Hussiti

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Hussiti è il termine con cui si indicano i seguaci di Jan Hus (ca. 1369-1415), sacerdote boemo, insegnante di filosofia e teologia all'Università di Praga, condannato al rogo nel Concilio di Costanza[1] (1415) per le sue posizioni ereticali.

Il movimento hussita si sviluppò come una forma di rivendicazione dell'identità nazionale dopo la morte di Hus. I suoi seguaci rifiutarono i decreti del Concilio di Costanza, e organizzarono la resistenza sintetizzando il loro programma nei Quattro Articoli di Praga che, redatti nel 1420, chiedevano:

Il movimento si scisse in due fazioni:

Quando l'imperatore Sigismondo assunse il titolo di re di Boemia nel 1419, gli hussiti boemi avevano ormai raggiunto una certa indipendenza e, di fronte alla crociata scatenata contro di loro da papa Martino V, riuscirono a infliggere alle armate imperiali alcune pesanti sconfitte nella prima fase delle cosiddette guerre hussite.

Abbandonando l'atteggiamento iniziale, unicamente difensivo, gli hussiti, guidati da Jan Zizka, consolidarono le proprie posizioni eliminando i focolai di dissenso ed espellendo dalla Boemia migliaia di tedeschi ostili al movimento, fino ad attaccare, con Procopio il Grande, le roccaforti cattoliche della Slovacchia, della Slesia e della Lusazia.

Nel 1431 il concilio di Basilea riconobbe agli hussiti il diritto alla comunione eucaristica sotto le due specie, e questo compromesso portò a una coalizione fra cattolici e utraquisti, oltre alla sconfitta dei taboriti nella battaglia di Lipany del 1434, nella quale cadde anche Procopio. Guidati da Jan Rokycana, i dissidenti ottennero una sostanziale autonomia nell'ambito del cattolicesimo, dando vita a una Chiesa nazionale boema, riconosciuta di fatto con la nomina dello stesso Rokycana ad arcivescovo nel 1435 e con la ratifica, nel 1436, del trattato noto come Compactata di Praga.

Dopo il passaggio di molti hussiti al luteranesimo nel XVI secolo, la Chiesa cattolica di Boemia mantenne l'indipendenza da Roma fino al 1620.

Nel 1920 la Chiesa cecoslovacca hussita , che affermava di essere la rappresentante del movimento hussita, chiese alla Chiesa Cattolica la liturgia in lingua volgare, il celibato libero per il clero e la partecipazione dei laici nel governo della Chiesa. Le richieste non vennero accolte, e tale Chiesa si staccò dalla Chiesa Cattolica.

Note
  1. Cfr. DS 1201-1230; 1247-1279; FCC 7.075-7.086, 9.096-9.098.
Bibliografia
  • Alessandro Barbero - Chiara Frugoni, Ussiti in Dizionario del Medioevo, Editori Laterza, Bari 2011, pp. 249-250 - ISBN 978-88-420-6374-2
Voci correlate