Gesù Cristo in pietà sorretto da tre angeli (Antonello da Messina)
Antonello da Messina, Gesù Cristo in pietà sorretto da tre angeli (1475 ca.), olio su tavola | |
Pietà con tre angeli | |
Opera d'arte | |
Stato | |
Regione | Veneto |
Regione ecclesiastica | Triveneto |
Provincia | Venezia |
Comune | |
Diocesi | Venezia |
Ubicazione specifica | Museo Correr |
Uso liturgico | nessuno |
Oggetto | dipinto |
Soggetto | Gesù Cristo in pietà sorretto da tre angeli |
Datazione | 1475 ca. |
Ambito culturale | ambito siciliano |
Autore |
Antonello da Messina (Antonio di Giovanni) |
Altre attribuzioni | Giovanni Bellini |
Materia e tecnica | olio su tavola |
Misure | h. 115 cm; l. 85,5 cm |
Gesù Cristo in pietà sorretto da tre angeli, detto anche Pietà con tre angeli, è un dipinto, eseguito nel 1475 circa, ad olio su tavola, attribuito ad Antonio di Giovanni detto Antonello da Messina (1430 ca. – 1479), conservato presso il Museo Correr di Venezia.
Descrizione
Ambientazione
La scena è ambientata su uno sfondo composto da un paesaggio ricco di vegetazione che si perde in lontananza fino al mare), descritto minutamente, nel quale si notano:
- alcune colline;
- un sentiero di campagna che, curvando dolcemente, esce di scena;
- un terreno cosparso di teschi;
- un biavo cielo primaverile;
- un borgo turrito caratterizzato dalla presenza di un edificio - visibile a destra, fra le ali dell'angelo - identificabile con la Chiesa di San Francesco a Messina: questo inserto può considerarsi un omaggio del pittore alla sua città natale.
Soggetto
Nella scena compaiono:
- Gesù Cristo morto, già deposto dalla croce, è seduto sul coperchio del sepolcro.
- Tre angeli sorreggono il corpo di Gesù senza vita e si dedicano teneramente alle sue ferite:
- a sinistra, Angelo sorregge il braccio destro del Cristo;
- al centro, Angelo, dietro alla figura di Gesù, ne sostiene le spalle;
- a destra, Angelo appoggia amorevolmente la guancia sulla mano perforata di Gesù: questo atteggiamento è in parte ispirato alla devozione nei confronti delle piaghe di Cristo.
Note stilistiche, iconografiche ed iconologiche
- Il tema del Gesù Cristo morto sorretto dagli angeli ha conosciuto una vasta diffusione nella pittura veneta del primo Rinascimento: pur cogliendo elementi da altre iconografie, non si tratta propriamente né di un Compianto, né di una Deposizione, nè di un Cristo presentato come Ecce Homo, bensì di un soggetto che rivela una sostanziale autonomia.
- La scena rappresentata appare inserita in un contesto paesaggistico che stilisticamente ricorda la pittura fiamminga, conosciuta dall'artista a Palermo e Napoli prima ancora della rivoluzione prospettica di matrice toscana, che divenne fondamentale nell'Italia centro-settentrionale a partire dalla fine del XV secolo fino a tutta l'epoca rinascimentale, ed a Venezia fu introdotta proprio da Antonello da Messina che, nella città lagunare, soggiornò tra il 1475 e il 1476.
- Il contrasto tra il dramma in primo piano e la serenità del paesaggio sullo sfondo: questo serve al pittore ad attenuare il profondo senso di dolore e sofferenza e sono la prova dell'abilità di Antonello nel rappresentare gli ambienti naturali.
- La centralità nel dipinto della figura di Cristo e la sua monumentalità vengono sottolineate dall'utilizzo di un punto di vista prospettico piuttosto ravvicinato; questa scelta compositiva è frutto dell'incontro con l'opera di Piero della Francesca, avvenuto intorno al 1473. Infatti, proprio da questo artista Antonello apprese l'utilizzo matematico della prospettiva ed il concetto della centralità dell'uomo, da cui deriva la passione per lo studio naturalistico dei soggetti rappresentati. Da quel momento i personaggi ritratti o raffigurati dal pittore siciliano acquisiscono una profonda umanità ed una indagine anatomica sorprendenti (come nella Crocifissione di Anversa), unitamente ad una espressività tale da suggerire la psicologia dei soggetti stessi (come nella celebre Madonna annunciata di Palermo).
Notizie storico-critiche
Il dipinto proviene dalla collezione dell'abate Teodoro Correr (1750 - 1830), che all'atto del lascito della sua raccolta alla città di Venezia, nel 1830, distrusse ogni documento relativo ai suoi acquisti di opere d'arte, per evitare maldicenze e complicazioni. Non si sa nulla, perciò sulla provenienza della tavola.
Non è possibile, inoltre, stabilire nemmeno se si tratta di un dipinto pubblico, destinato ad essere collocato sopra un altare, o realizzato per la devozione privata, per quanto sia piuttosto grande; le sue dimensioni, infatti, sono attualmente al limite fra le due tipologie, ma bisogna ricordare che il lato sinistro, e quelli superiore ed inferiore, recano segni di rifilatura.
L'opera, inizialmente assegnata ad un pittore di scuola veneta o a Giovanni Bellini, e per lungo tempo confusa con la più modesta versione di Antonello de Saliba del Palazzo Ducale, venne attribuita al maestro siciliano per primo da Gustav Ludwig (1902): assegnazione non più smentita dalla letteratura critica successiva.
Gli studiosi datano il dipinto alla fase veneziana del pittore tra il 1457 ed il 1476.
Stato di conservazione e restauri
Il dipinto, pervenuto in uno pessimo stato di conservazione, è stato sottoposto ad una prima importante operazione di restauro tra il 1939 ed il 1940, durante la quale si è provveduto a consolidare la tavola e rimuovere le ridipinture settecentesche, rivelando condizioni molto diverse: mentre gran parte del corpo e delle mani di Gesù, il sepolcro ed il paesaggio sono ben leggibili, il suo volto e quelli degli angeli che lo sostengono sono abrasi in modo irreparabile. Un ulteriore restauro, condotto tra il 1991 ed il 1992, che ha liberato il dipinto dalla vecchia vernice, ha fatto riemergere la straordinaria bellezza originale delle figure e dei colori, dimostrando che si trattava di un vero e proprio capolavoro.
Bibliografia | |
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