Sillabo
Il Sillabo o Syllabus (dal greco συλλαβος, syllabos, collezione) è un elenco di ottanta proposizioni pubblicato in appendice all'enciclica Quanta Cura di Pio IX, l'8 dicembre 1864.
Contenuto
Il titolo completo era: Syllabus complectens praecipuos nostrae aetatis errores ("Sommario comprendente i principali errori del nostro tempo"). Raccoglieva una serie di proposizioni condannate in precedenti documenti pontifici, cui si faceva esplicito riferimento per desumere la diversa gravità della condanna.
Esse riguardavano:
- il razionalismo
- il naturalismo
- il socialismo
- il comunismo
- le società bibliche
- l'antitemporalismo
- il separatismo tra Stato e Chiesa
- la libertà di stampa
- la libertà di opinione
- la libertà di coscienza
- l'indifferentismo religioso
Nella sostanza il Sillabo negava che la Chiesa dovesse o potesse venire a patti con le moderne ideologie.
Storia
Papa Pio IX nel 1852 costituì una speciale commissione, presieduta dal cardinale Raffaele Fornari, che era stato nunzio per il Belgio, nazione fondata su principi liberali e poi in Francia, culla dell'illuminismo. Gli altri membri del consesso eran i canonisti Guglielmo Audisio e Prospero Caterini e i padri M. Spada, G. B. Tonini e C. Passaglia. Gli scopi della commissione erano così fissati:
- 1. il raccogliere i principali errori dei nostri tempi;
- 2. l'ordinarli logicamente;
- 3. il richiamarli ai loro principi;
- 4. lo stabilire le antitesi e i veri opposti;
- 5. il formare un simbolo ortodosso contro l'odierna eterodossia;
- 6. determinare il modo di connettere siffatto simbolo alla definizione dell'immacolato concepimento.
In sostanza, la commissione avrebbe dovuto redigere un documento nel quale procedendosi alla definizione dell'immacolato concepimento di Maria SS.ma si condannino in pari tempo gli errori de' nostri tempi. Prevalse però il parere espresso da Louis Veuillot e dal conte Emiliano Avogadro della Motta, secondo i quali era inopportuno fondere due documenti di per sé diversi. Si procedette quindi alla sola definizione del dogma dell'Immacolata pubblicato l'8 dicembre 1854 sulla base di un documento discusso in varie riunioni di cardinali e vescovi, sotto la presidenza dei cardinali Prospero Caterini, Giovanni Brunelli e Vincenzo Santucci.
L'idea della condanna degli errori del tempo venne ripresa nel 1860, prendendo le mosse dall'istruzione pastorale del vescovo di Perpignano mons. Philippe Gerbet del 23 giugno 1860, Sur diverses erreurs du temps présent[1]. Dove il vescovo di Perpignano elencava ottantacinque proposizioni di condanna. Ill documento venne sottoposto da Pio IX a una nuova commissione presieduta dal cardinale Prospero Caterini, riunitasi a partire dal 21 maggio 1861 con il compito di condannare le dottrine che attentassero all'integrità della fede, alla purezza della morale e alla verità di quei principi religiosi e sociali sui quali poggiava la società e di scegliere tra le ottantacinque proposizioni erronee di mons. Gerbet quelle che esprimessero maggior carattere di falsità. La commissione (composta da Giovanni Perrone S.J., fra Giacinto de Ferrari O.P., mons. Pio Delicati e mons. Ludovico Jacobini) doveva anche formulare le proposizioni nei modi più rispondenti "all'uso universale" e apporvi le opportune censure teologiche.
Nella fase di redazione, il Cardinale Raffaele Fornari consultò, tra gli altri, anche il pensatore spagnolo Juan Donoso Cortés, che, liberale in gioventù, aveva poi scoperto gli errori delle dottrine contemporanee, sia liberali sia socialiste, e aveva cominciato a sostenere le posizioni cattoliche. Donoso rispose con la celebre lettera Sugli errori del nostro tempo[2].
Alla fine dei lavori vennero scartate tredici proposizioni di mons. Gerbet, perché erano ripetizioni, ne vennero modificate cinque per esprimere il senso scolastico degli errori, altre sei furono condensate in tre e una ne fu aggiunta. In definitiva, la commissione stilò un elenco di settanta proposizioni che intitolò Syllabus propositionum.
Il 20 giugno 1861 il documento fu trasmesso a un gruppo di dodici consultori per la determinazione precisa della censura teologica che concluse i lavori il 15 febbraio dell'anno seguente, riducendo a sessantuno l'elenco degli errori con le rispettive note teologiche (Theses ad Apostolicam Sedem delatae et censurae a nonnullis theologis propositae).L'elenco fu sottoposto a tutti i vescovi invitati a Roma per la Pentecoste del 1862 in occasione della canonizzazione di ventisei martiri giapponesi e del beato Michele dei Santi. La lettera di invito, stilata dallo stesso Prospero Caterini, venne trasmessa nella seconda metà di gennaio; in essa si accennava al desiderio del papa di conoscere l'opinione dei vescovi in un affare di grande importanza, distinto dalla canonizzazione. Dopo le risposte dei vescovi e la successiva rielaborazione del documento, si giunse alla definitiva stesura delle ottanta proposizioni del Sillabo, la cui promulgazione avvenne l'8 dicembre 1864, insieme all'enciclica Quanta cura[3].
Dopo la pubblicazione del Sillabo, invece, alle esasperazioni polemiche originate dal documento cercò di opporsi il vescovo d'Orléans, Felix Dupanloup, con un opuscolo intitolato "La Convenzione del 15 settembre e l'enciclica dell'8 dicembre". In esso teorizzava la distinzione tra "tesi" ed "ipotesi" affermando che, per motivi di ordine pratico e in nome della pace sociale, la Chiesa poteva essere indotta ad ammettere di fatto quelle norme e quegli ordinamenti che condannava nella sua Dottrina.
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Voci correlate | |