Gesù Cristo risorto (Bramantino)
Bramantino, Gesù Cristo risorto (1490 ca.), tempera su tavola | |
Gesù Cristo risorto, Uomo di dolori o Cristo dolente | |
Opera d'arte | |
Stato | |
Comunità | Madrid |
Provincia | Madrid |
Comune | |
Diocesi | Madrid |
Ubicazione specifica | Museo Thyssen-Bornemisza |
Uso liturgico | nessuno |
Oggetto | dipinto |
Soggetto | Gesù Cristo risorto |
Datazione | 1490 ca. |
Ambito culturale | Ambito lombardo |
Autore |
Bramantino (Bartolomeo Suardi) |
Altre attribuzioni | Donato Bramante |
Materia e tecnica | tempera su tavola |
Misure | h. 109 cm; l. 73 cm |
Gesù Cristo risorto, detto anche Uomo di dolori o Cristo dolente, è un dipinto, eseguito nel 1490 circa, a tempera su tavola, da Bartolomeo Suardi detto Bramantino (1465 ca. - 1530), attualmente conservato presso il Museo Thyssen-Bornemisza di Madrid (Spagna). Bramantino è così chiamato per i suoi stretti rapporti col Bramante, ma è anche fortemente influenzato da Piero della Francesca e da Melozzo da Forlì.
Descrizione
Ambientazione
La scena è ambientata sullo sfondo di un'architettura in rovina (forse il sepolcro) e un paesaggio lunare con un fiume, alberi e un veliero. La veduta notturna è un evidente riferimento al mondo del buio dal cui il Cristo risorto è uscito.
Soggetto
Nel dipinto compare:
- Gesù Cristo mostrato frontale, a mezza figura fino al ginocchio, con occhi rossi, un'espressione d'intensa sofferenza e tristezza, un corpo emaciato, dal pallore quasi spettrale, che mostra i segni del martirio, disegnato con grande precisione, come si può vedere nelle dita, nei tendini del braccio teso e nella muscolatura del petto. La figura, di un candore lapideo, si staglia vicino allo spettatore, avvolta in un mantello (forse il sudario) che disegna profonde e frastagliate pieghe simili a carta increspata. La sua espressione è sufficientemente potente per concentrare l'attenzione dell'osservatore sulla sfera delle emozioni, che è l'aspetto a cui Bramantino era più interessato ad indagare.
Note stilistiche, iconografiche ed iconologiche
- La figura di Gesù Cristo dolente è ispirata alla coeva opera con Gesù Cristo alla colonna (1490 ca.) di Donato Bramante, dipinta per l'Abbazia di Chiaravalle ed attualmente conservata alla Pinacoteca di Brera a Milano: infatti, le due tavole presentano un analogo taglio ed una simile apertura sul paesaggio, ma mentre il Cristo alla colonna del Bramante corrisponde ad un momento precedente alla crocifissione, il Cristo dolente del Bramantino si riferisce alla fase successiva, dopo la risurrezione. Gesù uscito dal sepolcro, è avvolto in un sudario, eppure, nonostante questa condizione, egli appare non come Colui che ha vinto la morte bensì come un uomo sofferente, in una quasi spettrale apparizione che non ne nasconde la pena in un corpo glorioso.
- Tra gli studiosi c'è stato un vivace dibattito circa il tema iconografico di questo dipinto. Infatti, molte pubblicazioni e vari cataloghi di mostre lo presentavano come un Ecce Homo o Uomo dei dolori, ma l'immagine è stata attualmente reinterpretata come Gesù Cristo risorto. Le ragioni di questa modifica sostanziale si basano su una rilettura dell'iconografia. L’Ecce Homo raffigura Cristo presentato al popolo dopo la Flagellazione e Incoronazione di spine: soggetto ampiamente diffuso dalla fine del XV secolo in poi, che di solito mostra Gesù con la corona di spine in testa, sanguinante, con indosso un mantello rosso, lo scettro di canna e le mani legate. Nessuno di questi attributi si trova in questa opera, mentre qui Gesù appare frontalmente, mostrando in maniera enfatica i segni del martirio, realisticamente raffigurati sulle sue mani e sul costato: la loro presenza permette di identificare Cristo, come raffigurato dopo la crocifissione, non prima, e suggerisce che la struttura architettonica dietro di lui sia il sepolcro, situato sul Getsemani.
Notizie storico-critiche
Il dipinto si trovava nella collezione della famiglia Della Porta Pusterla a Milano, dove è registrato nei documenti dal 1590 fino al primo quarto del XX secolo. Nel 1937, è stato acquistato per il Museo Thyssen-Bornemisza di Madrid presso la contessa Teresa Soranzo-Mocenigo, sempre a Milano, che ne era l'ultima proprietaria.
Da quando è stato pubblicato la prima volta da Müller Walde nel 1898 è stato oggetto di vari studi in cui la sua attribuzione a Bramantino o a Donato Bramante è stata ampiamente dibattuta. Fu Suida nel 1905 che per primo suggerì il nome di Bartolomeo Suardi. È ormai considerato uno dei suoi capolavori, databile per Mulazzini intorno al 1490, prima fase della carriera dell'artista.
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