Kulturkampf

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Il Kulturkampf (in italiano: lotta tra le culture o lotta per la civiltà) è l'espressione polemica, utilizzata per la prima volta nel 1873 da un parlamentare nazional-liberale di Berlino Rudolf Virchow (1821-1902) e accettata, in senso ironico, anche dai cattolici, con la quale fu definita l'accesa lotta politica e culturale che vide coinvolti la Chiesa cattolica e gli Stati di area germanica nella seconda metà dell'ottocento.

Nell'ambito del processo di Decristianizzazione dello Stato e della società civile che accompagnò la modernizzazione, nella seconda metà del XIX secolo la maggior parte degli Stati europei conobbe un periodo di crisi denominato Kulturkampf. Per gli Stati nazionali si trattava di emanciparsi dalle gerarchie ecclesiastiche cattoliche, che erano un potere da secoli intrecciato con quello statale e quindi di giungere a una ridefinizione del rapporto tra Chiesa e Stato, con una netta riduzione dell'influenza della prima nella politica degli stati sovrani.

Questa ridefinizione avvenne in quasi tutte le nazioni dell'Europa settentrionale con forte presenza di cattolici, mentre in Italia si consumava l'annessione dello Stato della Chiesa da parte del Regno d'Italia. In Baviera, Austria, Baden-Württemberg e nei cantoni svizzeri[1] si manifestò ancora prima che nel Secondo Reich ((DE) Deutsches Kaiserreich). In queste nazioni, la corrente liberale e anticlericale era costituita soprattutto dalla borghesia urbana. La popolazione rurale, emarginata dall'industrializzazione, trovò un portavoce nella Chiesa, che in area germanica, a differenza del Regno d'Italia dove ai cattolici fu chiesto di non partecipare alla vita politica, portò alla fondazione di partiti cattolici conservatori contrapposti a quelli liberal-radicali. Il Kulturkampf fu quindi anche una lotta di classe con commercianti e industriali da un lato e nobili, ecclesiastici e mondo rurale dall'altro, mentre la classe operaia confluì in gran parte nel movimento socialista.

La sconfitta dell'Austria nel 1866 da parte della Prussia e dell'Italia e la sconfitta dell'impero francese di Napoleone III (campione del potere temporale) nel 1870, furono un duro colpo per la Santa Sede.

Papa Pio IX l'8 dicembre 1864 pubblicò l'enciclica Quanta Cura e relativo Sillabo, con la critica a vari "ismi" della nuova era e il Concilio Vaticano I con la costituzione Pastor Aeternus del 18 luglio 1870, affermava il dogma dell'Infallibilità pontificia.

Nel 1871 nasceva l'Impero tedesco del cancelliere Otto von Bismarck, dove nel clima politico creato in Germania dalle recenti vittorie, il cattolicesimo appariva un corpo estraneo, dannoso alla nuova coscienza nazionale e statale e considerato come ultramontanismo, asservimento cioè alla Curia romana. In particolare questi sentimenti erano radicati nell'alta borghesia industriale e commerciale di orientamento liberale e anticlericale per effetto del concetto laico e positivistico della Kultur come somma di nozioni scientifiche. La Chiesa, che poco prima aveva condannato nel Sillabo le idee liberali, era per loro il simbolo della reazione e dell'oscurantismo.

Quando nel marzo 1871 si riunì il primo Reichstag e i cattolici vi costituirono la frazione del Centro (Deutschen Zentrumspartei), Bismarck vi vide affiorare, sotto la bandiera della Chiesa, le tendenze che avevano osteggiato la formazione del Reich: i particolaristi bavaresi, i Renani avversi al prussianismo, o addirittura elementi estranei all'idea nazionale, i Polacchi e gli Alsaziani. Alla testa del gruppo erano alcuni suoi antichi nemici, Karl Friedrich von Savigny, Hermann von Mallinckrodt e Ludwig Windthorst.

Bismarck aveva già fatto respingere dal Reichstag, durante la discussione sull'indirizzo di risposta all'imperatore, la proposta del Zentrumspartei di togliere il passo in cui s'invitava il governo a non favorire il ristabilimento del potere temporale del papa (Questione Romana); poi quando fu respinta la richiesta del Zentrumspartei di inserire nella costituzione del Reich l'articolo dello statuto prussiano che garantiva la libertà delle Chiese, il cancelliere pensò di approfittare della corrente antiromana dei vecchi cattolici per far pressione sulla Curia e indurla a sconfessare il Zentrumspartei. Fallito il tentativo, si lanciò nella lotta e l'8 luglio decise la soppressione della sezione cattolica del ministero prussiano del culto.

Con l'appoggio dei liberali la lotta assunse un carattere decisamente anticlericale: su proposta di Rudolf von Bennigsen, capo dei liberali-nazionali, fu inserito nel codice penale del Reich un paragrafo contro "l'abuso del pulpito", contro cioè le proteste del clero. In seguito il cancelliere preferì lasciare l'iniziativa degli attacchi ai liberali e la responsabilità al ministro prussiano del culto, Paul Ludwig Adalbert Falk, che emanò varie misure contro la Chiesa cattolica storicamente ricordate come leggi di maggio, presero questo nome in quanto votate nel mese di maggio 1873, 1874 e 1875.

Queste leggi contemplarono:

  • L'amministrazione patrimoniale delle diocesi fu demandata a un Consiglio parrocchiale assoggettato a laicato filo-governativo.
  • L'assegnazione di uffici ecclesiastici subordinata all'approvazione del governo.
  • Il matrimonio civile reso obbligatorio.
  • Gli ordini religiosi vennero sciolti; Gesuiti e affini (Lazzaristi, Redentoristi e Suore del Sacro Cuore di Gesù) espulsi dai confini imperiali.
  • La Chiesa venne privata delle proprie istituzioni educative; l'Insegnamento di Religione cancellato dalle scuole pubbliche; la Teologia Cattolica radiata dall'ordine degli studi universitari e i professori cattolici dirottati su altri insegnamenti negli atenei statali.

Il Fliche-Martin quantifica così la statistica della persecuzione: 241 ecclesiastici, 210 iscritti al Zentrumspartei; 163 redattori colpiti con pene pecuniarie o detentive; 20 giornali sequestrati; 74 perquisizioni domiciliari, 103 espulsioni e 55 scioglimenti di assemblee; 296 case religiose chiuse; 3.957 religiosi obbligati a deporre l'abito; un quarto delle sedi parrocchiali rimaste vacanti; in totale una popolazione di 8.800.000 cattolici sotto il mirino dei tribunali prussiani.[2]

A questo si aggiunse la rottura con Roma. Il cardinale Gustav Adolf von Hohenlohe-Schillingsfürst, scelto da Bismarck come ambasciatore tedesco presso il Vaticano, non ottenne il gradimento della Curia romana. Bismarck dichiarò allora di "non volere andare a Canossa" e soppresse l'ambasciata.

Contro tali leggi, i vescovi locali adottarono un atteggiamento di resistenza passiva che portò all'arresto di molti prelati, sicché molte sedi rimasero vacanti. La Santa Sede reagì con:

  • l'enciclica Etsi Multa Luctuosa, del 21 novembre 1873, che condannava l'atteggiamento repressivo dei governi tedesco e svizzero;
  • l'enciclica Quod numquam, del 5 febbraio 1875, che pronunciava la scomunica contro coloro che avevano fatto queste leggi e inoltre esonerava i cattolici dal dovere di obbedire allo Stato Germanico perché ritenuto iniquo.

Ben presto, la legislazione di Falk, penetrata nel vivo della struttura della Chiesa, si rivelò insostenibile. Le sedi vescovili e le parrocchie erano deserte e il popolo non seguiva i "parroci di stato" nominati dalle autorità politiche. Lo stesso imperatore Guglielmo I di Germania ne era poco entusiasta e la corte era ostile. Nelle elezioni del 1877 i conservatori ebbero qualche vantaggio e i liberali perdettero terreno dinnanzi all'avanzata dei socialisti e il cancelliere ritenne giunto il momento di sbarazzarsi dei suoi alleati e di rivedere la politica antiromana del Falk.

Proprio allora moriva Pio IX e saliva al pontificato Leone XIII. La lettera con cui il nuovo papa comunicava la sua elezione all'imperatore conteneva un invito alla pace ed ebbe una risposta conciliante. I ministri liberali, contrari al protezionismo, si dimisero e al loro posto subentrarono i conservatori. Tuttavia il riavvicinamento con la Chiesa si operò lentamente. Il cancelliere si limitò a mostrarsi conciliante nei singoli casi e a congedare il ministro Falk, iniziando trattative col nunzio a Monaco, mons. Gaetano Aloisi Masella e col nunzio a Vienna, mons. Ludovico Jacobini.

Certamente il cancelliere fu poco adatto a muoversi sul terreno dei rapporti con la Chiesa e non seppe distinguere il limite tra quello che la Chiesa era disposta a concedere e quello che non era disposta a concedere. D'altra parte l'articolo dello statuto prussiano non fu ristabilito. Il matrimonio civile e l'obbligo della notifica delle collazioni sono rimasti nella legislazione tedesca, la legge poi contro i gesuiti rimase fino al 1917.

Attraverso questa crisi il partito cattolico fu condotto a collaborare al programma economico-sociale e quindi a rafforzare quel Reich contro cui aveva combattuto. Nella storia generale della Chiesa la resistenza fortunata contro Bismarck e l'impero tedesco fu la prima grande manifestazione della ripresa del cattolicesismo dopo la perdita del potere temporale. Chi pagò le spese della lotta fu il partito liberale. E anche questa disfatta del liberalismo tedesco ebbe le sue conseguenze nella storia della Germania.

Note
  1. Franz Xaver Bischof, Kulturkampf su DSS. URL consultato il 26-03-2020
  2. Augustin Fliche e Victor Martin, Storia della Chiesa - Chiesa e la società industriale (1878-1922), vol. XXXII/1, Torino, 1990, pp. 404-405
Bibliografia
  • Carlo Antoni, KULTURKAMPF su Enciclopedia Italiana (1933) Treccani. URL consultato il 08-04-2020
Collegamenti esterni