Melozzo da Forlì

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Melozzo degli Ambrosi
Laico
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Melozzo da Forlì, Marco Palmezzano, Entrata di Gesù Cristo a Gerusalemme (part. Ritratto di Melozzo da Forlì), 1483 - 1484 ca., affresco; Loreto, Santuario della Santa Casa
Titolo
Incarichi attuali
Età alla morte 56 anni
Nascita Forlì
1438
Morte Forlì
8 novembre 1494
Sepoltura Chiesa della Santissima Trinità (Forlì)
Conversione
Appartenenza
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Ordinato diacono
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Fu molto studioso delle cose dell'arte e particolarmente mise molto studio e diligenza in fare gli scorti.[1]
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Melozzo degli Ambrosi, detto Melozzo da Forlì (Forlì, 1438; † Forlì, 8 novembre 1494), è stato un pittore e architetto italiano, massimo esponente della scuola rinascimentale forlivese, detto anche pictor papalis.

Biografia

Melozzo da Forlì, Gesù Cristo risorto (1480 ca.), affresco; Roma, Palazzo del Quirinale

Formazione e prime opere

Melozzo nacque nel 1438 a Forlì, da Giuliano di Melozzo e Jacopa di Francesco. Dai documenti non si traggono informazioni sul lavoro esercitato dal padre, mentre si può comprendere che buona parte della famiglia ("de Ambrosiis" o "de Ambroxiis") era vicina all'ambiente artistico e culturale locale: il fratello Francesco era orafo; lo zio Matteo di Riceputo era l'architetto che aveva costruito il Palazzo del Podestà (1459 - 1460); Negusante, il marito della sorella Margherita, era pittore.

Non sia hanno notizie certe sulla sua attività fino al 1477, quando era a Roma al servizio di papa Sisto IV. Prima di questa data è ricordato solo in alcuni atti notarili che ne testimoniano la presenza in Forlì tra il 1460 e il 1464, dai quali però non si comprende se l'artista soggiornava nella sua città o se vi si trovava qui occasionalmente. Della sua prima formazione non sappiamo molto, anche se dobbiamo pensare ad un ambiente forlivese dominato da Ansuino da Forlì, che aveva preso parte all'impresa della Chiesa degli Eremitani a Padova, riportando a Forlì la maniera di Andrea Mantegna (1431 - 1506), da cui Melozzo derivò alcuni caratteri, quali una linea tagliente e incisiva, l'uso degli scorci e l'attenzione all'espressività delle figure, associandoli con quelli scaturiti dalla scuola di Piero della Francesca (1416 ca. - 1492).

Da alcuni elementi, gli studiosi contemporanei ritengono determinante nella sua prima formazione, non solo la conoscenza delle opere del Mantegna, ma anche di quelle di Piero e verosimile un suo soggiorno ad Urbino nel decennio 1465-1475: i lavori dell'artista biturgense nella vicina Rimini (già nel 1451), il suo passaggio per le città emiliane e marchigiane, la sua familiarità con la corte dei Montefeltro, rivelano che Melozzo ebbe in giovinezza la possibilità di vederne i dipinti e, forse, di legarsi personalmente a lui. La vicinanza di Melozzo all'ambiente urbinate è, inoltre, testimoniata dall'indubbio contatto con il giovane Donato Bramante (1444 - 1514), dal legame di amicizia con Giovanni Santi (1433 - 1494),[2] padre di Raffaello e dall'influenza esercitata sul gruppo di artisti, quali Giusto di Gand e Pedro Berruguete, impegnati nella decorazione della biblioteca e dello studiolo nel Palazzo Ducale, che si concretizza in uno stile che piega l'astrazione geometrica ad una più immediata aderenza ai valori umani: questo dimostra che almeno una parte dell'attività di Melozzo, precedente la venuta a Roma, ebbe campo nell'ambiente urbinate, fucina di cultura umanistica, fervido di contatti artistici e di scambi durante il ducato di Federico. Poiché la data 1476 segnata nello studiolo sembra indicare il compimento della decorazione, dobbiamo dedurne che la permanenza di Melozzo alla corte ducale, probabilmente iniziata intorno al 1465, si protraesse sino a circa quell'anno.

Ad Urbino resta un'unica opera a lui attribuibile, un dipinto frammentario, a tempera su tavola, con Gesù Cristo benedicente (o Salvator Mundi),[3] ora conservato alla Galleria Nazionale delle Marche, dove accanto alla fisionomia di tipo mantegnesco si nota, nella resa monumentale delle figura, l'influenza di Piero mentre il soggetto è tipicamente di origine fiamminga.

Tra il 1466 e il 1470 sono datate le due ante di organo, dipinte a tempera, con l'Annunciazione nel recto e due figure di Santi, mutile, nel verso (Firenze, Galleria degli Uffizi), dove sono raffigurati:

Primo soggiorno a Roma

Dal 1464 lavorò a Roma nella Basilica di San Marco Evangelista al Campidoglio, dove eseguì nel 1470 circa due dipinti su tela raffiguranti:

Tra il 1464 e il 1465 probabilmente collaborò con Antoniazzo Romano alla decorazione ad affresco della cappella Bessarione nella Basilica dei Santi Apostoli, sempre a Roma.

Melozzo da Forlì (attr.), Annunciazione (post 1460), affresco; Roma, Basilica di Santa Maria ai Martiri

Un'altra opera romana attribuita a Melozzo è un dipinto murale, collocato nella Basilica di Santa Maria ai Martiri, che presenta:

Secondo soggiorno a Roma: pittore di Sisto IV

Nel 1475 tornò a Roma, dove fu nominato pictor papalis, ovvero pittore ufficiale di Sisto IV (1471 - 1484), per il quale eseguì nella Biblioteca Vaticana il dipinto murale (ora staccato e conservato nella Pinacoteca Vaticana) raffigurante:

  • Papa Sisto IV nomina Bartolomeo Platina prefetto della Biblioteca Vaticana (1477 ca.), affresco trasportato su tela:[9] il dipinto, tra le poche opere superstiti dell'artista, è il solo che ha una datazione certa, ed è l'unico autografo, che ci è giunto nella sua completezza primitiva. È quindi uno degli elementi essenziali per la conoscenza della sua opera. Infatti, se il riferimento a Piero della Francesca si rivela nella solidità delle figure e nella chiara e diffusa luminosità, profondamente diversa è la visione pittorica di Melozzo; la sua realtà non è eterna, ma contingente; le immagini che ci presenta non sono immortali, fuori del tempo, ma rigorosamente definite nell'aspetto fisico, esaltate nella loro individualità; i personaggi, intensamente caratterizzati, si stagliano con una viva presenza umana nell'ambiente in cui sono inseriti; la ricca architettura, in prospettiva sfuggente - giustificata dall'originaria ubicazione del dipinto - è così ricercatamente evocativa che se ne è voluto vedere un riscontro in ambienti reali. Il dipinto, inoltre, è l'emblema dell'alleanza fra la Chiesa di Roma e la cultura: nel 1475 Sisto IV affida a Bartolomeo Platina (1421 - 1481), raffigurato inginocchiato, la responsabilità della Biblioteca Apostolica Vaticana, che in quell'anno veniva aperta al pubblico. Platina è un tecnico, non un parente, un amico, un sostenitore politico del papa, il quale, per la prima volta, sanciva che la potestà normativa e prescrittiva sui beni culturali doveva essere affidata ad uno specialista.
Melozzo da Forlì, Papa Sisto IV nomina Bartolomeo Platina prefetto della Biblioteca Vaticana (1477 ca.), affresco trasportato su tela; Città del Vaticano, Pinacoteca Vaticana

Durante il pontificato di Sisto IV, Melozzo fu tra i fondatori della rinnovata "Università dei Pittori, Miniatori e Ricamatori" (divenuta successivamente la prestigiosa "Accademia di San Luca"), corporazione di mestiere i cui statuti vennero promulgati il 17 dicembre 1478, nei quali troviamo iscritto il suo nome con la qualifica di pittore papale:

« Melotius pi(ctor) pa(palis). »

Nello stesso periodo progettò, per conto di Girolamo Riario (1443 - 1488), nipote del papa, la costruzione a Roma di un nuovo palazzo (rimaneggiato nei secoli successivi, e oggi conosciuto come palazzo Altemps) che avrebbe dovuto essere completato nel 1477 per il matrimonio del committente con Caterina Sforza, ma i lavori non si conclusero prima del 1480. Girolamo si servì dell'opera di Melozzo anche per la progettazione di altri edifici a Imola e del Palazzo Riario a Forlì.[10]

Nell'abside della Basilica dei Santi Apostoli, dopo i lavori di restauro voluti dal cardinal nipote Giuliano della Rovere (il futuro Giulio II) nel 1475 circa, eseguì il grandioso dipinto murale, ad affresco, con Ascensione di Gesù Cristo risorto fra angeli ed apostoli (1480 ca.): le solenni e monumentali figure fortemente scorciate testimoniano la piena maturità dell'artista forlivese e la sua maestria nell'uso della prospettiva. Il dipinto rimase nella sua ubicazione originaria fino al 1711, quando l'abside venne distrutto per rimodernare la chiesa, e allora fu staccato e diviso in sedici parti:

Melozzo da Forlì, Angelo con liuto (1480 ca.), affresco; Città del Vaticano, Pinacoteca Vaticana
« OPUS MELOTTII FOROLIVIENSIS / QUI SUMMOS FORNICES PINGENDI ARTEM / MIRIS OPTICAE LEGIBUS / VEL PRIMUS INVENIT VEL ILLUSTRAVIT / EX ABSIDE VETERIS TEMPLI SS. XII APOSTOLORUM / HUC TRANSLATUM ANNO SAL. MDCCXI. »
Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi la voce Angeli musicanti

Presumibilmente durante il soggiorno romano collaborò con Andrea Bregno al Monumento funebre del vescovo Giovanni de Coca (1477) nella Basilica di Santa Maria sopra Minerva sul fondo del quale è posto un dipinto murale, ad affresco, con Gesù Cristo giudice tra angeli musicanti e donatore a lui attribuito.[25][26]

Nel 1484, alla morte di papa Sisto IV, lasciò Roma per Loreto.

A Loreto

Melozzo da Forlì, Angeli con strumenti simbolici della Passione e Profeti (1483- 1484 ca.); Loreto, Santuario della Santa Casa, cupola della sagrestia di San Marco

A Loreto, Melozzo, con la collaborazione di Marco Palmezzano, tra il 1483 e il 1484 circa, realizzò la straordinaria decorazione ad affresco nella cupola della sagrestia di San Marco del Santuario della Santa Casa, commissionata dal cardinale Girolamo Basso Della Rovere (1434 - 1507), nella quale sono raffigurati:

Melozzo da Forlì, Angeli con strumenti simbolici della Passione e Profeti (part.), 1483- 1484 ca.; Loreto, Santuario della Santa Casa, cupola della sagrestia di San Marco

È uno dei primi esempi di cupola decorata sia con figure sia con elementi architettonici, fortemente influenzata dalla Camera Picta di Andrea Mantegna: il progetto prevedeva di disporre una serie di figure all'interno del catino, scorciate per una corretta visione dal basso e inserite in cornici con rilievi in finto stucco, in modo che l'architettura dipinta sembrasse la continuazione di quella reale. Per lo scheletro architettonico dipinto, realizzò una serie di calotte convergenti verso la sommità della cupola, interrotte da finestre aperte su un cielo, con intarsi a finti stucchi policromi. Per la prima volta vennero create delle figure sospese illusionisticamente nel vuoto e, forse per dipingerle, Melozzo usò dei modellini in cera sospesi con dei fili, magari riflessi in uno specchio posato per terra. Melozzo non aveva forse ancora compreso, come fecero poi Raffaello (nella cappella Chigi della Basilica di Santa Maria del Popolo) e Correggio (a Parma), che se la veduta dal basso era adeguata per le figure alla base della cupola, per quelle al centro era necessaria una veduta assiale.

Alle pareti, sono dipinte arcate corinzie, in sei delle quali (tranne la parete d'ingresso e quella della finestra), Melozzo avrebbe dovuto dipingere, entro riquadri centinati, le Storie della passione di Gesù Cristo, ma ne ha realizzata solo una:

Terzo soggiorno a Roma

Nuovamente a Roma, come attestato da un documento notarile, Melozzo realizza, tra il 1484 e il 1489, sulla volta della Cappella di Sant'Elena nella Basilica di Santa Croce in Gerusalemme uno splendido mosaico raffigurante:

Sempre a Roma, nella Basilica di Santa Francesca Romana, a Melozzo o alla sua scuola, sono attribuiti i dipinti murali, ad affresco, che presentano:

Ultimi anni

Ad Ancona, nel 1493, eseguì la decorazione (andata persa) di alcuni ambienti del Palazzo del Governo.

Successivamente tornò a Forlì dove, in collaborazione con Marco Palmezzano, realizzò tra il 1493 e il 1494 la decorazione della Cappella Feo nella Chiesa di San Biagio, distrutta nel 1944 durante i bombardamenti della Seconda guerra mondiale. I dipinti murali, ad affresco, presentavano:

Nella Pinacoteca Civica della città romagnola rimane invece quello che sembra essere l'unico dipinto con soggetto profano attribuibile a Melozzo, raffigurante:

  • Pestapepe (terzo quarto del XV secolo), affresco staccato: dipinto eseguito probabilmente per conto di un commerciante, forse come insegna di spezieria.[35][36]

Melozzo morì a Forlì l'8 novembre 1494 e venne sepolto nella Chiesa della Santissima Trinità.

Altre opere attribuite

Oltre a quelle riportate, le opere più frequentemente attribuite a Melozzo da Forlì, non senza divergenze, sono:

Stile e influenza artistica

Melozzo unì l'uso illusionistico della prospettiva, tipico di Andrea Mantegna, a figure monumentali rese con colori limpidi, vicine ai modi di Piero della Francesca. La luce tersa della sua pittura richiama quella dei "pittori di luce" fiorentini, come Domenico Veneziano e Beato Angelico. Fu il primo a praticare con grande successo lo scorcio dal basso, "l'arte del sotto in su, la più difficile e la più rigorosa".[43].

A sua volta, Melozzo ebbe notevole influenza su importanti pittori rinascimentali, come Michelangelo, Raffaello e il Bramante. "Non ci sarebbe stato il Cinquecento di Raffaello e di Michelangelo senza Melozzo", come ha scritto Antonio Paolucci, direttore emerito dei Musei Vaticani,[44] il quale si è anche così espresso sulla sua opera:

« C'è stata un'epoca nella storia delle arti, che possiamo collocare tra la metà del XV secolo e i primi decenni del successivo, tra l'opera di Piero della Francesca a Sansepolcro e ad Arezzo e quella di Raffaello nelle Stanze Vaticane, che ha visto i supremi principi della filosofia, dell'etica, della religione, dell'ordine stesso del creato calarsi nel tempo e nella storia, assumere le forme dell'umana bellezza. Di questo processo Melozzo è stato l'alfiere e il portatore. »

Tra gli allievi e collaboratori, si ricordano: Marco Palmezzano, certamente il più famoso, anch'egli appartenente alla scuola forlivese; altri pittori su cui Melozzo esercitò la propria influenza diretta furono: Lorenzo da Viterbo, Antoniazzo Romano e il cosiddetto Maestro dei Baldraccani.

Cronologia delle opere

Note
  1. Giorgio Vasari, Le vite dei più eccellenti pittori, scultori e architetti (1568), col. "Mammut Gold", Editore Newton Compton, Milano 2016, p. 430
  2. Giovanni Santi nella sua Cronaca rimata (1478 - 1494) ricorda i rapporti di amicizia con Melozzo e attribuendogli una lode non generica, ma indicativa di quello che doveva essere già uno degli aspetti particolari della sua arte e che più impressionò i contemporanei:
    « Non lassando Melozo a me sì caro / che in prospettiva ha tanto steso il passo. »
    (Lib.XXII, cap.XCI, vv.384-385)
  3. Alcuni studiosi attribuiscono il dipinto a Bramantino, altri a Bartolomeo della Gatta.
  4. Scheda dell'opera nel Catalogo della Fondazione "Federico Zeri"
  5. Ibidem
  6. Ibidem
  7. Ibidem
  8. Il dipinto da alcuni studiosi è attribuito ad Antoniazzo Romano.
  9. Scheda dell'opera nel Catalogo della Fondazione "Federico Zeri"
  10. M. Tabanelli, Il Biscione e la Rosa, Editore: Fratelli Lega, Faenza 1973, p. 43, n. 13.
  11. Scheda dell'opera nel Catalogo della Fondazione "Federico Zeri"
  12. Ibidem
  13. Ibidem
  14. Ibidem
  15. Ibidem
  16. Ibidem
  17. Ibidem
  18. Ibidem
  19. Ibidem
  20. Ibidem
  21. Ibidem
  22. Ibidem
  23. Ibidem
  24. Ibidem
  25. Ibidem
  26. Il dipinto da alcuni studiosi è attribuito ad Antoniazzo Romano.
  27. Scheda dell'opera nel Catalogo della Fondazione "Federico Zeri"
  28. Ibidem
  29. Ibidem
  30. Il mosaico da alcuni studiosi è attribuito a Baldassarre Peruzzi e datato al 1510 circa.
  31. Scheda dell'opera nel Catalogo della Fondazione "Federico Zeri"
  32. Ibidem
  33. Ibidem
  34. Ibidem
  35. Ibidem
  36. Il dipinto da alcuni studiosi è attribuito a Francesco del Cossa.
  37. Scheda dell'opera nel Catalogo della Fondazione "Federico Zeri"
  38. Ibidem
  39. Ibidem
  40. Ibidem
  41. Ibidem
  42. C'è un nuovo Melozzo da Forlì. Straordinaria scoperta a Perugia
  43. Luigi Lanzi, Storia pittorica della Italia, Editore Piazzini, Firenze 1834, p. 32.
  44. Il Quattrocento a Roma e la grande rinascita culturale nella città dei papi
Fonti
Bibliografia
  • Daniele Benati, Mauro Natale, Antonio Paolucci, Melozzo da Forlì. L'umana bellezza tra Piero della Francesca e Raffaello, Editore: Silvana, Milano 2011 ISBN 9788836619474
  • Rezio Buscaroli, Melozzo e il melozzismo, Editore: Athena, Bologna 1955
  • Nicholas Clark, Melozzo Da Forli, pictor papalis, Editore: Le Lettere, Firenze 1989
  • Marina Foschi, Luciana Prati (a cura di), Melozzo da Forlì: la sua città e il suo tempo, Editore: Leonardo Arte, Milano 1994 ISBN 9788878135178
  • Donato Salvatore, Melozzo da Forlì (1438-1494): pittore nell'età di Sisto IV della Rovere e dei Riario, Editore: Liguori, Napoli 2011
Voci correlate
Collegamenti esterni