Utente:Costantina Sarzi Amadè/Acclamazione (integrazione)
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Acclamazione indica un grido popolare che esprime augurio, consenso, letizia o anche i loro contrari (piano, dissenso). Il termine deriva dal latino acclamatio, vocabolo composto della particella ad ("verso") e del verbo clamare ("gridare, chiamare").
Nelle culture precristiane
L'acclamazione è riscontrata in tutte le tradizioni più antiche e divenne particolarmente importante nei rituali politici e religiosi in Oriente e Occidente. Infatti, nata come una manifestazione spontanea, diede luogo ad una evoluzione in formule standardizzate con testo fissato, cui col tempo si applicarono forme melodiche proprie, per favorire la sincronia dell'espressione.
Nell'Antico Testamento
Le più antiche testimonianze bibliche del libro di Samuele, che riflettono pratiche risalenti al IX secolo a.C., evidenziano che le acclamazioni erano rivolte ai governanti: e così in 1Sam 10,24 leggiamo che i re di nuova nomina erano salutati con l'acclamazione yehi ha-melekh! ("lunga vita al re!"); altre grida collettive in musica erano riservate ai governanti specialmente dopo una vittoria (1Sam 18,7 ).
Le acclamazioni spesso migrarono fra le due sfere secolare e religiosa: alcune potevano essere indirizzate separatamente a Dio o a un monarca, per esempio, hoshi‘ah na[1] ("Salvaci, orsù!"), in Sal 118,25 e in 2Sam 14,4 ; altre potevano essere indirizzate simultaneamente a entrambi, come per esempio in Gdc 7,20 :
« | ... e gridarono: "La spada per il Signore e per Gedeone!" » |
Nell'antico Israele, grida rituali eruppero in battaglia (Gs 6,5 ), davanti all'Arca dell'Alleanza (1Sam 4,5 ) e mentre si costruva il Tempio (Esd 3,11 ).
Ma le acclamazioni più suggestive erano riservate alla preghiera: il salmista incita gli Israeliti a gridare a Dio (Sal 47,1 ) e considera il popolo che conosce l'acclamazione come benedetto (Sal 89,16 ); Halleluyah ("Lodate Dio") è una comune acclamazione applicata a parecchi salmi.
Infine, amen ("così è") era un'acclamazione che sigillava giuramenti e preghiere pubbliche.
Nell'antica Roma
Le acclamazioni ebbero un uso larghissimo per tutta la storia dell'antica Roma: Io triumphe! salutava i generali in trionfo, Bene et praeclare! costellava eventi retorici, Talassio! o Io Hymen accompagnavano le processioni nuziali; venivano persino stampate sulle monete (Victoria aeterna Aug[usti]).
Le acclamazioni ebbero un ruolo fondamentale nella vita politica romana. Durante la Repubblica, erano considerate come voti formali nelle pubbliche assemblee; nella tarda Repubblica esse funzionavano in modo simile nel Senato.
Nella Roma imperiale acclamazioni come Axios! (vocabolo greco - ἄξιος, áxios - che significa "degno, lodevole") divennero l'elemento costitutiva della proclamazione di un nuovo imperatore. Divennero così importanti che Nerone assunse un corpo di nobili Romani per guidare acclamazioni appropriate in sua presenza, come racconta Tacito negli Annales (XIV,15). Occasionalmente gli imperatori erano acclamati come dei.
Nel Cristianesimo
Già presente nelle culture pre-cristiane, è passata nel Cristianesimo e nel corso della storia è stata usata per varie occasioni e circostanze, come elezioni di vescovi, iscrizioni sepolcrali, ed anche nei concili e nella liturgia.
Viene manifestata anche al passaggio del papa, quando presiede una liturgia o riceve in udienza pubblica.[2]
Nella liturgia l'acclamazione è espressa in brevi formule scritturali o delle litanie o versetti dei salmi, come: "Alleluia", "Amen", "Deo gratias" ("Rendiamo grazie a Dio"), "Kyrie eleison" ("Signore, pietà"), "La pace sia con voi", "Il Signore sia con voi", "Tu es Petrus" ("Tu sei Pietro").
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