studi agiografici e e alla devozione alla santa catanese.
Bibliografia
  • Santo Privitera, Il libro di sant'Agata, Editore Boemi, Catania 1999
  • Antonino Scifo, Agata. Santa patrona di Catania. La vita, le reliquie, i luoghi sacri, la festa di sant'Agata, Editore Alma, 2007
  • Marco Spampinato, Sant'Agata attraverso gli occhi dei catanesi, Catania 1998
Voci correlate
Collegamenti esterni
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Il contenuto di questa voce è stato firmato il giorno 25 marzo 2013 da Teresa Morettoni, esperta in museologia, archeologia e storia dell'arte.

Il firmatario ne garantisce la correttezza, la scientificità, l'equilibrio delle sue parti.