Sante Perpetua e Felicita
Sante Perpetua e Felicita Laiche · Martiri | |
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Sante | |
Maestranze ravennati, Santa Perpetua e santa Felicita (fine V - inizio VI secolo), mosaico; Ravenna, Basilica Sant'Apollinare Nuovo. | |
Nascita | II secolo |
Morte | Cartagine 7 marzo 203 |
Venerate da | Chiesa cattolica |
Ricorrenza | 7 marzo |
Altre ricorrenze | 7 febbraio nel Rito ambrosiano |
Attributi | Palma |
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Nel Martirologio Romano, 7 marzo, n. 1 (7 febbraio nel Rito ambrosiano):
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Le Sante Perpetua e Felicita (II secolo; † Cartagine, 7 marzo 203) sono state due martiri cartaginesi, che insieme ad altre giovani catecumene resero l'estrema testimonianza sotto l'imperatore Settimio Severo. Il resoconto del loro martirio, gli Atti di Perpetua e Felicita, è uno dei più antichi documenti della letteratura cristiana latina.
Atti
Gli Atti di Perpetua e Felicita (latino: Acta Perpetuae et Felicitatis; composto nel 203 circa) sono un resoconto di testimoni oculari della passione e morte delle martiri Perpetua e Felicita, uccise durante feste circensi assieme a san Saturo, san Revocato, san Saturnino e san Secondino, le due donne erano catecumene furono messe a morte a Cartagine il 7 marzo 202; parte dei racconti sono opera di Tertulliano, ma alcuni capitoli sono i diari di Perpetua stessa, redatti durante la carcerazione. Di questi Atti si sono conservate due edizioni, una in latino e l'altra in greco.
Gli Atti sono una delle pagine migliori dell'antica letteratura cristiana, sono state redatte da tre persone:
- i capitoli 3-10 sono tratti dai diari autografi di Perpetua;
- i capitoli 11 e 13 furono scritti da Saturo;
- i restanti capitoli (1-2, 12, 14-21) furono composti da un terzo autore, testimone oculare dei fatti, che alcuni studiosi identificano con Tertulliano.[1]
Questa opera ebbe un tale successo che due secoli dopo i fatti Agostino d'Ippona volle avvertire i propri fedeli di non avere per gli Atti la stessa considerazione che avevano per le scritture.[2]
L'edizione in lingua latina fu scoperta da Luca Olstenio e pubblicata da Pierre Poussines nel 1663. Nel 1890 Rendel Harris scoprì un altro resoconto scritto in greco, che pubblicò in collaborazione con Seth Gifford.
Culto
Il culto delle due sante e dei loro compagni martiri ebbe immediata diffusione: sono pervenute anche alcune omelie di Agostino pronunciate proprio in occasione della loro festa. Il loro attributo iconografico è la palma del martirio.
Perpetua e Felicita sono invocate nella litanie dei santi durante la Veglia Pasquale.
La loro festa venne celebrata, anche al di fuori dei confini dell'Africa, il 7 marzo: questa data entrò a far parte del calendario filocaliano, cioè quello dei martiri venerati pubblicamente a Roma nel IV secolo. Una Basilica chiamata Basilica Maiorum, fu eretta nel luogo in cui furono sepolti. Pere Delattre proprio in questa Basilica scoprì un'antica iscrizione recante i nomi dei martiri.
Le reliquie di santa Perpetua, nel 439 all'approssimarsi dell'invasione dei Vandali furono trasferite a Roma, poi da lì, nell'843, dall'arcivescovo di Bourges san Raoul all'abbazia di Dèvres (o Deuvre), a Saint-Georges-sur-la-Prée. Dopo che quest'abbazia fu saccheggiata dai Normanni nel 903, furono trasferite a Vierzon, sul sito dell'attuale municipio. Da lì furono traslate nella chiesa di Notre Dame di Vierzon nel 1807, dove sono tutt'ora presenti.
Perpetua è la patrona di Vierzon. Nel 1632 quella città fu gravemente colpita da un'epidemia di peste, gli abitanti allora fecero ricorso a questa santa, portarono in processione le reliquie e fecero il voto che se la peste fosse cessata, avrebbero incastonato la sua testa in un reliquiario d'argento. La peste effettivamente cessò.[3][4].
Note | |
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Fonti | |
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Bibliografia | |
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