Rito Ambrosiano

Da Cathopedia, l'enciclopedia cattolica.
100%Decrease text sizeStandard text sizeIncrease text size
Share/Save/Bookmark
(Reindirizzamento da Rito ambrosiano)
Vai alla navigazione Vai alla ricerca
Il carattere distintivo del Rito ambrosiano è precisamente quello di essere il Rito romano più antico, cosicché esso ha il merito di attestare ancora ai nostri giorni, in modo vivo e vissuto, il rito della Chiesa romana antica.
Gli Ambrosiani hanno la gioia di rimanere più Romani che mai, poiché la liturgia milanese è quella stessa che sant'Ambrogio ricevette da Roma e che i Lombardi conservarono immutata anche quando i Romani la sottoposero all'evoluzione attraverso i secoli
Il sacro Concilio, in fedele ossequio alla tradizione dichiara che la santa Madre Chiesa considera su una stessa base di diritto e di onore tutti i riti legittimamente riconosciuti e vuole che in avvenire essi siano conservati e in ogni modo incrementati e desidera che, ove sia necessario, vengano prudentemente e integralmente riveduti nello spirito della sana tradizione e venga loro dato nuovo vigore come richiedono le circostanze e le necessità del nostro tempo.
Sant'Ambrogio, mosaico nel Sacello di San Vittore, V secolo, Basilica di Sant'Ambrogio

Il Rito ambrosiano è un rito liturgico di tipo latino, usato sostanzialmente nell'Arcidiocesi di Milano. Quantunque essenzialmente romano, dal quale si distingue in molte particolarità, fra le quali, le più importanti sono la divisione dell'anno liturgico, il Messale e il Lezionario, ha però delle caratteristiche particolari, che sono costituite soprattutto da elementi derivati dai riti orientali. Non è facile dire come questi elementi orientali siano penetrati nel Rito ambrosiano, ma i rapporti diretti o indiretti di Milano con l'Oriente furono numerosi. Si ricorda la nazionalità greca di parecchi arcivescovi, il governo dell'arcivescovo ariano Aussenzio, la cultura greca di sant'Ambrogio, la residenza in Milano della corte imperiale[3], che già in parte aveva accettato le usanza orientali, i lunghi soggiorni di arcivescovi milanesi in Oriente, in esilio o per Concili, la dominazione di barbari già evangelizzati dagli orientali. Le aggiunte orientali, tuttavia, non riuscirono mai a nascondere il profilo genuinamente latino del Rito ambrosiano.

L'Arcivescovo di Milano gode (unico forse in Occidente, a eccezione del pontefice) della qualifica di Capo-Rito: del Rito Ambrosiano è cioè custode, tutore e promotore, ma soprattutto ne è il liturgo per eccellenza.

Origine

Il Rito Ambrosiano, nonostante il nome, non è un rito escogitato da Sant'Ambrogio (sebbene molte particolarità risalgono proprio a lui) ma una liturgia di tipo latino (quindi analoga alla romana) formatasi intorno ai secoli V-VIII[4]. Esso nacque non d'un tratto , ma per una lenta e progressiva differenziazione dal Rito comune del mondo latino.

La differenza del Rito ambrosiano da quello di Roma si fece più palese dopo le riforme introdotte da San Gregorio Magno; ed è da quel tempo (VII secolo) che si incomincia a parlare di uno speciale rito "ambrosiano". Milano infatti non accettò sempre le riforme che si venivano introducendo nel Rito di Roma; e quando le accettò, le inserì nel proprio rito con una certa libertà.

Il messale di Biasca, borgo svizzero in passato appartenente alla diocesi di Milano, un manoscritto del IX secolo oggi conservato alla Biblioteca Ambrosiana di Milano[5], è un segno del fatto che la disciplina liturgica era in quel tempo uguale fin agli estremi confini della diocesi.

Il Rito Ambrosiano resistette a un tentativo, operato da Carlo Magno, di conglobamento in quello di Roma. Storici milanesi del basso Medioevo raccontano che, volendosi abolire il rito ambrosiano, a Roma un fantomatico Vescovo Eugenio perorò la causa ambrosiana. Si convenne di affidarsi a un giudizio di Dio: si deposero in una cappella il messale ambrosiano e il romano, chiusi, stabilendo che sarebbe stato da ritenersi legittimo quello che il mattino dopo si sarebbe trovato aperto. Ma si trovarono aperti entrambi i messali e il rito milanese fu salvo.

Dopo nuovi tentativi contro il Rito milanese nell'XI secolo durante i pontificati di Niccolò II e di San Gregorio VII, perché la Santa Sede trovò ostacolo anche nelle autonomie liturgiche alla sua opera necessaria di riforma, i Romani Pontefici non ebbero difficoltà a riconoscere e ad approvare il Rito ambrosiano, come fecero Eugenio III nel 1145 ed Anastasio IV nel 1153. Finalmente San Pio V nel XVI secolo prescrisse che sopravvivessero quei riti che potevano dimostrare un'esistenza ininterrotta di almeno due secoli, e sulla legittimità del Rito ambrosiano non si fece più questione.

Il Rito Ambrosiano corse un pericolo ben più grave al tempo di San Carlo Borromeo. Il Concilio di Trento aveva stabilito che nella chiesa latina si dovessero abolire tutti i riti che non contavano almeno due secoli di vita. Il rito ambrosiano, che ne contava molti di più, non correva pericoli da questo punto di vista. Ma il Borromeo ebbe il torto di voler inquietare i monzesi, che seguivano il rito patriarchico, obbligandoli nel 1578 a introdurre il Rito Ambrosiano; fu in quell'occasione che un canonico di Monza, recatosi a Roma, tanto disse e tanto fece presso la Curia Romana che San Carlo sentì il bisogno di difendere la liturgia ambrosiana.

Diffusione

Territorio e diffusione del Rito Ambrosiano

In Origine aveva diffusione molto vasta: su tutto il nord d'Italia, fino a sud di Bologna, sul Norico (Austria) sull'Elvezia (Svizzera) e sulla Pannonia (Ungheria) e sulla Vindelicia. Nel corso della storia molte comunità anticamente di rito ambrosiano sono passate al rito romano. Il rito ambrosiano è attualmente seguito prevalentemente nella maggior parte della diocesi di Milano con l'eccezione dei decanati di Monza, Treviglio e Trezzo sull'Adda, delle parrocchie di Civate e Varenna e delle chiese non parrocchiali dei religiosi e dell'Università Cattolica del Sacro Cuore a Milano. Si celebra in ambrosiano anche in alcune parrocchie della diocesi di Bergamo, in particolare in Valle San Martino, in Valtorta e Val Averara.

Fuori dalla Lombardia è seguito solo nelle parrocchie di Cannobio e di Cannero Riviera (nel vicariato del Verbano in diocesi di Novara) e nel Canton Ticino. In quest'ultima regione interessa le parrocchie della Valle Capriasca, di Brissago e Ascona e delle tre valli superiori del Cantone: Blenio, Riviera e Leventina, dette appunto le Tre valli ambrosiane. Nella diocesi di Lodi è in uso solo nelle parrocchie di Colturano, Balbiano e Riozzo.

La liturgia

La caratteristica della liturgia ambrosiana è un forte Cristocentrismo, derivante dalla lotta contro l'eresia ariana al tempo di Ambrogio e una vicinanza con le liturgie orientali, prese da Ambrogio stesso come modello per la Chiesa milanese, seppur facendo sempre riferimento agli usi della Chiesa di Roma come fonte normativa.

La Messa

Per approfondire, vedi la voce Celebrazione eucaristica nel Rito Ambrosiano

La celebrazione della Messa presenta gli stessi elementi del rito romano, ma alcuni di essi sono disposti diversamente, mancanti o in più. Nella Liturgia della Parola il lettore, prima di annunziare il titolo della lettura, che sta per proclamare, inchinato verso il sacerdote, chiede la benedizione, dicendo a chiara voce: "Benedicimi, padre."

Il sacerdote benedice con una delle formule seguenti:

  • se la lettura è tratta dall'Antico Testamento: "La lettura profetica ci illumini e ci giovi a salvezza"
  • se la lettura e tratta dal Nuovo Testamento: "La lettura apostolica ci illumini e ci giovi a salvezza"
  • se la lettura e tratta dalla passione o dalla biografia del santo patrono o del titolare della chiesa: "La parola della Chiesa ci illumini e ci giovi a salvezza"
  • se il medesimo lettore proclama le due letture che precedono la proclamazione del Vangelo: "La parola di Dio ci illumini e ci giovi a salvezza"
  • oppure in tutti i casi: "Leggi nel nome del Signore."

Il Lezionario Ambrosiano riformato a norma dei decreti del Concilio Vaticano II, prevede una particolare formula introduttiva della lettura del Vangelo con l'espressione "In quel tempo." (notare il punto), che designa lo specifico momento della storia in cui, per l'intervento divino, l'economia salvifica è venuta manifestandosi, un momento preciso, collocato entro concrete coordinate spazio-temporali. Non vuole essere un complemento di tempo chiuso in sé stesso, costruito assolutamente, senza alcun legame con il resto del periodo, bensì una solenne proclamazione della Parola di Dio, l'espressione con il punto presuppone una pausa contemplativa. L'introduzione di questa particolarità risale alla tradizione ambrosiana, presente nel rito ambrosiano antico e interrotta nel periodo 1976-2008 quando le comunità di Rito ambrosiano hanno celebrato l'Eucaristia lungo l'anno (festiva e feriale) con un Messale Ambrosiano rinnovato a norma dei decreti del Concilio Vaticano II completo e autonomo, a eccezione del Lezionario, ancora incompleto e supplementare rispetto al Lezionario Romano.

Nelle Messe del giorno delle più grandi Solennità di Natale, Epifania e Pasqua[6] si recita l'Antifona prima del Vangelo subito dopo il Canto al Vangelo.

Dopo la lettura del Vangelo l'assemblea recita l'Antifona dopo il Vangelo, durante la quale si prepara la mensa stendendovi il corporale e deponendovi sopra il calice.

Alla presentazione dei Doni il sacerdote benedice i singoli fedeli che li presentano, dicendo: "ti benedica il Signore con questo tuo dono." Il sacerdote solleva il pane e dice: "O Padre clementissimo, accogli questo pane perché diventi il corpo di Cristo, tuo Figlio."

Se non c'è canto, l'assemblea risponde: "amen."

Il diacono, o il sacerdote, versando il vino con un po' di acqua nel calice, dice: "dal fianco aperto di Cristo uscì sangue e acqua."

Il sacerdote solleva il calice e dice: "o Padre clementissimo, accogli questo vino perché diventi il sangue di Cristo, tuo Figlio."

Se non c'è canto, l'assemblea risponde: "amen."

Lo scambio della pace non è immediatamente prima della Comunione, ma viene anticipato al termine della Liturgia della Parola, prima della preparazione dei doni. Ciò rispecchia l'antica tradizione (che si è conservata anche nelle liturgie orientali) secondo cui si obbedisce al precetto evangelico (Mt 5,23-24 ) che impone la riconciliazione fraterna prima di compiere l'offerta rituale sull'altare.

Altre minori differenze sono:

  • la mancanza dell'Agnus Dei e la triplice invocazione Kyrie eleison (Signore pietà) senza il Christe eleison (Cristo pietà) presente nel rito romano.
  • La Colletta del Rito Romano, cioè l'orazione collocata dopo la Dossologia maggiore, nel Rito Ambrosiano è denominata Inizio dell'assemblea liturgica, ed ha le stesse connotazioni temporali e liturgiche.
  • Il Credo è proclamato dopo l'offertorio.
  • Alla Benedizione precedono, dopo il "Signore sia con voi", i tre kyrie eleison.
  • Dopo la benedizione non si dice "la messa è finita", ma "andiamo in pace" e si risponde "nel nome di Cristo".
  • Il giorno di sabato, inoltre, in continuità con la tradizione ebraica, non è considerato feriale. Alla messa vespertina del sabato, all'inizio delle celebrazione liturgica si proclama il Vangelo della Risurrezione, o, come in Quaresima e in altre circostanze la Lettura Vigiliare (vedere sezione dedicata).

La messa vigiliare

La Liturgia Vigiliare Vespertina di Rito Ambrosiano, nota impropriamente come "Messa Pre-Festiva" è, a tutti gli effetti, una celebrazione festiva, solenne apertura del Giorno del Signore con il suo inizio dal tramonto del sole del giorno precedente. È la Pasqua ebdomadaria di Risurrezione osservata fin dall'origine da tutte le generazioni cristiane.

La tradizione ambrosiana è sempre stata molto rigorosa nel computare il giorno liturgico a partire dal vespero; sulla scia della tradizione ebraica e del dettato evangelico:

« Era il giorno della parasceve e già splendevano le luci del sabato »

Da tempo immemorabile le maggiori festività ambrosiane prevedono l'apertura vespertina con la "grande vigilia", che in modo analogo a quanto accade in ambito bizantino, inserisce la celebrazione eucaristica vigiliare nel canto dei vesperi, arricchito per l'occasione da una specifica lettura vigiliare.

In un tale contesto la celebrazione "quando ormai splendono le luci del primo giorno della settimana", non può concepirsi come una semplice anticipazione dell'adempimento del precetto festivo, ma rappresenta il solenne ingresso nel giorno del Signore, ossia nella Pasqua settimanale.

Per esprimere pienamente questa sua caratteristica originaria e quindi assumere la peculiarità di prima messa della Domenica, il celebrante, durante tutti i sabati dell'anno liturgico, non deve mai omettere l'annuncio della Risurrezione di Gesù (Vangelo della Risurrezione), eccetto che in Quaresima, alle messe vespertine della Domenica in Albis Depositis, della I Domenica di Pasqua e dell'Ascensione, dove vengono letti brani evangelici come la Trasfigurazione (Lettura vigiliare).

In tutte le grandi solennità si celebra l'Eucaristia in forma solenne e per tutte le liturgie vigiliari vespertine, si può celebrare in forma solenne o in forma semplice. Nella sua forma più solenne è preceduta dai Vespri ed è così composta:

  • dal Rito della Luce (vedi sezione);
  • dall'Inno;
  • dal Responsorio;
  • dalla lettura del Vangelo della Risurrezione[7] (in Quaresima prende il nome di Lettura vigiliare[8]);
  • dalla recita del Salmello[9] e dell'Orazione.

La celebrazione introduttiva della messa vespertina è molto suggestiva. Si notano forti contrasti nell'uso dei simboli: il sole che tramonta (vespero) e la lucerna che risplende è un evidente rimando all'evento drammatico della croce dove il tramonto è paragonato alla morte, viene integrato nel rimando liturgico alla piena e definitiva vittoria di Cristo dove la luce della fiamma è vita e salvezza. Il sacrificio, che ha redento il mondo, introduce l'umanità nel giorno senza tramonto e la luce di Cristo, che vince nell'uomo le tenebre del peccato, è accesa per sempre.

La tabella sottostante riporta tutti i brani del Vangelo della Risurrezione e delle letture vigiliari utilizzati nelle varie Domeniche e nelle celebrazioni che lo prevedono.

All'inizio della messa vigiliare della solennità di Sant'Ambrogio, Patrono della Santa Chiesa Ambrosiana, è proclamata una Lettura Vigiliare sulla vita del santo.

L'Anno Liturgico

Diagramma dell'anno liturgico di Rito Ambrosiano

L'Avvento

Per approfondire, vedi la voce L'Avvento nel Rito Ambrosiano

Il tempo d'Avvento comincia dai primi vespri della domenica che segue immediatamente l'11 novembre, festa di San Martino, ragione per la quale nella tradizione ambrosiana prende anche il nome di Quaresima di San Martino con riferimento, appunto, al momento di avvio e alla durata. Analogamente accade anche in ambito bizantino dove, nel corrente lessico ecclesiale, il periodo di preparazione al Natale è detto Quaresima di san Filippo.

Non è formato, quindi, da quattro settimane come nel Rito Romano, ma da sei settimane. Termina con le feriae de Exceptato ("ferie dell'Accolto") che costituiscono in sostanza la novena di Natale.

I nomi delle domeniche sono:

  1. Domenica della venuta del Signore
  2. Domenica dei figli del regno
  3. Domenica delle profezie adempiute
  4. Domenica dell'ingresso del Messia
  5. Domenica del precursore
  6. Domenica dell'Incarnazione

La domenica precedente il Natale, cioè la Domenica dell'Incarnazione, il sacerdote veste paramenti bianchi anziché morelli.

Durante l'Avvento si effettua la benedizione delle case, che nel Rito Romano si effettua nel Tempo di Pasqua.

Il Natale

Un uso praticato in molte chiese milanesi nel Tempo di Natale è quello di far pendere dall'arco trionfale una stella cometa illuminata.

La Messa della vigilia di Natale[11] è racchiusa all'interno dei Vespri: al canto del Lucernaio, l'inno, seguono alcune letture bibliche, poi continua la Messa; al termine si riprendono i Salmi dei Vespri.

Da sempre, il computo delle sei settimane, ha comportato che la Vigilia di Natale, qualora cadesse di Domenica, perdesse il proprio carattere vigiliare e venisse celebrata in forma di Domenica. Il Lezionario riformato, per cui, continua, secondo la tradizione, a celebrare con rito domenicale la liturgia del 24, qualora il 24 cada di Domenica. Per la denominazione di tale Vigilia in Dominicam incidens, onde evitare fraintendimenti di lessico liturgico, il Lezionario ha ritenuto opportuno non ricorrere al termine "Vigilia" ed ha designato a questa particolare Domenica la denominazione di Domenica prenatalizia, come in effetti è e come suggerisce il suo collocarsi alla fine delle Feria prenatalizie, cioè quelle che intercorrono dalla Domenica della Divina Maternità della Beata Vergine Maria (VI di avvento) al giorno di Natale.

Nel pomeriggio del giorno di Natale si cantano due Vespri:

La Messa del 1º gennaio non presenta riti speciali, ma ha un testo la cui presenza è legata agli usi pagani superstiziosi di inizio d'anno; il testo consiste in orazioni intese a mantenere i fedeli sulla retta via della fede cristiana.

Anche l'Epifania, come il Natale, ha una vigilia in cui la Messa è collocata nel mezzo dei Vespri. Durante i Vespri dell'Epifania, poi, un'antifona è ripetuta ben cinque volte, mentre l'arcivescovo distribuisce i doni al canonico maggiore, ai canonici minori, ai chierici.

La festa della Presentazione di Gesù al Tempio, il 2 febbraio, ricorda insieme anche la purificazione di Maria, prescritta dalla Legge di Mosè. Come nel rito romano, nella liturgia di questo giorno si benedicono le candele e si fa una processione. A Milano, fino al 1589, la processione andava dalla chiesa di Santa Maria Beltrade[12] al Duomo; ora si svolge all'interno del Duomo. In questa processione viene portata una tavola di legno, con l'immagine dipinta della Madonna; la tavola è chiamata Idea, nome che deriva dal greco e che significa "immagine".

Tempo Dopo l'Epifania

Per approfondire, vedi la voce Tempo Dopo l'Epifania

È quel periodo dell'anno liturgico che inizia il lunedì che segue la Domenica dopo il 6 gennaio, cioè la I Domenica dopo l'Epifania, detta del Battesimo del Signore e si protrae fino all'ora nona compresa del sabato che precede la Domenica all'inizio della Quaresima.

In ragione della mobilità della Pasqua e del giorno della settimana in cui cade la festa del Battesimo di Gesù, questo tempo ha una durata flessibile, da un minimo di quattro settimane (tre Domeniche) a un massimo di nove settimane (otto Domeniche). La prima Domenica dopo la solennità dell'Epifania (il Battesimo del Signore) fa ancora parte del Tempo di Natale. Le domeniche successive alla Festa del Battesimo del Signore, cioè quelle facenti parte del Tempo dopo l'Epifania, prendono la numerazione partendo dalla festa, per cui la prima domenica del Tempo dopo l'Epifania assume il numero due, la seconda il numero tre ecc... Fino a raggiungere la penultima e l'ultima Domenica Dopo l'Epifania che mantengono sempre questa denominazione indipendentemente dal numero delle settimane. I giorni della settimana dopo la solennità dell'Epifania, pur facendo parte del Tempo di Natale, assumono il nome di ferie dopo l'Epifania.

Le ultime due settimane e le due ultime due domeniche dopo l'Epifania denominate Domenica della divina clemenza e Domenica del perdono, che precedono immediatamente il Tempo quaresimale, devono essere sempre celebrate, salvo il caso in cui la penultima venga a coincidere con l'ultima domenica di gennaio, festa della Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe. In queste domeniche le letture sono un ponte ideale tra il libro del mistero dell'incarnazione (I Libro) e quello del mistero della pasqua (II Libro), preparando le comunità a entrare nel tempo quaresimale.

Il colore liturgico adottato è il verde

La Quaresima

Per approfondire, vedi la voce La Quaresima nel Rito Ambrosiano

Le origini della Quaresima ambrosiana risalgono al IV secolo, quando la società era in via di progressiva cristianizzazione e molti pagani, convertitisi al cristianesimo, chiedevano il Battesimo diventando catecumeni.

In tale contesto nacque, non tanto come tempo di penitenza e generica preparazione alla Pasqua, bensì come tempo in cui i catecumeni si preparavano a ricevere il Battesimo nella veglia pasquale: ciò comportò che essa assumesse un forte carattere battesimale, ed è questa la caratteristica che la liturgia ambrosiana ha sempre conservato fino ai nostri giorni.

La Quaresima non inizia con il Mercoledì delle Ceneri, come nel Rito Romano, ma con i primi vespri della Domenica all'inizio di Quaresima (capite quadragesimae), o sesta Domenica prima di Pasqua[13]: i fedeli ricevono le Ceneri al termine di questa Messa o preferibilmente il lunedì successivo, che resta il giorno proprio delle ceneri.

Culmina alla messa inter vesperas in Cena Domini esclusa, con la quale inizia il sacro Triduo Pasquale.

Nei Vespri della prima domenica di Quaresima si canta ancora l'Alleluia; ciò perché fino al tempo di San Carlo Borromeo la liturgia di quella domenica si svolgeva in paramenti bianchi, quasi a chiusura del tempo di Natale. Fu il santo arcivescovo che, vedendo i suoi milanesi approfittare di questa liturgia in cui ancora risuonava l'Alleluia per continuare il carnevale, ridusse tale domenica all'austerità della Quaresima.

In Duomo, nel pomeriggio della prima domenica di Quaresima, l'arcivescovo scende a cantare i Vespri indossando non il piviale ma la pianeta[14], che toglie solo a un certo momento dei Vespri.

In Quaresima la Messa è sempre celebrata con colore nero, in segno di stretta penitenza, nei venerdì di Quaresima, detti venerdì aliturgici, non si celebra la liturgia Eucaristia (feria aneucaristica) e non si distribuisce la Comunione ai fedeli: ciò come preparazione a un'accoglienza più piena.

Durante la Quaresima il Rito Ambrosiano non fa memoria dei Santi, eccezion fatta per San Giuseppe (19 marzo) e l'Annunciazione (25 marzo).

Nelle domeniche di Quaresima è sottolineato il percorso battesimale: sulla falsariga del cammino che porta i catecumeni a ricevere il Battesimo nel giorno di Pasqua, i fedeli battezzati riscoprono il significato del Sacramento che hanno ricevuto.

La Settimana Santa

Per approfondire, vedi la voce La Settimana Autentica

La Settimana Santa è chiamata Hebdomada Authentica ("Settimana Autentica"); si usano i paramenti di colore rosso.

Il Giovedì Santo si celebra in Duomo la Messa Crismale (in bianco), con la benedizione degli oli; al termine ha luogo la lavanda dei piedi, fatta a dodici poveri in memoria del gesto di Cristo (Gv 13,4-5 ).

La seconda Messa del Giovedì Santo viene celebrata alla sera, in paramenti rossi, ed è la Messa in Coena Domini, nella quale si fa memoria dell'Ultima Cena. Questa Messa è collocata in mezzo ai Vespri:

Il Venerdì Santo non si distribuisce la Comunione. In Duomo, la mattina, si canta il Mattutino, con la lettura della passione del Signore secondo Giovanni. Nella celebrazione del pomeriggio:

La mattina del Sabato Santo viene letto il racconto del Diluvio Universale; quindi un diacono in dalmatica rossa legge ancora quella parte della passione di Gesù con la richiesta fatta dal Sinedrio a Pilato di avere guardie per custodire il sepolcro di Gesù, onde impedire il trafugamento del suo cadavere da parte dei suoi discepoli (Mt 27,62-66 ).


Tempo di Pasqua

Vedi la voce Tempo di Pasqua

Tempo Dopo Pentecoste

Per approfondire, vedi la voce Tempo Dopo Pentecoste

Il Tempo Dopo Pentecoste, proprio del Rito Ambrosiano, si articola in tre tempi distinti:

Inizia il lunedì che segue la solennità di Pentecoste e termina all'ora nona del sabato antecedente la I Domenica di Avvento. Può essere paragonato alla seconda parte del Tempo Ordinario del Rito Romano.

In questo periodo dell'anno liturgico si celebra la presenza dello Spirito Santo che rende operante nella storia la salvezza realizzatasi nella persona di Cristo e la ripresenta nella Chiesa attraverso i divini misteri.

Dal Lezionario ambrosiano:

« L'irradiazione dello Spirito nella storia della salvezza: in Israele e, dopo la pienezza dei tempi, nella Chiesa, chiamata a una missione universale e protesa verso un destino escatologico »

In riferimento alle tradizioni storiche ambrosiane, questo tempo si articola in tre sezioni:

  • le settimane dopo Pentecoste, dal lunedì che segue la solennità di Pentecoste all'ora nona del sabato che precede la I domenica dopo la festa del Martirio di San Giovanni il Precursore (29 agosto). Qualora il 29 agosto cada di domenica, la festa del Martirio di San Giovanni il Precursore è posticipata al 1º settembre.
  • le settimane dopo il Martirio di san Giovanni il Precursore, dai primi vespri della I domenica dopo la festa del Martirio, all'ora nona del sabato che precede la terza domenica di ottobre, solennità della Dedicazione del Duomo di Milano, chiesa madre di tutti i fedeli ambrosiani.
  • le settimane dopo la Dedicazione, dai primi vespri della domenica della Dedicazione, all'ora nona del sabato che precede la I domenica di Avvento.

Il Lezionario Ambrosiano

Per approfondire, vedi la voce Nuovo Lezionario Ambrosiano

Nel 2008 è stato introdotto in tutte le parrocchie di rito ambrosiano il Lezionario Ambrosiano riformato a norma dei decreti del Concilio Vaticano II che segna una diversificazione, fondata su un'antica e consolidata tradizione, del Rito della Chiesa Ambrosiana rispetto al resto della tradizione Latina.

Dalla promulgazione del Messale Ambrosiano[21] riformato nel 1976, la Chiesa Ambrosiana disponeva unicamente di un parziale Lezionario "ad experimentum", riguardante Quaresima, Triduo Pasquale e Settimana in Albis, con alcune altre celebrazioni maggiori del ciclo "de Tempore" e del Santorale. Per il complesso dell'anno liturgico e per le celebrazioni dei santi si doveva far ricorso al Lezionario Romano (significativamente le prime due settimane ambrosiane d'Avvento erano in realtà le ultime due settimane dell'anno secondo il Rito Romano, con diversa denominazione). Dal 20 marzo 2008 la Chiesa Ambrosiana ha avuto finalmente il proprio Lezionario riformato.

Tra le novità di maggiore interesse, oltre al succitato Lezionario, l'attuale Messa festiva del Sabato sera, nota impropriamente come "Messa Pre-Festiva", subisce un cambiamento nelle modalità di celebrazione. È previsto, infatti, che diventi la prima messa della domenica: essa è perciò preceduta dal Rito della Luce e dalla lettura di un brano di Vangelo che parla della Risurrezione di Gesù, (detto appunto Vangelo della Risurrezione) tranne che in Quaresima dove vengono letti brani evangelici come la Trasfigurazione (Lettura vigiliare). Inoltre, è stato rivisto anche il Calendario Liturgico Ambrosiano, differente da quello Romano per diversi aspetti.

Il lezionario è organizzato in 3 libri:

  • Libro I - Mistero dell'Incarnazione del Signore; è usato dalla 1ª domenica di Avvento fino al sabato che precede la 1ª domenica di Quaresima, riporta le letture delle festività natalizie e del tempo dopo l'Epifania.
  • Libro II - Mistero della Pasqua del Signore; è usato dalla 1ª domenica di Quaresima fino alla solennità di Pentecoste, tratta le letture della Quaresima, della Settimana Santa e del tempo pasquale
  • Libro III - Mistero della Pentecoste; è usato dal lunedì dopo la Pentecoste fino al sabato precedente alla 1ª domenica di Avvento, è diviso a sua volta in 3 sezioni:

Da questo schema si coglie subito la differenza tra l'articolazione dell'anno liturgico secondo il Rito Romano, il quale prevede infatti l'accostamento di due linee tra di loro del tutto indipendenti:

Nel Rito Ambrosiano non esistono tempi forti, il Lezionario Ambrosiano ha recuperato pienamente e in maniera consequenziale la struttura propria dell'anno liturgico secondo la tradizione propria della Chiesa ambrosiana, così come ci è documentata dalle fonti più antiche e in qualche caso fin dall'epoca del patrono sant'Ambrogio.

I segmenti dell'anno sono tra di loro collegati senza soluzione di continuità, esiste un'unica linea organica che procede in maniera logica: secondo la logica della storia della salvezza che trova in Cristo il suo vertice e il suo centro. Così il Tempo Ordinario romano, nel Rito Ambrosiano è strutturato nella prima parte con il Tempo Dopo l'Epifania, mentre nella seconda parte con il Tempo Dopo Pentecoste, con il quale termina l'anno liturgico.

Dal 14 novembre 2010 (I domenica di Avvento) è entrato in vigore anche il volume per le celebrazioni dei Santi. Inoltre, a partire da tale data, hanno adottato il Nuovo Lezionario Ambrosiano anche le parrocchie di rito ambrosiano appartenenti alla diocesi di Bergamo che precedentemente, nel 2008, avevano optato per il vecchio lezionario.

Il Messale

La prima edizione del messale ambrosiano dopo il Concilio Vaticano II è stata promulgata dal cardinale Giovanni Colombo nel 1976, e rivista nel 1990, durante l'episcopato del cardinale Carlo Maria Martini.

Il 29 novembre 2020 è entrato in uso il cosiddetto "Rito della Messa per le comunità di rito ambrosiano". Questo volume, pubblicato in attesa della nuova edizione del messale ambrosiano, contiene i cambiamenti introdotti nell'ordinario della messa dalla traduzione italiana della terza edizione del messale romano.

Il 28 marzo 2024 l'arcivescovo Mario Delpini ha promulgato la seconda edizione del messale, in vigore dal 17 novembre dello stesso anno, prima Domenica di Avvento[22][23].

I colori liturgici

Il Rito Ambrosiano presenta alcune particolarità riguardo ai colori liturgici:

  • il colore per le celebrazioni del Santissimo Sacramento è il rosso, a differenza del Rito romano dove il colore liturgico previsto è il bianco;
  • al posto del viola si utilizza in Avvento il morello;
  • nelle ferie quaresimali, a eccezione del sabato (non considerato feria), si può usare il nero;
  • nelle ferie, nei sabati e nelle domeniche del Tempo Dopo Pentecoste (parte iniziale del Tempo Dopo Pentecoste) si usa il colore rosso;
  • nelle ferie, nei sabati e nelle domeniche delle settimane Dopo Martirio si usa il rosso;
  • nelle ferie, nei sabati e nelle domeniche del Tempo Dopo l'Epifania si usa il verde, a eccezione dell'ultima domenica di gennaio, festa della Santa Famiglia, in cui si usa il colore bianco e delle settimane dopo la Dedicazione del Duomo, a eccezione dell'ultima domenica dopo la Dedicazione, solennità di Nostro Signore Gesù Cristo Re dell'Universo, in cui si usa il colore bianco;
  • non si usa il colore rosaceo.

Le vesti liturgiche

I diaconi indossano la stola sopra la dalmatica invece che sotto.

L'amitto è indossato sopra il camice, che alle maniche e nell'orlo inferiore (sia anteriore che posteriore) può presentare applicazioni di tessuto, dello stesso colore dei paramenti, decorate con i c.d. "aurifregi".

È possibile che ci sia il Cappino, striscia di tessuto nei vari colori liturgici, applicata intorno al collo della dalmatica (il paramento liturgico dei diaconi) e della pianeta o casula (il paramento liturgico dei sacerdoti). Anticamente il Cappino era unito all'amitto, secondo l'uso tuttora vigente in alcune chiese orientali.

La croce astile nel rito romano viene portata con il crocifisso volto in avanti, nel rito ambrosiano volto indietro (verso il celebrante).

Vi è una differenza anche nella veste talare dei sacerdoti, abbottonata fino in fondo nel caso del rito romano, con soli 5 bottoni nella parte superiore e poi lasciata libera e fermata sempre da una fascia nera nel caso dei sacerdoti di rito ambrosiano.

Il canto ambrosiano

Un elemento fondamentale del rito e della liturgia ambrosiana è costituito dal canto "ambrosiano".

Fu Sant'Ambrogio stesso che, per la prima volta in assoluto nella liturgia della Chiesa, introdusse nel 386 d.C. l'uso di canti non derivanti dai salmi (gli unici fino ad allora cantati durante le messe). Questa sua innovazione si diffuse presto anche nelle Chiese di altro rito.

Sant'Ambrogio è stato definito il più musicale dei Padri, in quanto ha personalmente composto testi e musiche dei suoi inni, innovando anche lo stile, grazie all'introduzione della metrica classica al posto di quella libera che era simile alla salmodia ebraica. Scelse per i suoi inni il dimetro giambico e introdusse la antifonia, elemento fondamentale per consentire a tutta la massa di fedeli una maggiore partecipazione al rito, grazie a un canto collettivo eseguito da un'ala maschile e da un'altra ala composta da donne e bambini. Per agevolare il popolo alla declamazione, Sant'Ambrogio, realizzò versetti facili da recitare e eliminò sia il ruolo del solista sia la presenza dei vocalizzi, rendendo tutto l'insieme più armonico[24].

Come il gregoriano, anche l'ambrosiano fu naturalmente modificato nel corso dei secoli dalla sua "invenzione" da parte di Sant'Ambrogio, ma non di meno oggi lo si definisce il più antico corpo musicale occidentale. Per preservare questo patrimonio insostituibile è stato istituito il PIAMS (Pontificio Istituto Ambrosiano di Musica Sacra) consociato con il Pontificio istituto di musica sacra di Roma.

I testi liturgici musicali e canori ambrosiani sono contenuti nel libro ufficiale della diocesi di Milano "Cantemus Domino".

Riti specifici

Vi sono alcuni riti specifici che sono stati aboliti, ma di cui si può trovare traccia nelle descrizioni storiche. Ad esempio, era usanza che durante certe Messe solenni (e precisamente all'Offertorio) vi fosse una corsa che partiva dai quartieri fin dentro il Duomo, con un enorme cavallo di legno ornato di salsicce e doni vari. Questa usanza venne abolita da San Carlo Borromeo.

Il Rito dei dodici Kyrie eleison

Per approfondire, vedi la voce Rito dei dodici Kyrie eleison

Il Rito dei dodici Kyrie eleison, tipicamente ambrosiano, è espressamente previsto in alcune celebrazioni dell'anno liturgico. All'inizio della Celebrazione eucaristica il sacerdote invita all'Atto penitenziale, che viene compiuto da tutta la comunità mediante la confessione generale e si conclude con l'assoluzione del sacerdote.

Il rito del faro

Tutt'ora in uso, anche se raro, è il rito del "faro". La sua origine è antichissima, se ne trova traccia nel VII secolo. Si celebra ora in occasione delle feste patronali, ma solo se si tratta di un santo martire. La sua origine e significato sono incerti, un significato puramente allegorico sarebbe l'allusione al sacrificio della vita da parte del martire.

Il rito si svolge all'inizio della Santa Messa solenne con una processione che si ferma al limite del presbiterio dove è sospeso in alto un pallone, di stoppa o bambagia o di altro materiale combustibile, solitamente ornato con una croce, una corona e delle palme (simboli dei martiri). Dopo il canto dei dodici kyrie eleison e della sallenda propria con il gloria, mentre si ripete la sallenda, il celebrante, senza nulla dire, con un'apposita verga sormontata, solitamente, da tre candelette, incendia il pallone e sale in presbiterio. Un tempo probabilmente veniva incendiato dalla candela che era posta sulla croce astile dallo stesso ostiario che portava la croce.

Il rito ambrosiano del faro è celebrato nel Duomo di Milano in occasione di Santa Tecla, Patrona della parrocchia del Duomo.

La processione dell'Idea

Un altro rito esclusivo del Rito ambrosiano, di origine antichissima quanto incerta, è la processione dell'Idea. Non si sa da che cosa derivi questa denominazione, secondo alcuni da una celebrazione della dea pagana Cibele (il cui attributo era Magna Mater Idea), secondo altri dal nome generico di "immagine". L'immagine in questione è quella di una Madonna con bambino, una volta trasportata da due presbiteri su una lettiga con manici in forma di scala, portandola con stanghe e stando uno davanti e l'altro dietro, come si vede da un bassorilievo medioevale conservato al Museo del Castello. Interessava più chiese (Santa Maria Beltrade, Santa Maria Maggiore). Oggi si svolge solo nel Duomo di Milano, la lettiga non viene più portata da presbiteri, ma da diaconi e come fin dall'inizio si celebra sempre il 2 febbraio.

Le celebrazioni del Santo Chiodo

La "nivola" sullo sfondo della vetrata absidale del Duomo di Milano, mentre trasporta a terra il "santo chiodo", conservato nell'apposito reliquiario presente nel catino absidale

Nel catino absidale del duomo di Milano è conservato un morso di cavallo che la tradizione dice essere uno dei chiodi della Passione. In occasione della celebrazione dell'Esaltazione della Santa Croce, l'arcivescovo sale su un carro seicentesco che viene issato fino al reliquiario (ad oltre quaranta metri di altezza rispetto al pavimento), lo porta a terra e lo espone alla venerazione dei fedeli. Alla fine, con lo stesso carro lo riporta al suo posto. Il carro è ornato con angeli e nuvole dipinte e da qui viene chiamato nivola[25]. La cerimonia relativa prende il nome da questo carro, che per secoli è stato issato da ventiquattro uomini (dodici a destra e altrettanti a sinistra) e solo negli ultimi anni è stato motorizzato. La nivola fa parte delle "macchine", o apparati presenti in modo più o meno residuale in celebrazioni in vari riti (es.: le macchine processionali per le statue di santi o il grande turibolo di Santiago de Compostela.

Il lucernario

Lucernarium Lucernario

Caratteristica di certe celebrazioni, come le grandi liturgie vespertine e le messe vespertine del sabato, è la liturgia del Lucernario o Rito della luce. Il corteo con il celebrante entra in chiesa al buio e con le candele spente poste ai lati della croce astile. Giunti ai piedi del presbiterio il celebrante, tracciato un segno di croce sulla lampada, attinge alla sua fiammella, accende i candelieri che i ministri gli presentano, mentre si canta il lucernario; poi i ministri dispongono i candelieri davanti all'altare e si accendono gli altri ceri sempre attingendo dalla prima fiamma e le lampade della chiesa. Il celebrante, inchinatosi all'altare con i chierici, raggiunge il suo posto.

Nella celebrazione vigiliare della Domenica si accende anche il cero pasquale presso l'ambone (tale elemento rituale è omesso nel tempo quaresimale, a cominciare dalla Domenica della Samaritana cioè la II domenica di Quaresima).

Una volta la liturgia durava a lungo, perché occorreva accendere tutte le candele che illuminavano la chiesa. Oggi si accendono le luci con gli appositi interruttori per la corrente elettrica. Il cardinal Schuster ha limitato questa liturgia alle solenni celebrazioni della vigilia[26]. Vi è un apposito canto per questa liturgia. Nel Rito Romano una variante di questa liturgia si svolge solo una volta all'anno, in occasione della benedizione del cero pasquale.

Il suono delle campane

Nel rito ambrosiano per eseguire il concerto solenne occorre portare le campane in posizione ribaltata di 180º rispetto alla posizione di fermo. Una volta raggiunta tale posizione di stallo, detta "a bicchiere" o "in piedi" (bocca in alto e contrappeso in basso) le campane, sganciate una alla volta o a coppie (eseguendo -in questo secondo caso- un accordo) si ribaltano (a questo punto di circa 360º), emettendo un rintocco ogni volta in cui il battacchio cade su uno dei due bordi della campana, mentre la campana gira[27]: a ogni giro vi sono quindi due rintocchi, uno allo sgancio e uno al ritorno verso la posizione di stallo.

Calcolando il tempo che ogni campana impiega per compiere detta rotazione, è possibile comporre determinate successioni di suoni, con la possibilità di ottenere particolari concerti.

Questo modo di suonare è tipico della Lombardia e, in particolare, della diocesi di Milano.

Differenze non esclusive

  • Una differenza strutturale molto tipica (anche se non del tutto esclusiva del rito ambrosiano) è data dall'uso dell'ostensorio che è a forma di teca (ovviamente trasparente) tubolare o di tempietto con vetri sui quattro lati (ostensorio architettonico), restando così vicino alle usanze più antiche, mentre dal medioevo la tradizione del Rito romano propende per un contenitore dotato di piedistallo e raggiera attorno all'ostia, quindi a due lati (frontale e posteriore), rendendo l'ostensorio "raggiato", ossia a forma di sole coi raggi. Di norma quindi l'ostensorio ambrosiano è di tipo architettonico e quello romano raggiato.
  • Nel rito ambrosiano, inoltre, vi è un regime particolare di esposizione delle reliquie: esse infatti vengono poste in reliquiari, spesso a forma di busto o di teca d'argento, per ornare gli altari, sia quello maggiore, sia quelli laterali, eccetto i periodi di penitenza in cui è prescritto lo spogliamento degli altari. In particolare, sugli altari maggiori di Rito ambrosiano, devono essere sempre posti busti di santi vescovi, tra cui i patroni Ambrogio e Carlo. Dal tempo di Sant'Ambrogio, nella diocesi è molto diffuso il culto dei martiri più antichi, per cui essi sono spesso presenti tra le reliquie o titolari di parrocchie.
  • Una caratteristica che non è esclusiva del Rito ambrosiano e che è diffusa in molte parti del Nord Italia in quanto un tempo facenti parte della diocesi di Milano, riguarda il tipo di struttura su cui sono montate le campane, la cosiddetta "inceppatura" e di conseguenza il tipo di suono che ne deriva. Questo tipo di inceppatura è tipico della Lombardia e, in particolare della diocesi di Milano e di quasi tutto il Nord Ovest, della Liguria, della maggior parte del Piemonte, di parte del Veneto e di parte dell'Emilia-Romagna.

Le campane sono a battaglio cadente (per forza di gravità il battaglio non colpisce il bronzo nel senso di rotazione della campana, ma cade sul bordo interno opposto rispetto alla direzione in cui ruota la campana, mentre essa si muove) e presentano un contrappeso (ceppo in ghisa, oppure in legno con contrappesi in pietra) di peso notevole, pari a meta o più del peso del solo bronzo: il contrappeso permette la rotazione della campana senza grandi sforzi fisici, ma questa ha una rotazione lenta; il suono si ottiene per percussione del battaglio contro l'orlo interno del bronzo, tirando la corda che scorre nella scanalatura di una apposita ruota metallica fissata a lato del ceppo su cui è fissata ogni campana. Una volta messe in movimento, le campane possono suonare "a distesa" (senza sequenza) per semplice oscillazione di pochi gradi rispetto al loro asse, o "a concerto" (seguendo una serie precisa di "sganci").

  • L'uso del turibolo è particolare; esso è scoperto e viene usato facendolo girare per aria. Il modo di incensare ambrosiano è per ductum et tractum, cioè facendo prima roteare in senso orario il turibolo (ductus) e poi spingendolo in avanti (tractus) verso la persona o la realtà sacra da incensare, in modo tale che chi incensa "disegni" la forma di una croce.
  • Durante le messe festive, vespertine e infrasettimanali programmate dalle parrocchie, un sacerdote di Rito ambrosiano, trovandosi in una chiesa non ambrosiana, può celebrare la messa in Rito romano, ma non può celebrarla in Rito ambrosiano. Ugualmente, un sacerdote di Rito romano, trovandosi in una parrocchia di Rito ambrosiano, può celebrare in quel rito, ma non può celebrare in Rito romano. Fanno eccezione le uniche celebrazioni in forma privata.

Anno liturgico Ambrosiano

Per approfondire, vedi la voce Anno liturgico Romano


Anno liturgico Ambrosiano secondo la data di Pasqua

Per approfondire, vedi la voce Anno liturgico secondo il Rito Romano


Letture