Sinodo di Jamnia

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Con Sinodo Giudaico di Jamnia (o Yamnia) si intende un ipotetico concilio rabbinico che si sarebbe svolto in quella città verso la fine del I secolo.

In questo concilio sarebbe stata decretata l'espulsione dalla comunità ebraica della componente giudeo-cristiana, che fino ad allora non aveva cessato di ritenersi parte del Giudaismo, e la fissazione del canone biblico ebraico, con l'espunzione di alcuni libri che al tempo di Gesù si ritenevano ispirati. Questo spiegherebbe le differenze del canone tra l'attuale Bibbia ebraica e quella tradotta dai Settanta.

L'ipotesi, condivisa da diversi studiosi contemporanei, fu formulata dallo storico giudeo-tedesco Heinrich Graetz, il quale nel 1871 ipotizzò che verso la fine del I secolo d.C. si sia svolto nella località palestinese di Jamnia (dicitura inglese; ebraico Yavneh o Yabneh; latino Iamnia) un vero e proprio concilio di rabbini farisei, con lo scopo di riorganizzare la comunità ebraica rimasta orfana del tempio di Gerusalemme, distrutto dai romani nel 70, e della guida della corrente religiosa antagonista dei sadducei, legati ad esso.

Contro la tesi di Graetz si sono espressi negli anni '60 gli studiosi Jack P. Lewis, Sidney Z. Leiman e molti altri, che hanno considerato quella del concilio come una mera ipotesi non documentabile con certezza dalle fonti. Indipendentemente dall'esistenza o meno del concilio, è innegabile che dopo il I secolo la tradizione rabbinica ebraica ha fissato il canone e condannato il cristianesimo.

Il Talmud babilonese[1] riporta la preghiera ebraica delle Diciotto Benedizioni. La primitiva recensione palestinese di questa preghiera ebraica ci dà testimonianza della cosiddetta scomunica verso i cristiani, della quale troviamo, forse, traccia anche in alcuni versetti neotestamentari[2]. È la Birkat ham-minim ("benedizione dei minim"), dodicesima delle "Diciotto Benedizioni":

« Che per gli apostati non ci sia speranza; sradica prontamente ai nostri giorni il regno dell'orgoglio; e periscano in un istante i nazareni e gli eretici (minim): siano cancellati dal libro dei viventi e con i giusti non siano iscritti. Benedetto sei tu, YHWH, che pieghi i superbi! »

L'apologeta cristiano Giustino, a metà del II secolo, nel "Dialogo con Trifone" ne conferma l'esistenza affermando:

« Voi nelle vostre sinagoghe maledite coloro che si son fatti cristiani. »
(Dial. 96 e 107)

L'importanza dell'uso di questa formula è attestato da un altro passo del Talmud Babilonese:

« Se qualcuno commette un errore in una qualunque benedizione, lo si lasci continuare; ma se si tratta della benedizione dei minim, lo si richiama al proprio posto, poiché lo si sospetta di essere lui steso un min»
(TB Ber. 29 a)

L'espressione min (plurale minim) vuol dire letteralmente "quelli di un genere a parte". Probabilmente include le posizioni di più gruppi ritenuti eterodossi dal giudaismo rabbinico, ma comprende sicuramente anche i cristiani, chiamati nella "benedizione" i "nazareni".

Questo lo si evince anche da un midrash a Gen 1,26 che, riferendosi all'interpretazione cristiana primitiva che vede nel plurale della creazione dell'uomo ("facciamo") l'opera delle tre persone della Trinità, così afferma:

« Quando Mosè scrivendo la Torah arrivò (a questo passo) esclamò: Signore dell'Universo, quale argomento dài ai minim! E l'Eterno gli rispose: Continua a scrivere; e quelli che si ingannano, peggio per loro". »
(Midrash di Gen. R. su Gen 1,26)
Note
  1. TB Ber. 28b-29a.
  2. Gv 9,22 : "Infatti i Giudei avevano già stabilito che se uno lo avesse riconosciuto come il Cristo, venisse espulso dalla sinagoga".
Voci correlate