Quando per ammirabile disposizione
Quando per ammirabile disposizione Motu proprio di Pio VII | |
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Data | 6 luglio 1816 (XVII di pontificato) |
Traduzione del titolo | Quando per ammirabile disposizione |
Argomenti trattati | organizzazione dell'amministrazione pubblica dello Stato Pontificio |
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Quando per ammirabile disposizione è un motu proprio emesso dal papa Pio VII il 6 luglio 1816. Il titolo completo del documento è: "Quando per ammirabile disposizione della divina Provvidenza. Sull'organizzazione dell'amministrazione pubblica".
Il testo sancisce un momento importante nella modernizzazione dell'amministrazione fiscale e giudiziaria dello Stato Pontificio. Il provvedimento giunse in un momento storico particolare: si era concluso da poco il Congresso di Vienna che il 9 giugno 1815 aveva restituito allo Stato della Chiesa sia le Marche e le Legazioni (salvo alcuni territori situati a nord del Po) sia le enclaves di Benevento e di Pontecorvo. Il pontefice era tornato da due anni al soglio pontificio dopo gli anni di prigionia in Francia: introdusse elementi che in parte si rifacevano alle costituzioni governative introdotte da Napoleone, nei territori restituiti e furono estesi a tutto lo Stato, una nuova forma di amministrazione e giustizia che uniformasse la legge su tutto il territorio pontificio.
Per la guerra che muoveva a fedecommessi, leggi municipali, privilegi nobiliari, diritti di regalia, di pesca e caccia, per il sistema finanziario e per quello ipotecario, oltre che per il bollo e il registro, chiaramente ispirato alla legislazione francese, provocò un profondo e diffuso malcontento negli ambienti reazionari e presso la nobiltà.[1]
Testo
Il testo legislativo in sei Titoli fu redatto in italiano e si avvalse della collaborazione del cardinal Segretario di Stato Ercole Consalvi. Nel Titolo I Organizzatione governativa si stabilì una profonda e articolata riforma organizzativa dello Stato Pontificio. Lo Stato fu diviso amministrativamente in 13 delegazioni e quattro legazioni (Bologna, Ferrara, Forlì, Ravenna), oltre al Distretto di Roma ribattezzato Comarca, facenti capo ciascuna ad un delegato, che doveva essere un prelato: egli non aveva potere giudiziario nelle materie di diritto civile e criminale, competenza invece dei due governatori (ciascuno per una delle due materie) a lui direttamente sottoposti. Era prevista la possibilità di appellarsi, segnatamente anche nei casi capitali, dove fu possibile per l'imputato richiamarsi ai testimoni. All'art. 19 del Titolo I, si confermò l'abolizione delle giurisdizioni baronali, retaggio dei rapporti di vassallaggio di origine feudale, in precedenza vantati dai baroni.
Nei Titoli II Organizzatione di Tribunali Civili e III Organizzatione dei Tribunali Penali si fissarono le norme dell'organizzazione della giustizia civile e criminale. All'art. 96 del Titolo III si stabilì la conferma in perpetuo dell'abolizione della tortura (uso dei tormenti).
Il Titolo IV tratta le Disposizioni legislative, il Titolo V la Organizzazione della Comunità e il Titolo VI la Organizzazione dei dazj e di altri oggetti relativi all'erario camerale.
Il documento termina con le Disposizioni generali che fissano all'art. 239 la data della fine del Governo provvisorio (31 agosto 1816).
Se le disposizioni riguardanti la riorganizzazione finanziaria risultano tra le più complete, il testo delinea anche la creazione e la pubblicazione di un vero e proprio Codice Civile, che avvenne con un successivo motu proprio "Sul nuovo codice di procedura civile" emanato il 22 novembre 1817, che rimase tuttavia incompiuto sino alla morte del pontefice.
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