Iqbal Masih

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Iqbal Masih
Laico
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Titolo
Incarichi attuali
Età alla morte 12 anni
Nascita Muridke
1983
Morte Lahore
16 aprile 1995
Sepoltura
Conversione
Appartenenza
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Iqbal Masih (o Iqbal Mashi, in lingua urdu اقبال مسیح; Muridke, 1983; † Lahore, 16 aprile 1995) è stato un bambino pakistano operaio cattolico caldeo, sindacalista e attivista, diventato un simbolo della lotta contro il lavoro minorile. Fu ucciso a soli 12 anni ad opera della mafia dei tappeti.

Era il simbolo mondiale dei 200 milioni di bambini vittime della schiavitù. Osò alzare la voce contro il fenomeno del lavoro minorile praticato in condizioni di schiavitù.

Contesto

L'industria del tappeto pakistana sa sfruttare la povertà: intrecciare i fili e stringere i microscopici nodi sono operazioni che richiedono piccole dita. Inoltre i bambini costano poco, non protestano e possono essere facilmente puniti e torturati. Le famiglie cristiane sono poverissime e diventano un serbatoio facile di piccoli lavoratori da sfruttare.

In Pakistan il fenomeno del lavoro minorile è in crescita: sei milioni di bambini al di sotto dei dieci anni lavorano per dodici ore al giorno in pessime condizioni nell'agricoltura, nelle fabbriche di mattoni, e in particolare nella manifattura dei tappeti.

Biografia

Schiavo

Iqbal nacque in Pakistan, primo figlio di due contadini cristiani poverissimi, appena ventunenni. Sua madre Besak e suo padre Fredrem non hanno i mezzi per mantenerlo: a quattro anni fu costretto dalla fame e dall'usura a guadagnarsi qualche rupia in una fornace di mattoni.

A cinque anni venne venduto dai suoi genitori, oppressi dai debiti, ad un fabbricante di tappeti che lo faceva lavorare per dodici ore al giorno in cambio di una rupia[1]. Per saldare il debito, che ammontava complessivamente a 350 euro, Iqbal avrebbe dovuto lavorare tredicimila giornate, cioè 35 anni.

Iqbal sfuggì dal suo padrone ma venne preso e legato al telaio. Fu costretto a lavorare così per sei anni, come raccontò lui stesso. Il suo fisico risentì di questa vita: le mani piagate per i milioni di nodi stretti senza tregua. La mancanza di cibo e di vita all'aria aperta lo resero minuto e rachitico.

L'incontro con Eshan Ullah Khan

Nel 1993 accade un evento imprevisto. All'uscita dalla fabbrica incontrò Eshan Ullah Khan, leader del Fronte di liberazione del lavoro forzato, una Organizzazione non Governativa che dal 1967 si batte per i piccoli lavoratori pakistani. L'ONG, alla quale appartengono molti cristiani e in particolare cattolici, si prefigge di sollevare i bambini dalla schiavitù rendendoli consapevoli della loro situazione e creando le condizioni per la loro emancipazione attraverso lo studio e la cura personale.

Racconta Eshan Ullah:

« La prima volta che lo vidi sembrava volesse schiacciarsi tra le pareti in un angolo buio. Avevamo radunato sotto una tettoia tutti i piccoli che erano costretti a lavorare in schiavitù nella provincia di Lahore. Volevamo raccontare loro che c'era un mondo diverso ad attenderli. Presi Iqbal con me, capii che era l'unico modo per salvarlo. »

Da quel momento per il piccolo tessitore cominciò una nuova vita. Capì di avere un'opportunità per liberare dalla schiavitù tanti bambini come lui. Iniziò a viaggiare, a parlare in difesa dei diritti dei minori. Il suo caso commosse la comunità internazionale. Per la prima volta i bambini sfruttati avevano una voce ed un volto che li rappresentava.

Il suo impegno in difesa dei piccoli e dei poveri suscitò la reazione della mafia dei tappeti. Alle prime minacce rispondeva: "Non ho più paura del mio padrone, ora è lui ad avere paura di me".

Presenza internazionale

Nel novembre del 1994 andò in Svezia, a Stoccolma, dove parlò ad una conferenza internazionale sul lavoro. Raccontò di sé e dei bambini costretti ad impastare mattoni, zappare nei campi, fabbricare palloni, tessere tappeti per estinguere i debiti contratti dai genitori.

A dicembre del 1994 ricevette a Boston il "Premio Reebok Youth in Action": 15.000 dollari con i quali favorì l'apertura di scuole e centri di formazione professionale.

Iqbal sognava di diventare avvocato per tutelare i poveri e gli indifesi. Ricevette una borsa di studio dalla Brandeis University, ma la rifiutò: voleva restare nel suo paese per dare speranza ai suoi amici. Aveva però un progetto che coltivava con interesse: fondare una scuola per i piccoli di Lahore. Diceva infatti:

« Gli unici strumenti di lavoro che un bambino dovrebbe tenere in mano sono penne e matite. »

L'attività di Iqbal in Pakistan produsse effetti immediati. Le pressioni internazionali si fecero sentire, e il premier Benazir Buttho si impegnò davanti alla comunità internazionale a sradicare il lavoro minorile. Le autorità furono costrette a chiudere decine di fabbriche di tappeti, e l'esportazione del prodotto subì un calo.

Il 16 aprile 1995, il giorno di Pasqua, mentre stava tornando a casa dalla partecipazione alla Messa, Iqbal venne ucciso con due colpi di fucile. I suoi killer, protetti dalla mafia dei tappeti, sono ancora in libertà,

Seguito

Eshan Khan è stato costretto all'esilio in Svezia.

Il sacrificio di Iqbal ha permesso che tanti bambini fossero sottratti ad una vita di stenti.

In memoria di Iqbal sono sorte iniziative a favore dei minori. Il suo nome è legato a molti progetti promossi dall'UNICEF e da varie ONG.

La vicenda di Iqbal ha suscitato molto interesse, soprattutto in occidente, dove la piaga del lavoro minorile è combattuta anche a livello culturale.

La vita del piccolo tessitore-schiavo-bambino ha ispirato il film Iqbal (1998), opera della regista Cinzia Torrini.

Note
  1. Una rupia equivale a circa 20 centesimi di euro.
Bibliografia
  • Antonio Nanni, Timonieri. Uomini e donne sulla rotta del terzo millennio, vol. IV , EMI, Bologna 2001, ISBN 88-307-1094-6
  • Francesco Occhiogrosso, Il grido della terra, in Voci di strada, V, n.3/1995
  • Barbara Stefanelli, Il bambino che non voleva fare lo schiavo, in Sette, suppl. n. 18 de Il Corriere della sera, 4 maggio 1995
  • Francesco Mattioli, Iqbal non era italiano, ed. SEAM, Roma, 1996
  • Francesco D'Adamo, La storia di Iqbal, 2001
  • Andrew Crofts, Il fabbricante di sogni, 2006
Voci correlate