Sede titolare di Calama

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Sede titolare di Calama
Sede vescovile titolare
Dioecesis Calamensis
Chiesa latina
Sede vacante
Istituita: XVI secolo
Stato Algeria
Località: Calama
Diocesi soppressa di Calama
Eretta: ?
Soppressa: ?
Coordinate geografiche
36°26′53″N 7°26′17″E / 36.448, 7.438 bandiera Algeria
Mappa di localizzazione New: Algeria
Calama
Calama
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Resti monumentali di Guelma, l'antica Calama.

La Sede titolare di Calama (latino: Dioecesis Calamensis) è una diocesi soppressa e sede titolare della Chiesa cattolica.

Storia

Calama, corrispondente alla città di Guelma nell'odierna Algeria, è un'antica sede episcopale della provincia romana di Numidia.

Sono cinque i vescovi noti di questa antica diocesi africana. Il vescovo Donato prese parte, secondo la testimonianza di Ottato nel De schismate Donatistarum, al Concilio di Cirta (305) sotto la presidenza di Secondo di Tigisi, primate di Numidia, per procedere all'ordinazione del nuovo vescovo di Cirta, Silvano, eletto in seguito alla morte di Paolo. Prima di essere ammesso alla riunione, Donato dovette rispondere dell'accusa di aver distrutto i libri sacri durante la persecuzione di Diocleziano del 303. Donato si difese dicendo che i libri distrutti erano libri di medicina, e questo gli valse l'assoluzione e l'ammissione nell'assise episcopale.[1]

Il secondo vescovo noto è Megalio, che occupò la cattedra di Calama negli ultimi anni del IV secolo ed è documentato in diverse occasioni.[2] Prese parte al Concilio di Ippona (393), durante il quale, benché non esplicitamente, appare come primate di Numidia. In un'epoca incerta, ma prima di maggio/giugno 395, Megalio lanciò accuse contro Agostino di Ippona, non ritenuto degno dell'ordinazione episcopale; successivamente, dopo aver ritirato queste accuse, presiedette alla consacrazione episcopale di Agostino. Megalio morì prima del 28 agosto 397, epoca in cui è documentato come primate di Numidia Crescenziano, di sede ignota. Agostino parla della morte di Megalio in una lettera al vescovo Profuturo di Cirta.[3] Megalio è ancora menzionato nel Concilio di Cartagine (411), che vide riuniti assieme i vescovi cattolici e donatisti dell'Africa romana; i donatisti si avvalsero delle accuse di Megalio contro Agostino, per scagliarsi contro di lui.

Mentre Megalio era ancora in vita, Calama era sede di un vescovo donatista di nome Crispino, documentato in diversi testi.[4] Questi era sostenitore di Primiano di Cartagine e sottoscrisse il 24 aprile 394 la lettera sinodale di Bagai che condannava i consacratori di Massimiano, oppositore di Primiano. Crispino è poi destinatario di due lettere di Agostino: nella prima[5] Agostino invita Crispino a discutere con lui, per lettera, della divisione della Chiesa d'Africa tra donatisti e cattolici; nella seconda[6] Agostino accusa Crispino di aver fatto ribattezzare con la violenza gli abitanti del fundus Mappelienses, appena acquistato da Crispino, e gli propone di far scegliere loro liberamente tra fede cattolica e fede donatista. Crispino fu poi accusato e condannato per essere stato il mandante di violenze contro il vescovo cattolico Possidio; rifiutando la condanna, si appellò all'imperatore, che tuttavia confermò la sentenza (circa 403/404). Crispino era già morto quando si svolse il Concilio di Cartagine (411).

Il vescovo più conosciuto di Calama è Possidio, probabile successore di Megalio nel 397, primo biografo di Agostino e compilatore delle sue opere. Prese parte concili svoltisi a Cartagine nel 403, nel 407, nel 410, nel 411, nel 419, all'antipelagiano Concilio di Milevi (416), a una riunione di vescovi della Mauritania Cesariense a Cesarea. Per due volte viaggiò in Italia: la prima volta, nel 408 circa, fu latore di due lettere di Agostino, destinate a Paolino di Nola e a Memore di Eclano; la seconda volta, nel 410, fu scelto dai padri del concilio cartaginese di quell'anno per convincere l'imperatore Onorio, a Ravenna, ad abrogare l'editto di tolleranza a favore dei donatisti e a convocare una conferenza tra cattolici e donatisti, che si svolse nel Concilio di Cartagine (411).[7]

Ultimo vescovo noto di Calama è Quodvultdeus, il cui nome appare al 3º posto nella lista dei vescovi della Numidia convocati al Concilio di Cartagine (484) dal re vandalo Unnerico; Quodvultdeus, come tutti gli altri vescovi cattolici africani, fu condannato all'esilio.[8]

Nel suo De civitate Dei[9] Agostino riferisce di due miracoli attribuiti a santo Stefano e di cui fu beneficiario il sacerdote Euchario, originario della Spagna ma residente a Calama: la prima volta guarì da una malattia cronica dovuta ai calcoli; la seconda volta, creduto morto, si risvegliò dopo che gli fu apposta sul petto una reliquia del santo.[10]

Dal XVI secolo Calama è annoverata tra le sedi vescovili titolari della Chiesa cattolica.

Cronotassi

Vescovi residenti

Vescovi titolari

Note
  1. Mandouze, Prosopographie de l'Afrique chrétienne, pp. 289-290, Donatus 1.
  2. Mandouze, Prosopographie de l'Afrique chrétienne, pp. 741-742, Megalius.
  3. Lettera 38, verso la metà del 397.
  4. Mandouze, Prosopographie de l'Afrique chrétienne, pp. 252-253, Crispinus 1.
  5. Lettera 51, scritta tra il 399 e il 400.
  6. Lettera 66, scritta nel 401.
  7. Mandouze, Prosopographie de l'Afrique chrétienne, pp. 890-896, Possidius 1.
  8. Mandouze, Prosopographie de l'Afrique chrétienne, p. 953, Quodvultdeus 16.
  9. Libro XXII, 8,13.
  10. Mandouze, Prosopographie de l'Afrique chrétienne, p. 360, Eucharius.
  11. Annuario Pontificio 1840, p. 185 (Bombay).
Bibliografia
Collegamenti esterni