Utente:Giuseppe Iurato/Filosofia e Teologia
La filosofia (dal greco φιλοσοφία, composto di φιλεῖν, filèin, "amare", e σοφία, sofìa, "sapienza", ossia "amore per la sapienza") è la disciplina che riflette sul senso del mondo e dell'esistenza umana, e che quindi ricerca la verità delle cose, basandosi sulla ragione.
La teologia cattolica l'ha sempre definita ancilla theologiae, "ancella della teologia", poiché la teologia deve attingere a considerazioni di ordine filosofico per procedere. Al tempo stesso, la conoscenza della rivelazione cristiana orienta e potenzia la filosofia nella sua ricerca della verità. Per questo, si è sempre poi aggiunto che "servire Dio è regnare". Del resto, ragione e Rivelazione non possono contraddirsi, in linea di principio, in quanto vengono entrambe da Dio. Tutttavia, la Rivelazione, in quanto tale, pur non opponendosi alla ragione, ne supera i limiti, altrimenti non avrebbe alcuna funzione.
La filosofia si articola in varie branche:
- la metafisica: è lo studio dell'ente, ovvero dell'essere, della realtà nei suoi aspetti più universali
- la cosmologia filosofica: è lo studio del mondo (materiale) nei suoi aspetti più generali
- la psicologia razionale o antropologia filosofica: è l'analisi delle facoltà dell'uomo: intelligenza, volontà, libertà
- l'etica: studia il comportamento umano individuale
- la politica: studia l'agire (umano) collettivo
- l'estetica (poetica, nel lessico aristotelico): studia il fenomeno della bellezza e dell'arte
- la logica: è lo studio della logicità del pensiero umano
- la gnoseologia o teoria della conoscenza: è lo studio delle condizioni del conoscere
Teologia e filosofia
La relazione fra teologia e filosofia ha avuto diverse declinazioni storiche tali che, se la prima presuppone costitutivamente la seconda, anche quest'ultima – cioè, la filosofia – presenta, a sua volta, dei legami storici verificabili, più o meno stretti, con la teologia. Ciò perché la teologia è fondamentalmente riflessione razionale sul problema di Dio e della fede, che non può esplicarsi e attuarsi se non facendo ricorso alle categorie (storiche) linguistiche e concettuali (quindi anche filosofiche) della cultura, della Weltanschauung, di un dato periodo storico.[1] Accenneremo, quindi, a questo rapporto biunivoco fra teologia e filosofia da un punto di vista prevalentemente storico.
Evo antico
Ogni tematica teologica non può sottrarsi alla riflessione filosofica, per cui inevitabili sono i rapporti teologia-filosofia,[2][3] che storicamente risalgono ai primi pensatori greci i quali, nella riflessione sulla natura e sull'universo, pervennero ad una nuova visione spirituale di Dio (theologia naturalis) e, di riflesso, ad una concezione dell'essere, che saranno alla base di tutta la futura teologia filosofica greca sopra cui, poi, le religioni – giudaica prima, cristiana dopo – assumeranno la forma di una teologia filosofica.[4][5] I greci seppero esprimere concettualmente (λόγος) il problema generale della "pensabilità", non più mitica ma razionale, del mondo e dell'io, per arrivare quindi a "pensare" Dio.[6]
I primi pensatori greci si posero dunque il problema di indagare col logos il più alto e difficile di tutti i problemi, l'essere di Dio. Platone e Aristotele furono i primi a usare termini correlativi di θεολογία, termine quest'ultimo per la prima volta introdotto da Platone nella Repubblica in riferimento alla riflessione poetica sulle manifestazioni del divino, dove tracciava iniziali τύποι περὶ θεολογίας ("elementi per una descrizione del divino"); il nuovo termine θεολογία fu appositamente creato per denotare gli inevitabili conflitti fra la tradizione mitico-poetica e lo studio razionale e naturale del problema di Dio. Da allora in poi, ogni altro sistema filosofico greco (ad eccezione dello scetticismo) comprese una propria teologia.[7][8]
Con Aristotele, la teologia assunse il ruolo di «prima filosofia» o «scienza dei massimi principi» (che i suoi successori chiameranno poi metafisica o teologia filosofica), cioè di scienza filosofica fondamentale, il fine ultimo e supremo di ogni sistematica indagine filosofica sull'essere, grazie a cui la teologia potrà poi acquisire, con San Tommaso d'Aquino, lo statuto di «scienza» nel senso aristotelico di «conoscenza dell'essenza universale delle cose e delle loro cause».[9] Il problema del divino fu comunque centrale anche nei presocratici e negli antichi filosofi naturalisti, a tal punto che quasi impossibile è separare la componente teologica dalla fondamentale struttura fisica o ontologica del loro pensiero, per cui essi erano al contempo θεολόγοι e φυσιχοί.[10][11]
Nei periodi ellenistico prima e neoplatonico dopo, la sapienza biblica gradualmente entrò a far parte della cultura ed il concetto di filosofia man mano acquisì un significato specificatamente morale e religioso, fin quando, alle soglie del giudaismo, la religione si autodefinì come "autentica e completa filosofia". Per Filone di Alessandria, la filosofia diviene vera sapienza solo quando assolve alle domande filosofiche con le risposte fornite dalla rivelazione. Il cristianesimo interpreta la propria fede religiosa come la "vera filosofia", come compimento e superamento dei traguardi che la filosofia si pone come tale, ovverosia la rivelazione è la verità piena e definitiva la quale sta, tuttavia, in continuità con le molteplici verità parziali e provvisorie fornite dalla speculazione meramente umana.[12]
San Giustino Martire – assieme agli altri apologisti cristiani – ed Agostino furono figure emblematiche nel rilevare quali precipui nessi razionali sussistano fra filosofia e fede, che permettono all'uomo di cercare la verità trascendentale rigettando i miti e i falsi dèi del paganesimo. Agostino considerò la filosofia, posta a contatto con la rivelazione cristiana, come "autentico amore di Dio". Sia per il Vangelo secondo Giovanni che per le Lettere di Paolo, il Logos è il Verbo di Dio che si è fatto carne, e la Sapienza è il Cristo. Da qui, la nascita della teologia propriamente detta, non più intesa come discorso meramente filosofico su Dio bensì come interpretazione razionale della Rivelazione divina, vedendo il cristianesimo come l'unica "religione vera[13]" che interagisce positivamente con la ricerca razionale, donde la fondazione della teologia come scienza in quanto disciplina dotata di intrinseca valenza razionale.[14] Fu proprio la razionalità insita nel messaggio rivelato e nella verità evangelica a richiamare e instaurare necessariamente il primo legame solido fra il cristianesimo primitivo e la filosofia greca, in particolare quella stoica.[15]
La nascita della filosofia cristiana fu, quindi, caratterizzata sia dalla rivalutazione delle principali categorie metafisiche scaturenti dalla rivelazione biblica[16] – ovverosia Dio come l'Essere assoluto trascendente, la creazione, il tempo come valore soteriologico, la persona come immagine di Dio, la libertà delle coscienze – che da una contemporanea dialettica anticristiana tipica di una certa "filosofia pagana" propugnata da alcuni filosofi neoplatonici in polemica con il cristianesimo. Nello stesso periodo a cavallo fra quello ellenistico-romano e quello neoplatonico, si assistette anche alla comparsa dello gnosticismo ed alle sue interazioni con il cristianesimo e la sua filosofia.[17]
Tuttavia, anche alcuni protagonisti della filosofia pagana d'ispirazione neoplatonica, per converso, stimolarono quella cristiana. Influenzato da Parmenide, Platone e Filone di Alessandria, Plotino incentrò il suo pensiero sul processo creativo di necessaria emanazione basato su un principio supremo, l'Uno, da cui tutto procede e a cui tutto ritorna; egli inoltre mise in rilievo la contraddittorietà logica cui perviene l'uomo quando parla di Dio, quindi evidenziandone l'ineffabilità e l'estrema trascendenza. Questa visione dialettica di Dio verrà poi acquisita dalla filosofia cristiana medioevale, sussunta però entro uno schema concettuale contemplante una nozione più estesa di "essere" che permetteva di parlare di Dio sia per viam negationis che per viam eminentiæ. Parimenti, altri concetti e categorie metafisiche della filosofia pagana neoplatonica confluiranno in quella cristiana medioevale e moderna, come il principio che tutte le cose (uomini compresi) provengono da Dio e a Lui ritornano, la sua ineffabilità e l'essere "il totalmente Altro".[18]
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