Sant'Eustachio Placido

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Sant'Eustachio Placido
Laico · Martire
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Albrecht Dürer, Sant'Eustachio Placido (part. da Trittico di Paumgartner), 1500 ca., olio su tavola; Monaco di Baviera (Germania), Alte Pinakothek
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Eventi
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Ricorrenza 20 settembre
Altre ricorrenze
Santuario principale
Attributi Vestito da cavaliere o soldato, crocifisso, cervo
Devozioni particolari {{{devozioni}}}
Patrono di
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Incoronazione
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Erede
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Onorificenze
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Tutti-i-santi.jpgNel Martirologio Romano, 20 settembre, n. 3:
« A Roma, commemorazione di sant'Eustachio martire, il cui nome è venerato in un'antica diaconia dell'Urbe. »

Sant'Eustachio Placido (Roma, I secolo; † Roma, II secolo) fu un martire romano durante il regno di Traiano.

Biografia

Visse a Roma ai tempi dell'imperatore Adriano. Prima di convertirsi al Cristianesimo era pagano ed il suo nome Placido: era solito dedicarsi alla beneficenza, ma anche alla persecuzione dei cristiani.

Secondo la Leggenda Aurea un giorno Placido stava inseguendo un cervo mentre andava a caccia,[1] quando questo si fermò di fronte ad un burrone e si volse a lui mostrando tra le corna una croce luminosa sormontata dalla figura di Gesù che gli diceva:[2]

« Placido, perché mi perseguiti? Io sono Gesù che tu onori senza sapere. »

Dopo essersi ripreso dallo spavento, Placido rientrò a casa e narrò tutto alla moglie, la quale gli riferì di aver avuto quella notte una visione nella quale uno sconosciuto le preannunciava che l'indomani ella si sarebbe recata da lui con il marito. Placido, la moglie e i due figli si recarono l'indomani dal vescovo, si convertirono e si fecero battezzare. Placido ricevette il nome di Eustachio (dal greco Eustáchios, cioè "che dà buone spighe"), la moglie quello di Teopista (dai termini greci théos e pístos, cioè "credente in Dio"), ed i figli, uno Teopisto e l'altro Agapio (dal greco Agápios, cioè "colui che vive di carità")[3]

La Leggenda Aurea narra che Eustachio, lasciato l'esercito romano, sia stato poi perseguitato dalla sorte, come Giobbe, perdendo prima tutti gli averi, poi la moglie ed infine i figli, ma che, come Giobbe, non abbia mai insultato la provvidenza e che quindi, dopo numerosi anni di separazione, la famiglia si sia miracolosamente riunita. Richiamato sotto le armi come generale dall'imperatore Traiano, riprese servizio e si comportò con valore combattendo contro i barbari. Invitato a Roma per ricevere i debiti onori, si seppe che era cristiano e l'imperatore Adriano lo fece arrestare e condannare a morte insieme alla moglie e ai figli. Fu con loro torturato e, salvatisi misteriosamente dalla fiere del Colosseo, morirono infine, tutti martiri, arroventati dentro un bue di bronzo.[4]

Secondo lo storico Henri Delaye, Eustachio non sarebbe mai esistito: l'autore della prima stesura in lingua greca della Leggenda Aurea avrebbe attinto a leggende popolari del tempo e la vicenda famigliare ricalcherebbe un storia leggendaria indina. A riprova della sua teoria il Delaye cita l'assenza di menzioni sul santo fino al V secolo e il fatto che né il Deposito Martyrum né il Martirologio Gerominiano parlano di Eustachio.[5]

Note
  1. Il comune di Poli, in provincia di Roma, vanta l'episodio come avvenuto nel proprio territorio.
  2. Il cervo fu rappresentato assai presto nell'iconografia cristiana quale simbolo di Cristo che combatte il demonio, rappresentato dal serpente, a seguito della credenza, alimentata da molti scrittori dell'antichità, che il cervo fosse un avversario implacabile del serpente, cui darebbe la caccia stanandolo ed uccidendolo. (Louis Charbonneau-Lassay, Il bestiario del Cristo, vol II, Editore Arkeios, Roma 1995, p. 357 e segg. ISBN 9788886495021)
  3. Alfredo Cattabiani, Santi d'Italia, p. 354
  4. Alfredo Cattabiani, op. cit, p. 356
  5. Alfredo Cattabiani, op. cit, p. 357
Bibliografia
  • Rosa Giorgi, Santi, col. "Dizionari dell'Arte", Mondadori Electa Editore, Milano 2002, p. 123 ISBN 9788843596744
Voci correlate
Collegamenti esterni