Tempio di Gerusalemme
Tempio di Gerusalemme | |
Plastico ricostruttivo del tempio di Erode il Grande (Holyland Model of Jerusalem, 1966) | |
Civiltà | Ebraica |
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Oggetto generico | Struttura per il culto |
Oggetto specifico | Tempio |
Fondatore | Salomone |
Inizio della costruzione | 960 a.C. ca. |
Completamento | 64 d.C. |
Distruzione | 70 d.C. |
Localizzazione | |
Stato | Israele |
Comune | Gerusalemme |
Coordinate geografiche | |
Israele |
Il Tempio di Gerusalemme è stato la sede principale del culto a Dio dell'ebraismo classico, dalla sua fondazione attribuita a Salomone nell'epoca monarchica (regno 970-931 a.C.) fino alla sua distruzione da parte dei Romani nel 70 d.C. Era situato a Gerusalemme nella collina (monte) di Sion.
La storiografia è solita distinguere tra:
- primo tempio, o tempio di Salomone, dalla sua fondazione a opera del re ebraico fino alla sua distruzione a opera dei babilonesi nel 587 a.C., in occasione della conquista di Gerusalemme e del conseguente esilio babilonese;
- secondo tempio, ricostruito dagli Ebrei ritornati in Giudea dopo l'esilio, attivo a partire dal 515 a.C.;
- tempio di Erode, costituito dagli ampliamenti finanziati dal re Erode il Grande a partire dal 19 a.C. ca., tra i quali l'imponente spianata del tempio tuttora esistente. Questa fu anche sede della predicazione di Gesù e luogo della cosiddetta purificazione del tempio da lui compiuta quando scacciò i mercanti lì attivi. I lavori iniziati da Erode terminarono nel 64 d.C., pochi anni prima della distruzione da parte dei Romani nel 70 d.C;
- terzo tempio, atteso dall'escatologia ebraica, che sarà realizzato dal Messia futuro.
In seguito alla conquista islamica di Gerusalemme nel 638, sul sito della spianata erodiana vennero costruite la Moschea al-Aqsa e la Cupola della Roccia, tuttora esistenti. Per gli ebrei il luogo svolge funzioni di culto e di preghiera presso il muro del pianto (o muro occidentale), situato in corrispondenza di uno dei muri di contenimento della spianata.
Lo studio archeologico diretto di questo sito non è possibile data la sacralità del luogo e le uniche fonti storiche sulle quali è possibile fare affidamento sono quelle testuali, in particolare i testi biblici.
I templi cananei
I moderni scavi archeologici nell'area siro-palestinese hanno portato alla luce i resti (prevalentemente fondamenta) di numerosi templi preisraelitici, che sembrano essere stati presenti pressoché in tutte le città di una certa consistenza demografica. Al periodo del bronzo antico (c.a 3150-2200 a.C.) risalgono i templi di Engaddi, Meghiddo, Ai, Arad. Al bronzo medio e tardo (c.a 2200-1200) risalgono i templi di Lachis, Bet-Sean, Cazor e ancora Meghiddo. Al periodo del ferro (c.a 1200-587 a.C.) risalgono i templi non israelitici di Asdod e Bet-Sean, come anche i tempi israelitici di Cazor, Dan e Arad.
Le piante di questi templi appaiono variegate: pianta rettangolare o quadrata; cella unica, o bipartita, o tripartita; ingresso frontale (assiale) o laterale; presenza o meno di portici e/o colonne.
Di particolare interesse è l'edificio II del sito di Tell Tayinat (attuale Turchia del sud, nei pressi di Antiochia), risalente all'età del ferro e scavato tra il 1935 e il 1938. Presenta una pianta che doveva essere diffusa nella Siria del II millennio (cfr. anche il tempio D di Ebla e il tempio di Alalakh IV) e che corrisponde anche alla descrizione biblica del tempio di Salomone: era un tempio rettangolare (11,75 x 25,35 m.) tripartito con direzione assiale, con all'ingresso una colonna, quindi un vestibolo, una cella lunga e un sancta sanctorum breve.[1]
Gli antichi templi ebraici
Il tempio di Salomone era situato nella capitale e dunque era il luogo di culto principale, ma non era l'unico tempio ebraico. Tra i secoli XI-VI a.C., oltre alle evidenze archeologiche riscontrate a Cazor, Dan e Arad, dalle fonti bibliche sono attestati templi a Sichem (Gs 24,26 ), Gabaon (1Re 3,4 ), Galgala e Bersabea (Am 5,5 ) e i templi sincretici di Betel e Dan dove il re Geroboamo collocò due vitelli d'oro (1Re 12,26-33 ).
A questi templi vanno affiancate le "alture", luoghi di culto spesso sincretici e oggetto ricorrente di denuncia dei profeti e degli scrittori dei libri biblici (cfr. 1Re 15,14;22,44 ; Os 4,13;10,8 ecc.). La riforma religiosa di Giosia del 622 a.C. sembra aver vietato le alture a vantaggio del culto centralizzato a Gerusalemme (2Re 23,8-10 ).
Il tempio del monte Garizim, costruito in Samaria attorno al 450 a.C. e distrutto attorno al 150 a.C., era dedicato a YHWH ma veniva giudicato eretico e scismatico dall'ebraismo ufficiale (cfr. Gv 4,20 ).
Nella diaspora, cioè per gli Ebrei che si erano insediati al di fuori della Palestina, sono attestati il tempio di Elefantina nell'alto Egitto, tra circa il 494 e 410 a.C. e il tempio di Leontopoli nel basso Egitto, attivo tra il 160 a.C. e il 73 d.C.
La tenda dell'alleanza
Secondo i testi biblici, il primo luogo di culto ebraico è stata la tenda dell'alleanza (o dimora, tabernacolo, o tenda del convegno) fatta costruire da Mosè durante il soggiorno nel deserto del Sinai dopo l'uscita dall'Egitto (c.a. 1200 a.C.). In Es 25-30 Dio fornisce a Mosè dettagliate descrizioni per la costruzione della tenda e degli arredi sacri, più altre indicazioni per il culto. In Es 31,2 Dio indica a Mosè colui che deve coordinare la costruzione della tenda, "Besalèl, figlio di Urì, figlio di Cur, della tribù di Giuda", che sarà aiutato da "Ooliàb, figlio di Achisamàc, della tribù di Dan" (Es 31,6 ) e da "ogni artista" disponibile. La realizzazione della tenda e degli arredi liturgici, inclusa l'arca dell'alleanza, è descritta in Es 35-39 .
Secondo la descrizione fornita, era una tenda attorniata da un recinto di teli, il tutto smontabile per seguire il popolo ebraico nelle sue varie tappe. Tra il recinto e la tenda, all'aperto, si trovava l'altare degli olocausti (cioè i roghi rituali di animali) e un bacino o lavabo di bronzo. All'interno della tenda si trovava il candelabro a sette braccia (menoràh), un tavolo per i pani dell'offerta e un piccolo altare dove veniva bruciato l'incenso. Una sezione interna della tenda era delimitata da una cortina sorretta da colonne, all'interno della quale si trovava l'arca dell'alleanza.
Dato che la stesura definitiva del libro dell'Esodo e degli altri testi biblici è avvenuta a Gerusalemme al ritorno dall'esilio babilonese (c.a 500 a.C.), mentre si stava costruendo il secondo tempio (cfr. dopo), non è possibile definire con sicurezza quanto di queste descrizioni derivasse da secolari ricordi tramandati oralmente, o quanto derivasse dalla ristrutturazione del tempio alla quale i redattori sacri potevano partecipare ed essere testimoni. È dunque possibile che la descrizione sia più attinente all'edificio del secondo tempio, che non alla tenda del convegno costruita da Mosè.
Dopo l'insediamento del popolo ebraico in Palestina, a partire c.a dal 1200 a.C., la tenda fu collocata temporaneamente a Betel (Gdc 20,26-27 ), poi l'arca è attestata a Silo dove sembra aver risieduto per un lungo tempo in un apposito tempio (1Sam 3,3 ) e venne infine trasferita sul monte Sion a Gerusalemme dal re Davide (2Sam 6 ).
La funzione religiosa del tempio
Da un punto di vista teologico, il tempio rappresentava la sede dove Dio (nonostante la sua illimitata onnipresenza) aveva scelto di abitare: cfr. p. es. 1Re 8,13 ; Sal 132,13-14 . Alcuni oracoli profetici mettono in guardia (pur senza disprezzarlo e rinnegarlo) dal confidare in maniera automatica sulla sacralità del luogo esortando i fedeli a vivere anche un'interiore e autentica vita spirituale: Mi 3,11 ; Ger 7,4 ; Is 1,10 , e altri.
Da un conseguente punto di vista liturgico, in esso avevano luogo i sacrifici cruenti (cioè le uccisioni e roghi di animali offerti a Dio), in particolare il tamid (sacrificio perpetuo cioè quotidiano) e gli olocausti che i fedeli potevano offrire come supplica o ringraziamento.
Il tempio era inoltre le meta dei pellegrinaggi che ogni pio ebreo era tenuto a fare in occasione di tre feste particolari, cioè Pasqua, la festa delle settimane e la festa delle capanne.
Il tempio di Gerusalemme lungo i secoli
Il tempio di Salomone
Secondo il resoconto biblico, re Davide aveva intenzione di costruire un tempio a Gerusalemme per ospitare l'arca dopo averla ivi trasferita, ma Dio stesso per bocca del profeta Natan gli impose di non procedere (2Sam 7 ). Fu invece suo figlio, il re Salomone, che costruì il tempio di Gerusalemme (oltre alla reggia e alla casa per la moglie figlia del faraone) con l'aiuto di materiali e maestranze fenice fornite da Chiram re di Tiro (1Re 5,16-6,38 ). I tardivi (IV-III secolo a.C.) Libri delle Cronache descrivono la costruzione del tempio (2Cr 1,18-5,14 ) in termini non differenti alla descrizione fornita da 1Re, ampliando però il ruolo svolto dal re Davide, il quale avrebbe istruito il figlio Salomone circa la costruzione del tempio e avrebbe radunato in anticipo il materiale necessario (1Cr 28,1-29,8 ).
Secondo il testo biblico la costruzione avvenne tra il 4º e l'11º anno del suo regno, che rimanda al periodo attorno al 960 a.C. Gli arredi liturgici in bronzo furono eseguiti da un altrimenti ignoto artigiano, Chiram di Tiro (1Re 7,13-51 ), da non confondere col monarca. La costruzione è presentata come ex-novo, ma è anche possibile che si sia trattata di una ristrutturazione di un precedente tempio cananeo, lasciando intatte le strutture murarie portanti.
Le dimensioni del tempio sono descritte in 1Re 6,2 : "60 cubiti di lunghezza, 20 di larghezza, 30 cubiti di altezza", cioè circa 30x10x15 metri. Come riscontrato per altri templi coevi (cfr. Tell Tayinat) e come suggerito da un particolare di una visione di Ezechiele (8,16) verosimilmente era orientato, cioè con l'ingresso rivolto a est e la cella interna a ovest.
La cella interna (debìr, santo dei santi) era cubica con lati di 20 cubiti (c.a 10 metri) e rivestita d'oro. Verosimilmente era sopraelevata rispetto alla cella principale (hehàl) e accessibile con una scalinata. Conteneva l'arca dell'alleanza e anche le statue di 2 cherubini di legno, placcate d'oro, alti 10 cubiti (c.a 5 metri).
La cella principale era illuminata da alte finestre con inferriate e conteneva l'altare degli incensi, quello dei pani dell'offerta, la menoràh e altri candelabri. Le pareti erano rivestite di legno e ornate con figure di fiori, palme e cherubini, rivestite d'oro.
Nella facciata frontale, ai lati dell'ingresso alla prima cella del vestibolo (ulàm), erano presenti due colonne di bronzo alte 18 cubiti (c.a 9 metri), ornate da reticoli e catene e chiamate Iachin ("YH stabilì") e Boaz ("in lui è la forza"). È possibile che il vestibolo fosse più ampio della larghezza del tempio, caratterista solitamente attribuita al successivo secondo tempio.[2]
All'esterno del tempio, sul retro e sui fianchi, erano presenti delle camere disposte su 3 ordini con l'altezza di ognuno di 5 cubiti (1Re 6,5-10 ), per un'altezza complessiva pari alla metà di quella del tempio. È possibile che queste stanze non siano state realizzate all'epoca di Salomone ma risalgano ad ampliamenti successivi.
Di fronte all'ingresso del tempio era presente un cortile, di ampiezza imprecisata, recintato da un muro di pietra e legno. Conteneva l'altare degli olocausti, un ampio lavabo di bronzo ("mare di bronzo") con diametro 10 cubiti e altezza 5 cubiti e altri 10 lavabi mobili e più piccoli in bronzo. Alcuni passi (1Re 7,12 ; 2Re 23,12 ) citano 2 cortili, il secondo dei quali verosimile ampliamento esterno del primo e non è chiaro se risalga all'originale costruzione salomonica o se sia un ampliamento successivo.
Il tempio venne devastato e saccheggiato in occasione della conquista di Gerusalemme del 587 a.C. a opera delle truppe babilonesi di Nabucodonosor (2Re 25,8-17 ; Ger 52,12-23 ): vennero asportati gli oggetti sacri e gli arredi architettonici di bronzo, come il Mare e le due colonne all'ingresso. Non è citato il destino dell'arca dell'alleanza, ma verosimilmente fu anch'essa distrutta e depredata. Come data della caduta di Gerusalemme e della distruzione e incendio del tempio viene indicato il 7 Av (2Re) o il 10 Av (Ger), discrepanza solitamente armonizzata come indicazioni dell'inizio e della fine dell'incendio. Nella tradizione ebraica la memoria liturgica ricorre il 9 Av, Tisha beAv: "nono (giorno) in (il mese di) Av".
Il libro di Ezechiele riporta una dettagliata visione del profeta datata a 14 anni dopo la distruzione (Ez 40-48 ). Il nuovo tempio è descritto con dettagli non sempre armonizzabili e di facile comprensione e non ci è dato sapere in che misura descrivevano il primo tempio distrutto oppure possono essere stati ispirazione per la ricostruzione del secondo tempio.
Il secondo tempio
Il periodo dell'esilio babilonese, iniziato con la deportazione del 597 e altre successive, si concluse quando Ciro re dei Persiani conquistò Babilonia (539) e permise il rientro nelle terre d'origine delle popolazioni deportate (538).
Il libro di Esdra riporta due decreti di Ciro, in entrambi i quali il re dà dirette disposizioni per il ritorno degli esuli e la costruzione del tempio di Gerusalemme (Esd 1,2;6,3 ). La riedificazione del tempio sarebbe iniziata subito dopo il rientro degli esuli, ma venne poi ostacolata da non meglio precisati "nemici di Giuda e di Beniamino" e "popolazione locale" (Esd 4,1-5 ), verosimilmente pagani importati dagli Assiri. La predicazione dei profeti Aggeo e Zaccaria diede nuovo impulso ai lavori e convinse il governatore persiano Zorobabele a impegnarsi con maggiore decisione. I lavori terminarono nella primavera del 515 a.C. (Esd 6,15 ).
È verosimile che questa "costruzione" debba essere intesa, piuttosto che come una riedificazione ex-novo dalle fondamenta, come una restaurazione del tempio, che doveva essere rimasto abbandonato e inattivo negli anni dell'esilio. Non sono descritte nel dettaglio le opere architettoniche intraprese. Le misure dell'edificio descritte nel decreto ("la sua altezza sia di 60 cubiti, la sua larghezza di 60 cubiti", Esd 6,3, viene taciuta la lunghezza) sono diverse da quelle attribuite al tempio salomonico in 1Re 6,2, dove si parla di altezza di 30 cubiti e larghezza di 20 cubiti. Dato che Esd è coevo al secondo tempio l'indicazione deve essere attendibile e solitamente viene interpretata come relativa al solo vestibolo, che doveva essere più ampio rispetto alle dimensioni originarie. Ampliamento che può essere stato realizzato anche in qualche secolo precedente.
Erano ancora presenti le stanze su tre piani che attorniavano i fianchi e il retro del primo tempio e i due atri antistanti al tempio erano circondati da stanze (Nee 12,44; 13,4-8 ), forse costruite all'epoca del primo tempio.
L'arredamento interno non viene descritto con precisione, ma è verosimile che il santo dei santi fosse vuoto (senza più l'arca e le due statue dei cherubini) e che la sala contenesse la menoràh (senza gli altri 10 candelabri), l'altare dell'incenso e quello dei pani dell'offerta (1Mac 1,21-22 ).
Nel 169 a.C. il tempio venne saccheggiato dal sovrano siriaco Antioco IV Epifane, al tempo della forzata ellenizzazione della Giudea (1Mac 1,21-23 ; 2Mac 5,15 ), ma i sacrifici continuarono. Fu due anni dopo (167 a.C.) che il tempio fu trasformato in un luogo di culto pagano, sacrificandovi anche maiali (sacrifici comuni per i greci ma blasfemi per gli ebrei) e collocando sull'altare degli olocausti un idolo di Zeus, "abominio della desolazione" (1Mac 1,54 ; 2Mac 6,2 ). Solo in seguito alla rivolta autonomista dei Maccabei e alla riconquista di Gerusalemme, nel 164 il tempio venne purificato e consacrato ("hanukka", 1Mac 4,36-59 ) e il culto riprese.
Il tempio di Erode
Il re Erode (37-4 a.C.), tra le molte opere edilizie attuate nel suo regno, dispose anche la ristrutturazione e ampliamento del tempio di Gerusalemme. Lo scrittore ebreo-romano Giuseppe Flavio descrive le opere attuate come anche le architetture del tempio e dei complessi circostanti, fornendo una chiara immagine di come doveva apparire all'epoca del Nuovo Testamento.
I lavori di Erode iniziarono nel 15º (GG 1,401, 23-22 a.C.) o 18º (AG 15,380, 20-19 a.C.) anno del suo regno e durarono 8 anni (AG 15,420). Furono istruiti 1000 sacerdoti per compiere i lavori di restauro in modo da non profanare la sacralità del luogo. Non sembra che questi lavori abbiano alterato le architetture del tempio vero e proprio e dei due atri, con le strutture camerarie circostanti, ma soprattutto devono aver riguardato l'ampliamento della spianata esterna agli atri e del portico circostante (il portico di Salomone), la cui superficie è stata raddoppiata tramite la costruzione di nuovi bastioni.
Anche dopo la morte di Erode devono essere proseguiti ampliamenti e abbellimenti fino all'anno 64 d.C. (AG 20,219).
La struttura definitiva si presentava dunque concentrica e gerarchicamente ordinata, con le varie sezioni separate da porte o muretti o scalinate discendenti:
- fulcro era il santo dei santi, la cella che aveva ospitato l'arca dell'alleanza, ora vuota. Vi poteva accedere solo il sommo sacerdote;
- all'esterno ma sempre all'interno dell'edificio coperto vie erano la sala e il vestibolo, permessi ai soli sacerdoti;
- all'aperto c'era il primo atrio o cortile, circondato da stanze e suddiviso in due sezioni: la parte più prossima al tempio ospitava l'altare degli olocausti ed era riservata ai sacerdoti; la parte più esterna era il cortile degli israeliti permesso ai soli maschi ebrei;
- a est del primo cortile si trovava il secondo, parimenti circondato da stanze, permesso anche alle donne ebree (cortile delle donne);
- intorno ai due cortili si trovava la grande spianata del tempio circondata dal portico detto di Salomone, che fungeva anche da piazza pubblica e luogo del mercato, permessa anche ai pagani (cortile dei gentili). Sull'angolo nord-ovest della spianata di trovava la fortezza Antonia, di origine maccabaica e all'epoca di Gesù verosimile sede del pretorio. L'angolo sud-est della spianata, dove i bastioni si ergevano maggiormente rispetto al terreno circostante, era il pinnacolo, che con i suoi circa 50 m. di dislivello rappresentava la più elevata altezza artificiale della città.
1,21,1. 401 Così nel quindicesimo anno di regno non solo restaurò il tempio, ma ne raddoppiò anche l'area circostante mediante la costruzione di nuovi bastioni, con una spesa ingente e con una magnificenza insuperabile. Ne erano prova i grandi porticati intorno al tempio e la fortezza che lo dominava sul lato settentrionale. I porticati li ricostruì dalle fondamenta, la fortezza la costruì con sontuosa magnificenza in nulla inferiore a una reggia e la chiamò Antonia in onore di Antonio.
[...]
5,1. 184 Il tempio, come ho già accennato, sorgeva su un'imprendibile collina, ma in principio la spianata della sommità era appena sufficiente a contenere il santuario e l'altare, perché tutt'intorno v'erano scoscesi dirupi. 185 Quando però il re Salomone, che fu il fondatore del tempio, innalzò un bastione sul lato orientale, alla sommità di questo venne costruito un portico, mentre sugli altri tre lati il tempio rimase ancora sguarnito. Nel corso delle età seguenti il popolo continuò senza posa a trasportare terra di riempimento sì che si venne allargando la spianata sulla cima. 186 Più tardi abbatterono il muro settentrionale e allargarono lo spiazzo per tutta l'estensione che poi fu inclusa nel recinto dell'intero tempio. 187 Più tardi ancora circondarono anche sugli altri tre lati la collina con bastioni che partivano dalle sue falde e, compiuto un lavoro anche più grande di quello che avevano sperato, in cui spesero lunghi secoli nonché tutti i tesori sacri raccolti con le offerte inviate al Dio da ogni parte del mondo, vi racchiusero sia gli atri superiori, sia le parti inferiori del santuario. 188 Dove il terreno circostante sprofondava maggiormente, il muro fu innalzato per trecento cubiti e in qualche punto anche di più. Peraltro non tutta l'altezza delle costruzioni era in vista, perché essi colmarono buona parte della voragine nell'intento di rendere meno ripide le strade della città. 189 I blocchi usati in questi lavori misuravano quaranta cubiti; l'abbondanza dei mezzi e l'entusiasmo del popolo portarono a risultati superiori a ogni dire e un'opera, che nemmeno si sperava di poter compiere, col tempo e con la tenacia venne condotta a termine.
5,2. 190 Di tali fondamenta era ben degna la costruzione che vi sorgeva sopra. Infatti tutti i portici avevano un doppio ordine di colonne dell'altezza di venticinque cubiti, d'un sol pezzo di marmo bianchissimo e il soffitto rivestito di pannelli di cedro. 191 La naturale magnificenza di tali colonne, la loro levigatezza e la loro simmetria offrivano uno spettacolo stupendo senza alcuna aggiunta di ornamenti di pitture o sculture. 192 La larghezza dei portici era di trenta cubiti e l'intero loro circuito, che racchiudeva anche l'Antonia, raggiungeva i sei stadi; tutta l'arca da esso circoscritta era pavimentata con pietre di svariate qualità e di diversi colori. 193 Chi attraversava quest'arca per raggiungere il secondo piazzale lo trovava circondato da una balaustra di pietra, dell'altezza di tre cubiti e finemente lavorata; su di essa, 194 a uguali intervalli, erano collocate delle lapidi che rammentavano la legge della purificazione, alcune in lingua greca altre in latino, perché nessuno straniero entrasse nel luogo santo, come appunto essi chiamano questa seconda parte del tempio. 195 Vi si saliva dalla prima mediante una scalinata di quattordici gradini e sopra aveva una forma quadrangolare ed era racchiusa da un apposito muro. 196 L'altezza effettiva di questo muro all'esterno era di quaranta cubiti, ma essa veniva nascosta dagli scalini; l'altezza all'interno era invece di venticinque cubiti giacché il pavimento era costruito a un livello superiore e quindi essa non appariva interamente essendo coperta dalla collina. 197 Finiti i quattordici scalini, veniva una terrazza tutta pianeggiante, larga dieci cubiti fino al muro. 198 Di lì ancora altre scale di cinque scalini portavano alle porte, che a nord e a sud erano otto, quattro su ciascun lato, mentre a oriente dovevano essere di necessità due; poiché da questa parte era stata separata mediante un muro un'area riservata alle donne per le loro cerimonie di culto, bisognava che ci fosse una seconda porta e questa fu aperta di fronte alla prima. 199 Anche sugli altri lati v'era una porta a sud e una porta a nord per consentire alle donne di entrare nel loro recinto, giacché dalle altre non era a loro permesso di passare né, se entravano dalla loro porta, potevano superare il muro divisorio. Tale luogo era aperto al culto sia delle donne giudee residenti in patria, sia di quelle venute da fuori. 200 Sul lato occidentale non v'era alcuna porta, perché ivi il muro era costruito senza aperture. I portici fra le porte, rivolti dal muro verso l'interno dirimpetto alle sale del tesoro, poggiavano su grandi e belle colonne; avevano un solo ordine di colonne ma, eccettuata la grandezza, non erano in nulla da meno di quelli che stavano più in basso.
5,3. 201 Delle porte, nove erano tutte ricoperte d'oro e d'argento, al pari degli stipiti e degli architravi, mentre una, quella fuori del santuario, era di bronzo di Corinto e superava di molto in valore quelle rivestite d'argento o d'oro. 202 Ogni porta aveva due battenti, ciascuno dei quali misurava trenta cubiti di altezza e quindici di larghezza. 203 Oltre la soglia gli ingressi si allargavano all'interno e avevano sui due lati delle esedre a forma di torri, della larghezza e della lunghezza di trenta cubiti, alte più di quaranta cubiti; ciascuna poggiava su due colonne della circonferenza di dodici cubiti. 204 Uguali erano le dimensioni delle altre porte, mentre assai più grande era quella che, a occidente della porta Corinzia, si apriva dal recinto delle donne verso est dirimpetto alla porta del santuario: 205 essa aveva infatti l'altezza di cinquanta cubiti con battenti di quaranta cubiti e una decorazione più ricca per i massicci rivestimenti d'argento e d'oro. Questa decorazione delle nove porte era stata eseguita a cura di Alessandro, il padre di Tiberio. 206 Dal recinto delle donne alla porta più grande si saliva mediante una scala di quindici scalini, perché questi erano più bassi dei cinque scalini che conducevano alle altre porte.
5,4. 207 Il santuario vero e proprio, il sacro tempio, sorgeva nel mezzo e vi si saliva mediante dodici scalini; la facciata aveva l'altezza uguale alla larghezza, cento cubiti, mentre la parte posteriore era quaranta cubiti più stretta: infatti sul davanti si allargava da entrambi i lati - come fanno le spalle - di venti cubi. 208 La sua prima porta, che misurava settanta cubiti di altezza e venticinque di larghezza, non aveva battenti per significare che il cielo è nascosto, ma non chiuso; l'intero frontale era ricoperto d'oro e attraverso questa porta si vedeva dal di fuori tutta la prima parte dell'edificio, che era grandissima e agli spettatori si presentava lo spettacolo di ciò che stava all'interno presso la porta, tutto luccicante d'oro. 209 Mentre dentro il tempio era diviso in due piani, soltanto il vestibolo si offriva alla vista come un unico corpo avente l'altezza di novanta cubiti, la larghezza di cinquanta e la profondità di venti. 210 La porta di accesso al tempio era, come ho già detto, interamente ricoperta d'oro, al pari di tutta la parete in cui era inserita; sopra vi erano delle viti d'oro da cui pendevano grappoli della grandezza di un uomo. 211 Poiché il tempio aveva due piani, a vederlo dal di dentro sembrava meno alto che dal di fuori e la porta di accesso aveva dei battenti d'oro alti cinquantacinque cubiti e larghi sedici. 212 Davanti a questi pendeva una tenda babilonese, di uguale altezza, operata in vari colori con lino bianco e con lana azzurra, rossa e purpurea, un magnifico lavoro che non senza intenzione era fatto di materiali di colore diverso quasi a simboleggiare l'universo; 213 col rosso infatti si voleva alludere al fuoco, col lino alla terra, con l'azzurro all'aria e con la porpora al mare: due di queste sostanze avevano la rassomiglianza nel loro colore, mentre per le altre due la rassomiglianza nasceva dalla loro origine, perché il lino è prodotto dalla terra e la porpora dal mare. 214 Sulla tenda era rappresentata tutta la volta celeste a eccezione dei segni dello zodiaco.
5,5. 215 Avanzando verso l'interno si entrava nella parte inferiore del santuario. Questo aveva sessanta cubiti di altezza, altrettanti di lunghezza e venti cubiti di larghezza. 216 Ma i sessanta cubiti di lunghezza erano ulteriormente suddivisi e la prima parte, delimitata dopo circa quaranta cubiti, conteneva tre opere d'arte massimamente ammirate e famose fra tutti gli uomini, un candelabro, una tavola e un altare per gli incensi. 217 Le sette fiamme, poiché tale era il numero dei bracci del candelabro, rappresentavano i pianeti; i dodici pani sulla tavola simboleggiavano il ciclo dello zodiaco e l'anno. 218 L'altare degli incensi con i suoi tredici profumi ricavati dal mare e dalla terra, sia disabitata sia abitata, significava che tutte le cose sono del Dio e fatte per il Dio. 219 La parte più interna misurava venti cubiti ed era ugualmente separata dall'esterno per mezzo di una tenda. In essa non c'era assolutamente nulla; inaccessibile, inviolabile, invisibile a chiunque, si chiamava il santo dei santi. 220 Ai lati del santuario inferiore v'erano numerose camere su tre piani, comunicanti fra loro, a cui si accedeva attraverso porte situate su entrambi i lati dell'ingresso. 221 La parte superiore del tempio non aveva tali stanze, essendo di altrettanto meno larga, s'innalzava per quaranta cubiti e aveva meno ornamenti rispetto alla parte inferiore. Aggiungendo così questi quaranta cubiti ai sessanta della parte bassa si aveva un'altezza complessiva di cento cubiti.
5,6. 222 All'esterno del tempio non mancava nulla per impressionare né la mente né la vista; infatti, essendo ricoperto dappertutto di massicce piastre di oro, fin dal primo sorgere del sole era tutto un riflesso di bagliori e a chi si sforzava di fissarlo faceva abbassare lo sguardo come per i raggi solari. 223 Agli stranieri in viaggio verso Gerusalemme esso appariva da lontano simile a un monte coperto di neve, perché dove non era ricoperto d'oro era bianchissimo. 224 Sulla sommità spuntavano spiedi d'oro assai aguzzi per impedire agli uccelli di posarvisi sopra e d'imbrattare. Alcuni dei blocchi di pietra con cui era costruito avevano la lunghezza di quarantacinque cubiti, l'altezza di cinque e la larghezza di sei. 225 Davanti al tempio sorgeva l'altare alto quindici cubiti, avente la larghezza uguale alla lunghezza, di cinquanta cubiti, a pianta quadrata, con gli angoli sporgenti a forma di corni e vi si accedeva dalla parte meridionale attraverso un pendio in leggera salita. Era stato fabbricato senza uso di ferro, né mai il ferro l'aveva toccato. 226 Il tempio e l'altare erano circondati da un elegante parapetto di pietra levigata, dell'altezza di un cubito, che separava la folla esterna dai sacerdoti. 227 Ai gonorroici e ai lebbrosi era vietato di metter piede in qualunque punto della città, mentre l'ingresso nel tempio era proibito alle donne nel periodo della mestruazione, a parte quei limiti che esse, come abbiamo detto, non potevano valicare nemmeno quando erano in stato di purità. Anche gli uomini non completamente puri avevano il divieto di entrare nel recinto interno e così anche i sacerdoti assoggettati a pratiche di purificazione.
5,7. 228 Quelli che, pur essendo di stirpe sacerdotale, non prendevano parte alle sacre funzioni a causa di qualche difetto fisico, stavano all'interno del parapetto insieme con i sacerdoti senza difetti e ricevevano le porzioni a loro spettanti per diritto di nascita, ma portavano vesti comuni, perché solo chi officiava era ricoperto delle sacre vesti. 229 All'altare e al santuario salivano i sacerdoti mondi da ogni macchia, vestiti di bisso, che osservavano un'assoluta astinenza dal vino puro per rispetto della liturgia, nel timore di trasgredirne qualche norma. 230 Con loro saliva anche il sommo sacerdote, non sempre però, ma solo nei giorni di sabato, nei noviluni o quando cadeva qualche festa nazionale o l'assemblea annuale di tutto il popolo. 231 Egli officiava con le cosce coperte fino all'inguine da un paio di brache, poi una sottoveste di lino e sopra una veste color azzurro lunga fino ai piedi, indumento sontuoso e ornato di frange e dalle frange pendevano alternativamente campanelli d'oro e melegrane, i campanelli simboli del tuono e le melegrane del fulmine. 232 La fascia che stringeva al petto la veste era ricamata a strisce di cinque colori, l'oro, la porpora, il rosso oltre al lino e all'azzurro, di cui dicemmo sono intessute anche le cortine del tempio. 233 Degli stessi colori era intessuta anche la mantellina, ma con maggior quantità di oro. La mantellina assomigliava a un corpetto e la fissavano due fermagli d'oro a forma di scudetti che racchiudevano delle grosse e magnifiche gemme su cui erano incisi i nomi degli eponimi delle tribù che compongono la nazione. 234 Sul davanti pendevano altre dodici pietre, divise a tre a tre in quattro file, una sardonica, un topazio e uno smeraldo, un carbuncolo, un diaspro e uno zaffiro, un'agata, un'ametista e un ligurio, un onice, un berillo e un crisolito, su ciascuna delle quali era inciso ancora una volta il nome di uno degli eponimi. 235 Il capo era coperto da una tiara di bisso con l'orlo in color azzurro cinto da una corona d'oro che recava in rilievo le lettere sacre, che sono quattro vocali. 236 Queste vesti il sommo sacerdote non le portava comunemente, ma ne usava di meno sfarzose, come quando entrava nel santo dei santi e vi entrava da solo una sola volta all'anno, nel giorno in cui tutti osservavano il digiuno in onore del Dio. 237 Riguardo alla città, al tempio e agli usi e alle regole ad esso relativi parleremo in seguito con maggiori particolari; non è poco infatti ciò che ne rimane da dire.
15,11,1. 380 Fu in questo tempo, nel diciottesimo anno del suo regno, dopo gli eventi sopra menzionato, che Erode diede inizio a un lavoro straordinario, la ricostruzione del tempio di Dio a sue proprie spese, allargandone i recinti ed elevandolo a una altezza più imponente. Riteneva che l'adempimento di questa impresa sarebbe stata l'impresa più insigne di quelle finora compiute e sufficiente ad assicurargli una memoria immortale. 381 Ma siccome era conscio che la folla non era disposta né facile a intraprendere un'impresa così grande, pensò che fosse opportuno predisporre tutti a lavorare all'intero progetto facendo un discorso al popolo. Perciò lo convocò e parlò come segue. 382 "Per quanto mi riguarda tutte le altre opere portate a termine durante il mio regno, miei concittadini, non ritenni necessario parlarne, sebbene fossero tali che il prestigio che da esse mi viene è inferiore alla sicurezza che hanno portato a voi, 383 poiché nelle maggiori difficoltà non trascurai quanto vi poteva essere di aiuto nei vostri bisogni e nelle mie costruzioni, ho tenuto d'occhio sia la mia invulnerabilità che quella di tutti voi, e, per volere di Dio, ritengo di avere condotto la nazione giudaica a uno stato di prosperità, mai conosciuto finora. 384 Ora mi pare che non ci sia alcun bisogno di parlarvi delle varie costruzioni che abbiamo erette nella nostra regione, nelle città della nostra terra e in quelle dei territori conquistati, come dei più bei ornamenti con i quali abbiamo abbellito la nostra nazione, avendo coscienza che voi tutti le conoscete benissimo. 385 Non così è dell'impresa che ora vi proporrò; è l'impresa più pia e bella del nostro tempo, quella che ora vi illustrerò. Così era, infatti, il tempio che i nostri padri hanno innalzato al Dio Altissimo dopo il loro ritorno da Babilonia; ma alla sua altezza mancavano sessanta cubiti, per raggiungere quella del primo tempio edificato da Salomone. 386 Nessuno condanna i nostri padri di negligenza nel loro pio lavoro, poiché non fu mancanza loro se il tempio è più piccolo; furono Ciro e Dario, figlio di Istarpe, che prescrissero tali dimensioni per l'edificio e dato che i nostri padri erano soggetti a loro e ai loro discendenti e dopo di essi ai Macedoni, non ebbero alcuna opportunità di restaurare questo primo pio archetipo alle sue primitive misure. 387 Siccome ora, per volere di Dio, governo io e continuerà a esservi un lungo periodo di pace, abbondanza di ricchezze e raccolti buoni e, ciò che più conta, i Romani sono, per così dire, i padroni del mondo e amici leali, cercherò di rimediare alla svista causata dalla necessità e sudditanza dei tempi passati e per mezzo di questo atto di pietà ottenere un totale ritorno a Dio per il dono di questo regno".
15,11,2. 388 Erode parlò così e le sue parole fecero stupire la maggioranza degli ascoltatori, poiché scese nelle loro orecchie come qualcosa di totalmente inaspettato. Mentre una parte non era disturbata dalla inverosomiglianza delle sue promesse, erano sgomenti al pensiero che egli buttasse giù l'intero edificio e poi non avesse i mezzi sufficienti per realizzare il suo progetto. E tale pericolo pareva loro molto grande e l'ampiezza dell'impresa sembrava di difficile realizzazione. 389 Mentre essi la pensavano così, il re parlò incoraggiandoli; diceva che non avrebbe tirato giù il tempio prima di avere pronto tutto il materiale necessario per la fine dell'impresa. E queste assicurazioni non le smentì. 390 Preparato, dunque, un migliaio di carri per portare le pietre, scelti diecimila dei più valenti operai, acquistò abiti sacerdotali per un rifornimento di sacerdoti, addestrò alcuni a fare i muratori, altri a fare i carpentieri e diede inizio alla costruzione solo dopo che tutto ciò era stato accuratamente preparato da lui.
15,11,3. 391 Levate le antiche fondamenta, pose le altre e su di queste eresse il tempio, che aveva cento cubiti di lunghezza... e venti di altezza, ma con l'andare del tempo queste fondamenta si abbassarono. E queste parti abbiamo deciso di rialzarle, al tempo di Nerone. 392 Il tempio era costruito di pietre dure e bianche, ognuna di circa venticinque cubiti di lunghezza, otto di altezza e dodici di larghezza. 393 Nell'insieme di esso, come nel portico regale, da una parte e dall'altra il livello non era uguale; la parte più alta era al centro, cosicché questa era visibile a distanza di molti stadi dagli abitanti della regione, specialmente da coloro che abitavano dirimpetto o gli si avvicinavano. 394 Le porte di ingresso avevano architravi uguali (all'altezza) dello stesso tempio; li ornò di pendenti variopinti con colori di porpora e con disegni intrecciate dei pilastri. 395 Sopra di questi, sotto il cornicione, si stendeva una vite d'oro con grappoli pendenti: costituiva una meraviglia e sia per la grandezza che per l'arte, per tutti coloro che lo vedevano edificato con materiale tanto prezioso. 396 Circondò il tempio di ampi portici, tutti costruiti in proporzione (del tempio); per il costo sorpassò i suoi predecessori, sicché si pensava che mai alcuno avesse ornato il tempio con tanto splendore. Ambedue (i portici) erano (retti) da una grande muraglia, questa muraglia era la più grande, edificata dall'uomo, di cui mai si sia sentito parlare. 397 La collina era una parete rocciosa che degradava dolcemente verso la parte orientale della città dal versante con la cima più alta. 398 Il nostro primo re, Salomone, con la saggezza datagli da Dio, circondò questa collina con grandi opere nella parte superiore. In basso, iniziando dalla base, dove è circondata da una valle profonda, egli la (collina) circondò con enormi pietre tenute legate assieme da piombo; tagliò sempre più le falde dell'area interna in maniera che (il muro) si trovò a una maggiore profondità, 399 cosicché la dimensione e l'altezza della forma quadrangolare erano immense, la grandezza della misura delle pietre appariva lungo la superficie frontale, mentre ganasce di ferro interne assicuravano le giunture affinché rimanessero sempre unite. 400 Quando il lavoro raggiunse la vetta della collina, livellò la sommità, riempì gli spazi vuoti vicino alle mura e appianò tutta la superficie in ogni parte. Così era tutto il recinto avente una circonferenza di quattro stadi e, ogni lato, la lunghezza di uno stadio. 401 Dentro questo recinto e fino alla cima della collina, sorgeva un altro muro di pietra che sul bordo orientale sosteneva un doppio portico della stessa lunghezza del muro, dirimpetto alle porte del tempio. Molti dei re passati abbellirono questo portico. 402 Tutt'intorno al tempio erano esposti i bottini presi dai Barbari, tutti dedicati dal re Erode che aggiunse anche quelli catturati agli Arabi.
15,11,4. 403-409 [descrizione della fortezza antonia]
15,11,5. 410 Nel lato occidentale del recinto c'erano quattro porte: la prima portava al palazzo (con una strada) tagliata nella valle; altre due conducevano ai sobborghi, l'ultimo menava all'altra parte della città dalla quale era separata da molti gradini che andavano giù nella valle e di qui su sulla collina. Poiché la città era situata dirimpetto al tempio, disposta come un teatro circondato da una valle profonda lungo tutto il lato meridionale. 411 Il quarto lato di questo (cortile), il lato meridionale, aveva, anch'esso a metà, delle porte e al di sopra di esse aveva il Portico Reale, fornito di tre navate che in lungo, si stendeva da oriente alla valle occidentale; non era possibile estenderla di più. 412 Era una struttura più meravigliosa di ogni altra sotto il sole: perché la profondità della valle era grande e nessuno che si piegasse per guardare dall'alto poteva sopportare la vista del fondo; tanto era grande l'altezza del portico, che se qualcuno avesse guardato giù dalla cima combinando le due altezze, avrebbe sofferto di vertigini e il suo sguardo sarebbe stato incapace di raggiungere il termine di quella profondità senza misura. 413 Le colonne (del portico) erano disposte in quattro file, una davanti all'altra per tutta la lunghezza - la quarta fila era unita a un muro costruito di pietre - e lo spessore di ogni colonna era tale che per misurarne la circonferenza sarebbe stato necessario l'abbraccio di tre uomini contemporaneamente a braccia tese; la sua altezza era di ventisette piedi; e attorno alla base correva una cornice doppia. 414 Il numero di tutte le colonne era di centosessantadue e i capitelli avevano ornamenti scolpiti in stile corinzio e tutti intagliati in modo così stupendo che l'insieme destava un effetto meraviglioso. 415 Siccome erano disposte in quattro ordini, costituivano tra loro tre navate, sotto i portici. Due di esse erano parallele ed erano fatte allo stesso modo, ognuna larga trenta piedi, lunga uno stadio alta cinquanta piedi. Ma la fila di mezzo era larga una volta e mezzo più delle altre e aveva un'altezza doppia, troneggiava così sulle altre ai due lati. 416 I soffitti (del portico) fatti di legno massiccio, erano ornati con fregi intagliati con varie figure. Il soffitto della navata centrale si elevava a un'altezza maggiore e il muro tagliato da ambo le parti a ridosso degli architravi con le colonne incastrate dentro; tutto era brillante e queste strutture parevano incredibili a quanti non le avevano viste e destavano altrettanto stupore in quanti le vedevano. 417 Tale, dunque, era il primo recinto. All'interno non molto lungi da questo, ce n'era un secondo, al quale si accedeva per mezzo di pochi gradini, circondato da una balaustra di pietra ove c'era un'iscrizione che proibiva l'ingresso agli estranei sotto la pena di morte. 418 Nel lato meridionale e nel lato settentrionale il recinto interno aveva tre porte a uguale distanza l'una dall'altra: sulla parte ove sorge il sole vi era una porta grande, dalla quale entravano, con le rispettive mogli, quelli di noi che sono ritualmente puri. 419 Dentro questo recinto vi era il (recinto) sacro ove l'ingresso era proibito alle donne; ancora più in là vi era un terzo recinto il cui ingresso era permesso ai soli sacerdoti; in questo (recinto) si trovava il tempio: davanti c'è un altare, sul quale noi siamo soliti offrire a Dio tutti gli olocausti. 420 Il re Erode non entrò in alcuno di questi recinti perché non era sacerdote e perciò non gli era permesso fare questo; le costruzioni dei portici e dei recinti esterni furono invece oggetto dei suoi diretti interessi. E terminò l'edificio in otto anni.
15,11,6. 421 Lo stesso tempio fu edificato dai sacerdoti in un anno e sei mesi. Tutto il popolo fu pieno di gioia. Anzitutto ringraziò Dio per la velocità (del lavoro) e poi per lo zelo del re ed essi festeggiavano e acclamavano per la restaurazione. 422 Allora il re sacrificò a Dio trecento buoi e altri fecero lo stesso, ognuno secondo i propri mezzi. Sarebbe impossibile dare il numero di questi (sacrifici), perché oltrepasserebbe la nostra possibilità di compiere una stima veritiera. 423 E accadde che il giorno nel quale si pose fine al lavoro del tempio, coincise con quello della ascesa (al trono) del re che erano soliti festeggiare. A motivo della duplice occasione, la festa risultò veramente fastosa.
15,11,7. 424 Per il re si fece inoltre un passaggio sotterraneo segreto che conduceva dall'Antonia alla porta orientale del sacro recinto interno e al di sopra eresse una torre per sé stesso, per avere la possibilità di entrarvi servendosi del passaggio sotterraneo e quivi proteggersi in caso di una rivolta popolare contro il re. 425 Si dice che nell'epoca in cui fu costruito il tempio, durante il giorno non cadde mai la pioggia, ma soltanto durante la notte, cosicché non vi fu alcuna interruzione dei lavori. E questa storia tramandataci dai nostri padri, non è incredibile se si considerano le altre manifestazioni di potenza date da Dio. Questo, dunque, è il modo in cui fu ricostruito il tempio.
Lavori dopo Erode
20,9,7. 219 Proprio ora [giorni di re Erode Agrippa II] era stato completato il tempio. Il popolo vide che gli operai, erano più di diciottomila, non lavoravano e sarebbero rimasti senza paga, perché col lavoro del tempio guadagnavano da vivere; ma per timore dei Romani non volevano tenere del denaro custodito nel deposito. 220 Dunque, oltre alla custodia, scelsero di spendere per gli operai i loro tesori, cosicché anche se ognuno non avesse lavorato più di un'ora al giorno, riceveva subito la ricompensa; spinsero così il re a innalzare il portico orientale. 221 Questo portico era parte del lato esterno del tempio e dava su di una valle profonda; aveva mura di quattrocento cubiti di lunghezza ed era costruito con pietre quadrate, completamente bianche, ognuna di esse aveva la lunghezza di venti cubiti e sei cubiti di altezza. Questa era un'opera del re Salomone, che per primo eresse tutto il tempio.
La distruzione del tempio ad opera dei romani
Per approfondire, vedi la voce Caduta di Gerusalemme del 70 d.C. |
Il tempio di Gerusalemme venne distrutto e interruppe definitivamente il suo servizio religioso nel 70 d.C., quando i Romani comandati da Tito conquistarono Gerusalemme ponendo fine alla Prima guerra giudaica (66-70). Giuseppe Flavio fornisce il resoconto dettagliato dell'incendio e saccheggio del tempio e del massacro degli ultimi rivoltosi ivi assediatisi. Come sottolinea esplicitamente, la distruzione del secondo tempio avvenne nello stesso giorno (secondo il calendario liturgico ebraico) della distruzione del primo tempio, cioè il 10 Av (di non facile conversione col normale calendario, forse nell'agosto 70).
I beni del tempio furono saccheggiati. L'arco di Tito contiene una celebre rappresentazione dell'asportazione della menorah.
6,4,5. 249 Tito si ritirava nell'Antonia deciso a scatenare all'alba del giorno dopo un assalto con tutte le forze per investire da ogni parte il tempio. 250 Questo già da parecchio tempo era stato dal Dio condannato alle fiamme e col volger degli evi ritornò il giorno fatale, il dieci del mese di Loos [Av], quello in cui una volta esso era già stato incendiato dal re dei babilonesi. 251 Le fiamme ebbero inizio e furono causate a opera dei giudei; infatti, ritiratosi Tito, i ribelli dopo un breve riposo si scagliarono di nuovo contro i romani e infuriò uno scontro fra i difensori del santuario e i soldati intenti a spegnere il fuoco nel piazzale interno. Costoro, volti in fuga i giudei, li inseguirono fino al tempio, 252 e fu allora che un soldato senza aspettare l'ordine e senza provare alcun timore nel compiere un atto così terribile, spinto da una forza sovrannaturale afferrò un tizzone ardente e, fattosi sollevare da un commilitone, lo scagliò dentro attraverso una finestra dorata che dava sulle stanze adiacenti al tempio sul lato settentrionale. 253 Al levarsi delle fiamme i giudei proruppero in un grido terrificante come quel tragico momento e, incuranti della vita e senza risparmio di forze, si precipitarono al soccorso perché stava per andar distrutto quello che fino allora avevano cercato di salvare.
6,4,6. 254 Qualcuno corse ad avvisare Tito, che s'era anch'egli ritirato sotto la tenda per concedersi un po' di riposo dopo la battaglia; balzato in piedi, egli corse come si trovava verso il tempio per cercare di domare l'incendio. 255 Lo seguivano tutti i generali e dietro a questi le legioni in preda all'eccitazione, fra grande schiamazzo e confusione, com'era inevitabile nel muoversi disordinato di forze così numerose. 256 Sia con la voce, sia con la mano, Cesare diede ordine ai combattenti di spegnere il fuoco, ma essi né udirono le sue parole, assordati dai clamori più forti, né badarono ai segni della mano, essendo tutti presi alcuni dal combattimento, altri da una smania furiosa. 257 A frenare l'impeto delle legioni non valsero né esortazioni né minacce, ma tutti si lasciavano trasportare dalla furia. Accalcandosi intorno alle entrate, molti si calpestarono fra loro e molti furono anche quelli che, sospinti verso le rovine ancora calde e fum anti dei portici, subirono la stessa sorte dei vinti. 258 Quando poi furono vicini al tempio fecero mostra di nemmeno udire gli ordini di Cesare e a quelli che stavano davanti a loro gridavano di scagliarvi dentro il fuoco. 259 I ribelli ormai non potevano più mettere riparo e dovunque era strage e fuga. La maggior parte degli uccisi furono popolani deboli e inermi, tutti trucidati sul posto dove venivano presi; intorno all'altare si accumulò un mucchio di cadaveri mentre lungo la scalinata del tempio correva un fiume di sangue e rotolavano i corpi di quelli che venivano massacrati su in alto.
6,4,7. 260 Cesare, nell'impossibilità di arginare la furia dei soldati mentre d'altro canto l'incendio si sviluppava inesorabilmente, accompagnato dai suoi generali entrò nel tempio per vedere il luogo sacro e gli oggetti in esso contenuti, che superavano di gran lunga la fama che ne correva fra gli stranieri e non erano inferiori al vanto e alla gloria che se ne facevano i giudei. 261 Poiché le fiamme non erano ancora penetrate da nessuna parte all'interno del tempio, ma stavano devastando solo le stanze adiacenti tutt'intorno, Tito giudicò che l'edificio poteva ancora essere salvato, come in realtà era, e, affrettatosi a uscire, 262 si mise a esortare personalmente i soldati a spegnere l'incendio dando ordine contemporaneamente a Liberale, centurione dei suoi lancieri di guardia, di mettere a posto a colpi di bastone chi non ubbidiva. 263 Ma, nei soldati, sull'ossequio a Cesare e sul timore per le minacce del centurione avevano il sopravvento il furore, l'odio contro i giudei e un incontenibile ardore guerresco; inoltre i più erano spinti dalla speranza di far bottino, 264 convinti che dentro fosse un ammasso di tesori, anche perché fuori vedevano tutto incorniciato d'oro. 265 Improvvisamente uno di quelli che erano entrati nel tempio, quando già Cesare era uscito per cercare di fermare i soldati, gettò nell'oscurità un tizzo sopra i cardini della porta; 266 all'improvviso balenò del fuoco all'interno, i duci insieme con Cesare si ritirarono e più nessuno impedì ai soldati che stavano fuori di propagare l'incendio. E così, contro il volere di Cesare, il tempio fu distrutto dalle fiamme.
6,4,8. 267 Chi fosse afflitto dal più vivo rimpianto per un capolavoro che per la sua struttura e per la sua grandiosità, nonché per la magnificenza di tutte le sue parti e per la fama del suo luogo santo, era mirabile al di sopra di tutti quelli che noi abbiamo visto o di cui abbiamo sentito parlare, potrebbe trovare un grandissimo conforto pensando al fato, a cui come gli esseri viventi, così anche le costruzioni e i luoghi non possono sottrarsi. 268 Una cosa che colpisce è poi il corso preciso della ruota del destino; infatti, come ho già notato, esso attese il ritorno dello stesso mese e dello stesso giorno in cui il tempio era stato precedentemente incendiato dai babilonesi. 269 Dalla sua prima fondazione, a opera del re Salomone, fino alla presente distruzione, avvenuta nel secondo anno di regno di Vespasiano, si ha un totale di millecentotrént'anni, sette mesi e quindici giorni; dalla seconda fondazione, 270 fatta da Aggeo nel secondo anno di regno di Ciro, fino alla distruzione sotto Vespasiano passarono seicentotréntanove anni e quarantacinque giorni.
6,5,1. 271 Mentre il tempio bruciava, gli assalitoti saccheggiarono qualunque cosa capitava e fecero un'immensa strage di tutti quelli che presero, senza alcun rispetto per l'età né riguardo per l'importanza delle persone: bambini e vecchi, laici e sacerdoti, tutti indistintamente vennero massacrati e la guerra ghermì e stritolò ogni sorta di persone, sia che chiedessero mercé sia che tentassero di resistere. 272 Il fragore dell'incendio, che si estendeva in lungo e in largo, faceva eco ai lamenti dei caduti; l'altezza del colle e la grandezza dell'edificio in fiamme davano l'impressione che bruciasse l'intera città e il frastuono era tale da non potersi immaginare nulla di più grande e di più terrificante. 273 Da una parte il grido di guerra delle legioni romane che attaccavano in massa, dall'altro l'urlo dei ribelli presi in mezzo tra ferro e fuoco, mentre i popolani rimasti bloccati lassù in alto, fuggendo sbigottiti incappavano nei nemici e perivano fra alte grida. 274 Ai clamori provenienti dall'alto si mescolavano quelli della massa degli abitanti della città, perché ora, alla vista del tempio in fiamme, molti che per lo sfinimento della fame avevano perduto la forza di parlare ripresero a gemere e a urlare. Facevano eco la Perea e le montagne all'intorno ingrossando i clamori. 275 Ma più terribile del panico erano le sofferenze; pareva che la collina del tempio ribollisse dalle radici gonfia di fuoco in ogni parte e che tuttavia il sangue fosse più copioso del fuoco e gli uccisi più numerosi dei loro uccisori. 276 La terra era tutta ricoperta di cadaveri e i soldati per inseguire i fuggiaschi dovevano calpestare mucchi di corpi. 277 La massa dei ribelli riuscì a stento ad aprirsi un varco tra i romani sboccando nel piazzale esterno e di lì nella città, mentre i superstiti del popolo si rifugiarono sul portico esterno. 278 Alcuni sacerdoti dapprincipio si diedero a divellere dalla sommità del tempio gli spiedi con tutti i loro sostegni fatti di piombo e li scagliarono contro i romani; 279 poi, visto che non concludevano niente e che le fiamme stavano per raggiungerli, si ritirarono sul muro, che aveva la larghezza di otto cubiti e vi rimasero. 280 Due dei più insigni, Meir figlio di Belgas e Giuseppe figlio di Daleo, pur potendo salvarsi passando dalla parte dei romani, oppure continuare a resistere dividendo la sorte degli altri, si gettarono nelle fiamme e finirono bruciati insieme col tempio.
6,5,2. 281 I romani, considerando inutile risparmiare gli edifici circostanti ora che il tempio bruciava, appiccarono il fuoco a tutti e così anche ai resti dei portici e alle porte tranne due, una a oriente e un'altra a mezzogiorno; ma più tardi distrussero anche queste. 282 Incendiarono inoltre le stanze del tesoro, in cui erano riposti un'infinità di denaro, di vesti preziose e altri oggetti di valore: in una parola tutta la ricchezza dei giudei, avendovi i signori trasferito tutto ciò che tenevano nelle loro case. 283 Arrivarono poi al portico superstite del piazzale esterno, su cui avevano cercato scampo donne e bambini del popolo e una massa confusa di seimila persone. 284 Prima che Cesare prendesse una deliberazione a loro riguardo o desse ordini ai comandanti, i soldati travolti dal furore incendiarono il portico e quelli perirono, alcuni precipitandosi a terra per sfuggire alle fiamme, altri ghermiti dal fuoco: di tanti nemmeno uno si salvò.
La speranza di un terzo tempio
In epoca maccabaica (metà II secolo a.C.) la nomina come sommo sacerdote di persone che non discendevano da Aronne provocò lo scisma degli esseni, i quali si ritirarono nel monastero di Qumran. Nei testi di questo sito ricorre la speranza di una ricostruzione di un terzo tempio, in particolare in epoca escatologica e a opera del messia.[6]
Nel giudaismo dei secoli seguenti questa speranza non venne mai meno, anche per forzare la venuta del messia, ma non è stato mai attuato nessun concreto tentativo in tal senso.
Terminologia biblica
Nel testo biblico ebraico il tempio di Gerusalemme è indicato con le espressioni "casa di santità" (בֵּית־הַמִּקְדָּשׁ, bet hammiqdàsh), "santuario" (מִקְדָּשׁ, miqdàsh), "casa di YHWH" (בֵּית יְהֹוָה, bet adonay, leggi: "del Signore"), o semplicemente "casa".
La cella più interna, sede della presenza di Dio, era indicata dal termine tecnico traducibile come "posteriore" o "recesso" (דְּבִיר, debìr), o più spesso era indicata con l'espressione "santo dei santi" (קֹדֶשׁ הַקֳּדָשִׁים, qodèsh haqqodashìm) cioè luogo santissimo, spesso noto con l'espressione latina sancta sanctorum.
La cella centrale del tempio era indicata dal termine tecnico traducibile come "aula" o (luogo) "ampio" (הֵיכָל, hehàl), o anche (luogo) "santo" (קֹדֶשׁ, qodèsh), o anche "casa grande" o "maggiore" (בֵּית גָּדוֹל, bet gadòl). Il termine hehàl venne a indicare anche l'intero tempio.
La cella d'ingresso era il "vestibolo" (אוּלָם, ulàm).
Note | |
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Bibliografia | |
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Voci correlate | |
Collegamenti esterni | |
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